“Desideravo che la gente riconoscesse prima la mia voce e poi la mia faccia. In luoghi distanti da quelli dell’infanzia non avrei incontrato certi sguardi, sarei stata più sicura dei miei giorni nuovi e del mio corpo da scoprire, finalmente, con i miei occhi” Nuovi giorni tanto desiderati, sfiorati, ma destinati a non arrivare mai. In “Folisca” (Arkadia, 2022) Miriam D’Ambrosio riporta alla luce la vicenda di Rosetta (Elvira Rosa Ottorina) Andrezzi, una giovane aspirante cantante vittima di omicidio nel 1913, neanche diciottenne, in piazza della Vetra a Milano. Miriam D’Ambrosio lascia che sia Rosetta a raccontare la sua storia e la verità sulla sua morte. Dà a Rosetta la parola e la possibilità di scoprirsi con nuovi occhi.
LA STORIA
“Sono Elvira Rosa Ottorina Andrezzi. Tre nomi per una bambina sola; si è usato così per molto tempo”.
Ultima di nove fratelli, Rosetta, ancora bambina, è costretta dalla madre a trasferirsi a casa del Cavaliere, un uomo piacente che la accoglie e diventa il suo primo cliente. È qui che Rosetta si avvicina alla musica, prendendo lezioni dalla cantante milanese Gina De Chamery. Il Cavaliere riconosce fin da subito il suo talento per il canto e decide di lasciarla libera, mandandola a vivere con Leda, una prostituta, cara amica che sarà per lei come una madre.
“Ora mi chiamano Rosetta de Woltery e sono figlia di Musica e di Canto, nata una seconda volta dentro la stessa vita”.
Rosetta conosce così l’atmosfera de café chantant, le luci soffuse, i bagliori dei gioielli falsi, imitazioni bellissime, partecipa agli spettacoli, entra al Teatro San Martino di Piazza Beccaria, dove scopre che il pubblico maschile presente in platea era lo stesso frequentatore di luoghi diversi con medesimi abiti e differenti intenzioni. Dopo tre mesi trascorsi a casa di Leda, Rosetta decide di trasferirsi da Attilio Orlandi, il Buterìn, amico dell’amato fratello Arturo e immischiato nella ligèra, la mala vita milanese. Sarà proprio il suo legame con il Buterìn e con le sue origini a segnare la strada verso la fine. Sullo sfondo della ligèra si muove infatti il Musti, un questurino che inizia a notare Rosetta durante le sue visite al negozio di Guido, un commerciante con il quale la giovane ha trascorso poche notti. Il primo incontro tra i due avviene una notte: un urto voluto, una stretta al braccio e occhi cupi puntati su di lei. “Si accorse della mia paura e gli piacque”. Arturo cerca di proteggerla, non la lascia mai sola, spaventato dall’ossessione del Musti per la sorella: lui la guarda, la segue, la desidera. Anche Rosetta ha paura, ma rifiuta la vita e la protezione che il Musti le offre. Vuole provare in tutti i modi a lasciarsi il passato alle spalle e trovare il vero amore, che vede incarnarsi in Gino, uomo gentile che le donerà un nuovo nome e una nuova speranza.
“Sì, da oggi ti chiamerò Folisca per sempre. […] Significa “scintilla” ed è quello che tu sei per me”.
Rosetta riparte da qui, dall’amore per Gino e dal sogno di diventare una cantante famosa, che sembra avvicinarsi dopo essere stata scelta per due spettacoli a Napoli e a Genova. Un sogno, però, solo sfiorato: nel buio della strada, viene aggredita e uccisa con violenza dal Musti e da un gruppo di agenti armati, i quali in seguito diranno che quello che è successo non è mai avvenuto, accusando la giovane donna di suicidio. Solo un giornalista, che Rosetta aveva conosciuto al termine di uno spettacolo e che si presentò a lei “Mussolini Benito, onorato” con un baciamano, andrà alla ricerca della verità sulla sua morte, accusando apertamente il Musti sulle pagine del quotidiano Avanti!, in un tempo in cui il fascismo era ancora lontano.
VOCI E DESTINO
Rosetta racconta la sua storia in prima persona. Ci guida alla scoperta della sua vita, attraverso i suoi ricordi e un travolgente flusso di pensieri ed emozioni. Gli occhi sono un elemento sempre presente, delineano il percorso da seguire, sanciscono legami, segnalano i pericoli, osservano il mondo andare avanti dopo la sua morte.
“Vi guardavo tutti, fermi nel vostro spazio di dolore”.
Alla voce di Rosetta, dominante nella prima parte, si aggiungono via via nuove voci: Il Cavaliere, il Butèrin, Gino, Guido, il fratello Arturo, il Musti, Benito Mussolini. Sono le figure maschili che prendono spazio nella vita della giovane donna, nutrendosene, dandole nuove forme e significati. Con loro Rosetta assume nuovi nomi e nuove identità, tutte legate da uno stesso destino, che la costringe ad abbandonare la coralità di voci che la circondano e a ritrovarsi sola. Anzi no: resta con lei il sogno di diventare una cantante, che ha coltivato, incapace di morire.
