La biblioteca comunale La Smilea di Montale presenta il libro “La scrittrice obesa” di Marisa Salabelle in data giovedì 6 Luglio 2023 alle ore 21 nella corte di Castello Villa Smilea.Cominciando coi saluti istituzionali dell’assessore alla cultura Tiziano Pierucci, modera l’incontro Maria Elena Menici, sarà presente l’autrice Marisa Salabelle. Ingresso libero e gratuito. Un romanzo intimo su una donna che la vita ha letteralmente sconfitto, Marisa Salabelle racconta con leggerezza e humor una storia apparentemente tragica e senza via d’uscita. Susanna Rosso è una donna sola, scontrosa, posseduta da due passioni: quella per il cibo e quella per la scrittura. Ha lavori precari e una vita sentimentale disastrosa. Ha solo due amiche che qualche volta vanno a trovarla e lei maltratta. Sarà per questo che per lungo tempo nessuno si accorge della sua scomparsa. Il corpo di Susanna, in avanzato stato di decomposizione, viene ritrovato nel suo appartamento solo dopo giorni. Forse è morta di infarto. Da anni conduceva un’esistenza sedentaria, dedita solo a mangiare e alla letteratura. Ma chi è veramente Susanna? Perché si è ridotta così? Pagina dopo pagina si scoprirà che la sua storia, in sé tragica, è un lungo elenco di situazioni e accadimenti che suscitano pena ma anche un sorriso. Vicende grottesche e comiche condotte con un piglio narrativo coinvolgente in cui si scopre veramente la protagonista del romanzo.
Marisa Salabelle è nata a Cagliari il 22 aprile 1955 e vive a Pistoia dal 1965. È laureata in Storia all’Università di Firenze e ha frequentato il triennio di Studi teologici presso il Seminario vescovile di Firenze. Dal 1978 al 2016 ha insegnato nella scuola italiana. Nel 2015 ha pubblicato il suo romanzo d’esordio, L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu (Piemme). Nel giugno 2019 ha pubblicato il suo secondo romanzo, L’ultimo dei Santi, presso l’editore Tarka. Entrambi i romanzi sono stati finalisti al Premio La Provincia in Giallo, rispettivamente nel 2016 e nel 2020. Nel settembre 2020 è uscito il romanzo storico-famigliare Gli ingranaggi dei ricordi (Arkadia Editore) e nel 2022 Il ferro da calza (Tarka), un giallo con ambientazione appenninica. Suoi articoli e racconti sono apparsi su riviste online e antologie cartacee.
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L’Assessorato alla Cultura di Monsummano Terme organizza la presentazione del libro “LA SCRITTRICE OBESA” – Arkadia Editore di Marisa Salabelle, ospite del Gruppo di Lettura Il tè delle quattro che si confronterà con l’autrice in un incontro aperto al pubblico giovedì 22 giugno 2023, alle ore 18, nel Parco “David Bowie” di Villa Renatico Martini a Monsummano Terme. La protagonista è una donna sola, scontrosa, posseduta da due passioni: il cibo e la scrittura. Da anni conduce un’esistenza sedentaria scrivendo improbabili romanzi e ingozzandosi di cibo spazzatura. Per molto tempo nessuno si accorge della sua scomparsa, nessuno si preoccupa di cercarla. Ma chi è veramente Susanna? Perché ha deciso di condurre un tipo di vita che la isola dal resto del mondo? Pagina dopo pagina la sua vita si snoda tra vicende drammatiche e situazioni comiche narrate in modo coinvolgente, rivelando un’eroina del tutto particolare. Marisa Salabelle è nata a Cagliari e vive a Pistoia dal 1965. E’ laureata in Storia all’Università di Firenze e ha frequentato il triennio di Studi teologici presso il Seminario vescovile di Firenze. Dal 1978 al 2016 ha insegnato nella scuola italiana. Suoi articoli e racconti sono apparsi su numerose riviste online e antologie cartacee. Nel 2015 ha pubblicato il suo romanzo d’esordio “L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu” (Piemme), con cui ha ottenuto significativi riconoscimenti, nel 2019 “L’ultimo dei Santi” (Tarka), nel 2020 “Gli ingranaggi dei ricordi” (Arkadia), nel 2022 “Il ferro da calza” (Tarka). Ma il 2022 è l’anno in cui esce anche la sua ultima fatica letteraria “La scrittore obesa” (Arkadia), candidata al “Premio Campiello”.
In caso di maltempo, l’evento sarà spostato nella Sala “Walter Iozzelli” della Biblioteca “Giuseppe Giusti” in Piazza Martini, 99 a Monsummano Terme.
