L’11 settembre 2001, il giorno in cui sono crollate le Torri Gemelle, Giuditta ha mosso i suoi primi passi, sull’erba in un parco milanese. Di lì a otto giorni avrebbe compiuto un anno. Camilla invece è nata di sabato, nel giorno del Carnevale ambrosiano, e la cosa le dà non poco fastidio perché la sua festa è rovinata ogni anno da una ricorrenza più importante… La mattina del matrimonio, i suoi amici gli hanno fatto recapitare un fascio di giornali. Sfogliandoli, ha visto che erano cronache di guerra. L’aereo del suo viaggio di nozze ha dovuto poi fare una deviazione per evitare i bombardamenti sui Balcani… Quando aveva nove anni, alla Vigilia di Natale, ha accusato i primi sintomi di una malattia molto rara: era febbricitante e non riusciva a camminare. In ospedale, il dottore gli disse che in quel momento, in Lombardia, solo altre due persone avevano la sua stessa malattia. L’informazione non lo aveva consolato per nulla. Lo dimisero la settimana di Carnevale: era magro, debole e fiacco: durante la convalescenza aveva osservato dalla finestra i colori della città… Nomi, cose, musiche e città è un insieme di appunti, di pagine, di fogliettini che l’autore ha messo insieme durante gli anni e che a un certo punto ha deciso di sistemare e pubblicare, con l’intento di spiegare, prima di tutto a se stesso, avvenimenti, circostanze e incontri. Si hanno così delle pagine dedicate alle date importanti – vedi sopra –, alle colonne sonore della vita dell’autore, alla sua visita allo Zoo di Londra, alla bellezza del camminare lungo le vie Milano, al Summer Jamboree di Senigallia – che per inciso è davvero qualcosa di incredibile – e altri accadimenti più o meno importanti della vita dello scrittore. Cioè Giovanni Granatelli, una vita passata nel mondo dell’editoria, autore di poesie (Sillabe di un appello, Poesie 2017-2020, Poesie 2002-2022) e di altre prose (Spostamenti). I suoi racconti sono leggeri ma non superficiali, a volte forse un po’ troppo articolati e barocchi, ma comunque piacevoli e pieni di spunti di riflessione. Tra i quali emerge il fatto che non è mai troppo tardi o troppo presto per stupirsi e imparare nuove cose.
Sebastiano Del Rosso
Il link alla recensione su Mangialibri: https://tinyurl.com/3jd6rp2k
Il volume di prose di Granatelli si presenta come a voler essere una raccolta di istantanee scattate nell’attraversamento della propria vita quotidiana fatta proprio di “Nomi, cose, musiche e città” come esplicita il titolo ammiccando al gioco che tutti abbiamo fatto da bambini e forse anche a volerci ricordare proprio il giocare e l’essere sempre e comunque bambini di fronte alla grandezza del mondo. Chi frequenta l’autore anche nei suoi lavori in poesia sa però quanto questa istantaneità vada a toccare il nodo profondo dell’ineluttabilità del tempo che Granatelli sempre indaga come onda di ricordo, prospettiva di un futuro non definibile e stasi nello stare sul momento, nell’essere presente a se stesso. Non si tratta quindi di mere cronache, o meglio solo all’apparenza, bensì di quadri di riflessione, di appunto dai quali partire e tirare somme sul proprio percorso, culturale e umano. Se le canzoni vengono chiamate in causa dal titolo (e la scelta è sempre raffinata e non scontata), tutti i racconti sono attraversati da fini citazioni tra le righe di romanzieri, filosofi e poeti. Occorre saperle vedere oppure sistematicamente cercarle. Lo stile rapido e asciutto, parco, diretto. Ci si trova a immaginare Granatelli come un moderno flaneur capace di cogliere la scintilla della bellezza nei piccoli scambi col tassista o alla fermata della metro anche se la realtà è quanto di più lontano da questo. Per quanto già nella premessa ci venga presentato come una raccolta autobiografica nella realtà dei fatti ciascun racconto potrebbe realmente essere inventato poiché vero. Finzione e realtà potrebbero andare comodamente a braccetto. Per chi si occupa di libri e di scritture questo è un volume che chiede di essere ripreso in mano più volte, non per complessità, ma per rispecchiamento. Per ritrovare quella umanità data dalla nominazione delle cose, quelle cose che definiamo come piccole, comuni, che però ci fanno restare persone malgrado il nostro incessante andare, il dover portare a termine i lavori, l’essere presenti e attenti. Ecco Granatelli si confronta anche nella prosa coi suoi grandi temi: tempo, fragilità e vita. E lo fa in maniera leggiadra come una ballerina danza contemporanea che sale sulle punte e fa sognare.