TRE NOMI PER UNA DONNA
Tre sono i nomi con cui Rosetta viene al mondo. Tre sono i nomi in cui vive: Rosetta, diminutivo di Rosa – ero l’ultima e mi si poteva concedere quella tenerezza – usato dai fratelli e dalle persone a lei vicine; Rosetta de Woltery, il nome con cui era conosciuta nei teatri italiani, nella sua fase di rinascita; Folisca, nome con cui verrà chiamata solo da Gino, suo unico e inviolato amore. Tre nomi per una donna che si trova a fare i conti con il passato, incastrato nella sua anima come un blocco di pietra da cui cerca di liberarsi, il presente, alimentato dalla ricerca di riscatto e dalla passione per il canto e la musica, e il desiderio di un futuro in cui sentirsi completa e pura accanto a Gino.
“Folisca”, dissi. “Fo-li-sca” ripetei dividendo in sillabe. “Sembra una folata di vento che trasporta una foglia, la solleva, la trascina ancora a terra, la rialza e la lascia cadere”.
Questa è la breve di vita di Rosetta, quella racchiusa nella descrizione che lei dà del suo nome d’amore e non d’arte: una scintilla luminosa, trascinata dall’ambizione di un futuro migliore, trattenuta dalla vergogna di un passato incancellabile, risollevata dall’amore e dal desiderio di essere una vera artista, lasciata cadere e spenta dal più forte.
ULTIMA FRA GLI ULTIMI
La storia di Rosetta diventa una pagina di Storia.
“Folisca” non è solo la storia di un femminicidio: è la denuncia di un abuso di potere verso una donna che ha provato a sognare, ha tentato di riscattarsi, ha avuto il coraggio di affrontare un essere più grande e più forte di lei, uscendone sconfitta. Una sconfitta che si fa ancora più dolorosa nella menzogna che ne ha insabbiato l’omicidio e nell’essere, anche nella morte, dalla parte degli ultimi e degli emarginati.
“[…] finì la mia epoca bella di sogni possibili, l’epoca in cui le arti sembravano vincere lo squallore di certe esistenze rendendo raggiungibile la salvezza”.
“Folisca” è l’istantanea di un’epoca, scattata con gli occhi di chi quell’epoca l’ha vissuta così intensamente da rimetterci la vita. Un’istantanea che a distanza di oltre cento anni presenta ancora colori vividi e contorni netti.
Fra le pagine emerge il chiaro intento di Miriam D’Ambrosio di non limitarsi al racconto della vita di una giovane cantante e dell’indagine sulla sua morte. Rosetta ci parla e la sua voce diventa la voce di tanti. In lei riusciamo a ritrovare qualcosa, una scintilla, che ci ricorda qualcuno, una storia già letta, una vicenda già nota. Il controllo, il potere, gli emarginati, l’oblio: elementi con cui ci scontriamo ogni giorno, ognuno a suo modo. Quante scintille esistono nel mondo? Quante ne abbiamo incontrate? Miriam D’Ambrosio, con “Folisca”, decide di ravvivare le braci e risollevare le scintille, affidando alla scrittura e all’informazione il potere di raccontare la verità, attraverso la testimonianza degli ultimi e dei vinti.
“Io resto Rosetta per tutti, la Rosetta della ligèra, perché l’origine ci resta attaccata addosso e non mi dispiace. Ma Folisca, il mio nome segreto, l’ho portato via con me e lo sussurro, ne apprezzo il suono, lo sento ripetuto dal vento che usa le foglie come strumento, dal crepitio del fuoco e dalle braci mosse da cui si staccano scintille”.
Folisca è la seconda possibilità di tutte le scintille: quella di continuare a brillare, libere, nella giustizia e nel ricordo.
Ilaria Cattaneo
Il link alla recensione su ALIBI Online: https://bit.ly/3Hhefg0
Folisca è un romanzo di Miriam D’Ambrosio edito da Arkadia nel 2022. Questo libro mi ha travolta pagina dopo pagina e quando ho chiuso l’ultima la sensazione che ho provato è stata di rabbia e di sdegno. Folisca racconta una storia vera, quella di Elvira Rosa Ottorina Andrezzi, per tutti Rosetta, nata e cresciuta nel cuore di piazza Vetra nella Milano malfamata e violenta dei primi del Novecento. Ultima di nove figli, con una madre che pare facesse la prostituta, e avida di soldi, e con un padre che girava per osterie.
“[…] Io sono la nona. Dopo di me il tuo tempo di sangue è finito e la vita non ti ha più abitato, anche se lui ha continuato a cercare, ubriaco tra le tue gambe. E non lui soltanto. […] Mi dicesti: <<Hai quasi tredici anni, io ho cominciato un po’ più tardi, ma tu…tu sei già pronta. […] Il Cavaliere è un uomo gentile, sa come trattare una donna. […]”
Il Cavaliere, un facoltoso vedovo, aveva voglia di “freschezza” e col consenso della madre la prese con sé. Rosetta si dava da fare nei mestieri di casa, si nutriva bene e si abituò anche al peso del corpo di quell’uomo gentile e premuroso.
La chiamava “Sogno mio bello”. In quella casa conobbe Leda, un’amica del Cavaliere, che le insegnò ad apprezzare la bellezza delle piccole cose e le buone maniere.
Un giorno il Cavaliere la sorprese a canticchiare un motivetto inventato, strimpellandolo al pianoforte, che lei era solita lucidare, e ne rimase compiaciuto. Quel momento sereno e magico fu l’inizio del suo cambiamento. Quell’uomo le diede l’opportunità di dare finalmente un senso alla sua vita.
“[…] Rosetta, fu una gioia sentirti cantare e vederti sopra un palcoscenico per la prima volta. Mi ero fidato di Gina De Chamery e avevo fatto bene; il suo e il tuo lavoro davano risultati, […] Questo mi resta della tua presenza: il soffio dell’aria che muove le tende, i vocalizzi ripetuti durante le lezioni, i tuoi occhi che mi evitano, il rumore del portone chiuso e i tuoi passi svelti che si allontanano dalla mia casa.”
