Marisa Salabelle


Gli ingranaggi dei ricordi

Ogni tentativo che Generosa fece, in quei mesi tremendi, di mettersi in contatto con la famiglia fallì, sembrava che i Serra fossero scomparsi da Roma, anzi, dalla faccia della Terra, addirittura. Qualche notizia Ruggero riuscì a metterla insieme, ma si trattava più che altro di dicerie, voci non confermate, ipotesi, speranze. Si diceva che Silvio fosse stato tra gli attentatori, appostato lungo il tragitto che i soldati tedeschi dovevano compiere per arrivare in via Rasella, dove c’era la loro sede e dove li aspettava il carretto dello spazzino con la bomba. In quale punto del percorso, non si sapeva, ma non doveva essere tanto vicino al punto dell’esplosione… almeno si sperava… E poi? Ce l’aveva fatta a scappare? L’avevano preso? Niente, nessuno sapeva niente. Di lui si erano perse le tracce, nemmeno Gisella, che finalmente si era fatta viva dopo diversi giorni, ne sapeva nulla.

«Sai, è per motivi di prudenza. Meno gente sa dov’è, e meglio è per tutti.»

«Ma sei certa che sia vivo, almeno? E mi puoi garantire che non è tra i fucilati delle Fosse?»

I fucilati delle Fosse nemmeno si sapeva quanti fossero di preciso, sui giornali era uscito 320, ma pareva che fossero di più, almeno 330, chi diceva 335. E l’elenco dei nomi? Non c’era, era incompleto, era pieno di errori. E da dove li avevano presi tutti questi poveracci da fucilare? Chi diceva che erano partigiani, chi diceva che erano delinquenti comuni, chi ebrei; chi diceva che li avevano rastrellati per le strade, chi diceva che era tutta gente che stava già in carcere. Natalina, vera mater dolorosa, se ne andava in pellegrinaggio da un commissariato all’altro, da una caserma all’altra, a chiedere notizie di suo figlio, ma nessuno le sapeva o voleva dir niente, e la rimandavano da Ponzio a Pilato, in estenuanti percorsi per le strade del centro e della periferia. Se l’era fatta tutta a piedi, Roma, portando avanti e indietro un pacco di biancheria di ricambio che rappresentava il suo cavallo di Troia per stabilire un contatto con Silvio, ammesso che Silvio fosse da qualche parte, detenuto, rinchiuso in una cella, ma vivo. Si accodava a una lunga teoria di madri, ognuna come lei vestita in modo dimesso, ognuna con il suo pacco in mano.

«Sono venuta a portare questa biancheria a mio figlio.»

«Nome?»

«Serra Silvio.»

«Non risulta.»

«Come non risulta? Ne è certo? Ha controllato bene?»

«Ho controllato, signora. Suo figlio non è qui.»

«Gesù santissimo, e dove può essere allora?»

L’uomo al banco le suggeriva un altro indirizzo dove cercare, ma dopo qualche settimana Natalina li aveva girati tutti più di una volta, e di Silvio non c’era traccia.

 

Il link all’estratto del romanzo su Poliscritture: https://bit.ly/3hSCSiP



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