Nello Zaino di Antonello: novità di maggio
Maggio è arrivato: facendo resistenza, continuiamo quotidianamente, dal piccolo avamposto di Borgo Santa Brigida, a regalare sogni di carta. Regalare sogni di carta attraverso i libri: storie divertenti e commoventi, storie di rabbia e di dolore e anche piacevoli riscoperte e nuove traduzioni. Continuano pure le nostre mille iniziative per tenere vivo l’interesse sulla nostra libreria e intorno ai libri. Giovedì 6 maggio il Gruppo di lettura “Diari da leggere” si è confrontato intorno al libro edito da Arkadia Editore nella Collana SideKar Non è di maggio di Luigi Romolo Carrino. Sabato 8, invece, abbiamo ospitato la giornalista del Manifesto Mariangela Mainiti, con il suo libro Organsa, per l’iniziativa del Libraio per un giorno. Nata a Parma, Mariangela Mianiti vive fra Milano e Locarno. Ex pianista, giornalista, scrittrice. Ha vinto i premi giornalistici “Cronista dell’anno” nel 2003 e “Maria Grazia Cutuli” nel 2005. Per DeriveApprodi ha pubblicato Una notte da entraineuse. Lavori, consumi e affetti narrati da una reporter infiltrata (2005) e La vita Viagra (2010). Nel 2011 è uscito per Sonzogno il suo primo romanzo Anche il caviale stanca, commedia sociale dalle singolari coincidenze con la serie televisiva Un’altra vita, trasmessa su Raiuno nel 2014. Attualmente scrive per il quotidiano il Manifesto su cui tiene la rubrica Habemus Corpus.
Un romanzo su un piccolo paese della Bassa poco fuori Parma. Un romanzo sul dopoguerra, saldamente centrato fra gli anni Cinquanta e Sessanta, su un’Italia dove accanto alle spinte verso cambiamenti radicali sopravvivono sentimenti e gerarchie cupamente egocentriche e odiosamente oppressive. Sfruttatori e sfruttati convivono nella stessa famiglia e chi si sfianca di fatica guadagna una miseria pur essendo nella graduatoria della parentela figlia di quei genitori che sono gli sfruttatori. Lo sguardo che narra, e che impara via via a riconoscere e a misurare la qualità e la quantità delle emozioni e delle aspirazioni in gioco, è quello implacabile di una bambina fra i sei e i dodici anni che tutto annota e soprattutto controlla filtrando e passando al vaglio le prepotenze e gli assurdi cedimenti, che misura l’esattezza di quello che vede con l’esattezza di una dizione cristallina. Una dizione che sa rendere cristallino anche un dialetto ostico come il parmense e dintorni. La bambina è nell’ordine la terza generazione. Un’innocente va a frugare le profondità di un’avidità forse secolare, la scrittura che si vuole mantenere limpida mentre segna a dito la serie delle malvagità crea attese non prevedibili, e il noir aleggia sul romanzo come un incredibile interrogativo. Grande conferma dell’autenticità della visione infantile è l’episodio decisamente allarmane e che resta insoluto dell’abito color zabaione appeso alla corda nel cortile.
Sono tante le novità di maggio in libreria assolutamente da segnalare. Partiamo da due belle novità di questi ultimi mesi in libreria con l’arrivo di una nuova casa editrice, Readerforblind, che con la sua Collana Le Polveri riporta alla luce classici da Riscoprire. Readerforblind nasce nel 2015 da un’idea di Dario Antimi, Adria Bonanno e Valerio Valentini. Pensato originariamente come rivista indipendente di narrativa breve, nel corso degli anni questo progetto si è evoluto: da rivista a collana editoriale, da collana editoriale a casa editrice nel 2021. I titoli che potete trovare in bella mostra ai Diari sono: I Superflui di Dante Arfelli con prefazione di Gabriele Sabatini e Zebio Còtal di Guido Cavani con prefazione di Omar Di Monopoli. Due libri immancabili che arricchiranno le letture dei lettori forti e che Readerforblind riporta a nuova luce con l’obiettivo di dare una nuova vita a opere che hanno fatto la storia della letteratura italiana ma che ormai sono state dimenticate. A 100 anni dalla nascita di Dante Arfelli, 5 marzo 1921, è tornato in libreria il suo libro d’esordio I superflui, uno dei più clamorosi casi letterari dell’Italia del dopoguerra. Pubblicato per la prima volta da Rizzoli nel 1949, tradotto in più lingue, I superflui negli anni ’50 diventa un best seller negli Stati Uniti, vende quasi un milione di copie, pubblicato da Scribner, lo stesso editore di Hemingway.