Cristina Daglio
Il link alla recensione su Almanacco Punto: https://bitly.ws/3c2AY
Quando il tempo passa, lo fermi. Lo stoppi con i ricordi, con l’immagine viva di ciò che non esiste più. Ti riappropri di un tempo passato che resta tale. Vivere ancora una volta quello che ha fatto parte della tua esistenza significa non staccarsi dalla propria storia. I ricordi sono una risorsa ed anche un tormento. Tornano, con prepotenza, soprattutto quelli spiacevoli quasi a fare da monito ad una quotidianità da vivere evitando troppi errori. La memoria, in taluni casi, aggiusterebbe situazioni in divenire perché tornare indietro con la mente porta ad una riflessione compiuta di ciò che si impara attraverso il passato. I ricordi formano racconti. Entrambi sono preziosi, utili, significativi. Spesso dalla testa passano su carta. Si scrivono, come atto nostalgico di ciò che è stato e che non sarà mai più, per fissare meglio e bene quello che ci appartiene per sempre. Solo la volontà di cancellarli può bannarli dalla memoria. I ricordi servono. Anche quelli brutti, traumatici. Da essi si può ripartire azzerando il buio, la sofferenza. Riuscirci è una cosa diversa dalla pura intenzione. Insomma, i ricordi sono amici e nemici allo stesso modo. Riparano o disintegrano suoni, voci, figure e storie. In Nomi, cose, musiche e città di Giovanni Granatelli finisci in luoghi, in incontri, in passioni musicali, che fanno da cornice e da pittura alla vita dell’autore. Molti racconti sono autobiografici e per questo ancora più interessanti. Scriverli, riportando a galla i ricordi, equivale a mettere in atto l’accettazione, anche malinconica, del passato. Farli conoscere, invece, significa condividerli, trovare anche nuove chiavi di lettura per quello che si è vissuto. Il libro è autentico, asciutto da un mielismo stucchevole, da un compiacimento personale. E’ vero. Lo si avverte nello stile di scrittura e nella narrazione che rimane fresca ed un affresco sulla memoria.
Lucia Accoto
Il link alla recensione su M SOCIAL MAGAZINE: https://bitly.ws/3awpL
Molte delle mie letture di quest’anno le ho recensite qui su Masticadores o su altri blog o riviste online: l’elenco è troppo lungo per riportarlo in questo articolo. Dirò soltanto che tra i romanzi che ho recensito, e che sono quasi solo italiani, non mancano i miei amatissimi Sinigaglia, Magliani, Ciampi, Trevi, Ferraguti, sempre pronti a sorprendermi con nuove splendide opere. Tra gli altri autori italiani che ho letto ma non recensito (o non ancora) ci sono alcuni miei colleghi di Arkadia, e voi potrete dire, okay, deve dirne bene perché pubblicano col suo stesso editore, e certo devo ammettere che ai libri di Arkadia rivolgo sempre uno sguardo particolarmente affettuoso, perché è il mio editore, sì, ma anche perché è una realtà che sta crescendo e che meriterebbe di essere più conosciuta e apprezzata poiché molte delle opere che pubblica sono realmente degne di nota. Come Nomi, cose, musiche e città, di Giovanni Granatelli, una raccolta di racconti brevi molto suggestivi, La lacrima della giovane comunista, di Giorgio Bona, e Un bambino sbagliato, di Giovanni Lucchese, di cui sicuramente parlerò più avanti perché avrò il piacere di presentarlo a Pistoia. Tra le scrittrici italiane che ho letto quest’anno voglio ricordare Francesca Matteoni e Rosalia Messina, anche loro già recensite, Fabrizia Ramondino, una scrittrice novecentesca che non finisce mai di stupirmi, Viviana Viviani, che ha pubblicato con Arkadia una bella e originalissima silloge poetica dal titolo La bambina impazzita, e Antonella Cilento, di cui ho letto Solo di uomini il mondo può morire, un libro molto bello, tra il diario e il saggio, che racconta di passeggiate che l’autrice e il suo compagno usavano fare nella Foresta Regionale di Cuma, durante la pandemia di covid, e spazia tra gli incontri inaspettati e curiosi, la rievocazione delle leggende legate al luogo, le riflessioni personali e le considerazioni relative alla questione ambientale. Passando invece agli autori stranieri, tra di loro ci sono senza dubbio i libri più belli e importanti, non perché gli italiani siano da meno, o forse sì, chissà. Si comincia con Lezioni, l’ultima fatica di Ian McEwan, che percorre tutta la vita di Roland Baines, un uomo sempre alle prese con donne dalla personalità fortissima che in qualche modo lo seducono e lo soggiogano: la madre, l’insegnante di pianoforte Miss Miriam, la moglie Alissa. Un’opera magistrale, come tutto ciò che esce dalla penna di McEwan. Ho letto con grande interesse e un certo senso di spaesamento per la sovrabbondanza di pagine, temi, personaggi, due romanzi di due grandi vecchi: