Marco Visinoni


Marco Visinoni – Il caso letterario dell’anno

Di Marco Visinoni lessi anni fa il suo libro su come diventare uno scrittore di successo e mi ero divertito molto. Al punto da scambiare qualche parola con lui su Twitter. Ne è passata di acqua sotto i ponti, ora Marco Visinoni esce con un nuovo libro e mi sembra di poter dire che rispetto al saggio precedente ha mantenuto una certa coerenza. Anche in questo libro non si contano i buoni suggerimenti.

In breve. Non è importante la qualità di quello che uno scrittore produce è importante che quello scrittore sia famoso (qualsiasi cosa significhi) e che faccia parlare di sé. A me pare che sia questa la triste conclusione a cui arriva il protagonista di questa storia. Quel Leifur che vive a Bologna, ha scritto un libro di modesto successo intitolato “Uno” e poi si è incagliato in una serie di romanzi iniziati e mai terminati. Leifur che vende idee per romanzi agli altri aspiranti scrittori, ma che dice di non saper più scrivere. Fa una vita normale quest’uomo amante dell’Unicum e incapace di portare avanti una relazione a lungo termine.

Poi all’improvviso suonano alla porta e Leifur si trova davanti a se stesso. Il se stesso di un po’ di anni dopo venuto dal futuro con un almanacco pieno dei risultati delle lotterie. Ora vi confesso due cose, anzi tre. La prima è che ciò che avete letto non è uno spoiler. Succede nella prima pagina del romanzo. La seconda è che lo so io, lo sapete voi e lo sa anche l’autore, l’almanacco l’hanno già usato in “Ritorno al futuro” e la terza è che siccome credo di aver visto “Ritorno al futuro” almeno un centinaio di volte (e lo riguardo ogni volta che lo danno in TV) avevo il timore che Marco Visinoni me lo rovinasse. Però non è successo. Quindi non devo uccidere nessuno.

La storia parte da qui e ci porta da Bologna all’Islanda, dai pub felsinei al club dove Leila  mostra le sue doti da dominatrice, da Boris a Jack Nuance. Già, Leila. Uno si innamora anche solo a sentirla descrivere. Ha scritto un libro di grande successo con un contenuto molto molto striminzito. Boris, detto il matto del porto non abbandonerà mai per tutto il libro l’aura del personaggio utilizzato come espediente comico, uno scarico dalla tensione, ma verso la fine compie un passo, un’evoluzione funzionale alla crescita di Leifur.

Quindi, chiederete voi, è questa la storia di uno scrittore che ha smarrito l’ispirazione e che poi la ritrova? Può essere, se guardi da molto vicino. Se ti sposti di qualche passo e consideri il quadro generale “Il caso letterario dell’anno” è, a mio modestissimo parere, una critica all’editoria così come è progettata ora. Non tutta, ci mancherebbe, solo quell’editoria che non pubblica scrittori ma fenomeni. Quell’editoria che prima di accettare un manoscritto conta i like, i follower, guarda la faccia dell’autore e dell’autrice e decide se di quel materiale riuscirà a farne un’icona. Quell’editoria che spesso sfocia nella creazione di fascette apocalittiche che ti spiegano che il libro ha venduto settemila miliardi ci copie e che se non lo compri anche tu l’inferno spalancherà le sue porte e ti accoglierà.

A me pare che questo libro racconti questo. Si arriva fino in fondo, ma se pensi alla gloria, ai soldi, forse nulla di tutto questo vale veramente la pena di essere vissuto. A me sembra che Leifur, verso la fine lo capisca. Si può anche non scrivere. A meno che scrivere non sia la cosa che ti dà più gioia al mondo. In quel caso, martellate sulla tastiera come non ci fosse un domani.

Gianluigi Bodi



Vale la pena, quel nome in copertina? 

In effetti, se sei qui devo dedurre che non avrò mai successo come scrittore.

Domanda, fatta col senno di poi: è questo che desideravi? O meglio ancora, con l’ineffabile crudeltà di chi gode a rigirare il coltello nella piaga: ne valeva davvero la pena?