Sullo sfondo dell’Italia del dopoguerra, stretta nella morsa della miseria e sfiancata dal tumulto della ricostruzione, Luca, un giovane di provincia, va a Roma in cerca di fortuna; ha in tasca due lettere di raccomandazione di altrettanti compaesani, il parroco e il segretario della sezione socialista, con le quali spera di trovare lavoro. Appena scende dal treno incontra Lidia, una prostituta che lo trascina nella pensione della “vecchia”, una vedova indigente quanto e più di loro, dove la ragazza alloggia ed esercita. Inizia così la questua del giovane che, rimbalzato tra notabili e uomini di chiesa, alla fine un lavoro, seppur precario, lo ottiene. Ma l’inadeguatezza non lo abbandona; così come non abbandona Lidia, né Luigi, l’anarchico militante, o Alberto, lo studente di Legge. Davanti ai loro sguardi si staglia l’orizzonte del possibile, che però non si può mai davvero afferrare. Una cricca di sconfitti, irrimediabilmente figli dei loro anni eppure così vicini ai nostri giorni, che guardano il mondo scorrere, a volte pensano di poterlo afferrare, e invece solo ciondolano, persi e insieme intrappolati. E a tratti il lettore è quasi portato a intervenire, come a prenderli per le spalle e scuoterli forte. Ma l’aridità della loro immaginazione, quando pure sembra il contrario, aderisce perfettamente all’essenzialità della scrittura di Arfelli: un suono secco, privo di qualunque morbidezza. Cinico, come il destino delle vite insignificanti, le vite dei superflui.
Zebio Còtal di Guido Cavani è un libro che Pier Paolo Pasolini definì “un piccolo capolavoro” e lo avvicinerà ai racconti di Silvio D’Arzo e Federico Tozzi. Caduto per anni nel dimenticatoio e uscito dal commercio è finalmente tornato in libreria con una nuova veste, la prefazione di Omar Di Monopoli e una curatela consapevole del valore dell’opera.
Zebio Còtal, rabbioso contadino del modenese, ha cinque figli, poca voglia di lavorare, e un piccolo campo che, coltivato a grano, rende soprattutto gramigna. Zuello, il figlio grande, lo ha mandato a lavorare e vivere dal fratello ricco: una bocca in meno da sfamare, un poco di denaro per ripianare i debiti e comprarsi il vino. Placida, la moglie, bersaglio prediletto della sua ira, lo sopporta in silenzio, mentre la figlia Glizia è l’unica che gli si oppone con fermezza, e insieme cercano di creare un minimo di calore familiare per sopravvivere alla povertà e alla disperazione. Poi Zuello viene cacciato dallo zio perché, ragazzone da fatica, ha sottratto poche lire per sfamarsi. Ma a casa, dove lo aspettano le “cinturate” del padre, che intanto si dà da fare sul fratellino, non può tornare. E così inizia a vagare, il primo della diaspora familiare a cui fa da sfondo una natura crudele e bellissima. Piano piano se ne andranno tutti da Pazzano, chi al Creatore, chi per cercare una sorte migliore, chi svanirà nel nulla. Anche Zebio, incespicando in mille scelte sbagliate, si allontana da casa, prima finisce in prigione, poi è disperso sull’Appennino. E con la famiglia si dissolve anche la speranza in questo romanzo dalla trama scarna e dolente, che però ha in sé oltre alla brutalità della miseria, il pathos della tragedia classica e una lingua rapida, palpitante, che resiste al tempo.
L’Orma Editore porta in libreria Resoconto parigino di Thomas Mann nella traduzione di Marco Federici Solari. Un magnifico resoconto di un particolare momento storico che mescola diplomazia, mondanità, cultura, e il tutto mixato con il passo della grande letteratura.
Nel gennaio 1926, dopo un comodo viaggio in vagone letto, Thomas Mann approda a Parigi in compagnia della moglie. Accolto come un vero e proprio «emissario dello spirito tedesco», trascorre nove giorni nella capitale francese, durante i quali incontra grandi personalità, pronuncia discorsi, intesse relazioni. Sfrecciando in taxi da un appuntamento all’altro per una Parigi «scintillante di luci e pubblicità», Mann incrocia personaggi singolari – come la memorabile figura del conte Coudenhove, convinto di poter unificare l’Europa in capo a un paio d’anni –, ma soprattutto si confronta con scrittori, attivisti e intellettuali che stanno cercando di costruire un futuro di pace. Fra un pranzo a base d’ostriche e un ricevimento di gala, Resoconto parigino affianca questioni epocali – quali la riconciliazione tra Francia e Germania e lo scontro tra democrazia e nazionalismi – a pagine di ciarliera e divertita mondanità. Con la sua penna prodigiosa, Mann evoca intere tradizioni culturali e interroga l’ambigua relazione tra letteratura e politica.