Era per Rosetta l’inizio del riscatto di una vita greve. Il canto le diede la possibilità di farsi conoscere e apprezzare per la sua voce e non per la sua faccia, per quello che era diventata e non per quello che era stata, anche se le sue origini erano sempre in agguato. Quello che non sarebbe mai cambiato e avrebbe custodito per sempre era l’amore per Maria e Arturo, i suoi fratelli, l’amicizia che la legava a Leda, dalla quale si era trasferita dopo aver lasciato la casa del Cavaliere, e il suo amico d’infanzia Attilio, col quale aveva abitato per un breve periodo. Bisogna sempre salvare la parte migliore di se stessi e custodirla.
“[…] Tra canzonette e canzonacce avevo comunque cominciato. Debuttai con Scarliga il primo giorno di primavera […] Ti aspettano al Salone Margherita di Roma per cinque serate o anche più. Sarà un debutto speciale[…] Ora mi chiamano Rosetta de Woltery e sono figlia di Musica e Canto, nata una seconda volta dentro la stessa vita[…]”
C’è sempre chi, però, il passato te lo presenta come un conto da pagare. Rosetta era diventata l’ossessione di un questurino, Musti, non ricambiato, che la provocava, la scherniva ogni qualvolta la incontrava, la faceva sentire sporca, ricordandole i suoi trascorsi. Quell’uomo era diventato la sua ombra. Ma lei era solo presa dal canto e dall’amore per Gino, uno scrittore di commedie, incontrato al teatro San Martino, dove Rosetta si esibiva. Quell’amore fatto di tenerezza, di piccole gioie, di attimi di serenità, crebbe giorno dopo giorno. Si era definita una creatura della notte, con lui trovò la luce, scacciando quel buio che da sempre aveva ricoperto la sua anima. Gino la chiamava Folisca.
“[…] Significa “scintilla”, ed è quello che sei per me. Scintilla nascosta, brace sotto la cenere, luce improvvisa, fuoco rosso che continua a divorare il grigio della legna arsa capace di scaldare e ancora e riaccendersi. […]”
Ma il passato è incancellabile, ogni tanto ritorna. Rosetta ripensava spesso alla sua infanzia, alla sua anaffettiva madre, si vergognava soprattutto del tempo passato col Cavaliere. Senza quel passato, però, non sarebbe la ragazza di oggi e come le diceva spesso la sua amica Leda:” Vergognarsi e nascondersi è cancellare se stessi.” La vita di Rosetta trascorreva tra prove a teatro, tra i preparativi del suo debutto a Genova e a Napoli e le ore spensierate con Gino. Quanti sogni, quanti progetti! Ma poteva mai la vita essere così magnanima? Una sera tornando dal teatro con un gruppo di musicisti e ballerini, si attardò con loro a chiacchierare in Largo Carrobbio. Due questurini, tra questi Musti, intimarono al gruppo di sgombrare. I giovani non si allontanarono subito e i due ritornarono coi rinforzi, prendendo a piattonate i poveri malcapitati, traendoli poi in arresto. Rosetta tentò di scappare. Arturo, il fratello, corse in suo aiuto, ma fu picchiato e arrestato. Musti e un suo collega la raggiunsero sfinendola a calci. I due assassini si premurarono di portare la giovane in ospedale e concordare una falsa dichiarazione. La sua vendetta di uomo ferito nell’onore era stata perpetrata. Era il 27 agosto del 1913.
“[…] Diciotto anni non li avevo ancora compiti; mancavano cinque giorno. Non avevo assunto veleno e mai un pensiero simile mi avrebbe sfiorata. Quel “di professione cantante”, però, era giusto, la mia fatica e il mio orgoglio erano in quella frase. Morivo cantante, era stato scritto, mi avrebbero ricordato così. Nella menzogna contenuta nella dichiarazione di morte, quella parola brillava vera e potente. […]”
Nessuno pagò per quel delitto. Infangarono il nome di Rosetta e archiviarono subito l’inchiesta. Tempo dopo il direttore dell’Avanti, un certo Benito Mussolini, su insistenza di Leda, sua amica, riprese il caso e portò a galla la verità, ma come lui stesso scrisse:
“La verità agli ultimi, quasi mai, rende giustizia.”
Folisca è un romanzo che ti avvolge e ti stravolge. Amerai i suoi personaggi e odierai le ingiustizie occultate. Rosetta ti resta dentro per la sua giovane ingenuità, le sue paure, la sua vulnerabilità, la sua smisurata voglia di cambiare la sua esistenza che ingiustamente l’aveva provata e condannata. Questo romanzo è un piccolo capolavoro. È la stessa Rosetta che si racconta con un linguaggio lirico, delicato e passionale, ma anche con dolorosa rassegnazione.
“Ci hanno provato a renderti schiava e hai trasformato la tua schiavitù in sogno di libertà e bellezza. È stata spezzata la tua forza. E la memoria è importante, Rosetta, è immortalità.”
Rosetta divenne un personaggio della mitologia popolare con una canzone che la rese immortale: la canzone della sua gente, quella della ligéra, la mala milanese. La storia di Rosetta è il simbolo di un’epoca in subbuglio, ma resta soprattutto il racconto di una donna brutalmente uccisa per mani di un uomo folle.
