Tra le cose e gli altri
GENESI
Esco dalla drogheria e cammino sotto una pioggia leggera, stordito da cose che non riesco a distinguere, da una vita che scorre e mi chiede di essere, inquietandomi. È il non volere niente, invece, che mi rassicura. Un autobus svolta nella via e il fulgore dei fari è una lama che falcia le persone in attesa; gli ombrelli crollano verso la strada. L’autobus riparte dopo aver pulito il marciapiede, romba verso di me solcando l’asfalto bagnato. Ostenta una meta.
Apro il portoncino e salgo al primo piano, entro in casa, sfilo il cappotto che poi appendo a sgocciolare nella doccia. Bevo un sorso d’acqua in cucina. Mi appoggio al termosifone bollente, guardo fuori dalla finestra, impugno i tubi di ghisa per scaldarmi le mani. Ora la pioggia cade anche più forte. Osservo il PC portatile in stand by e conto quanti secondi impiegano i miei recettori per avvertirmi che mi sto ustionando, per dirmi che sono qui.
Mi chiedo cosa avrei da dire oggi a una pagina bianca, e la risposta è sempre la solita. Inizio con il pensarmi come un individuo che immagina se stesso mentre pensa; ha trentatré anni, incede tra i frammenti di un giorno imploso, sa gestire una tragedia alla volta. Mi siedo al tavolo, accendo il PC, scrivo: “Sono uscito per comprare un po’ di pane nel negozio sotto casa e ora sono distrutto”.
TRA LE COSE E GLI ALTRI
Andare al lavoro, fare la spesa, coltivare amicizie e amori: obbedire a precetti che mi impongo o mi vengono imposti. Ipersensibile a stimolazioni esterne, io mi spolpo, mi devitalizzo. Esco di casa e un ragazzo mi chiede d’accendere, una donna con il passeggino attende il mio transito sul marciapiede stretto, un’auto rallenta per farmi attraversare la strada. Mi meraviglio di essere visto. Non colgo le ironie dei colleghi, i deliri del capo, la donna che vuole essere l’ultima della mia presunta vita. Tutto prenderà forma più tardi; sotto la doccia, forse, dove so avere l’ultima parola, vincere ogni litigio.