Il giudice Michela Capone torna al romanzo con “Ed è già estate” per Arkadia Editore
«La perdita di mia madre l’inverno della mia vita»
«Ho scritto di un evento, la morte di un genitore, che rappresenta una delle emozioni più forti dell’itinerario sentimentale dell’esistenza. Un qualcosa di ineluttabile che ci consegna a una nuova vita, che da quel momento procederà nello sforzo di tenere a mente chi siamo stati con la responsabilità di chi siamo e saremo». Michela Capone, giudice del Tribunale per i Minorenni di Cagliari, anticipa così uno dei temi chiave del suo ultimo romanzo “Ed è già estate” (Arkadia, 167 pagine, euro 15), un racconto tutto al femminile che si snoda attraverso quattro generazioni – dalla bisnonna della stessa autrice fino alle sue figlie – e che affronta con struggente delicatezza il mistero dell’esistenza e della forza dei legami che resistono al tempo che, inesorabile, scorre.
L’inverno della vita
Spiega Capone: «La malattia e la morte di mia madre mi hanno colta del tutto impreparata. Ho sperimentato emozioni infantili, sono tornata bambina, una bambina vecchia stante la mia età matura, mentre lei diventava la mia vecchia bambina, i ruoli confusi nel crescente bisogno una dell’altra. Ho attraversato la disperazione e la rabbia, ho patito una stanchezza disarmante: quel periodo è stato l’inverno della mia vita. Tuttavia, quel gran signore che è il dolore – così lo definiva mia madre – mi ha offerto l’occasione per recuperare con lei un rapporto intenso, intimo, simbiotico, che mi permette tuttora di mantenermi in equilibrio».
Scrivere per capire
E dire che, sulle prime, nemmeno esisteva l’idea del romanzo: «Ho iniziato a scrivere senza l’obiettivo di pubblicare un libro, l’ho fatto per rielaborare le emozioni, per farci i conti. Così, è stato meraviglioso scoprire, attraverso gli scritti che mia madre mi ha lasciato prima di morire, che anche lei, con sua madre, aveva vissuto la stessa esperienza emotiva».
Madre e figlia
Ecco nascere dunque un racconto a quattro mani (l’autrice riporta integralmente gli scritti della madre) il cui protagonista, in realtà, è l’amore. «Quello tra madre e figlia. Non un legame speciale, bensì naturale, che trova compiutezza anche nella sua imperfezione. Durante la malattia di mia madre di amore ne ho visto tanto: quello tra i miei genitori, tra mia madre e i suoi nipoti, quello che i miei figli mi hanno donato standomi vicino, l’amore di Dio che io, senza fede, ho disperatamente cercato», rivela la scrittrice cagliaritana.
Un omaggio
Per Michela Capone, prolifica autrice non solo di romanzi ma anche di saggi (si segnala “Ascoltami. Le parole dei figli spezzati”, finalista al premio Alziator 2014) e raccolte di racconti, “Ed è già estate” è più di un libro: «È un omaggio alla memoria di mia madre e, nel contempo, un’istantanea di quel gioco di ruoli che è il rapporto tra un figlio e i suoi genitori, legati sempre dal sentimento oltre i contrasti, i dubbi, le contraddizioni. Chiunque può riconoscersi nella storia ed è questo il motivo per cui, tra le pagine, non compare alcun nome». La prosa è immediata, senza fronzoli, qua e là spuntano sprazzi di lessico familiare che restituiscono un’intimità nella quale ci si addentra in punta di piedi, quasi con pudore. Dei testi della madre Capone dice: «Mi hanno dato il senso della continuità, della mia storia individuale e familiare, e soprattutto, la confortante constatazione che chi ha amato ed è stato amato è eterno, vince e supera la morte. Lei scrive siamo gli artisti delle nostre vite e gli artisti non muoiono mai. È stata la frase che più mi ha colpita». Lacrime, certo, ma anche tanti sorrisi e la dolcezza di un “come eravamo” improntato il più possibile alla calda pienezza di un giorno d’estate, lo stesso evocato dal titolo. Fa capolino l’ombra di un rimpianto, ma è solo un attimo: «Mia madre non potrà sfogliare quest’ultimo mio lavoro. Lei però oggi è più che mai viva in me, così cresce la responsabilità di essere all’altezza del suo esempio».
Fabio Marcello