La descrizione del libro
È una notte d’estate del 1913 e una ragazza che sogna di riscattare la sua vita viene aggredita violentemente da chi per mestiere dovrebbe far rispettare la legge. Diranno che quello che è successo non è mai avvenuto. Diranno che era solo una prostituta, una poco di buono, una poveretta che si è suicidata con il veleno usato da quelle come lei. A smentire la versione ufficiale è il giornalista che non ti aspetti, quando ancora credeva nella verità. È il direttore del quotidiano socialista e presto farà tremare il mondo. Questa è la storia di Rosetta Andrezzi, personaggio realmente esistito, una giovane sciantosa, fragile e affascinante. Nei teatri italiani la conoscono come Rosetta di Woltery. Il suo nome verrà ricordato per sempre nelle canzoni della mala milanese, la leggendaria ligéra. Sullo sfondo di una Milano immersa nella Belle Époque, nella magia dei cafè chantant e della vivacità artistica di giovani letterati che si tuffano nella modernità, con l’apocalisse della Grande Guerra alle porte e le contraddizioni di una democrazia immatura, la storia di Rosetta, del suo amore e della sua breve vita diventano il simbolo di un periodo travagliato e ricco di fermenti.
L’autrice
È nata a Sora, ha vissuto a Napoli, Pescara, Roma (con un piede in Ciociaria) e attualmente risiede a Treviglio, dove insegna Italiano e Storia in un Centro di Formazione Professionale. Laureata in Lettere, per anni ha collaborato con alcune testate nazionali, scrivendo soprattutto recensioni teatrali. Questo è il suo quarto romanzo dopo Fuori non è così (Barbera, 2014), Giuda mio padre (Luigi Pellegrini Editore, 2016), L’uomo di plastica (Epika Edizioni, 2018).
Gianna Ferro
Il link alla recensione su Il mondo incantato dei libri: https://bit.ly/3Fgm2ti
All’anagrafe era Rosetta Andrezzi, nei teatri era nota come Rosetta di Woltery, per il suo amato era Folisca. Tre nomi per una donna potrebbero essere troppi, non per la protagonista di questo romanzo che l’editore Arkadia ha portato in libreria a luglio scorso. Di lei ne scrisse già Leonardo Sciascia negli anni ’80, quando di questa giovanissima donna non c’era più che una traccia, un nome su articoli di giornali, e non certo celebrativi di qualche suo successo teatrale, ma articoli di cronaca che raccontavano del suo suicidio rivelatosi poi un omicidio, omicidio del quale Sciascia ricostruì l’esatta dinamica. Ma il libro della D’Ambrosio vuole celebrare a tutto tondo questa donna per la quale, come dicevamo, tre nomi non erano nemmeno abbastanza, tanto erano forti la sua personalità, il carattere e la determinazione. Tre nomi che rappresentavano, in un certo senso, tre fasi della sua vita: ciò che era per appartenenza di nascita, ciò che era per sè stessa (la donna di teatro) ciò che era per il cuore in cui fu accolta e cullata. Rosetta, figlia di lavandaia “in un tempo in cui si lavavano più gli indumenti che i cristiani” ,per necessità familiare si fa prostituta mascherata da cameriera al servizio di un cavaliere nelle pause di costui tra una vedovanza e un secondo matrimonio Mi aveva comprato, educato, vestito, spogliato, mi aveva dato un ruolo in quella casa, una divisa da cameriere riverente e abbottonata fino all’ultimo bottone. Un uomo che però le riconoscerà la libertà allorquando si rende conto che Rosetta ha un talento: la musica e il canto. È dotata in quest’arte e la affiderà alle lezioni di Madame De Chamery.Da qui inizia una nuova vita per Rosetta e il romanzo, che fin qui aveva visto la sola voce di Rosetta, ora ha una nuova voce narrante, quella del Cavaliere, ma anche un secondo occhio che si apre sulla storia, sulla vicenda e sulla vita di Folisca, e inizia a diventare un romanzo corale. Ho scoperto il tuo talento e ho voluto che vivesse: da quel momento non ho più potuto sentirti mia. Forse questa è stata la tua salvezza: lasciarti al canto, a una vita da immaginare. E le voci si fanno tre, quando sulla strada di Rosetta si pone quella del Buterin, un borsaiolo, un colluso con la ligéra, la malavita. Sarà da lui che andrà a vivere – dopo una breve parentesi a casa di Leda, un’amica con la quale ha molte affinità ma al cui mondo non sente di appartenere – instaurando con quest’uomo un rapporto di autentica amicizia, che durerà fino alla fine dei giorni di Rosetta. Lei che riusciva a vedere “un senso anche in quella malavita umida e notturna, a suo modo leale e capace di pietà. La voglia di una vita più giusta era dentro noi tutti. Realizzarla in maniera onesta, evitare lo sbando, scantonare, questa era la parte difficile” Ma l’amicizia col Buterin, suo malgrado, la porterà alla rovina: la quarta voce narrante entra prepotente in campo. Ed è ancora quella di un uomo, il Musti, guardia carceraria che la nota nelle visite regolari che Rosetta fa al Buterin. La osserva, la segue, ne resta ossessionato, la vuole, ma non riesce a fermare i propositi della giovane di ottenere indipendenza né a spegnere e la sua voglia di cavalcare il palcoscenico dei teatri. L’aria di una vita diversa cominciavo a respirarla e nessuna prepotenza mi avrebbe trascinato ancora a essere corpo muto e pronto, carne da passeggio destinata a sfiorire presto, come fanno i papaveri colti nei campi che non durano nemmeno il tempo di uno strappo.
