Gli altri sono più felici
Il romanzo di Laura Freixas ritrae un Paese complesso, unito ma diverso in cui i pregiudizi ostacolano amicizia e comprensione dell’altro. Un affresco familiare sulle relazioni tra la Catalogna e le altre regioni di Spagna.
Busto Arsizio – Laura Freixas scrittrice e traduttrice è nata a Barcellona nel 1958, cresciuta in Catalogna ma con profondi legami con la Castiglia, ha portato in Spagna le opere di Amos Oz ed Elfriede Jellinek. Attiva sostenitrice della letteratura femminile ci regala “Gli altri sono più felici”, l’opera che le ha dato notorietà. Ho deciso la lettura solo per il titolo. Questo romanzo ritrae un Paese complesso, unito ma diverso in cui i pregiudizi ostacolano l’amicizia e la comprensione dell’altro. L’autrice ha scritto un bellissimo affresco familiare sulle relazioni tra la Catalogna e le altre regioni di Spagna.
… Aurea è una ragazza che vive a Madrid ma le sue origini sono in un paese della Mancia, la desolata e ventosa terra di Cervantes e quello che sembrava un colpo di fortuna per la protagonista, convinta dalla madre a passare un’estate sulla Costa Brava “dai cugini ricchi”, farà germogliare un malessere che porterà la protagonista a cambiare il corso della sua vita. “In casa non li chiamavano i Soley, ma i cugini catalani. Beh era mia madre che li chiamava così, mio padre diceva “i catalani” e basta. Con un tono come quando il signor Soley diceva “Minyona”, domestica in catalano: come se si togliesse qualcosa dalla bocca di ripugnante… Diceva i catalani con ironia, come se suonasse un campanello, di quelli che si usavano in antichità per avvisare dell’arrivo di un lebbroso. Era una specie di messaggio morse. Un messaggio che io non capivo, ma che ovviamente mia madre sì. Appena mio padre diceva “i catalani” con quel tono lì, immediatamente mia madre saltava su e cominciava a parlare dei “pezzenti” e diceva: vuoi che tua figlia continui a passare tutte le estati da pezzente? Mio padre non rispondeva, abbassava il capo e continuava a mangiare. Mio padre, adesso che ci penso, non discuteva mai con mia madre, si limitava a lasciare che quelle frasi, che sembravano piene di maiuscole – “Tua figlia… Tutte le estati della Sua Vita…” – morissero da sé, si spegnessero per assenza di pubblico. Povera mamma dopo che aveva fatto di tutto perché i Soley, finalmente, m’invitassero a passare l’estate con loro”.
A molti anni di distanza Aurea cercherà di rispondere a tante domande legate a quell’estate ricca di scoperte e avvenimenti, conversando con una testimone nascosta di quei giorni, una ragazza inglese che aveva trascorso solo poche ore in casa dei cugini ricchi. Trovo che questo romanzo fotografi situazioni senza tempo e… “Si, è vero… Era quello che pensavo e che, forse penso ancora, non saprei… Ma nel caso dei Soley… adesso, non ne sono più tanto sicura. In fondo, che ne sappiamo noi degli altri”?
Francesca Boragno
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