Quante altre domande, altrettanto impietose, ci sarebbero. Però mi fermo qui. Tanto è solo per dire che è un gioco maledettamente serio quello che ci propone Marco Visinoni con Il caso letterario dell’anno, prima notevole uscita della collana Senza rotta che Marino Magliani cura per la casa editrice Arkadia. Maledettamente serio, malgrado l’inventiva della trama e l’immaginario pop, l’overdose di ironia e le volte che non sai se indugiare per goderti la scena o se proseguire per veder come andrà a finire.

Maledettamente serio: e forse proprio per tutto questo.

Da una parte ecco lo scrittore – o l’ex scrittore – da giovane (o da quasi giovane), che trascina le sue giornate più o meno come un universitario fuori sede e fuori corso, storie di bar e di letto, una casa che è un disastro e i conti che non tornano più. Qualcosa cova sotto la cenere, ma non c’è più fiamma, tanto vale mantenersi vendendo buone idee per libri di altri.

Dall’altra parte ecco il suo io futuro che un giorno bussa alla porta e dal futuro porta qualcosa che potrà cambiare il suo presente: e quindi anche lo stesso futuro. I biglietti per vincere alla lotteria, per esempio, ma con essi anche la possibilità di mettere il proprio nome e cognome sul caso letterario dell’anno.

Tante saranno le cose che succederanno e non sarò certo io a raccontarvele. Però è da quando ho terminato questo libro che mi gira per la testa l’idea della macchina del tempo, messa in movimento non per scoprire altre epoche e altri mondi ma per ritrovare la nostra vita e cambiarla. Ci penso e penso al mio io futuro che bussa alla porta e mi cambia le carte in tavola: ipotesi inquietante, persino se le nuove carte fossero migliori.

Un best-seller per esempio, il tappeto rosso della fama letteraria, con un bel conto in banca per di più. Assai più di uno specchietto per le allodole. Però poi quella macchina del tempo mi sembra come un’astronave capace di cogliere con un solo colpo d’occhio la vita intera, tutta la vita che ci è data.

E allora sì che c’è quella domanda – e le altre che ne discendono. Mica solo perché siamo in tempi in cui si legge poco ma tutti smaniano di essere pubblicati. Non è solo questione di vanity press, come la chiamano gli inglesi. Piuttosto, conta davvero quel nome e cognome in copertina?

ps: di questo ottimo libro dovrei dire molte altre cose, per esempio che dentro c’è un viaggio in Islanda. Dimostrazione, tra l’altro, che Visinoni non viaggia solo nel tempo, viaggia anche nel nostro mondo: e che dentro il nostro mondo sa raccontare altri mondi.

Paolo Ciampi



L’effetto farfalla nella vita

Nel “Caso letterario dell’anno” Marco Visinoni scruta con ironia il futuro

 

In una Bologna, per citare Francesco Guccini, un po’ innocente bambina e un po’ volgare matrona, vivacchia nella mediocrità dell’eterno studente il trentenne Leifur, originario dell’Islanda. Ex (o poco ci manca) scrittore, indolente al dispetto del talento, tra donne e bevute cede a pagamento potenziali bestseller ad altri autori, più dinamici e svegli di lui. Tutto ciò fino a quando, un bel giorno, il nostro riceve una visita da parte del suo io futuro, che gli offre la possibilità di conoscere in anticipo i risultati di tutte le lotterie, per vincere milioni a palate e vivere di rendita. Succede ne “Il caso letterario dell’anno”, recente fatica letteraria di Marco Visinoni, bresciano d’Iseo, classe 1981, già autore del fortunato “Come diventare uno scrittore di successo”. Affiancato da un nano in pelliccia rosa, Boris, e dalla conturbante e ambigua Leila, conquistata e poi perduta, Leifur, strappato al torpore dall’inusuale apparizione, proverà a sfruttare la chance ritrovandosi a girovagare fino alla natia Islanda, dove metterà il punto su vecchie storie di famiglia per tornare in controllo della propria esistenza e provare a completare Starbucks, il romanzo della svolta eternamente procrastinata. Del lavoro di Visinoni – con cui la casa editrice cagliaritana Arkadia battezza la nuova collana “Senza rotta”, dedicata al viaggio in tutte le sue accezioni – conquista il tratto fluido e spumeggiante, funzionale a una narrazione fantastica e grottesca la cui morale è un invito a badare al fatto che ogni nostro gesto, anche banale, influenza il futuro e indirizza la nostra vita sociale, affettiva, professionale. Per dirla con il buon Leifur, «è il fottuto effetto farfalla», la cui ombra aleggia sulla nostra quotidianità vissuta in perenne affanno, senza pause né riflessioni, incalzati dal dubbio di non essere capaci, per demeriti nostri più che altrui, di scegliere il meglio per noi stessi.