Il passeggero, di Cormac McCarthy, e Cronache dalla terra dei più felici al mondo, di Wole Soyinka. Due opere molto belle e importanti ma di non facilissima lettura. Devo menzionare inoltre lo straordinario V13 di Emmanuel Carrère, il reportage del processo ai terroristi che fecero gli attentati del 13 novembre 2015 a Parigi. Mi piacerebbe parlare ancora di altri libri che ho apprezzato molto, italiani e no, maschili e femminili, ma come si fa, nominerò appena Amianto, di Alberto Prunetti, La conca buia, di Claudio Morandini, L’orecchio di Kiev, di Andrej Kurkov. Per quanto riguarda la saggistica, sono molti i libri che hanno avuto su di me una forte impressione. La maledizione della noce moscata, di Amitav Gosh, parte da una vicenda storica sconosciuta ai più, del modo cioè in cui l’arcipelago indonesiano Banda, colonia prima portoghese e poi olandese, nel XVII secolo fu ferocemente spopolato dei suoi abitanti, successivamente ricollocati sulle stesse isole come schiavi, per impiantare la coltivazione della noce moscata. Un caso esemplare di colonialismo arrogante e distruttivo che offre all’autore lo spunto per parlare di storia, popoli, ambiente, sfruttamento. La Q di Qomplotto, di Wuming 1, che analizza il fenomeno del complottismo in modo acuto e approfondito, e Doppio, di Naomi Klein, un saggio molto interessante che spazia tra vari argomenti, difficile da riassumere in poche righe. Contagi, di Kyle Harper, un grande affresco della storia umana dal punto di vista delle malattie che l’hanno afflitta nelle varie epoche. Ho letto diversi libri su un tema che mi coinvolge molto, quello delle migrazioni: il più importante è stato il saggio di Sally Hayden, una giornalista irlandese che da tempo si occupa dell’argomento. E la quarta volta siamo annegati è un testo duro, che si basa su inchieste condotte dall’autrice, testimonianze, racconti autobiografici, e narra senza nascondere nulla il dramma dei migranti che vengono dall’Africa. J’accuse, di Francesca Albanese, Relatrice speciale delle Nazioni Unite, è invece un duro atto di accusa verso la politica coloniale di Israele nei confronti della terra e della popolazione palestinese, con occupazione dei territori, apartheid, stragi e ora la spaventosa guerra che sta distruggendo Gaza. Concludo con una biografia davvero monumentale, quella di Philip Roth scritta da Blake Bailey, imperdibile per chi ama il grande scrittore americano, e con due testi di poesia: la raccolta Corpuscoli di Krause, di Fabiano Alborghetti, e Le case vogliono dire, un libro a metà autobiografico e a metà autocritico di Umberto Fiori, un poeta che mi piace talmente che mi basta leggere un suo verso per sorridere di felicità dentro di me.
Marisa Salabelle
Il link alle segnalazioni su Masticadores Italia: https://bitly.ws/39EBN
Incipit necessario: come sa chi mi segue da tempo scelgo di recensire, gratuitamente e solo per passione, solo i libri che hanno incontrato il mio gradimento altrimenti evito per non demolirli con una recensione negativa, il motivo più comune di non apprezzamento è la non conoscenza della sintassi, della concordanza temporale e dei sinonimi (sono da anni anche correttrice di bozze ed editor…)
Per il secondo anno consecutivo ho voluto elencare in dettaglio i titoli di tutti i libri da me recensiti perché possa essere un input, uno stimolo a leggerli…
Al Salone del Libro di Torino a maggio e al Book Pride qui a Genova ho conosciuto nuove case editrici che mi hanno poi fatto dono di loro opere, cartacee o in pdf, ne ho ritrovata qualcuna del passato e ne ho persa qualche altra per strada senza sapere perché…ognuna di loro ha un suo angolo nel mio sito, eccole:
https://danielaedintorni.com/category/arkadia-editore/
https://danielaedintorni.com/category/edizioni-le-assassine/
https://danielaedintorni.com/category/edizioni-leima/
https://danielaedintorni.com/category/fratelli-frilli-editori/
https://danielaedintorni.com/category/golem-edizioni/
https://danielaedintorni.com/category/graphofeel-edizioni/
https://danielaedintorni.com/category/iacobelli-editore/
https://danielaedintorni.com/category/mon-edizioni/
https://danielaedintorni.com/category/morellini-editore/
Moltissime/i autrice e autori, ormai fidelizzate/i come amo definirle/i, mi hanno proposto, nel corso di questo anno che sta per concludersi, le loro nuove opere perché hanno apprezzato le mie recensioni precedenti e ne desideravano un’altra, sempre grazie per la fiducia…
Come potete vedere dalla tabella sottostante da gennaio a dicembre 2023 ho recensito 140 libri, che fa una media di 1 recensione ogni 2,6 giorni; 91 di autrici, 43 di autori, 2 antologie e 4 scritti a due mani.