E quell’aria nuova sta per arrivare, Rosetta è a un passo dal sogno che si fa realtà: è stata scritturata per due spettacoli a Genova e a Napoli. E da questo momento forse prende corpo la parte più bella di un libro che finora ha regalato ben poco. La partenza è vicina, il tempo è maturo perché Rosetta veda realizzarsi il sogno di vedere il suo nome sui cartelloni pubblicitari, ma il destino ha in serbo altro per lei. Non le luci della ribalta, ma il nero di una strada di Milano che la inghiotte, il buio che la prende con sé. Altre voci si aggiungono al coro: quella della mano che ha comandato al buio di impossessarsi di Rosetta e quella di colui che, con determinazione si impegnò a restituirle un poco di luce. Io, Benito Mussolini, confermo che le nostre tempestive indagini portarono dunque la verità che agli ultimi, quasi mai, rende giustizia. Tuttavia, nessuno pagò per quel delitto. Un Mussolini sorprendente nella sua voglia di verità e giustizia, ma erano ancora i tempi in cui era direttore dell’”Avanti”, per lui ci saranno ben altre ribalte, mentre per Rosetta di Woltery c’è stata solo la certezza che non diventerà mai il mito che lei sperava di essere. Il romanzo potrebbe essere definito un lungo flusso di coscienza della protagonista e di questo genere, forse, ne paga un po’ lo scotto, poiché la lettura, dopo il primo impatto, diventa molto statica. La quasi totale assenza di dialoghi a favore di lunghi monologhi dei personaggi con se stessi rende la lettura stancante. Ciò che emerge è il desiderio che, evidentemente, aveva l’autrice di raccontare non il mito, non l’indagine sulla sua morte, ma la donna. E in questo è pienamente riuscita nell’intento. Pro: la giusta misura del romanzo, la scrittrice dimostra di sapere quando è il tempo di mettere un punto; la scelta della coralità, di dare voce anche agli uomini che hanno vissuto per Rosetta e che di lei si sono in qualche modo cibati. Contro: Un po’ di noia nella prima metà del libro: poche emozioni e poco dinamismo.
Serena Colombo
Il link alla recensione su Thriller Storici e Dintorni: https://bit.ly/3TL81su
Folisca. “Sembra una folata di vento che trasporta una foglia, la solleva, la trascina ancora a terra, la rialza e la lascia cadere”. Scintilla nascosta, brace sotto la cenere. È la storia di Rosetta Andrezzi, personaggio realmente esistito, una giovane sciantosa conosciuta nei teatri italiani come Rosetta De Woltery, questa narrata da un’ispiratissima Miriam D’Ambrosio. Sullo sfondo di una Milano immersa nella Belle Époque, tra la magia dei café chantant e l’incombere sordo e mortifero della Grande Guerra ormai dietro l’angolo. Folisca è il suo nome d’amore, quello attribuitole da Gino nel momento del loro sentimentale avvicinamento, pieno di prospettive e di emozioni nuove, dopo un inizio di vita molto difficile e costellato da esperienze profondamente segnanti. Purtroppo sulle loro braci si abbattono, inesorabili, violenza, sopraffazione, ansia di potere fuori controllo rappresentate dal questurino Musti, presunto difensore dell’ordine ma incarnazione perfetta delle pulsioni più basse ed egoistiche destinate a portare morte, forse non avendone neppure una giusta percezione. È proprio lui l’altra faccia della medaglia. La storia di Rosetta diventa quindi simbolo tangibile di un’intera epoca, nella quale l’apertura di un secolo percepito e raccontato come portatore assoluto di modernità, di arte, di creatività, di progresso, si ritrova quasi inaspettatamente impantanato in un’atmosfera di morte, di violenza, di regressione allo spietato gesto primordiale dell’uomo che uccide l’uomo. Dialoghi, descrizioni, luoghi… Tutto contribuisce a regalare uno spaccato fedelissimo di quegli anni, tra analisi e racconto di un fatto di cronaca nera, frettolosamente catalogato e vani tentativi di fare luce e di restituire verità. Un racconto che fila via appassionante e scorrevole, lasciando dietro e dentro di sé le tracce inequivocabili di una dialettica attualissima tra pulsioni di morte e desiderio di vita, tra sopraffazione sui simili e pura condivisione di bellezza, tra ansia di potere e desiderio di ricerca. Ogni personaggio è presentato con attenzione, colto nelle proprie umane debolezze e figlio perfetto dell’epoca raccontata. Perfino il giovane direttore dell’Avanti, Benito Mussolini, che prova a smentire la versione ufficiale intrisa di mere verità di comodo e che prova a fare giustizia, incarna anche un evidente presagio di morte che incombe sull’Italia futura. Diranno che Rosetta era solo una prostituta, una poco di buono vicina al mondo del malaffare, una poveretta suicidatasi con il sublimato corrosivo, il veleno usato proprio da quelle come lei. Ma c’è l’umanità dietro ogni etichetta sbrigativamente affibbiata ed è la caratteristica più preziosa di questa storia. Rosetta è infatti l’incarnazione di tutte le vittime innocenti che gridano ancora giustizia. Folisca è quindi, soprattutto un atto d’amore nei confronti di ogni pur minimo sguardo di speranza, di ogni fiamma smorzata, di ogni vita spezzata. Un amore profondo che è principalmente memoria preziosa. “La memoria della bellezza non muore con noi, resta”. Come brace accesa ancora sotto la cenere. Ce ne accorgiamo quando qualcuno, come riesce a fare splendidamente Miriam D’Ambrosio, soffiando amorevolmente e appassionatamente sulle braci, riesce a renderle di nuovo fiamma ben visibile. Da tenere sempre accesa. Nel tempo.
