“Un posto difficile da raggiungere” su Come un cane sulla luna
cinque parole #1: Gianluigi Bodi, “Un posto difficile da raggiungere”
[Da un po’ ragionavo su come costruire una rubrica di interviste, in modo che sia qualcosa di personale, in cui autori e autrici possano dire dei propri libri, di sé, del proprio modo di ragionare, di dare forma al mondo, tentando, da parte mia, di porre meno vincoli possibili. Con le dovute distanze teorico-metodologiche, ho pensato alle libere associazioni.
Mi sono reso conto che, spesso, finisco un libro avendo in testa delle parole specifiche, così mi sono detto: perché non condividerle con chi quel libro l’ha scritto? E poi, per dare struttura: perché non sceglierne cinque? Così è nata cinque parole.]
(Le nuove idee c’è bisogno di sperimentarle.
In questi mesi ho avuto la fortuna che un caro amico – Gianluigi Bodi – ha esordito con la sua prima raccolta di racconti, Un posto difficile da raggiungere, edito da Arkadia editore. Ho avuto la fortuna di sperimentare sensazioni che si tramutavano in parole, parole collegate fra loro da quel lavorio di filtro che la testa fa con le storie che colpiscono nei punti sensibili, mescolandole con il passato, con le aspettative verso il futuro, e così rendendole esperienza personale. In questo modo, Un posto difficile da raggiungere si è preso spazio fra le raccolte di racconti da tenere sugli scaffali buoni della libreria. In questo modo, mi sono trovato una dozzina di parole che avrei voluto inviare a Gianluigi. Ne ho scelte cinque. Le ho mandate e queste sono le risposte che lui mi ha spedito.
Buona lettura.)
Cinque parole #1: Gianluigi Bodi, Un posto difficile da raggiungere
Speranza
Ho sempre avuto un rapporto particolare con la speranza, un rapporto altalenante. Da un lato ho sempre pensato che sperare in qualcosa, sperare di diventare qualcuno, sia un modo per avere uno scopo nella vita.
Ho sperato per anni di diventare uno scrittore, anche quando non scrivevo e non scrivevo perché mi dicevo che non era ancora arrivato il momento. Era la speranza che mi teneva ben avvinghiato a quel sogno, non l’idea di avere le capacità per realizzarlo. E anche adesso che è uscita la mia prima raccolta di racconti quella speranza che avevo di diventare uno scrittore è ancora lì che mi fa compagnia perché, al momento, non mi sento ancora arrivato dove vorrei essere.
Ma la speranza è anche subdola, perché ti fa crede che basti lei sola a darti una spinta per fare le cose che vorresti fare, baciare la ragazza che vorresti baciare, trovare la tua strada nella vita. Non basta, anzi. Se ti fidi troppo della speranza sei finito, perché a un certo punto le speranze possono diventare rimpianti.
Ai protagonisti dei miei racconti accade un po’ questo, la speranza è una presenza ingombrante che funziona un po’ come promemoria di quella che è la direzione desiderata. Ma va sempre fatto un primo passo verso quella direzione, altrimenti la speranza si dissolve e diventa tossica.
Casa
Per me e per i personaggi dei racconti la casa ha sempre un duplice aspetto. Può essere porto accogliente e sereno o può essere il posto in cui iniziano tutti i problemi che una persona si porta dentro. Molto spesso mi sono soffermato sul secondo aspetto. Il bambino di “Capitani coraggiosi”, l’uomo di “Un gatto morto sul ciglio della strada” sono esempi di come il malessere possa nascere proprio partendo dalle mura familiari. Quelle mura diventano una prigione emotiva, diventano il luogo in cui nasce l’insicurezza, il pensare di non essere mai abbastanza e di non avere le capacità necessarie per vivere come gli altri si aspettano che tu viva.
Anche nel racconto “Il vecchio in bicicletta” la casa è il palcoscenico di un rapporto ormai stantio che ha bisogno di una scossa. Forse, per alcuni dei personaggi dei miei racconti il posto difficile da raggiungere è anche quello da poter chiamare realmente casa.
Lavoro
Nato in Veneto nella metà degli anni settanta non mi è mai balzato per la testa che il lavoro fosse meno importante del respirare e del nutrirsi. Ho iniziato molto giovane a fare qualche lavoretto per cui si può dire che è dall’età di quattordici anni che frequento l’ambiente lavorativo. Soprattutto quello delle piccolissime imprese a carattere familiare che formano un po’ il tessuto economico di gran parte delle zone in cui ho vissuto tra la provincia di Venezia e quella di Treviso.
Nei racconti della raccolta c’è ne sono almeno due in cui il lavoro ha un ruolo primario ed è quasi un protagonista. Si tratta de “La macchina che produce gli ingranaggi” e di “Limonium Vulgare”. Nel primo il lavoro è diventato l’emanazione della vita intera del protagonista: monotona, ripetitiva, senza possibilità di sbocchi. Al punto che è, per il protagonista, perfino meglio sacrificarsi per dare importanza alla sua esistenza. Nel secondo la laurea e un lavoro “adeguato” alle aspettative sono profondamente legati al tema della speranza. In questo caso la protagonista spera che tutti gli sforzi fatti da lei e dai suoi genitori vengano ripagati con un lavoro degno degli studi portati a termini. Il lavoro quindi diventa una gratificazione, la dimostrazione che si è “qualcuno di importante”.
Genitori
Credo che questo sia un tema fondamentale per buona parte della letteratura mondiale di tutte le epoche. I genitori sanno essere un agglomerato di aspettative e sanno produrre sensi di colpa come poche altre persone al mondo. Nei racconti questo accade spesso. In “Capitani coraggiosi” è evidente che il protagonista si considera sbagliato perché capisce che il padre non lo rispetta. Però dall’altro lato c’è anche il padre di “Limonium Vulgare”, essere umano capace di dare supporto senza interferire nelle scelte della figlia.
Credo però che il racconto più emblematico di un certo modo di intendere la genitorialità sia “Il rito”. Quel tipo di famiglia mi spaventa. Il tipo di prevaricazioni che possono nascere in un rapporto del genere sono terrificanti e io non posso che parteggiare per il figlio che, lontano dall’essere perfetto, non nasconde la propria vulnerabilità
Volontà
Il tema della volontà è profondamente legato a quello della speranza, ma in particolare negli ultimi anni ho spesso pensato all’uso che facciamo di questo termine.
Devi perdere peso e non ce la fai? Non hai abbastanza forza di volontà.
Sei depresso? Devi solo voler stare meglio.
Volere è potere.
Non sono d’accordo. Ci sono cose che non si possono raggiungere solamente con la forza di volontà. Serve un altro elemento, l’aiuto. Un aiuto che può arrivare da noi stessi o anche dagli altri, ma che è fondamentale. C’è bisogno di una piccola spintarella.
In “Limonium Vulgare” si tratta di un incendio, in “Un gatto morto sul ciglio della strada” è un incidente, in “Bar posta” un’automobile in panne. A volte abbiamo bisogno di uno strappo, di una rottura; abbiamo bisogno di toccare il fondo per riuscire a raggiungere la speranza con la volontà.
A molti dei personaggi della raccolta di racconti manca esattamente quel minuscolo passo in avanti per iniziare a far quadrare le cose e credo che il vero terrore sia non riuscirlo a compiere perché a un certo punto ci si convince, o ci convincono, di non essere abbastanza forti per poterlo fare.
Alessandro Busi
Il link alla recensione su Come un cane sulla luna: https://bitly.ws/TGIm