È a Procida, la Procida di Elsa Morante celebrata con “l’isola di Arturo”, che Luigi Romolo Carrino, scrittore partenopeo, ambienta il suo nuovo romanzo “Non è di maggio”. Altra opera di questo autore che si presenta con una scrittura vibrante, diretta nell’esprimere emozioni, sensazioni, rapportandosi con sentimenti intensi e profondi con il mondo. E questo lo fa mettendo tutto se stesso, come si dice quando un autore dà interamente anima e corpo senza risparmiare nulla. Con “Non è di maggio” ambientato negli anni successivi alla seconda guerra, Luigi Romolo Carrino opera ancora una volta la scelta di dar voce alla sua terra e innalzarla a quell’alto valore letterario di cui è degna. Per cui niente di meglio se, fin dalle premesse, la dedica a Elsa Morante è evidente. Il perno intorno al quale ruota la macchina narrativa è un amore impossibile, dove Angela, figlia di una blasonata famiglia partenopea, viene ripudiata dal padre in quanto innamorata di Salvo, un contadino dai sentimenti nobili e sinceri. La fuga a Procida di Angela è un dramma, perché il sangue nobile non può mischiarsi a quello popolare e contadino, tanto che i genitori decidono di separare la madre dal figlio dopo che il destino avverso stronca la vita di Salvo prima del tempo. Il piccolo viene strappato alla madre e viene affidato a una coppia di coniugi aristocratici sterili con la complicità di Rosina, la domestica muta, la janara dalla conoscenza e i poteri temuti da tutta l’isola. Eppure la nascita inattesa di due gemelli sconvolge i piani e la strega decide di nascondere al mondo il secondo genito. Sarà la stessa Rosina ad allevarlo con l’amore che non ha avuto modo di donare ai figli e al marito dopo che il mare li ha portati via per sempre. L’amore è la sua deficienza. Deficienza come assenza. Deficienza implica una mancanza. Ecco, una mancanza perché l’amore è così, senza cuore, un morso che lascia la carne a brandelli. A differenza della narrativa di evasione, Luigi Romolo Carrino ha scritto un romanzo di grande impegno che ha risonanza nel cuore malato della nostra vita. La lingua ha una straordinaria universalità, quella contaminazione con il dialetto ne eleva un valore letterario già altissimo perché, se la lingua è potere e se trasforma la società, questa simbiosi non ci tocca soltanto le corde ma crea una dipendenza con la bellezza delle cose. È in queste espressioni dove proprio la lingua si innalza a grande letteratura, pur restando con i piedi ben saldi a terra, mi pare di scorgere un omaggio a un’altra grande scrittrice del 900 italiano. Dopo il tributo a Elsa Morante mi riferisco a Anna Maria Ortese nella rappresentazione delle donne presenti nel romanzo. È evidente quando l’autore mette in risalto la figura di Angela, porgendo ai lettori l’immagine di un dolore piegato dentro che non lascia spazio al rancore, all’odio, al livore. Un dolore puro, un pianto arcaico, un vuoto immenso. È la sua grande abilità nel costruire personaggi, persino quando hanno una funzione palesemente negativa, adattando a ognuno di loro una lingua appropriata che serve a renderli ancora più veri. Un libro complesso, ben riuscito, dove l’autore ha dato tutto se stesso riversando sulla pagina sentimenti e sensazioni, dove il dolore profondo è più forte dell’amore, dove il linguaggio non è soltanto tecnica ma fonte dell’anima, perché la ricerca della parola, come ci insegna Gyorgy Lukaks nel suo “Il marxismo e la critica letteraria” è l’appassionato studio della sostanza umana e rientra nell’essenza di ogni letteratura e di ogni arte vera. Luigi Romolo Carrino ha slanci di prosa altissima in cui dà anima alla centralità degli spazi e dei corpi. Tracce di vita che giocano sul cuore e sulla memoria: scelte sofferte, vissuti complessi dove lo struggimento dell’abbandono e l’incomunicabilità sono nelle viscere di questa storia che ne butta fuori schizzi acidi pagina dopo pagina, anche se, l’autore medesimo, è grande traduttore di emozioni e ogni avvenimento viene sviscerato più dall’interno che dall’esterno. La bellezza di questo libro sta nella sua forza perché in ogni riga la parola si dispiega lungamente, richiama particolari che si rivelano indispensabili, un fluire di eventi che diventa materia e anima.
Non è di maggio di Luigi Romolo Carrino
Arkadia, 2021 – La vita di Salvo sull’isola di Procida è un racconto incantato e misterioso, tra bisogno d’amore e poteri arcani.
Non è di maggio (Arkadia, 2021) di Luigi Romolo Carrino, proposto al Premio Strega 2021 da Wanda Marasco, è il racconto della vita di Salvo, nato sull’isola di Procida e mai allontanatosi fino all’età di quindici anni. Salvo ha un gemello, Antonio, ma i bambini vengono separati alla nascita. L’assenza di Antonio condiziona le vite di Salvo e della madre Angela, pur inconsapevoli della sua esistenza. Il padre di Salvo, di cui lui porta il nome, è morto prima della sua nascita. Angela, per di più ripudiata dai genitori, è incapace di occuparsi di Salvo per il grande dolore del lutto che l’ha colpita. Del bambino si prende cura Rosina, la janara, che non parla più da quando il mare le ha rubato il marito e i figli. La vita di Salvo sull’isola è un racconto incantato e misterioso, tra bisogno d’amore e poteri arcani: telepatia, telecinesi, capacità di controllare in qualche modo il tempo. Determinante è l’amicizia con Nuccio, un coetaneo autistico che desidera vivere nel mare e in cui Salvo sembra rispecchiarsi, anche se il suo ambiente invece è il cielo.
“Esiste un luogo per ognuno di noi. Questo luogo non è facile da riconoscere, ma quando questo luogo appare davanti ai nostri occhi è come se fossimo già abitanti di quello spazio e di quel tempo e sappiamo che la serenità che invade ogni cellula del nostro corpo è autentica. […]Ognuno di noi cerca il suo posto nell’Universo, il luogo dove stare. Nuccio ha trovato il suo. Il mio posto è tra le stelle”.
Wanda Marasco nella sua proposta di candidatura al Premio Strega mette in luce gli elementi essenziali che caratterizzano il romanzo.
“La presenza di potenti figure femminili, Procida restituita nella sua immortale bellezza, la fascinazione del racconto e l’incanto della lingua sono un omaggio al romanzo novecentesco”.
Oltre a Non è di maggio, altri due romanzi di Luigi Romolo Carrino sono stati presentati in edizioni passate del premio Strega: Pozzoromolo (Meridiano Zero, 2009) ed Esercizi sulla madre (Perdisa Pop, 2012). Inoltre sono stati semifinalisti al Premio Giorgio Scerbanenco i suoi romanzi La buona legge di Mariasole (Edizioni E/O, 2015) e Alcuni avranno il mio perdono (Edizioni E/O, 2017).
Fabrizia Scorzoni
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