Il link alla recensione su Leggere:tutti: https://bit.ly/3yXUZ2h
È nata a Sora, ha vissuto a Napoli, Pescara, Roma (con un piede in Ciociaria) e attualmente risiede a Treviglio, dove insegna Italiano e Storia in un Centro di Formazione Professionale. Laureata in Lettere, per anni ha collaborato con alcune testate nazionali, scrivendo soprattutto recensioni teatrali. Questo è il suo quarto romanzo dopo Fuori non è così (Barbera, 2014), Giuda mio padre (Luigi Pellegrini Editore, 2016), L’uomo di plastica (Epika Edizioni, 2018).
BLOG La torrida estate è ormai conclamata ed un piuccolo sollievo può venire dai titoli in uscita fino al 31 luglio. In copertina due editori isolani, la siciliana Carbonio e la sarda Arkadia, ambedue con due temi di interesse. Il nostro blog ad agosto si ferma e dà appuntamento a settembre
Chiudiamo luglio e con “Massimo Volume”, il blog che vi invita alla lettura, ci rivedremo a settembre. In copertina Clarissa Goenawan con Il mondo perfetto di Miwako Sumida, editore Carbonio, romanzo tradotto dalla scrittrice catanese Viola Di Grado. In controcopertina Folisca di Miriam D’Ambrosio, Arkadia, ovvero gli abusi di potere di chi dovrebbe difenderci. Interessante la fiction di Arturo Belluardo per Giulio Perrone Editore e l’amore interrogato di Indyana Schneider pubblicato da Blu Atlantide. Oligo indaga Shakespeare con Rudyard Kipling e WoM Edizioni propone Macario. Il terzo ospite di B. Traven. Algra Editore propone il saggista Franco La Magna che narra la ‘incursioni’ del Verga nel cinema.
Buona estate e buone letture
Le uscite di martedì 19 luglio
Libro copertina, Il mondo perfetto di Miwako Sumida di Clarissa Goenawan, Carbonio
Miwako Sumida sarebbe stata per sempre la ragazza che aveva travolto tutti con un oceano di colori. E ogni volta che Chie guardava le nuvole si ricordava di loro due sdraiate in precario equilibrio in cima a quel serbatoio d’acqua sul tetto, che discutevano di cose senza importanza, come una nuvola di passaggio, chiedendosi se somigliasse più a un coniglio o a un aereo. Tokyo, università Waseda, marzo 1989. A un goukon organizzato da un amico, il ventunenne Ryusei Yanagi conosce la matricola Miwako Sumida e ne resta subito colpito. Dietro le lenti spesse di un paio di occhiali retrò, c’è lo sguardo vivace di una ragazza che non si fa problemi a esprimere le proprie idee anche a costo di rendersi impopolare, e ciò non può che risultare eccezionale in un mondo che pare accogliere solamente opinioni omologate, che procede suddiviso in gruppi e funziona per alleanze non importa quanto sentite. Dopo l’incontro, disertando il karaoke, Ryu e Miwako scoprono di essere entrambi clienti di una vecchia libreria dell’usato e di avere in comune la passione per la lettura. È facile quindi che i due si rivedano nella biblioteca del campus, che tornino insieme alla libreria Ikeda e che pian piano comincino a fidarsi l’uno dell’altra. Saputo che Miwako ha bisogno di un lavoro, Ryu propone a Fumi-nee, sua sorella maggiore e pittrice, di reclutare l’amica come aiutante nel suo sgangherato atelier. Così, tra secchi di tintura, bombolette di vernice spray e romanzi di seconda mano, Ryusei si innamora della sua nuova amica quasi senza accorgersene. L’inspiegabile partenza di Miwako da Tokyo getta Ryu nel più cupo sconforto, né lo tranquillizzano le sporadiche lettere da un remoto villaggio sulle montagne, in cui la ragazza gli racconta della sua esperienza come volontaria presso la Clinica Felice, l’unica scuola per bambini e adolescenti del posto, altrimenti impiegati ad aiutare i famigliari nei campi. L’angoscia di Ryu trova infine la più terribile delle conferme: un giorno, senza preavviso, con la grazia che l’ha sempre distinta, Miwako si toglie la vita nella foresta che si stende, fitta e rigogliosa, ai piedi del villaggio. Incapace di superare il dolore di una perdita così improvvisa, Ryusei chiede a Chie Ohno – la migliore amica di Miwako e custode dei suoi segreti più intimi – di accompagnarlo lì dove Miwako ha deciso di mettere fine alla sua esistenza, per tentare di scoprire le ragioni del suo gesto. In un viaggio sia fisico sia spirituale dall’abbagliante modernità di Tokyo a uno sperduto villaggio del Giappone rurale dove sopravvivono tradizioni millenarie, i due ragazzi scaveranno nella vita di Miwako alla ricerca di un motivo che possa aiutarli ad accettare l’inaccettabile. Tra presente e passato, accompagnato dallo sguardo vigile di una gatta calico che sembra la magica, silenziosa sentinella di una realtà altra e parallela, Ryusei ripercorre il filo dei ricordi e tutto ciò che è stata Miwako, tutto il suo ‘mondo perfetto’, riaffiora gradualmente più nitido, insieme alla verità, quella verità rimasta a lungo nascosta. E se fosse lo spirito della stessa Miwako, l’ombra che ha lasciato dietro di sé, a confessare l’inconfessabile, permettendo a tutti, compresa se stessa, di trovare pace? Raccontato dalla viva voce di coloro che l’hanno più amata – Ryusei e Chie – nelle prime due parti e attraverso la storia in terza persona di Fumi-nee, figura altrettanto incisiva e determinante per lo scioglimento di tutti i nodi che compongono l’enigma attorno alla protagonista, Il mondo perfetto di Miwako Sumida è un testo dotato di una soavità sommessa che lascia emergere inattesi lampi di luce nel buio, e che riesce a rendere tutta l’inquietudine di un Paese che nasconde un malessere profondo dietro l’apparente ordine cristallino.