Tra le novità de L’Orma Editore segnaliamo anche Non ci capisco niente. Lettere dagli esordi di Cesare Pavese pubblicato nel gennaio scorso nei Pacchetti a cura di Federico Musardo.
«Il mio carattere era timido e riserbato: macché, io l’ho saputo sforzare alla vita moderna e tutti i giorni ne imparo di più poiché vivo in mezzo ad essa, sempre teso in me stesso, gioendo della mia personalità che sente, comprende, raccoglie.»
Cantore dell’adolescenza e editore di genio, Cesare Pavese (1908-1950) ha fotografato con malinconico e militante realismo il proprio tempo, imponendosi fin da subito come una delle voci cruciali del Novecento italiano. Le sue turbolenti lettere giovanili, spesso autoironiche in maniera sorprendente, compongono un ritratto dei tremori e delle esuberanze di un artista in erba che cerca a «pugni e calci» di trovare la propria strada nel mestiere della scrittura.
Novità di primo rilievo è il romanzo L’attentato di Miljenko Jergović, tradotto da Ljiljana Avirović per Nutrimenti. Miljenko Jergović è nato a Sarajevo nel 1966, ma risiede da molti anni a Zagabria. È autore di una trentina di opere tra romanzi, raccolte di racconti e antologie poetiche, ed è considerato uno dei maggiori scrittori di area slava, tradotto e premiato in numerosi paesi. Molti suoi libri sono stati pubblicati in Italia, tra cui Le Marlboro di Sarajevo, I Karivan, Buick Riviera, Freelander e Volga, Volga; ha anche ricevuto il premio Grinzane Cavour per Mama Leone. Da Buick Riviera è stata tratta nel 2008 la pellicola omonima, premiata come miglior film al Festival del cinema di Sarajevo e come miglior sceneggiatura al Festival del cinema di Pola. Con Ruta Tannenbaum ha vinto il premio Meša Selimović per il miglior romanzo scritto in lingua bosniaca, croata, serba e montenegrina.
Sarajevo, 28 giugno 1914: l’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando viene ucciso con un colpo di pistola da Gavrilo Princip. È il casus belli della Grande Guerra, la scintilla che dà inizio al primo dei due conflitti mondiali destinati a insanguinare il Novecento e che segnerà gran parte della successiva storia europea. I due protagonisti di quell’episodio – il carnefice e la vittima – non possono essere più diversi tra loro, e non solo per ragioni di rango: da una parte, un giovane casto e idealista, che scrive poesie e patirà in prigione la mancanza dei libri più che gli stenti; dall’altra, un uomo ostinato e poco colto, divenuto erede al trono quasi per caso, che si è inimicato l’imperatore e la corte viennese sposando la donna che morirà insieme a lui nell’attentato. Intorno al loro fatale e tragico incontro, si muove un flusso magmatico di destini – vite di poeti, pazzi, cospiratori, martiri, regnanti, scrittori, assassini, filosofi – che trasforma la ricostruzione dei fatti di Sarajevo in un racconto multiforme, capace di assolvere uno dei compiti privilegiati della letteratura: interrogare la storia per comprendere gli uomini. Con L’attentato Miljenko Jergović scrive uno dei suoi romanzi più personali, implicito omaggio alla sua città natale, Sarajevo, storia di una terra divisa e martoriata, la Bosnia, ritratto di una generazione perduta di ribelli e sognatori, la stessa di cui fece parte anche il premio Nobel Ivo Andrić.
Dello stesso autore ai Diari si trova anche il romanzo Ruta Tannenbaum sempre per Nutrimenti nella traduzione di Ljiljana Avirović. Il romanzo di Miljenko Jergović è stato un successo tradotto in 20 Paesi e racconta la storia di una giovane stella del teatro croato che finirà vittima della barbarie nazista. Tradotto per la prima volta in Italia, ispirato a un personaggio realmente esistito, Ruta Tannenbaum è uno dei romanzi pù importanti di Miljenko Jergovic, autore celebrato a livello mondiale, voce di punta dell’attuale letteratura balcanica. Quasi una biografia, ma non del tutto, questo romanzo è soprattutto una dichiarazione d’amore per una terra martoriata e frammentata, composta in un linguaggio denso e ricco.