Fabio Marcello



Letture estive – parte prima

Il libro perfetto per le sere d’estate. Quando la spiaggia, liberatasi dagli avventori molesti del week end, accoglie i piedi nella sabbia fresca e t’incazzi solo perché Leifur beve Unicum ghiacciato e a te non resta che mezza minerale calda. Ma chi se ne frega! Con Il caso letterario dell’anno ho trascorso due ore in ottima compagnia.

Leifur, islandese di nascita, vive a Bologna, ha un libro nel cassetto da troppo tempo, e il suo letto è popolato da ragazze delle quali ha difficoltà a ricordare il nome il giorno dopo. La storia inizia quando alla sua porta bussa il suo io futuro per consegnargli i numeri vincenti per le lotterie (sui nomi delle quali ho riso 20 minuti buoni: Vinci o muori da pezzente, Fanculo i poveri, Cassaintegrato disperato, …).

Un viaggio rocambolesco tra presente e futuro alla ricerca del proprio passato. Da Bologna al cuore dell’Islanda in compagnia di un trio indimenticabile: Leifur, la traghettatrice Leila e Boris, uno strampalato Sancho Panza in ecopelliccia rosa.

“Che poi non capisco perché ai lettori interessino queste storie che iniziano e finiscono. Le loro vite non sono così, non vanno da nessuna parte e si interrompono senza motivo, magari proprio quando sembra che stiamo acquisendo un senso.

 

Cinzia Orabona



Arkadia: “Il caso letterario dell’anno” di Marco Visinoni inaugura la nuova collana di narrativa, Senza rotta

PARMA – “Aprii la porta e mi trovai davanti a me stesso. Era un me stesso più vecchio di una decina d’anni, con le basette brizzolate e le borse sotto gli occhi più accentuate. Per il resto era vestito uguale a me. Uguale a me quando uscivo di casa, intendo, perché a quell’ora ero ancora in mutande. 

Ciao, mi disse.

Ciao, risposi”. 

Ritorno al futuro: ciò che si palesa davanti agli occhi di Leifur, in quel monolocale dissestato di via Boldrini 3 a Bologna, è la propria immagine deformata dal tempo, ma non troppo mutata. Come in una scena inflazionata e poco geniale, l’uomo arriva con l’Almanacco dei risultati delle lotterie di tutti gli anni a venire e sprona il giovane a tentare la fortuna per mutare le sorti del futuro. Cinico e refrattario, il ragazzo non trova in quell’invito nulla di davvero esaltante; Leifur è sulla soglia dei trent’anni, vive – tra una donna e l’altra – come se ne avesse diciotto tentando di concludere un romanzo già da troppi anni. E tutto ciò pare gli stia bene. Ma il futuro non si dà per vinto e spiana un cammino tutt’altro che prevedibile. Il caso letterario dell’anno, libro di Marco Visinoni pubblicato da qualche settimana da Arkadia Editore nella nuova collana Senza rotta, è un romanzo che esplora nuove rotte narrative muovendosi tra i vicoli di Bologna e le strade deserte dell’Islanda.

Leifur, annoiato e rassegnato, accetta la scommessa del suo futuro e, insieme all’improbabile Boris, comincia a giocare alle lotterie solleticando la fortuna. Le cose si mettono bene: qualche vincita, l’incontro con la sensuale Leila, la decisione di Boris di non pretendere altri soldi che quelli per una pelliccia fucsia e una piccola sicurezza economica mai avuta prima. Da qui può ripartire la vita di Leifur per cambiare le sue sorti; per farlo deve concludere il suo romanzo e per arrivare a ciò deve ripartire dalla nazione in cui è nato e da cui lo hanno strappato, l’Islanda.