Cosa succede quando qualcuno che amiamo pone fine alla sua vita malgrado noi, il nostro affetto, la nostra ammirazione? I morti se ne vanno poi davvero, oppure passano soltanto a un piano di esistenza diverso? Alla sua seconda prova narrativa, Clarissa Goenewan, astro nascente della letteratura asiatica, affronta con delicatezza magistrale e insieme sconvolgente tematiche universali come l’amore, l’amicizia, la fraternità, la violenza sessuale, il bullismo, la disforia di genere. Il mondo perfetto di Miwako Sumida è un romanzo sul mistero dello stare al mondo, sul trauma non lenito, sulle conseguenze irreparabili di un silenzio protratto di fronte alle sottili e costanti imposizioni della società, sugli effetti rovinosi che la vergogna e la colpa possono avere sulla psiche di una persona, sul potere dei ricordi di ricostruire un senso e ridare vita a ciò che sembrava perduto.
La traduzione in italiano del romanzo è stata curata dalla scrittrice catanese Viola Di Grado.
L’autrice
Clarissa Goenawan, classe 1988, è una scrittrice di Singapore nata in Indonesia. Il suo romanzo d’esordio, Rainbirds (Carbonio, 2021), selezionato per diversi premi, ha vinto il Bath Novel Award 2015. I suoi racconti hanno ottenuto numerosi riconoscimenti e sono stati pubblicati in varie riviste letterarie e antologie. “La Lettura”, l’inserto culturale del “Corriere della Sera”, ha reso omaggio a questa giovane autrice pubblicando un suo racconto inedito, “Vicine di casa”. Nel 2023 Carbonio pubblicherà “Watersong”, il suo terzo romanzo.
Franco La Magna, Giovanni Verga e il «castigo di Dio». Per una storia dei rapporti tra cinema e narrativa, Algra Editore
Da uno dei maggiori cultori e conoscitori di cinema, una preziosa sintesi della presenza di Verga nel cinema dalle origini ai giorni nostri, con un capitolo finale dedicato al documentarismo e alla televisione. Dalla prefazione di Antonio Di Silvestro: “Pregio di questo saggio è quello di riempire le zone ‘vuote’, cosa che solo un attento lettore e fine interprete del cinema siciliano sarebbe stato in grado di fare. Ne viene fuori una sintesi aggiornata, documentariamente probante, attenta a dare un nome e un volto a figure tradizionalmente renitenti all’inchiesta bio-bibliografica. Soprattutto, lo studio riesce a costruire un quadro compiuto di un settore delle ricerche su Verga spesso affidato, al di là di poche voci sistematiche, ad assaggi episodici, a delibazioni estemporanee di singoli momenti, rispetto a cui esso si pone come strumento didatticamente efficace, sottratto al didascalismo di certa manualistica universitaria e al contempo all’aridità di una ricognizione esclusivamente archivistico-documentaria. Non è difficile scorgere infine, quasi in filigrana, l’intento di rileggere gli ultimi anni di vita dello scrittore sotto un riflettore più obliquo, di guardare quasi in controluce agli anni del ‘silenzio’ verghiano”.
Le uscite di mercoledì 20 luglio
Indyana Schneider, 28 domande per innamorarsi, Blu Atlantide
Quando Amalia, studentessa australiana e cantante lirica al primo anno di musica a Oxford, incontra Alex, anche lei nella medesima università, immediatamente nasce un’amicizia straordinaria. Durante la loro frequentazione, scandita da 28 domande ideali sull’amore e sulla vita – una per ogni capitolo del libro – le due ragazze si rendono conto di non poter fare a meno l’una dell’altra. Nel tempo tra loro cresce qualcosa di così puro e prezioso che le avvolge completamente e che le rende diverse da ciò che credevano di essere. Così, mentre i mesi passano, Amalia e Alex non possono più ignorare la grandezza e l’intensità del proprio desiderio, e si scoprono sempre più attratte reciprocamente. Fino a che, con quel terrore mescolato a frenesia che tutti gli innamorati conoscono, l’amicizia diventa amore – un amore come nessuna delle due ha mai conosciuto fino a quel momento e che le farà sentire ancora più speciali l’una per l’altra, ma che presto metterà in crisi la loro amicizia, fino al rischio di perdersi per sempre. O forse no…
Le uscite di giovedì 21 luglio
Arturo Belluardo, Ballata per la sirena, Giulio Perrone Editore
L’avvocato viene richiamato in Sicilia dalla madre che sul punto di morte gli confessa di essere una sirena. La madre ha una richiesta: vuole che il figlio recuperi la sua coda e che gliela riporti per poi tumularla in fondo al mare. Nonostante la sua natura violenta e razzista, il figlio non può e non vuole sottrarsi alla responsabilità filiale. Dopo Calafiore (Nutrimenti, 2019), Arturo Belluardo torna in libreria con un romanzo pieno di risvolti rocamboleschi e dal linguaggio onirico e fantasmagorico, in un viaggio nell’anima materna, nel dramma dell’emigrazione e di chi non può sottrarsi alle responsabilità, sulla scia di «avvistatori di sirene» da Gadda fino a Omero.