Il mese in cui ho recensito più libri e ebook è stato gennaio (ero ancora in convalescenza per l’operazione alla schiena…) con 17 recensioni e poi giugno, luglio, ottobre e novembre con 13.
Il mese in cui ho recensito più autori è stato giugno con 7, quello in cui ho recensito più autrici è stato gennaio con 14.
Quest’anno, su suggerimento di un’autrice, ho ricominciato a pubblicare le mie recensioni su Goodreads oltre che sul mio sito e su Amazon; purtroppo non sempre il libro da me recensito è presente su quella piattaforma.
mese
autrice
autore
antologia
Scritti a due mani
Numero di recensioni nel mese e media
Gennaio
1. La spada di ghiaccio, di Romina Resto
2. Annabella Abbondante, di Barbara Perna
3. La violenza, di Marise Ferro
4. la governante di Madame de Lempicka, di Clara Zennaro
5. Il mistero di Anna, di Simona Lo Iacono
6. La ragazza in giardino, di Marise Ferro
7. le colpe di Maria, di Silvana Meloni
8. la tigre di Noto, di Simona Lo Iacono
9. donne musulmane, di Giuliana Cacciapuoti
10. mondi à la carte, di Gabriella Vergari
11. sono coniglio, partigiano, di Elisabetta Violani
12. la tasca sul cuore, di Chiara Forlani
13. Le Romantiche, di Marise Ferro
14. Il procuratore muore, di Luisa Valenzuela
1. Gentilupo, fiaba di Simone Morini
2. Il ritorno di Virgilio, di Hermann Broch
3. io che da mio padre ho preso solo gli occhi chiari, di Massimo D’Aquino
17 recensioni in 31 giorni, una recensione ogni 1,8 giorni
Febbraio
1. vasi di alabastro, tappeti di Bukara, di Angelica Gorodischer
2. verso una nuova vita, di Silvana Sanna
3. il secondo piano, di Ritanna Armeni
4. la scrittrice obesa, di Maria Salabelle
5. la mentalità della sardina, di Olivia Crosio
1. Caruggi di piombo, di Marvin Menini
2. il grande Hans, di Daniele Grillo
3. favole per Irene, di Enrico Zoi
4. lo zampacchione giallo, di Enrico Zoi
9 recensioni in 28 giorni, 1 recensione ogni 3,1 giorni
Marzo
1. Trenta giorni e cento lire, di Ester Rizzo
2. Streuse, di Marinella Fiume
3. La portalettere, di Francesca Giannone
4. Versi mortali a Camogli, di Adelaide Barigozzi
5. il campo delle ossa, di Chiara Forlani
1. né il fiore né il baratro, di Giovanni Rossi
2. la banda delle figurine, di Mario Barale
3. il tesoro di Hitler, di Achille Maccapani
4. sotto le stelle di Genova, di Marco Di Tillo
5. aperitivo all’arsenico a Roma, di Dario Falleti
10 recensioni in 31 giorni, 1 recensione ogni 3,1 giorni
Aprile
1. ballata per galline vecchie, di Elisa Genghini
2. la donna emancipata, di Jenny d’Hèricourt
3. Indagine su Alda Merini, di Margherita Caravello
1. favole ciniche, di Han Ryner
2. longevità fatale, di Attilio De Pascalis
1. Morgana, di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri
6 recensioni in 30 giorni, 1 recensione ogni 5 giorni
Maggio
2. Ogni cosa torna, di Patrizia Gariffo
3. E’ madre chi…di Cinzia Pennati
4. Mi limitavo ad amare te, di Rosella Postorino
5. Stai zitta, di Judy Brown
6. qualcosa di me, di Isabella Nicora
7. la tela di cloto, di Monica Vanni
1. i due volti della verità, di Rocco Ballacchino
2. in viaggio con la zia Colomba, di Renzo Bistolfi
1. pioniere, di Pina Caporaso e Giulia Mirandola
10 recensioni in 31 giorni, 1 recensione ogni 3,4 giorni
Giugno
1. l’enigma svedese, di K. G. Silisso
2. l’hotel, di Dana Maria Stifren
3. un diamante rosso sangue, di Clara Negro
4. anime sperse, di Pina Ligas
5. la mia itaca, di Anna Valeria Frigerio
6. la prof Aglietti non era Robert Capa, di Gabriella Vergari
1. delitti al buio, di Emiliano Bezzon
2. c’era una volta all’Asinara, di Giampaolo Cassitta
3. la pagina più bella, di Luc Dietrich
4. Bacci Pagano, una storia da carruggi, di Bruno Morchio
5. Ghost Medical Team, di Vincenzo Carrozza
6. L’uomo che portava a spasso i libri, di Carston Henn
7. il professore di Kabul, di Mario Grasso
13 recensioni in 30 giorni, 1 recensione ogni 2,3 giorni
Luglio
1. la miniera maledetta, di Tyline Perry
2. melodia perfetta per note stonate, di Nora Brant
3. Ouessant, l’isola delle donne, di Annalisa Comes
4. giallo siciliano, di Nuccia Isgrò
