“Un bambino sbagliato” su MasticadoresItalia
Un bambino sbagliato, di Giovanni Lucchese Recensione di Marisa Salabelle
Un cinquantenne si trova a passare qualche giorno, intorno a Ferragosto, nella casa di Fregene dove da bambino trascorreva le vacanze. Mentre guarda fuori dalla finestra, incapace di prender sonno, la sagoma di un bambino sui cinque anni gli sfreccia accanto, indossando vistosi pantaloncini gialli: di chi si tratta? È una presenza reale o un’allucinazione? L’uomo segue il bambino, svolta l’angolo del corridoio, quasi si schianta contro il muro… e si ritrova proiettato nella propria infanzia: è lui, quel ragazzino, è lui il “bambino sbagliato”. Ma come può un bambino essere sbagliato? Col piglio naïf ma al tempo stesso saggio tipico di certi bambini, è lui stesso che ce lo fa capire: basta mettersi nel suo punto di vista, vedere le cose come le vede lui. Prima di tutto, quando è nato la sua mamma non era lì con lui: la donna che lo ha messo al mondo, gli hanno spiegato, non poteva tenerlo e lo ha dovuto lasciare, ma per lui è stato un colpo di fortuna, perché così è potuto entrare a far parte di una famiglia formidabile, con genitori affettuosi e comprensivi, una nonna gagliarda, un’infinità di cugini e cugine, zii e zie, uno più divertente e originale dell’altro. Giovanni si accorge di essere “sbagliato” perché i suoi gusti non si allineano a quelli degli altri maschietti e a ciò che il mondo degli adulti si aspetterebbe da lui. Gli piacciono i colori vivaci e brillanti, adora il rosa, gli piacciono le Barbie e detesta Big Jim, che invece gli viene regolarmente regalato con tutti i suoi accessori dai colori spenti e dall’aspetto poco invitante. Sarebbe bello, pensa Giovanni, che ognuno potesse divertirsi con i giocattoli che vuole senza che gli altri pretendano di imporgliene di diversi, socialmente più accettabili; sarebbe bello che gli altri, specialmente gli adulti, ci prendessero semplicemente per quello che siamo, e non per quello che loro vorrebbero che fossimo. Succede anche alla zia Luciana, “comunista e femminista”, di non essere vista di buon occhio; a Pierluigi, un bambino timido che non ama giocare a pallone, alla cugina Fabiola, nata con una malformazione a un braccio e soprattutto così poco femminile da essere scambiata per un maschio e perciò insultata e offesa dagli altri ragazzi. Giovanni è un bambino e proprio per questo vede le cose con occhi limpidi, non ancora incrostati da pregiudizi e stereotipi. Ma imboccare la sua strada non gli è facile, pressato com’è dalle aspettative della sua famiglia. Come quando gli viene regalata una bicicletta, e tutti vogliono che impari presto a guidarla, tutti vogliono insegnargli come fare, e intanto gli mettono addosso un’ansia che lo paralizza. Finché una mattina, mentre tutti ancora dormono, esce piano piano di casa, inforca la bici e dopo qualche tentennamento prende a filare liscio come l’olio: era tanto facile, alla fine!
Marisa Salabelle
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