Per informazioni:
Tel. 0572 959502 – 959500
mail: biblioteca@comune.monsummano-terme.pt.it
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Questo romanzo è stata un’avventura che mi ha fatto sorridere ma nello stesso tempo piangere. L’autrice ci racconta la storia di Susanna, una donna sola, scontrosa, posseduta da due passioni: quella per il mangiare e quella per la scrittura. Scrive improbabili racconti che manda a qualche concorso e romanzi che nessun editore accetta di pubblicare, scrive lettere a personaggi celebri senza sperare in una risposta, vive vicende grottesche e infine sceglie di isolarsi dal resto del mondo. Dopo la morte della madre rimane sola in casa rinchiudendosi sempre di più nel suo mondo, a nulla servono un lavoro presso una casa editrice, le “incursioni” della vicina, le visite dell’amica Lorella e l’amicizia con Suor Maria Consolazione. Il mondo di Susanna si imprigiona sempre di più tra le mura domestiche, la forte attrazione per la scrittura la porta addirittura a vedere i suoi personaggi in casa e a confondere realtà e finzione. L’autrice affronta due dinamiche molto importanti, l’obesità e la difficoltà di far pubblicare un libro da parte di scrittori emergenti. La scrittura è molto semplice ed intensa, l’ho letto in due giorni, mi ha tenuta incollata fino alla fine. L’ho adorato! Ve lo consiglio!
Titti Pallante
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Festival Letterario dell’Archeologia 2023: dal 7 al 9 luglio a San Salvatore di Sinis un’immersione culturale tra libri, musica e spettacoli
Quattordici presentazioni di libri con gli autori, cinque concerti e due spettacoli dal vivo con Andrea Purgatori, Makkox e Valerio Aprea
di Redazione
Una rassegna letteraria con quattordici volumi presentati da autrici e autori, gli spettacoli dal vivo con Andrea Purgatori, Makkox e Valerio Aprea, cinque concerti musicali tra cui i live di Nitro e Meg. Sono solo alcuni tra gli ospiti e gli appuntamenti della seconda edizione del “Festival letterario dell’Archeologia. Un viaggio lungo tremila anni”, che si terrà dal 7 al 9 luglio 2023 con una coda il 2 e il 3 agosto nello splendido borgo di San Salvatore di Sinis a Cabras.
Saranno quindi i libri il filo rosso dell’iniziativa che spazierà dai talk letterari fino alla musica dal vivo, senza rinunciare a momenti di intrattenimento e di riflessione. La letteratura diventa dunque un’ulteriore leva di valorizzazione dei territori e sarà lo strumento per toccare numerosi temi con autrici e autori come Ester Viola, Annalisa Cuzzocrea, Ben Pastor, Marco Frittella, Gino Castaldo, Alberto Grandi, Cristina Caboni e molti altri.
La manifestazione è promossa dalla Fondazione Mont‘e Prama in collaborazione con l’Associazione Enti Locali per le Attività Culturali e di Spettacolo e il sostegno della Regione Sardegna tramite il Centro regionale di Programmazione e Assessorato della Pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport e della Fondazione di Sardegna.
“Ci prepariamo a un’estate ricca di eventi e fra questi non poteva mancare la seconda edizione del Festival letterario dell’Archeologia, che lo scorso anno ha avuto un enorme successo e che intendiamo riproporre come elemento imprescindibile per la diffusione culturale. La Fondazione Mont’e Prama in questi mesi ha optato per una promozione in larga scala delle ricchezze territoriali del Sinis. La comunicazione mediatica, la divulgazione scientifica e quella portata avanti attraverso il canale dello sport sono state sostanziali, ma i Libri restano comunque il punto di partenza del sapere, e non esiste luogo migliore del Salone del Libro per promuovere il nostro Festival letterario”, ha detto il presidente della Fondazione Mont’e Prama Anthony Muroni.
“I festival letterari non sono soltanto occasione di promozione e comunicazione del territorio che li ospita, ma devono essere considerati come avamposti culturali, presidi della parola scritta e parlata. La Sardegna non a caso ne è ricca. La socialità, l’invito alla lettura, lo stimolo al confronto sono i punti di partenza del Festival dedicato ai Giganti di Mont’e Prama. Non si è scelto un tema preciso, preferendo la suggestione concreta che il raccontare e l’ascoltare storie, in libertà, siano il vero valore aggiunto utile a contribuire alla valorizzazione popolare della lettura. Questo è l’impegno chiesto ai prestigiosi ospiti e artisti del Festival: affascinare, emozionare, invitare a ritrovare il piacere di leggere un libro”, ha affermato Giovanni Follesa, direttore artistico del Festival.