Ispirato alla storia vera di Lea Deutsch, la ‘Shirley Temple di Jugoslavia’, che calcò giovanissima le scene del teatro croato negli anni Trenta e morì neanche sedicenne sul treno che la portava ad Auschwitz, Ruta Tannenbaum è un romanzo di inconsueto splendore, l’omaggio di Miljenko Jergović alla città di Zagabria attraverso il racconto di una delle pagine più oscure della sua storia. Dotata di occhi magnetici e straordinaria immaginazione, Ruta Tannenbaum è destinata fin da bambina alla ribalta del palcoscenico. La sua è un’ascesa folgorante, che suscita ammirazione e cambia le sorti di tutti quelli che la circondano. Però i tempi sono cupi, specie per chi come Ruta è figlia di genitori ebrei. Dopo aver raggiunto le vette della notorietà, si ritroverà condannata alla negazione sociale e a una tragica fine. Ritratto personale e saga familiare, istantanea di una città e affresco di un’epoca, questo romanzo scorre tra piani molteplici: tra storia e finzione, tra quotidianità e mito, tra luci e vanità del vaudeville e le terribili ombre della Shoah; e lo fa con scrittura viva, espressiva, spesso caustica e brillante. Un libro che forse più di ogni altro nell’opera di Jergović fa risaltare la centralità dell’autore bosniaco, indiscusso protagonista della letteratura europea di questo inizio millennio.
È uscito Giovedì 6 maggio il libro di Gianni Minà per Minimum Fax Maradona: «Non sarò mai un uomo comune» Il calcio al tempo di Diego.
Questo libro è la storia di una lunga amicizia nata nel 1986 quando, ai mondiali di calcio del Messico, Diego Maradona guidò una nazionale argentina tutto sommato modesta alla vittoria. Un’amicizia che si consolidò l’anno successivo – quando il Napoli vinse il primo scudetto della sua storia – e che divenne ancor più bella e profonda quando lo stress, alcune dipendenze, ma anche il suo carattere ribelle e refrattario a qualunque regola o convenzione, contribuirono a spingere più volte Maradona sull’orlo del baratro. Questo è il resoconto fedele di quel legame, che Gianni Minà – da grande giornalista sorretto da un’empatia e indipendenza di giudizio che dovrebbero fare scuola – ci racconta attraverso gli articoli più belli che gli ha dedicato nel corso degli anni e tre memorabili incontri-intervista, durante i quali Diego si è messo a nudo, raccontando le proprie debolezze e la propria visione del calcio e della politica, sempre ammesso che le due sfere siano davvero separabili. Minà ci regala il ritratto del più grande calciatore di tutti i tempi ma soprattutto di un uomo complesso, contraddittorio, onesto fino alla brutalità.
Sempre per Minimum Fax con traduzione di Gaja Cenciarelli è da segnalare l’uscita dei racconti di Flannery O’Connor Un brav’uomo è difficile da trovare. Il libro ha una postfazione di Joyce Carol Oates.
Uscito nel 1955 e composto da dieci racconti inarrivabili per forza espressiva e spietatezza dello sguardo, “Un brav’uomo è difficile da trovare” impose immediatamente Flannery O’Connor come l’esponente di punta di quello che sarebbe stato ribattezzato il «gotico sudista». Unica sua raccolta pubblicata in vita, ha esercitato un’influenza incalcolabile su scrittori, musicisti, filosofi, politici per la ricchezza dell’apparato simbolico e la potenza e originalità del tema religioso. Dal racconto che dà il titolo al volume – con l’esplosione finale di violenza e le parole misteriose con le quali il Balordo, capo di una banda di rapinatori e assassini, chiude la storia, –all’irruzione di uno straniero nella tranquilla esistenza della «brava gente di campagna» di un’altra memorabile novella, fino alla sarcastica rielaborazione del tema razziale nel «Negro artificiale», O’Connor attinge al grottesco e a un umorismo a tratti feroce per costruire un un microcosmo umano in miracolosa sospensione tra commedia e tragedia, amore e crudeltà, dannazione e salvezza.
Il fabbricante di giocattoli di Tito Barbini per la Collana Senza Rotta di Arkadia è sicuramente un titolo che verrà parecchio apprezzato dai nostri lettori, anche per via dell’antica amicizia che ci lega a questo magnifico scrittore.