Marco Visinoni con Il caso letterario dell’anno costruisce una storia parallela che viaggia tra un futuro distopico e un presente annoiato. Questo doppio filone, in un unico racconto, rende la storia continuo momento di evoluzione: il cambiamento del protagonista è un viatico attraverso tappe necessarie della crescita, in luoghi risolutivi e in momenti catartici. Il futuro – per Visinoni – è nuova opportunità, confronto, salvezza, risoluzione, perdono e obiettivo.

Giulia Siena



Il caso letterario dell’anno | Marco Visinoni

Che cosa fareste se un giorno il vostro io del futuro bussasse alla vostra porta e vi desse un almanacco con tutti i risultati delle lotterie degli anni a venire per farvi vincere milioni di euro e permettervi, quindi, di vivere da mantenuti? È proprio quello che succede a Leifur, trentenne di origini islandesi che vive a Bologna, e che se prima era uno scrittore promettente adesso si guadagna la pagnotta vendendo ad altri autori idee interessanti da sviluppare (lui non è più in grado). Aiutato da Boris, un nano con la pelliccia rosa, e da Leila, un’affascinante femme fatale, Leifur cercherà di azzeccare i risultati delle lotterie, senza però all’inizio riuscirci del tutto.

Il fottuto effetto farfalla. Che cos’è l’effetto farfalla? Il tuo io futuro è tornato a darti i numeri vincenti. Il problema è che tornando ha incasinato le cose. Mettendoti in moto ha spostato degli elementi che potrebbero sembrare impercettibili, ma uno più uno più uno più e anche i grossi eventi si modificano.

In più i tre compiranno un viaggio importante in Islanda, che permetterà a Leifur di conoscere i genitori e ritrovare una sorta di collegamento con le sue radici e il passato, elemento funzionale all’interno della storia perché sarà proprio questa avventura che gli spianerà la strada verso il successo editoriale, con la conclusione – finalmente creata – di un romanzo che aveva ormai messo da parte.

Il caso letterario dell’anno è un romanzo di Marco Visinoni edito il 21 giugno dalla casa editrice sarda Arkadia, ed è la prima pubblicazione della nuova collana di narrativa Senza rotta, curata da Marino Magliani e Luigi Preziosi. Come mi spiega Tania Murenu dell’ufficio stampa, «Senza rotta sarà dedicata al viaggio, inteso anche come esplorazione e sperimentazione letteraria attraverso modi nuovi di narrare e di raccontare storie. Il nostro essere, il rapporto con la natura, con noi stessi e con quanto ci circonda, esplorato senza rinchiudere le esperienze in un recinto di parole, ma rendendo le stesse protagoniste di un itinerario che, toccando vari generi e gli stili più diversi, ci aiuta a entrare più a fondo in ognuna delle esperienze che il quotidiano ci pone davanti».

E quello di Leifur è proprio un viaggio non solo fisico, come quello in Islanda, ma anche e soprattutto interiore. Il suo io futuro viene a risvegliarlo dal torpore, a fargli realizzare che ha buttato via la sua creatività letteraria, che sta passando il suo tempo a bere a trastullarsi con donne sempre diverse, mentre lui nel futuro non deve più scrivere una parola per vivere, i soldi non sono un problema ed è anche vestito bene. Visinoni, tramite questa storia, mostra che l’uomo spesso perde il contatto con la realtà, ed è questo che non gli permette di essere un attore all’interno della propria vita, ma solo uno che subisce, si adatta alle circostanze e sopravvive.

