Un ritorno al futuro tra giochi e romanzi nel libro di Visinoni
Ne «Il caso letterario dell’anno» Leifur vende «idee» agli scrittori
Se il nostro doppio ci si presentasse direttamente dal futuro, cosa accadrebbe? Con questo paradossale incontro si apre «Il caso letterario dell’anno» (Arkadia Editore, 2018), il nuovo volume di Marco Visinoni, scrittore classe ’81 nato a Iseo, autore di alcuni libri, tra tutti «Apocalypse Wow», capaci di costruire mondi oscuri e ricchi di fascino. IL RITORNO alla narrativa di Visinoni passa per le vicende di Leifur, trentenne nato in Islanda ma cresciuto a Bologna, dove vive tra mille espedienti nel mondo delle parole. Leifur ha scritto «Uno», romanzo dai mediocri riscontri al quale non è seguita la carriera da scrittore, ma una lunga serie di romanzi iniziati e mai portati a compimento. Per campare vende idee ad aspiranti scrittori, incapace di portare a termine la propria opera, alla deriva come la sua vita sentimentale. Ma proprio da quel nebuloso futuro fa irruzione il suo io di domani che, come in «Back to the Future», gli consegna i numeri vincenti per le lotterie degli anni a venire. Lungi dall’essere la soluzione a tutti i problemi, l’apparizione sarà l’inizio di un viaggio che lo porterà in Islanda, alla ricerca delle proprie origini. Con l’ausilio di stravaganti compagni di viaggio come Boris, il nano con la pelliccia, e Leila, giovane scrittrice soft porno, Leifur scoprirà che il vero scopo del suo ritorno dal futuro sarà riprendere il filo di «Starbucks», romanzo abbandonato e destinato ad avere quel successo tanto desiderato. Anche se, alla resa dei conti, la tagliente ironia di Visinoni presenterà il conto al lettore, aprendo interrogativi sul mondo della produzione editoriale e sul prezzo da pagare per la propria felicità. Romanzo stratificato che gioca con le tracce, ora storia d’amore a scadenza, ora spietata analisi dell’industria culturale, «Il caso letterario dell’anno» è una commedia tenera e spietata sul mondo contemporaneo, sospeso tra giochi a premi, romanzi postmoderni in grado di aprire mondi e quella ricerca di un senso ultimo che continua a sfuggirci persino quando a rivelarlo siamo noi stessi, di ritorno dal futuro.
Stefano Malosso