“Teatro Pereyra” su Dire
In ‘Teatro Pereyra’ di Marco Visinoni tutte le insidie della società della performance
L’autore racconta all’Agenzia Dire il suo ultimo romanzo edito da Arkadia – Eclypse. Un libro nato da esperienze personali
ROMA – Una multinazionale farmaceutica. Una convention aziendale sull’isola della perdizione. Una spirale autodistruttiva di sballo e dissoluzione, tra droghe sperimentali e notti senza fine, da un locale all’altro, da un piacere all’altro. Un uomo alla deriva nell’oceano dei propri demoni, perso nel vortice incessante di godimento e depravazione, trascinerà con sé chiunque incrocerà il suo cammino. Fino alle conseguenze più estreme. ‘Teatro Pereyra’, il nuovo romanzo firmato Marco Visinoni e in libreria per ‘Arkadia – Eclypse’, è una discesa all’inferno priva di redenzione, una storia senza limiti che scaraventa il lettore nel buio più fitto, fino a fargli toccare il fondo. O forse, fino a scoprire che non esiste un fondo, e che stiamo tutti precipitando a velocità vertiginosa in un baratro infinito.
150 pagine che scorrono veloci, all’inseguimento di un protagonista senza nome, respingente, egomane, maschilista, cinico, malato di successo, distante anni luce dal piacere delle piccole cose: un personaggio tanto fastidioso quanto carismatico, difficile da lasciar andare. L’autore racconta un pezzo di mondo che ben conosce: quello delle grandi aziende, con i loro i riti all’apparenza anacronistici, come per esempio le convention in luoghi esotici, i rapporti umani fortemente gerarchizzati e l’ossessione per la performance. Tutto si svolge a Ibiza, scenario noto alla penna di Visinoni, che fa muovere il protagonista e le sue storie in quelle notti isolane tra hotel e discoteche, in cui è facile perdersi e in cui tutto si confonde.
MARCO VISINONI RACCONTA ALL’AGENZIA DIRE COME NASCE TEATRO PEREYRA
“Teatro Pereyra nasce da esperienze personali, situazioni viste e vissute. Ibiza è un luogo dove le maschere vengono gettate e gli esseri umani si mostrano in tutta la loro ferocità”. Proprio per questo il protagonista del romanzo non ha un nome: “Sapendo quanto facile e automatico fosse prenderne le distanze, volevo che il lettore non se ne distanziasse; togliergli il nome lo rende un archetipo e questo, insieme alla narrazione in prima persona singolare, è il mio modo per spingere chi legge a fare i conti con se stesso e a guardare in faccia i propri demoni; esattamente ciò che ho fatto io scrivendo questo romanzo. Teatro Pereyra è all’apparenza un libro Reaganiano, un libro anni ’80, ma fortemente contemporaneo. La società della performance, che sembrava morta alla fine del XX secolo insieme alla fiducia cieca nel capitalismo autoregolamentato, è sopravvissuta mutando fino ai nostri anni, dove ha trovato nuova linfa nell’esibizione social-mediatica della bellezza e della perfezione. Siamo schiavi delle opinioni altrui, il nostro successo non è quasi mai personale, ma è cronometrato dagli occhi e dalle bocche degli altri”.
Pagina dopo pagina nel romanzo ci si imbatte in uomo che vuole sentirsi onnipotente, essere oggetto di desiderio: un uomo che vuole dominare e possedere a tutti i costi. Ci sono poi il tema della malattia (e del rifiuto della malattia), le dipendenze e il non saper stabilire confini, arrivando così anche a uno stupro: “C’è tutto questo e altro ancora- racconta Marco Visinoni- Il protagonista è una macchina lanciata a tutta velocità, incurante della paura e di quel muro contro il quale sta andando a schiantarsi. Le droghe sono la benzina per la sua ossessione, la violenza sul prossimo la conseguenza inevitabile del suo delirio di onnipotenza. C’è un senso di urgenza che è smania di potere e allo stesso tempo vertigine del vuoto, inteso come l’inevitabile fine che questa corsa incessante al godimento porterà con sé. Nessuno può premere l’acceleratore all’infinito, ma nonostante questo, chi insegue il piacere all’estremo spera comunque di sfuggire a questa regola, di annegare in una spirale oscena che si perpetuerà all’infinito, senza dover essere mai chiamati a fare i conti con il proprio io e con le proprie paure. Cosa che avviene se ti fermi anche solo per un attimo, in silenzio, ad ascoltare il vuoto”.
Prendersi il proprio tempo, trovare il giusto andamento, stare e non per forza fare: il lettore imbattendosi in questa storia fa i conti con tutto questo, trovando l’unica soluzione possibile in quel verbo che sembra al giorno d’oggi impronunciabile: ‘Fermarsi’, perché solo fermandosi quest’uomo, forse, avrà una redenzione.
TEATRO PEREYRA: DAL LIBRO AL FILM
E con un ritmo così è impossibile non pensare al film ‘Teatro Pereyra’: il libro diviso in due momenti ha una colonna sonora già scritta. Ogni capitolo infatti invita all’ascolto di un brano: la storia si apre con Lou Reed, si passa poi per i Tool e ancora Radiohead, Talking Heads, Brian Eno, Tom Waits fino a Nick Drake e The Smiths, la playlist completa è su Spotify: “Non c’è ancora un film, ma il mio agente ci sta lavorando. È un libro cinematografico nella scelta dei due tempi – compresa una pausa necessaria a tirare il fiato, dopo un primo tempo forsennato, che ha lasciato me per primo senza ossigeno, mentre lo scrivevo – e lo è la scelta della colonna sonora. Ogni capitolo è accompagnato da una canzone che ne allarga i confini e lo arricchisce di significati. Sono canzoni che amo, che ho ascoltato mentre scrivevo e che ho capito essere il corredo perfetto alle vicende del nostro protagonista. Ci sono pezzi violenti, pezzi malinconici, un vortice di emozioni contrastanti, come è giusto che sia in un romanzo e nella vita”.
Salutiamo l’autore con una domanda obbligata, quali sono i riscontri dei lettori di fronte a una storia così dura? “I commenti sono inaspettati e al momento entusiastici, lo trovo sorprendente. Il protagonista è un essere umano che respinge e spaventa, temevo che i lettori lo rifiutassero a priori, ma non è così. C’è più coraggio di quanto pensassi, ed è stupendo trovarlo soprattutto nel pubblico femminile”.
Fabrizia Ferrazzoli
Il link alla recensione su Dire: https://bit.ly/3thcqHR