Le uscite di venerdì 22 luglio
Libro controcopertina, Folisca di Miriam D’Ambrosio, Arkadia
Non sarà la sua voce a salvarla. È una notte d’estate del 1913 e una ragazza che sogna di riscattare la sua vita viene presa a calci e pugni da chi per mestiere dovrebbe far rispettare la legge. Il potere che diventa arbitrio, per arroganza. Diranno che quello che è successo non è mai avvenuto. Diranno che era solo una prostituta, una poco di buono, troppo vicina al mondo del malaffare, una poveretta che si è suicidata con il veleno usato da quelle come lei. A smentire la versione ufficiale, con i fatti, è il giornalista che non ti aspetti, quando ancora credeva nella verità. È il direttore del quotidiano socialista e presto farà tremare il mondo. Questa è la storia di Rosetta Andrezzi, personaggio realmente esistito, una giovane sciantosa fragile e affascinante. Nei teatri italiani la conoscono come Rosetta di Woltery e in tanti scommettono sul suo talento. Il suo nome verrà ricordato per sempre nelle canzoni della mala milanese, la leggendaria ligera. È una storia d’amore, di destini e di ingiustizia. Sullo sfondo c’è la Milano della Belle Époque, la magia dei café chantant, la vivacità artistica di giovani letterati che si tuffano nella modernità, i sogni di una generazione che si sta avviando verso l’apocalisse della Grande Guerra, le contraddizioni di una democrazia immatura che presto verrà soffocata dalle sue paure. Al funerale di Rosetta, celebrato in chiesa (nessuno crede al suicidio) le prostitute vanno a salutarla vestite di bianco e con fiori chiari. Lei avrebbe compiuto diciotto anni dopo qualche giorno. Per l’amore della sua breve vita resterà per sempre Folisca, la scintilla che accende il cuore.
Rudyard Kipling, Come Shakespeare giunse a scrivere La tempesta, Oligo
Cosa spinse Shakespeare a scrivere la Tempesta, un’opera così anomala rispetto al resto della sua produzione letteraria? Da dove provenivano gli spiriti dell’aria e della terra che popolano quell’isola incantata? Forse dai racconti fantasmagorici di un marinaio piuttosto alticcio reduce dal Nuovo Mondo? In questo delizioso pastiche metaletterario lo scrittore inglese Rudyard Kipling fa rivivere sotto i nostri occhi, fra taverne e naufragi, la curiosità senza confini del genio shakespeariano.
Due giganti della letteratura a confronto. Per la prima volta in italiano.
La traduttrice
Sara Grosoli, laureata in Lingue e letterature straniere a Bologna, ha lavorato per la casa editrice Rizzoli e ha tradotto opere di Bronte, Wollstonecraft, Alcott, Shelley, Eliot. Ha curato un’edizione critica delle lettere di Anna Bolena.
Le uscite di domenico 31 luglio
B. Traven, Macario. Il terzo ospite. Ediz. Integrale, Wom
Per scrivere “Macario” B. Traven ha tratto ispirazione da “Comare morte” dei fratelli Grimm e ha ambientato le vicende di questo romanzo in un Messico sotto il giogo coloniale. Questa è la storia di un uomo la cui condizione di povertà non migliorerà mai. Finché un giorno, nel tentativo di realizzare il sogno di sempre, vale a dire quello di «mangiarsi da solo un tacchino intero», non incontra la Morte e da quel momento la sua vita cambia. La versione proletaria di Faust.
Salvatore Massimo Fazio
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Non sarà la sua voce a salvarla. È una notte d’estate del 1913 e una ragazza che sogna di riscattare la sua vita viene presa a calci e pugni da chi per mestiere dovrebbe far rispettare la legge. Il potere che diventa arbitrio, per arroganza. Diranno che quello che è successo non è mai avvenuto. Diranno che era solo una prostituta, una poco di buono, troppo vicina al mondo del malaffare, una poveretta che si è suicidata con il veleno usato da quelle come lei. A smentire la versione ufficiale, con i fatti, è il giornalista che non ti aspetti, quando ancora credeva nella verità. È il direttore del quotidiano socialista e presto farà tremare il mondo. Questa è la storia di Rosetta Andrezzi, personaggio realmente esistito, una giovane sciantosa fragile e affascinante. Nei teatri italiani la conoscono come Rosetta di Woltery e in tanti scommettono sul suo talento. Il suo nome verrà ricordato per sempre nelle canzoni della mala milanese, la leggendaria ligera. È una storia d’amore, di destini e di ingiustizia. Sullo sfondo c’è la Milano della Belle Époque, la magia dei café chantant, la vivacità artistica di giovani letterati che si tuffano nella modernità, i sogni di una generazione che si sta avviando verso l’apocalisse della Grande Guerra, le contraddizioni di una democrazia immatura che presto verrà soffocata dalle sue paure. Al funerale di Rosetta, celebrato in chiesa (nessuno crede al suicidio) le prostitute vanno a salutarla vestite di bianco e con fiori chiari. Lei avrebbe compiuto diciotto anni dopo qualche giorno. Per l’amore della sua breve vita resterà per sempre Folisca, la scintilla che accende il cuore.
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