5. la barbiera, di Antonietta Muscas Podda
6. la trama di Elena, di Francesca Sensini
7. la bellezza rimasta, di Roberta Zanzonico
8. la banda dei colpevoli, di Sarah Savioli
9. la carrozza della santa, di Cristina Cassar Scalia
10. il suono del vento, di Cristina Origone
11. il sussurro della pioggia, di Cristina Origone
1. i silenzi della Bassa, di Massimo Fagnoni
2. il rumeno di Porta Venezia, di Mauro Biagini
13 recensioni in 31 giorni, 1 recensione ogni giorni
Agosto
1. i delitti di Varese, di Laura Veroni
2. il silenzio della terra, di Cristina Origone
3. Una felicità semplice, di Sara Rattaro
4. la ragazza dei colori, di Cristina Caboni
5. Umor Vitreo, d Paola Musa
6. la ragazza dell’Opera, di Adriana Valenti Sabouret
7. Il delitto di via Etnea, di Roberta Castelli
8. la traccia del pescatore, di Roberta Castelli
9. la bambina di cera, di Roberta Castelli
10. Pasticci di famiglia, di Daniela Graglia
1. perché la minestra si fredda, di Santiago Pumarola
2. Nero come la neve, di Marco Della Croce
12 recensioni in 31 giorni, 1 recensione ogni giorni
Settembre
1. Folisca, di Miriam D’Ambrosio
2. Il tuo silenzio è di stella, di Alessandra Corrà
3. Soli tra le stelle, di Elena Biondo
4. telefona, qualche volta, di Maria Concetta Distefano
5. Nulla d’importante tranne i sogni, di Rosalia Messina
6. Il calzolaio di Milano, di Claudia Maria Bertola
7. sui tuoi fianchi, di Arianna Ciancaleoni
8. nove giorni e mezzo, di Sandra Bonzi
9. Nelle loro mani, di Hilda Lawrence
1. il mare delle illusioni, di Sebastiano Martini
2. Vino rosso sangue, di Fabrizio Borgio
3. il maresciallo Bonanno, di Roberto Mistretta
12 recensioni in 30 giorni, 1 recensione ogni giorni
Ottobre
1. l’incastro perfetto, di Lavinia Brilli
2. Tunnel, di Maria Masella
3. I salmoni aspettano agosto, di Elena Panzera
4. Come pezzi di carta sull’acqua, di Sara Morchio
5. Verde mare, blu profondo, di Daniela Mencarelli Hofmann
6. La regina dei colori, di Valeria Corciolani
7. Bonnie Parker, di Arianna Destito Maffeo
8. Stella Benson, di Francesca Cosentino
9. Il dubbio dell’avvocato, di Laura P. Cavallo
10. Sono stata nella giungla, di Francesca Piazza
1. Nomi, cose, musiche e città, di Giovanni Granatelli
2. Vite senza gloria, di Giovanni Cacciatore e Giuseppe Pizzo
3. A Salina il vento cambia, di Giovanni Cacciatore e Raffaella Catalano
13 recensioni in 31 giorni, 1 recensione ogni 3,8 giorni
Novembre
1. Con te non ho paura, di Sara Rattaro
2. La stagione dei papaveri, di Flaminia Festuccia
3. Tonto, di Silvana Sanna
4. Ristretti nell’indifferenza, di Emma Zordan
5. L’anno dei destini incrociati, di Bea Buozzi
6. Tutte le cose che ho perso, di Katya Maugeri
7. Il fiore di Fahranaz, di YAPRAK ÖZ
1. Vite sbagliate, di Marco G. Dibenedetto
2. Il levarsi della luna, di Gian Luca Paganelli
3. Modus in rebus, di Riccardo Ferrazzi
4. Le ombre della sera, di Bruno Morchio
5. Bradipismi, di Stefano Serri
6. Due racconti, di Maurice Maeterlinck
13 recensioni in 30 giorni, 1 recensione ogni 2,5 giorni
Dicembre
1. Io sono Nannarella, di Carla Cucchiarelli
2. Come d’aria, di Ada D’Adamo
3. Scrivere per non morire, di Tommasina Soraci
4. La numismatica detective, di Linda Scaffidi
1. I delitti di Manfreda, di Roberto Mistretta
2. Avrai sempre una casa, di Piero Malagoli
3. Il canto dell’upupa, di Roberto Mistretta
4. Il babbo di Pinocchio, di Paolo Ciampi
5. Nel rimorso che proveremo, di Piero Malagoli
6. Rosario Livatino, di Roberto Mistretta
1. Accùra, antologia a cura di Roberto Mistretta
2. Natale a Genova, a cura di Sabrina De Bastiani e Daniele Cambiaso
12 recensioni su 31 giorni, 1 recensione ogni 2,6 giorni
91 autrici
43 autori
2 antologie
4 libri scritti a due mani
140 su 365 giorni, 1 recensione ogni 2,6 giorni
Daniela Domenici
Il link alla segnalazione su Daniela e Dintorni: https://bitly.ws/385hQ