Il programma degli incontri
Si parte il 7 luglio con Francesco Bellu e “L’archeologo sul grande schermo” (NPE) saggio sulla divulgazione attraverso i media (ore 18:45), seguito dalla presentazione di “Un giorno all’improvviso” (Edizione Giulia Giornaliste) volume realizzato dal collettivo Giulia Giornaliste Sardegna, che raccoglie racconti di donne al tempo del Covid (ore 19:15). Seguirà aperitivo musicale alle 20.
Spazio poi ad “A Lost Mediterranean Culture” (Columbia University Press) di Barbara Faedda e Paolo Carta (ore 20:30), seguito da “Voltare pagina” (Einaudi) con l’avvocata e giornalista Ester Viola (ore 21:15) e da “Apollinei e Dionisiaci – Beatles e Rolling Stones” (Einaudi) della firma di Repubblica Gino Castaldo, tra i più autorevoli critici musicali in Italia (ore 22). Chiuderà la serata il concerto dei Launeddas del Sinis (ore 22:45).
Aprirà la serata dell’8 luglio Rossana Copez con “Cercandocieli” (Il Maestrale), un memoir fatto di impegno, coraggio, socialismo e misticismo (ore 18:45), seguita da Cristina Caboni con “La via del miele” (Garzanti), romanzo che ha per protagoniste le api, metafora del ritorno a casa (ore 19:15). Alle 20, seguirà un aperitivo musicale.
Si riparte poi alle 20:30 con Annalisa Cuzzocrea, vice direttrice del quotidiano La Stampa, con il suo “Che fine hanno fatto i bambini” (Piemme Edizioni), seguita dall’intervento di Alberto Grandi, storico dell’alimentazione, che alle 21:15 presenterà “L’incredibile storia della neve e della sua scomparsa: Dalle civiltà mesopotamiche al frigorifero, dai cocktail all’emergenza climatica” (Aboca) e “Denominazione di origine inventata” (Mondadori). Chiuderà la serata lo spettacolo live “Dialoghi sul cambiamento” di Makkox, fumettista, autore tv e protagonista di Propaganda Live su La7, e Valerio Aprea, attore, protagonista della scena teatrale italiana, sceneggiatore della serie di culto Boris (ore 22), seguito dal concerto del nuovo progetto musicale “Sardegna America” di Moses e Matteo Muscas (ore 22:45).
Il 9 luglio si parte con il saggio “La casa delle fate” (Abbà) di Tonino Oppes e Nicola Castangia (ore 18:45), seguito da “Come la noce sul cuscino” di Laura Fois (Arkadia), romanzo corale in cui si mescolano sentimento, amore e dolore, con uno spiccato senso di femminilità (ore 19:15) e dal consueto aperitivo musicale delle 20.
Alle 20:30 riflettori puntati su “La morte delle sirene. Un’indagine di Elio Sparzano” (Mondadori), giallo ambientato nel 306 d.C. della scrittrice italoamericana Ben Pastor. Seguirà la presentazione del volume “L’oro d’Italia” (Rai Libri) del giornalista di Raiuno Marco Frittella che racconta – attraverso la voce di archeologi, manager, politici – le storie dei recuperi degli straordinari beni culturali e artistici del nostro Paese (ore 21:15). Da non perdere poi, il nuovo spettacolo di Andrea Purgatori “Inchiesta su Manuela Orlandi” (ore 22), seguito dal concerto del rapper Nitro. In apertura, la cantante Meg, ex 99 Posse (ore 22:30).
La proposta culturale dell’estate a Cabras si chiude ad agosto con le presentazioni di “Sì, lo voglio!” (Edizioni People) del giornalista e scrittore Giovanni Follesa, che raccoglie 20 storie di altrettante coppie – una per regione – che all’indomani dell’approvazione della legge Cirinnà sulle unioni civili hanno deciso di sposarsi (1° agosto, ore 19:30), seguita dal concerto di Abdullah Ibrahim (ore 20:30).
Da non perdere, il 2 agosto, “La scrittrice obesa” (Arkadia) di Marisa Salabelle (ore 19:30). Chiude la rassegna il concerto di Tigran Hamasyan (ore 20:30).
Il link alla segnalazione su S&H Magazine: http://bitly.ws/HJ3B
Marisa Salabelle è nata a Cagliari il 1955 e vive Pistoia dal 1965. È laureata in Storia all’Università di Firenze e ha frequentato il triennio di studi teologici presso il Seminario arcivescovile della stessa città.
Dal 1978 al 2016 ha insegnato nella scuola italiana. Nel 2015 ha pubblicato il suo romanzo d’esordio dal titolo L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu (Piemme) e nel 2019 il libro L’ultimo dei Santi (Tarka).
Entrambi i romanzi sono stati finalisti al Premio letterario “La Provincia in Giallo”, nel 2016 e nel 2020.
