Ti amo da (farti) morire: più che un vademecum sulla violenza di genere, una mano d’aiuto
Quanto sappiamo della violenza di genere?
Nel 2020 sentiamo parlare spesso di molestie, di stalking, di violenza da parte di uomini perpetrati contro le donne, ma quanto davvero ascoltiamo la cronaca, analizziamo i dati e ci soffermiamo a pensare, con coscienza, su quanto letto o udito? E quante donne, ancora nel 2020, subiscono senza trovare la forza di reagire, un po’ per paura di non essere comprese, un po’ per paura di non essere ascoltate, un po’ per paura di rimanere sole fisicamente, emotivamente, economicamente? E quante ancora, per tutti questi fattori messi assieme? Oggi, ma ancor più in tutti i giorni dell’anno, è bene parlarne, scriverne, comunicare per sperare di essere di aiuto a qualcuno, fornendo i consigli giusti.
La violenza di genere si declina in diverse tipologie:
- fisica: quando un uomo provoca un danno fisico a una donna attraverso armi, forza e costrizioni (rientra in questa casistica anche la privazione del sonno);
- psicologica: gli esempi più comuni sono la svalutazione della donna, danni alla reputazione, il controllo o la completa gestione della vita quotidiana, isolamento sociale, distruzione di oggetti, attacchi verbali e minacce di morte;
- sessuale: ogni forma di attività sessuale imposta (compresa la visione forzata di materiale pornografico);
- economica: riguarda tutte le azioni che impediscono ad una donna di preservare la propria indipendenza economica, come la privazione di andare o cercare lavoro, la gestione da parte dell’uomo totale e completa del conto in banca (soprattutto a quello di lei, se ne ha uno da sola) e, nel caso di separazione, non pagare l’assegno familiare;
- assistita: qualsiasi atto di violenza (fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica) compiuta su figure significative adulte o minori, a cui il/la minore assiste direttamente o indirettamente, subendone gli effetti;
- domestica: qualsiasi combinazione di violenza precedentemente elencata che avviene all’interno della casa da persone con cui si convive e che nella grande maggioranza dei casi sono uomini.
Il libro “Ti amo da (farti) morire”, a cura dell’Associazione Donna Ceteris e illustrato da Laura Congiu e Stefania Costa, si pone l’obiettivo di fare chiarezza, informare a tutto tondo sull’argomento delicato e complesso quale è quello della violenza di genere, cercare di consigliare al meglio le donne che vivono una o più delle situazioni elencate e istruirle sulle azioni da compiere (comprese quelle legali) per essere libere dai loro aguzzini. È un saggio illustrato, arricchito da tantissimi specchietti di approfondimento, che tra sagome, vignette e figure, non sminuisce affatto la gravità della tematica trattata e anzi, lo rende più accessibile, immediato e comunicativo a diversi livelli sia culturali che generazionali. Le tappe sono cinque e si comincia con le distinzioni psicologiche fra donna e uomo e le differenze fisiche tra il cervello femminile e quello maschile. Il percorso prosegue ed entra nel vivo della violenza di genere con l’elenco e gli esempi relativi alla stessa, senza tralasciare, per quanto possibile, certi dettagli utili ai fini del riconoscimento di uno o più problemi. Capitolo a sé è quello dello stalking: “to stalk”, in lingua inglese, è un verbo che indica il camminare in maniera furtiva e che, nel gergo venatorio, definisce il modo di muoversi del cacciatore, in agguato, pronto a colpire la sua preda.