Tito Barbini, già sindaco più giovane d’Italia nella sua Cortona, amico di personalità quali François Mitterand, nel 2004 ha interrotto la sua esperienza di politico per intraprendere un lungo viaggio zaino in spalla dalla Patagonia all’Alaska, poi raccontato nel primo libro, Le nuvole non chiedono permesso. Da allora non ha più smesso di viaggiare e di raccontare luoghi e incontri, con libri di successo che oggi lo propongono come uno dei grandi scrittori di viaggio in Italia. Malgrado l’abbandono degli incarichi amministrativi mantiene viva la passione per la politica, quale luogo di possibilità e utopie.
Simón Radowitzky è stato tante cose: anarchico, russo, ebreo, argentino naturalizzato, rivoluzionario, omicida del capo della Polizia di Buenos Aires nel 1909, prigioniero, fuggiasco, militante in guerra, esule, fabbricante di giocattoli. Ma nessuna di queste “etichette”, utilizzate per descriverlo telegraficamente, può neanche lontanamente rendere appieno il suo ritratto, il dolore che in ogni azione si è trascinato dietro. In queste pagine dense e limpide, struggenti, l’autore narra la vita di un uomo che trascorse vent’anni nel bagno penale di Ushuaia, all’estremo confine del mondo, nella Terra del Fuoco. Quando morì, nel 1956, di lui si era detto tutto e il contrario di tutto. Poi l’oblio ne coprì le gesta. Oggi, soprattutto in un momento storico come questo, quando le statue vengono abbattute in segno di una presunta ribellione all’ordine costituito e alla supremazia bianca, parlare di Radowitzky è come tornare al vero senso del termine “anarchico”.
Nella Collana SideKar di Arkadia è uscito Lettere dall’orlo del mondo di Barbara Garlaschelli.
Un amore che vive di lettere che vanno e vengono senza sosta, raccontando la paura di perdersi per sempre, ma anche di incontrarsi diversi, cambiati. Una donna. Un uomo. Comunicano scrivendosi lettere da luoghi sconosciuti, sorretti da un amore che riesce a superare i limiti dello spazio e del tempo. Un uomo e una donna sospesi sull’orlo del mondo. Il loro è un sentimento forte, feroce, immerso in una dimensione da sogno. O da incubo. Tutto il loro universo è nelle righe che si scrivono senza sapere se l’altro le leggerà. Tutto è vero e falso nello stesso istante, perché l’istante, l’ora, il qui è l’unica verità che conta. Da cosa si vogliono salvare? Chi sta salvando chi? Perché la distanza appare come l’unica salvezza possibile? E perché continuano a cercarsi?
Per la Collana Eclypse di Arkadia segnaliamo anche il libro di Dora Esposito, Un giorno ti racconterò.
Un romanzo corale in cui la protagonista Giulia racconta la sua storia, le sofferenze per gli uomini che ha incontrato nella sua vita, ma nonostante le relazioni travagliate, le delusioni, le ferite dell’anima, lei non ha mai smesso di credere nell’amore, quello autentico, e nel destino che, con fili invisibili, intreccia le vite di ognuno per una precisa e prestabilita ragione. “Nulla succede per caso”. Dite alle persone che gli volete bene, finché c’è tempo. Non date mai per scontate le cose, le persone, gli affetti e gli eventi, perché tutto può cambiare. Non accontentatevi. Proprio come fa Giulia, bionda con il carré sempre liscio e mai ordinato, occhi grandi, azzurri e lentiggini sul naso. Un passato da dimenticare, una grande voglia di vivere, un amore malato, un altro interrotto per paura d’amare, però lei ci crede ancora. Desidera perdersi tra le braccia di qualcuno che le dia più sicurezze che incertezze. Ma deve prima fare una cosa importante. Yasmeen, invece, una ragazza iraniana molto coraggiosa con un passato burrascoso, arriva da lontano per raccontare la sua storia e, come un uragano, sconvolge la vita di Giulia con un motivo ben preciso. Ha un compito da eseguire. Anzi due. In un aeroporto, le due incontrano Jeo, un modello americano dal fisico scolpito, che sente il bisogno di un cambiamento, di un amore impossibile. Viene dalla Grande Mela per una proposta di lavoro. Spera di dare una svolta alla sua esistenza ma, intanto che passano i giorni, cambia quella di qualcun altro. In questo viaggio chiamato “romanzo” c’è anche Samuel, un ragazzo egocentrico, cinico, ricco, molto attraente, che pensa di più alla sua carriera che all’amore. Tante donne, ma una sola gli farà perdere la testa. Ha paura di amare e di farsi amare. E poi c’è Luca. Di lui non sarà svelato nulla. Possiamo solo anticipare quanto sia un grandissimo stronzo. E per concludere: ogni tanto chiedetevi scusa per tutte le volte che non vi siete amati abbastanza.
Antonello Saiz
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