In una nota parabola di Jorge Luis Borges, inserita dallo scrittore argentino nella raccolta di racconti e poesie intitolata L’Artefice (1960), si legge: «Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d’isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l’immagine del suo volto». La citazione, significativamente posta da Claudio Magris quale epigrafe dei suoi Microcosmi (1997), a sottolineare il senso di un’identità che si delinea nell’incontro con i piccoli universi umani e naturali, riassume l’ispirazione del volume di prose e racconti Nomi, cose, musiche e città, ultimo lavoro dello scrittore e poeta Giovanni Granatelli (Arkadia editore, pp.113, € 14.00). Paesaggi, riflessioni, ricordi, epifanie e piccoli e grandi vagabondaggi quotidiani tornano nell’opera di Granatelli dopo i precedenti Spostamenti (Nardini editore, 2020) e Resoconto. Poesie 2002-2022 (Scalpendi, 2023), per fondersi adesso in prose e racconti brevi di schietta e lineare intensità, attraverso una narrazione randagia e mai narcisistica, consapevole di sé e del potere evocativo e memoriale della parola che l’autore padroneggia con grande maestria e sicurezza. Sono i nomi, infatti, che troviamo come primo elemento di un titolo composito, in cui l’accumulo onomastico definisce l’orizzonte ontologico della narrazione, a sancire il potere evocativo e memoriale della parola: Granatelli abita le parole che ripercorre come tante linee di una carta geografica effettiva e memoriale, con i nomi che si riappropriano del proprio ruolo morfosintattico per definire identità e verità. Prende corpo così la parabola di una esistenza che si infarcisce di recuperi verbali come memoriali, delineandosi tra le direttive di rotte nuove e mete perdute in una compenetrazione di passato e presente, tra il suono di vecchie canzoni e desueti lettori di audiocassette, tra cose e musiche e città, epifanie sensoriali, riflessioni e nuove scoperte e verità. Il senso del viaggio, fisico come della scrittura, di cui l’autore si fa portavoce come moderno viaggiatore urbano, risiede dunque nel camminare («camminare è una delle attività più connaturate negli esseri umani, una maniera appropriata di stare al mondo», p. 12), divenendo presupposto indispensabile dunque della narrazione e della conoscenza, dello stupore e della condivisione, della indignazione e della scoperta. Così, «questa maniera appropriata di stare al mondo», non può non richiamare i passi del tempo e della storia. Se Milano è il teatro principale delle peregrinazioni cittadine di Granatelli, la città metropolitana per eccellenza ricca di servizi efficienti nell’ambito dei collegamenti e dei trasporti, dove coesistono gli sguardi tristi di una profuga siriana e s’affastellano i passi confusi e veloci dei viaggiatori alla Stazione centrale, è allo stesso tempo la città del rumore luminoso, capace di un peregrinaggio tutto umano che tuttavia non preclude la vista delle stelle. Tanti passi compie il viaggiatore, a pochi metri come a migliaia di chilometri da casa, alla scoperta di sé e del mondo, passi infiniti, come i giorni, quantificabili adesso grazie ai contapassi degli ultimi modelli di smartphone; passi infiniti che segnano il ricordo di una gita a Pompei e finiscono per arrestarsi nel sito degli scavi archeologici, dove anche la storia sembra fermarsi, in una «prolungata lezione di morte e sulla ferocia del tempo che passa e consuma tutto» (p. 11). Attraverso una continua relazione con l’alterità, quella dei luoghi, e quella più intima dell’identità personale chiamata a confrontarsi continuamente con la mutevolezza della vita e delle stagioni, Granatelli descrive un affresco sull’esistenza che con lirismo discreto da privato sa farsi universale. Lo status viatoris, condizione già ampiamente affrontata dal poeta nelle precedenti opere poetiche e prosastiche, non è soltanto una chiave interpretativa (in senso biologico) dell’esistenza ma anche la condizione intima ed esistenziale del viaggiatore: quella del poeta e dello scrittore assorto nei piccoli grandi vagabondaggi quotidiani, all’insegna di una esplorazione che s’immerge nella propria storia con un senso dell’effimero e insieme dell’eterno, alla ricerca di un’Itaca che è insieme meta del viaggio e specchio di se stessi, approdo e appassionante ritorno.