Con uno stile fluido e molto colloquiale Marco Visinoni ambienta Il caso letterario dell’anno in una normalissima Bologna dei giorni nostri, ma inserendovi elementi che fanno a cazzotti con questa normalità. Parliamo di personaggi ambigui come Leila, grotteschi come Boris, deforme, che s’impegna così tanto nella vincita delle lotterie non per i soldi, ma solo per l’orribile pelliccia rosa che si porta dappertutto e che dismette solo quando ormai fa troppo caldo per tenerla ancora su. E parliamo anche dei nomi di queste lotterie, Mai più pezzenti, Fanculo i poveri, che sono espressioni portate all’estremo proprio per creare un’atmosfera e un racconto di un certo tipo.

Dunque vi ripeto la domanda posta all’inizio: che fareste nella situazione di Leifur? Vorreste conoscere il futuro? Ne approfittereste?

Intanto, buona lettura!

Valentina Accardi



Note di lettura: “Il caso letterario dell’anno” di Marco Visinoni

Il caso letterario dell’anno, di Marco Visinoni, da oggi in libreria (prima uscita di Senza rotta, nuova collana di narrativa italiana di Arkadia Editore, curata da Marino Magliani con l’amichevole partecipazione di chi scrive queste note), squaderna davanti al lettore le conseguenze ultime del desiderio (meglio sarebbe forse dire tentazione?) comune a tanti di noi di evadere dal moto costante del flusso del tempo, di mescolare presente e futuro, e poter andare e tornare almeno all’interno di quella quota infinitesimale di tempo che ci è dato vivere. È quanto avviene a Leifur, uno scrittore squattrinato dalla incerta fortuna letteraria che dopo il primo libro non riesce a scrivere altro: così tira avanti (maluccio) vendendo su internet spunti per romanzi ad altri scrittori in crisi come lui. Sopravvive in una sorta prolungata adolescenza, conducendo, in una Bologna alternativa e bohémiens, un’esistenza da spensierato fuoricorso universitario, chiusa nel bozzolo di una rassicurante precarietà priva di prospettive. Un giorno riceve una visita che invece colmerà di attese per il futuro la sua esistenza fino a quel momento neghittosa: se stesso più vecchio di dieci anni. Il dialogo che si instaura tra i due è serrato e non privo di polemica, come del resto è facile attendersi da un confronto sincero con se stesso. Alla fine il Leifur più anziano consegna a quello più giovane un almanacco, che riporta i numeri vincenti di alcune lotterie del passato (o dell’immediato futuro, se si vede la cosa con gli occhi del Leifur giovane). In dieci anni si cambia, e la noncuranza attuale verso i soldi o comunque verso un sistema di vita più stabile, si trasformerà in ricerca di comodità, ed il se stesso di dieci anni dopo vuole vivere di rendita per il resto della vita.“L’inferno borghese si mangia tutto” commentano tra loro i due Leifur, abusando di una formula che non appartiene a nessuno dei due tempi in cui vivono, ma richiama un Sessantotto o giù di lì che non hanno attraversato, e che tuttavia pare possa annusarsi ancora negli anditi della vecchia Bologna che amano frequentare. Dopo avere preconizzato che la ragazza di turno lo avrebbe lasciato di lì a poco, cosa che puntualmente avviene, l’io futuro lascia Leifur a meditare sull’uso del misterioso almanacco. Le cose si complicano subito, per l’intervento imprevisto e in un primo tempo indesiderato di Boris, una strana figura deforme conosciuta nel giro degli amici come il “matto del porto”. Boris nel tempo si trasforma, da mal sopportato partecipante alla sfida alla sorte che l’almanacco impone, in amico vero, prezioso supporto del protagonista e dispensatore di una sua stralunata saggezza. Leifur, oltre a ritrovarselo dormiente nel gabinetto di casa nei momenti meno opportuni, condivide con lui le prime giocate, senza il risultato pieno che i due si aspettavano: qualche scostamento rispetto al succedersi degli eventi dovuto all’inopinata e completa consapevolezza di se introduce leggere discrasie nel flusso temporale che conduce a dieci anni dopo. Così qualche numero o qualche figura presente nell’almanacco non corrisponde a quelli effettivamente estratti: “il fottuto effetto farfalla. Che cos’è l’effetto farfalla?