“Il termine stalking racchiude quindi una valenza semantica che lo collega all’inseguimento e al pedinamento, finalizzati ad un atto violento. Per questo motivo, la letteratura medico-giuridica ha scelto la parola stalking per indicare un insieme di comportamenti e atti persecutori, di sorveglianza e di controllo, ripetuti, intrusivi, volti a ricercare un contatto con la vittima: questa ne risulta infastidita, preoccupata, spaventata; può essere costretta a modificare lo stile di vita e può giungere a manifestare una sofferenza psichica conclamata” (Citazione Galeazzi e Curci, 2003, presente nel saggio a p. 49)
Esistono cinque tipologie di stalker, classificazione elaborata in Australia dagli studiosi Mullen, Pathé e Purcell, e sono state individuate altrettante vittime primarie. Le vittime secondarie invece sono i parenti, gli amici, i colleghi di lavoro, i coinquilini. Non viene trascurato neppure il cyberstalking, ossia lo stalking messo in atto attraverso i social network e le chat, che tuttavia è ancora un fenomeno sottovalutato, specie dalle/dai più giovani. L’impatto dello stalking sulla vita delle vittime comporta conseguenze di carattere psicologico e non, ma senza dubbio per tutte è fondamentale che gli atti persecutori nei loro confronti non vengano minimizzati… Lo stalking non è un reato minore e non essere creduti o venire considerati paranoici o nevrotici comporta per le vittime un ulteriore aggravarsi del senso di solitudine e abbandono! (p. 59) L’invito è sempre quello di rivolgersi a un centro antiviolenza e/o antistalking per evitare che le cose precipitino. A tal proposito, viene suggerito e ripetuto spesso, nelle varie pagine del libro, il numero telefonico contro la violenza di genere: 1522. Si tratta di un servizio nazionale unificato di accoglienza telefonica gratuito, attivo 24 ore su 24, 7 giorni su 7, che costituisce il primo contatto con i centri della propria città e da cui potranno scaturire i successivi interventi. Il cerchio va a concludersi con l’analisi del ruolo dell’assistente sociale e di tutte le figure specializzate presenti in un centro, che coinvolgono anche psicologi, avvocati e volontarie che fanno rete, includendo, a seconda dei casi, istituzioni scolastiche, servizi sociali, forze dell’ordine e servizi A.S.L. L’ultimo capitolo è decisamente più tecnico e specifico e riporta tutte le leggi e le note legali riguardanti il femminicidio e le sue declinazioni sopra analizzate. Il libro si chiude con un fumetto dal titolo emblematico: “Fine di una fiaba”, i cui testi sono frutto dell’ingegno di Bepi Vigna, i disegni di Stefania Costa e Ilio Leo e l’elaborazione digitale di Laura Congiu.
Il passo successivo?
È riassunto dalla frase: “O mia, o di nessun altro”.
L’omicidio.
O il suicidio… se la vittima si sente abbandonata o incapace di risolvere una situazione che appare senza via d’uscita.
(p. 58)
Donna Ceteris nasce nel 1994, come centro attivo nel complesso universo dei temi legati alla cultura di genere, offrendo sostegno e assistenza alle donne vittime di violenza. Molteplici i progetti portati avanti negli anni, con numerose collaborazioni realizzate nell’ambito della scuola, dell’università e delle istituzioni, sia a livello regionale che su scala nazionale. Il centro è responsabile dei Centri Antiviolenza di Cagliari e del Plus di Quartu-Parteolla; gestisce inoltre lo Sportello Antistalking di Cagliari, il primo istituito a livello nazionale. Un approccio di servizio sul territorio e una costante progettualità multidisciplinare caratterizzano l’attività di Donna Ceteris, una grande famiglia di esperte e professioniste fondata e guidata dalla presidentessa Silvana Maniscalco. Ceteris, che nominalmente significa “per gli altri”, è il nome che ha ispirato la metaforica fiaba con cui abbiamo voluto raccontare i valori che ci hanno guidate in questi 20 anni di attività. Una fiaba che racconta la storia di una donna, come emblema di riscatto e di ritorno alla vita. Dall’illusione dell’amore che uccide, alla salvezza dell’amore che costruisce. (Silvana Maniscalco, p. 10) Più che un semplice libro, “Ti amo da (farti) morire” è una guida utile a tutte le donne, a tutti gli uomini e a tutte le studentesse/studenti. Le donne possono leggere per sé e per altre donne questo testo, regalarlo a un’amica, a una madre, una sorella, una cugina, una collega che purtroppo sta vivendo alcune o tutte le situazioni descritte. Con la pandemia che stiamo affrontando e con le conseguenze come il lockdown e la convivenza forzata, attraverso i dati e la cronaca, scopriamo che la violenza contro il genere femminile è aumentata. Ed è un ottimo suggerimento di lettura anche per gli uomini, affinché comprendano il nostro mondo, la nostra sensibilità e tutte le linee di confine umano, individuale e soprattutto di genere che non devono mai superare nei nostri confronti. Non sono tutti mostri, ma possono a loro volta aiutarci a smascherare quelli che lo sono. Ultimi, ma assolutamente non meno importanti: non dobbiamo dimenticare che una formazione corretta nei giovanissimi potrebbe aprire gli occhi alle studentesse e agli studenti. Il suddetto testo è stato presentato in alcune scuole e tale percorso formativo ed educativo non dovrebbe interrompersi, anzi, dovrebbe essere ripreso in mano e reiterato dai docenti, per esempio facendolo leggere alle ragazze e ai ragazzi. Si avvicina Natale, forse è il momento giusto per pensare a noi stesse e a tutte le donne che hanno bisogno di una mano, anche partendo da un libro, che semplice non è, ma potrebbe essere molto, molto di più per alcune di noi.
Alessandra Liscia
Il link alla recensione su Critica Letteraria: https://bit.ly/3l2fq4o