Laura D’Angelo
Il link alla recensione su Insula europea: https://bitly.ws/384×4
Giovanni Granatelli
“Nomi, cose, musiche e città”
Arkadia Editore
www.arkadiaeditore.it
Una raccolta di racconti autobiografici che rievocano luoghi, viaggi, incontri, capolavori dell’arte, piccole e grandi epifanie e passioni musicali.
Una raccolta di prose e racconti autobiografici (in parte già comparsi su rivista) che cercano di rievocare e raccontare luoghi, viaggi, incontri, capolavori dell’arte, piccole e grandi epifanie e passioni musicali. Pagine immuni da egocentrismo e autocompiacimento bensì tutte tese, attraverso la loro scrittura asciutta, a conservare e comprendere, raccontare e condividere, talvolta a indignarsi. Coltivando sempre l’arte dello stupore: davanti a un affresco o durante un breve viaggio in taxi, a pochi metri come a migliaia di chilometri da casa, ascoltando musica o guardando dentro un telescopio; ricordando e nominando.
Ascolta la conversazione con Giovanni Granatelli
Giovanni Granatelli, nato a Catania nel 1965, vive sin da bambino a Milano. Lavora da sempre nel mondo dell’editoria. Ha pubblicato sette volumi di versi, tra i quali l’antologia Resoconto. Poesie 2002-2022 (Scalpendi, 2023), e uno di prose e racconti di viaggio, Spostamenti (Nardini, 2020). Si è aggiudicato numerosi premi letterari (“Dario Bellezza”, “Ossi di Seppia”, “Tra Secchia e Panaro”, “Città di Arcore”, “Il Meleto di Guido Gozzano”). Dei suoi libri si sono occupati tra gli altri “La Lettura” del “Corriere della Sera”, “Avvenire” e “Poesia”.
Livio Partiti
Il link al podcast su Il posto delle parole: https://bitly.ws/33hAn
Giovanni Granatelli, nato a Catania nel 1965, vive al Nord da sempre, ora a Milano dove si occupa di editoria.
Ha pubblicato sette libri di poesia che hanno vinto prestigiosi premi letterari, tra i quali ricordiamo “Dario Bellezza”, “Ossi di seppia”, “Tra Secchia e Panaro”, “Città di Panaro” e “Il Meleto di Guido Gozzano”.
Nella seguente intervista parleremo con l’autore delle sue ultime pubblicazioni, il volume di poesie Resoconto. Poesie 2002 – 2022 (Scalpendi editore) e Nomi, cose, musiche e città, edito da Arkadia editore nel 2023.
Come è nata l’idea di radunare insieme poesie appartenenti a più sillogi nella raccolta Resoconto. Poesie 2002 – 2022 pubblicata da Scalpendi?
Posso dire che è nata…invecchiando e dunque con il desiderio di stilare una sorta di bilancio, sia poetico che esistenziale, della mia scrittura e della mia vicenda personale nell’età adulta.
Comporre, in accordo con l’editore Scalpendi, questa antologia è stato per me anche l’occasione di rileggere e ritrovare i temi e gli elementi centrali del mio sentimento delle cose e ovviamente del mio stile, della mia “voce”. Ritengo che ogni libro abbia anche un carattere testamentario: questo in modo particolare.
Molte sono inedite. In un libro di poesie non usuale, di oltre 320 pagine, Resoconto. Poesie dal 2002 al 2022 pubblicato nel mese di aprile del 2023, da Scalpendi appunto. Ma non ha avuto paura di un rigetto da saturazione?
Va detto che il libro ha una disposizione editoriale particolare, le liriche sono stampate soltanto sulla pagina di destra, come a volerle sempre separate da una pausa bianca di silenzio, per cui in realtà la mole effettiva dei testi ammonta a 160 pagine.
Tutte le sezioni contengono una scelta dai libri precedentemente pubblicati, tranne l’ultima che è composta da liriche più recenti e ancora inedite in volume. No, non ho avuto il timore della saturazione, forse proprio per quel carattere di repertorio quasi testamentario cui accennavo prima.
La sua opera poetica è stata sul mio comodino per tanto tempo, come un breviario religioso e molti siti e blogger hanno, anche grazie a questo libro, iniziato a recensire poesia come non si era mai fatto prima nel mondo di Internet. Cosa ne pensa?
Innanzitutto sono lusingato e un po’ commosso che il mio libro abbia stazionato sul comodino di un’altra persona. E grato di questa accoglienza; la generosità del lettore va sempre ricordata e sottolineata. Spero sempre che ciò che scrivo possa toccare la vicenda esistenziale di chi legge, con ben poche scorie estetizzanti. Di poesia mi pare si parli tantissimo in rete e spesso con toni (esaltati, turgidi, oracolari) che a esser sincero mi respingono.