…Il tuo io futuro è tornato a darti i numeri vincenti. Il problema è che tornando ha incasinato le cose. Mettendoti in moto ha spostato degli elementi che potrebbero sembrare impercettibili, ma uno più uno più uno più e anche i grossi eventi si modificano.”Durante la sua attività di venditore di idee per romanzi altrui, Leifur si imbatte in Leila, ragazza dalle risorse inaspettate, di giorno autrice di libri porno soft non memorabili ma di buon successo, con meravigliata invidia di Leifur, e di notte protagonista delle serate sado maso di un locale frequentato da un’ambigua fauna notturna. Inizia così una rovente relazione ed inizia anche una girandola di avventure che coinvolge pure Boris. Le vincite grazie all’almanacco si fanno via via più ingenti, ed i tre decidono di partire per l’Islanda, paese natio di Leifur (questo spiega il nome non propriamente consueto nella tradizione italica), alla ricerca dei genitori mai conosciuti del protagonista. In Islanda Leifur perderà Leila, invaghitasi di un occasionale conoscente che li aiuta a programmare il loro itinerario, ma ritroverà i genitori, convinti della sua morte dopo la sua sparizione in prossimità di un geyser: “Quando ci alzammo per andarcene, eri scomparso. Qualcuno dei turisti nel ristorante ti aveva rapito e portato via. Ti facemmo cercare per giorni, vennero anche degli uomini con le tute a controllare i geyser per capire se non ci fossi caduto dentro anche tu”. L’incontro con i genitori ha un che di crepuscolare, tra estranei che non avrebbero dovuto esserlo e che di ciò paiono dolersi. Su questa nota, inaspettata e solo parzialmente percepibile nel frastuono della prosa brillantemente pirotecnica sfoggiata da Visinoni, si innesta la verità “altra” che il se stesso maggiore di Leifur gli rivela una volta rientrato a Bologna. L’alternativa avrebbe dovuto essere un viaggio in Islanda per il funerale di genitori mai conosciuti: “Non chiedermi come sono morti, per favore. Non ti piacerebbe. Ricevi quella chiamata, non sapevi nemmeno di avere dei genitori, vai in Islanda a un funerale al quale partecipi soltanto tu. Visiti la tua camera da bambino, in cerca di un ricordo, e ti imbatti in quel libro… Volevo soltanto che avessimo un ricordo delle loro facce e della loro voce. Ora, grazie al tuo viaggio, abbiamo un ricordo”. Il pellegrinaggio alla sua casa di origine è stato utile appunto anche per recuperare un vecchio libro Infinite Jest (“quello sui tennisti e i tossici trovato a casa dei miei genitori”), che servirà, attivando la forza smisurata dei ricordi, a ritrovare il punto esatto del passato da cui ripartire: “Lo leggerai di getto, e arrivato a pagina 819 troverai una parola che ti colpirà. Ci penserai intensamente, senza pronunciarla. Ci penserai su, per anni. Poi un giorno ti deciderai e la pronuncerai. Appoggiò la tazza di caffè sul tavolino, in attesa del mio duepiùdue che non arrivò. E? domandai. E quando la pronuncerai, associandola a un ricordo del passato, ti ritroverai catapultato in quel momento del passato”. È il momento per riprendere in mano Starbucks, il romanzo iniziato anni prima da Leifur e mai finito: “La cosa migliore che avessi mai scritto. Abbandonata a pagina 500 con il solo finale da scrivere. Finire Starbucks era stato il mio unico pensiero per due anni, poi la noia e tutto il resto avevano trasformato un pensiero concreto in un pensiero distante. Da lì il piano si era inclinato spaventosamente, la biglia aveva preso a rotolare a velocità vorticosa, rendendo il pensiero distante pensiero incerto, il pensiero incerto pensiero improbabile, il pensiero improbabile utopia”. Sulla necessità di concludere il romanzo tanto insiste il suo io futuro durante diversi incontri: “…Hai continuato a bere e scopare in giro, come un universitario di vent’anni con un portafogli infinito. E piano piano hai perso completamente il tuo talento. Guarda me, sussurrò piano, facendo scivolare i palmi lungo la giacca luccicante. Non ho più idea di come si scriva. Neanche una parola. Sembrava sincero, e profondamente triste.”

