“Tessa, per caso” su La Lettura – Corriere della Sera
Piccolo mondo antico di campi e di veleni
Pesticidi che valgono come droga, e altri intrallazzi, nel romanzo di Alessandro Zannoni
«Tessa pensa che gli uomini sono fatti della stessa sostanza delle donne, solo che hanno più peli», scrive a un certo punto Alessandro Zannoni nel suo nuovo romanzo Tessa, per caso. Ed è in questa frase- piccolo omaggio al Puck di Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare- il cuore di questo libro che gode di una scrittura febbrile e netta, quasi chirurgica nella sua precisione linguistica. Una scrittura che combacia con la storia che Zannoni racconta: siamo in provincia di Bologna, la protagonista- Tessa Bernardi- lavora nella divisione risk management della Assileader, ci sono industriali con pochi scrupoli, c’è una morte di mezzo, ci sono «pesticidi che valgono come la droga», partite di grano tossico che finiscono nelle mense scolastiche e sulle tavole delle persone, vortici di certificazioni farlocche, uomini con soprannomi. E c’è anche un sicario senza un mignolo. In un «piccolo mondo antico» – quello della provincia e borghesia italiana – Zannoni fa vibrare una frequenza molto difficile: quella dei rapporti di forza, quella che consegna ogni personaggio – dal presidente della Castello Spa, Sergio Renzi, fino a Manuela Moroni, sorella dell’uomo ammazzato – alle proprie bassezze umane. Ora da declinare con la voracità di potere, ora da giustificare con la paura: dipende dai casi. Nessuno si salva, pare dire l’autore. Men che meno Tessa, che è una donna fortissima e bellissima ma che – come tutti i protagonisti di questa storia vive una doppia vita: madre e moglie delicata, in realtà ha un rapporto morboso con il proprio amante, il «Cane», – che la sconquassa e la porta nei territori più proibiti del sesso. Lei di tutto questo non racconta nulla a nessuno, tiene tutto segreto. Come segreto è quanto scopre durante la ricerca per aiutare a vendere il terreno di agricolo di proprietà di Alberto Moroni, ufficialmente morto in un incidente sul lavoro. La verità è che nel romanzo di Zannoni ogni personaggio gioca volutamente a nascondino col mondo per difendere una propria posta in palio. C’è chi lo fa dissimulando e chi usando metodi mafiosi, ma questo atteggiamento – sembra suggerire lo scrittore – è come se avesse contagiato tutti, anche se con intensità diverse. In questo senso il libro di Zannoni ricorda i primissimi romanzi di James Ellroy dove nessuno è fino in fondo un puro: l’autore non mostra mai cosa sia bene e cosa sia male. Tocca al lettore deciderlo. L’unica empatia che si avverte è nei confronti della terra e di chi ama la natura: Zannoni però non la dichiara, anche se è la musica di sottofondo di questo romanzo che è una denuncia nei confronti di chi infesta il territorio con prodotti nocivi. La storia si muove nervosa, con inserti di poche pagine, a volte di poche righe. Dispacci in una lingua essenziale e polimorfa, realistica e convincente. Una lingua che non nasconde ma che, al contrario, mette a nudo. Non solo i personaggi, ma anche i lettori di questo romanzo.
Simone Innocenti