RECENSIONE: “Folisca” di Miriam D’Ambrosio
“Folisca” di Miriam D’Ambrosio è un romanzo straordinario che ha immediatamente catturato il mio cuore e la mia immaginazione sin dalla prima pagina. La storia di Rosetta, la sfortunata protagonista di questo affascinante racconto, è già nota a molti, ma l’autrice è riuscita a darle vita in modo eccezionale, regalandole nuova profondità e significato all’interno del contesto storico milanese. La scrittura di D’Ambrosio è semplicemente magistrale. La sua abilità nel creare personaggi autentici e nell’immergere il lettore nell’atmosfera vibrante di Milano del passato è straordinaria. Si percepisce il suo impegno e la sua minuziosa ricerca, che si traducono in un’esperienza di lettura coinvolgente e avvincente. Grazie a questo romanzo, ho avuto l’opportunità di viaggiare indietro nel tempo e vivere le emozioni e le sfide di Rosetta in modo intenso e coinvolgente. Il libro in sé è un vero capolavoro, non solo per la sua storia avvincente, ma anche per la cura con cui è stato creato. La copertina è affascinante e cattura perfettamente l’essenza del romanzo. “Folisca” è molto più di una semplice storia, è un autentico viaggio nel passato che offre una nuova prospettiva sul presente e sul futuro. È un racconto che si trasforma in una testimonianza preziosa di un’epoca passata, ma che continua a essere rilevante e significativo anche nei giorni nostri. “Folisca” di Miriam D’Ambrosio è una lettura imperdibile per chiunque sia affascinato dalla storia di Rosetta o sia interessato a esplorare le profondità dell’animo umano in un contesto storico affascinante. È un romanzo che rimarrà nei cuori dei lettori per molto tempo dopo la sua lettura, una vera gemma della narrativa che consiglio vivamente a tutti.
Una storia vera
La storia di Rosetta, la giovane “canzonettista” milanese del 1913, è una vicenda intrigante e misteriosa che cattura l’attenzione e l’immaginazione. Dino Messina, autore dell’articolo pubblicato sul Corriere della Sera, ci conduce in un viaggio nel passato di Milano, in un’epoca in cui la vita notturna era vivace e la cronaca nera cittadina era all’ordine del giorno. Elvira Andrezzi, conosciuta come Rosetta, era una giovane donna di meno di 18 anni, coinvolta nella prostituzione ma con il sogno di sfuggire al mondo della malavita diventando una “canzonettista”. La sua storia tragica è al centro di una canzone popolare cantata anche da Nanni Svampa, una testimonianza della sua presenza indelebile nella cultura milanese. La notte del 27 agosto 1913, la città fu scossa dalla notizia del presunto suicidio di Rosetta, avvenuto durante un incontro notturno con un’amica e quattro uomini in una carrozza. Tuttavia, la versione iniziale dei fatti si rivelò distorta. La giovane vittima, Elvira Andrezzi, con un destino segnato per il 1° settembre, era una figura di straordinaria bellezza e un talento emergente nel mondo dello spettacolo. Aveva calcato le scene di teatri prestigiosi e sembrava destinata a una carriera brillante. Tuttavia, non era riuscita a liberarsi completamente degli ambienti della prostituzione e della malavita milanese, un fatto che sarebbe costato la sua vita. L’inchiesta condotta dall’Avanti! e il lavoro investigativo dei giornalisti socialisti svelarono una storia diversa da quella raccontata dalla polizia. Sembrava che la sera dell’incidente, Rosetta e i suoi amici non avessero intenzione di lasciare il luogo in cui si trovavano. Gli scontri con la polizia sfociarono in un uso eccessivo della forza, con Rosetta che subì ferite gravi. Fu durante il trasporto in ospedale che si dice abbia ingerito le pillole di sublimato corrosivo, apparentemente per evitare l’arresto. Tuttavia, dubbi emersero sulle cause esatte della sua morte. L’inchiesta rivelò anche il coinvolgimento di un agente di polizia, Mario Musti, nell’incidente. Ci furono voci che suggerivano che l’agente, di origini calabresi, fosse invaghito di Rosetta e che questa passione non corrisposta potesse averlo spinto a perseguitarla. Il processo che seguì nel 1915 vide Musti e un altro agente, Antonio Santovito, assolti per mancanza di prove concrete. L’autopsia confermò la morte per avvelenamento, ma la versione ufficiale non fu mai pienamente accettata dalla comunità. La storia di Rosetta è diventata un elemento fondamentale della cultura popolare milanese, sopravvivendo attraverso la canzone “Povera Rosetta,” cantata in diverse varianti da numerosi artisti. Questo dramma umano, caratterizzato da colpi di scena e intrighi, continua a catturare l’immaginazione e a mantenere viva la memoria di una Milano che non esiste più. La scoperta della foto di Rosetta nel 1980 aggiunge un tocco di romanticismo e mistero a questa storia affascinante e complessa, restituendo una dimensione umana a una figura che aveva segnato profondamente la storia della città.
Il link alla recensione su Il Riflettore: https://bitly.ws/39ztN