Dal ritrovato impulso a scrivere dipende il modo in cui Leifur potrà vivere gli anni che verranno, non solo in senso economico. La realtà, ci insegna Visinoni, muta a seconda di come ce la sentiamo addosso, di come la percepiamo coscienti di farne parte, di non viverci dentro da ospite, come a Leifur succede per i primi trent’anni vissuti da studente fuori sede, ma senza neanche il pensiero di un’altra casa a cui ritornare. E quando finalmente Starbucks esce, e coglie un successo che supera ogni previsione, diventando il caso letterario dell’anno, Leifur riesce a diventare chi è, indipendentemente dal punto del viaggio in cui si trova. Il finale, che non è bene svelare, è un’ulteriore virata della narrazione, tesa a definirne in via mediata il senso etico, il che conferisce al romanzo, anche se nascosto tra immaginifiche acrobazie descrittive, un esito da apologo morale che ne spiega e al tempo stesso ne nobilita gli intenti. Visinoni pratica la difficile arte della leggerezza con una maestria già spesa in precedenti pubblicazioni (Macabre danze di sagome bianche, Come diventare uno scrittore di successo), che qui si evidenzia particolarmente per le forme stilistiche ampiamente colloquiali e per una scrittura particolarmente brillante, con esiti a volte irresistibilmente umoristici. La lievità di tono è sorretta anche da una sorvegliata scansione dei tempi narrativi che non presenta momenti morti: la velocità dell’azione non compromette però la possibilità di individuare spunti per leggere oltre la storia raccontata, di cogliere ciò che può svelare la stessa trasparenza dell’intreccio. Ma che cos’è in fondo Il caso letterario dell’anno? Un romanzo che si situa per evidenti ragioni nell’area della narrazione fantastica: all’implausibilità dello spunto fa da contrappeso il contesto di assoluta normalità in cui Visinoni ambienta la storia. L’effetto straniante della collocazione nella più ordinaria quotidianità di molte delle epifanie del Leifur più anziano pare quasi invitare il lettore a prescindere dall’inverosimiglianza per interpellarsi sulla ricerca di senso che quelle epifanie suscitano. Della libertà che offre il fantastico il romanzo si giova anche nel ricorso frequente alle deformazioni di fatti e di volti tramutati in maschere, con un conseguente grottesco continuum: si susseguono così in una ininterrotta girandola poliziotti caricature di se stessi, imperturbabili gestori di botteghini di lotterie dalle più strampalate denominazioni, amori raccattati nei posti più improbabili, goduti in fretta ed ancor più in fretta dimenticati… È una vita di corsa, quella di Leifur e dei suoi amici, senza intervalli di riflessione, da cui le pause sono bandite: è sottinteso un fondo di timore dell’assenza, da riempire nel corso della narrazione con cumuli di parole, un’oltranza affabulatoria a nascondere quella vertigine del vuoto che assilla i nostri giorni. Da altro punto di vista, Il caso letterario dell’anno testimonia, se non una formazione, una crescita. La consapevolezza che ogni atto, anche minimo, indirizza il futuro comporta una graduale assunzione di responsabilità per chiunque, anche per uno scapestrato come il protagonista del Caso letterario, ed anche per chi non abbia il dono di constatarlo tramite almanacchi provenienti dal futuro. Leifur ha, infatti, il singolare privilegio di percorrere la sua strada anche a rovescio. A tutti noi è possibile invece imboccarla in un unico senso, fino al momento in cui ci capita di incrociare il nostro io passato, lo studente dubbioso, il marito o la moglie appena sposati, il padre in attesa davanti alla sala parto, insomma tutti i nostri io alle svolte della vita, con la domanda che è sempre la stessa: “È questo che volevi?”, o meglio ancora, considerati gli impercettibili scarti del destino di cui ci avverte Visinoni: “È questo che ti aspettavi?”

Luigi Preziosi



Arkadia Editore

Arkadia Editore è una realtà nuova che si basa però su professionalità consolidate. Un modo come un altro di conservare attraverso il cambiamento i tratti distintivi di un amore e di una passione che ci contraddistingue da sempre.

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