Perché in Italia si compra e si legge così poca poesia? Dopo la domanda precedente questa domanda sembra retorica ma non lo è, nelle intenzioni.
Credo che la poesia si sia sempre letta piuttosto poco. Nella scrittura in versi c’è un elemento perturbante, che inquieta molti lettori. La poesia affronta in modo diretto e bruciante la condizione umana. Nel presente, la compiaciuta oscurità di non pochi autori non aiuta certo un potenziale pubblico di non addetti ai lavori. In ogni caso l’esiguità del pubblico non l’ho mai ritenuta un problema, non toglie nulla al valore della poesia o dei poeti.
Da poco è uscito un suo libro, pubblicato da Arkadia editore, dal titolo Nomi, cose, musiche e città. Ci sono prose o scritti che parlano di fatti autobiografici e alcuni scritti erano già editi su alcune riviste. Non è una novità, perché già in passato aveva scritto di prose.
Poesie e prose, ora manca un romanzo.
Mi pare molto improbabile che io possa scrivere un romanzo, anche se nella vita non si sa mai. Innanzitutto mi manca completamente l’attitudine alla fiction, alla scrittura d’invenzione, è come se nel mio cervello mancasse questo “file”. Poi credo di non avere sufficiente “fiato” per la lunga distanza, che la poesia lirica e la prosa breve siano le misure a me congeniali, che mi appartengono.
Alcuni lettori si sono lamentati della poca ironia di questo suo ultimo lavoro, dove sembra che lei abbia ripreso un modo di scrivere che porta allo scherzo, alle parodie, mentre solitamente lei è piuttosto serio. Qual è la sua versione?
Io trovo che ci sia una dose molto contenuta di ironia nei miei testi. Se è vero che cercano una certa levità, un’intensità asciutta, quasi una trasparenza e tentano di coltivare un’arte dello stupore, da questo stupore spesso scaturiscono, contengono quasi sempre una nota dolente, che a tratti può farsi anche molto dolente se non piuttosto disperata.
Lei in questi giorni sta girando l’Italia per presentare il suo nuovo libro edito da Arkadia. Ha senso fare ancora presentazioni? Crede nel passaparola?
Ho sempre fatto in realtà poche presentazioni. Per pudore. Mi pare sia sempre dietro l’angolo il pericolo dell’autoreferenzialità. Per fortuna queste ultime sono state condotte da un amico che è un bravissimo giornalista culturale, Saul Stucchi, davvero capace di estrarre il senso di ciò che scrivo e si sono rivelate delle occasioni di incontro umanamente e culturalmente molto ricche, scevre da intellettualismi. Penso poi che un eventuale passaparola sia uno dei migliori premi per un libro.
Cosa direbbe a una ragazza, a un ragazzo che vogliono scrivere in generale e scrivere poesie e brevi prose in particolare?
Gli direi di leggere tantissimo e di dedicarsi ai grandi, di “fare la lotta” con i maestri, con i grandi scrittori e di dedicare piuttosto un’attenzione contenuta ai contemporanei. E di cercare in questa lotta di trovare la propria voce e la propria misura. E poi gli ricorderei che scrivere è innanzitutto “riscrivere”: rifare, correggere, tagliare, aspettare, sacrificare, riprovare…
La spaventa la morte? Ha un fede religiosa? Come le sembra questo millennio?
Dire che la morte mi spaventa è un eufemismo impreciso: ne ho in realtà letteralmente orrore, così come del tempo che passa. Qualche anno in compagnia di un analista temo non sia riuscito a scalfire, se non di qualche scheggia o granello, questo orrore. No, purtroppo, e sottolineo purtroppo, non ho una fede religiosa, che peraltro ho “rincorso” per tanto tempo. Provo una grande e intensa invidia verso coloro che ce l’hanno, che conservano la speranza di un disegno misterioso, di un senso ultimo, di un…. “risarcimento” e di una prosecuzione oltre il limite dell’esistenza umana. Credo comunque che se l’avessi la mia sarebbe la fede tragica e negativa di un Ivan Karamazov. Di questo millennio mi allarma il senso di minaccia (ambientale, sociale, politica e psicologica) che colpisce soprattutto i più giovani e penso ovviamente, in primo luogo, alle mie figlie.
Le guerre, la pandemia di Covid, paesi perlopiù africani dove nascono bambini che hanno già fame. Rimaniamo ancora noi privilegiati, a parte il Coronavirus, ma fino a quando?
In questa tragica disparità di condizioni di vita mi pare risieda una buona parte della componente di insensatezza insita nell’esistenza umana. Difficile fare previsioni.
Mi pare in ogni caso degno di riflessione che noi occidentali privilegiati siamo comunque vittime di un disagio profondo. Abbiamo quasi tutto, rispetto ad altri, ma siamo ammalati di un malessere che non ci concede tregua.
Vincenzo Mazzaccaro
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