Nel 2020 è uscito un il romanzo storico familiare, Gli ingranaggi dei ricordi (Arkadia editore) e nel 2022 il giallo Il ferro da calza (Tarka). Suoi articoli e racconti sono apparsi su riviste online e antologie cartacee.
Il suo ultimo libro è La scrittrice obesa (Arkadia editore, 2023).
Il romanzo è incentrato su una donna, Susanna Rosso, ossessionata dai libri e da quello che ha scritto che invia in continuazione ai grandi editori nella speranza di una pubblicazione, senza tuttavia ottenere risultati apprezzabili. Susanna compensa quindi la frustrazione mangiando cibo a consegna, come pizze e fritti, pericoloso per il suo metabolismo.
Su questo ultimo romanzo è incentrata la nostra intervista.
Come è nato il personaggio di Susanna Rosso, una donna che poi resta nella memoria del lettore?
Susanna è nata dalla mia esperienza di aspirante scrittrice: ho penato molto a trovare un editore per i miei scritti, e a un certo punto è nato dentro di me questo personaggio, che è una “me stessa” molto virata sul grottesco.
Il romanzo è nato come sfogo per la mia frustrazione, ma non voleva essere una lamentosa confessione, quindi ho cercato di dar vita a un personaggio che fosse tragico e comico al tempo stesso e mi è venuto spontaneo abbinare la sua esagerata fame di successo e di gloria con un’altrettanto smodata fame di cibo.
Se all’inizio Susanna voleva solo pubblicare un libro, i rifiuti degli editori poi diventano giudizi negativi sulla donna che si cela dietro ai manoscritti, lei stessa. È così?
Nella mia fantasia Susanna nasce già problematica: fin da ragazza scrive e mangia, mangia e scrive, ed è già scontrosa anche quando i primi riconoscimenti in piccoli premi di provincia potrebbero indurla a sperare in un avvenire pieno di soddisfazioni. Certo, col passare del tempo e con i continui fallimenti le sue peculiarità caratteriali si inaspriscono, fino a condurla progressivamente verso la follia.
Come donna è consapevole delle sue imperfezioni fisiche e se, in un primo momento, cerca di far qualcosa per migliorarsi e riesce anche a trovarsi un fidanzato, in seguito si lascia andare sempre più e non pare interessata ad avere una vita sentimentale, sebbene certe fantasie erotiche lascino supporre che in lei alberghi ancora il desiderio di piacere…
Mangiare, a un certo punto, per la donna, è solo un modo per conoscere cosa c’è fuori la sua casa, dal momento che mangia piatti pronti o altri prodotti che le arrivano grazie ai ragazzi che fanno consegne. Si ha come l’impressione che lei si veda trasparente. Perché nessuno la guarda?
Non penso che Susanna si senta trasparente, perché oltre ad avere una mole che non può passare inosservata, ha carattere e personalità; è lei, piuttosto, che cerca la solitudine e caccia via in malo modo le persone che in qualche modo desiderano starle vicine.
Invece si sente trasparente come scrittrice perché, a torto o a ragione, ritiene di avere del talento, ma gli editori, le riviste, le agenzie cui si rivolge non la rifiutano semplicemente: non la vedono proprio, non leggono le cose che scrive, non le rispondono, ed è questo che la fa soffrire e indignare al tempo stesso.
Le poche amiche, due, fanno fatica a capire cosa sta succedendo a Susanna, che nel frattempo ha perso persino la compagnia di un ragazzo straniero che faceva consegne. È la storia di un’ossessione, dunque, l’ossessione di scrivere e farsi conoscere?
Indubbiamente Susanna ha una personalità ossessiva: ossessionata dal cibo, ossessionata dalle storie che la sua fantasia elabora in continuazione, dal desiderio di pubblicare le sue opere, di essere letta e apprezzata.
Le sue amiche sono donne normali e sebbene apprezzino il talento di Susanna e le augurino il successo, non riescono a capire fino in fondo perché la mancanza di riconoscimento sia per lei tanto grave.
Arriva al punto di descrivere la protagonista in una casa sporchissima, dove lei si muove come una che effettivamente sta perdendo la testa. Cosa le accade davvero?
Inizialmente Susanna vive con la madre, che si occupa della casa e di tutte le necessità materiali. Dopo la morte della madre Susanna tenta di darsi una certa normalità, si compra dei vestiti, si mette a dieta, trova un lavoro e un compagno. Ma col passare del tempo e con il crescere della sua frustrazione questa parvenza di normalità crolla, l’unica cosa importante per lei è scrivere, non si cura della casa, ricorre a cibi spazzatura, ingrassa smisuratamente e scivola nella follia.
Non è stato per lei, come scrittrice, doloroso dare contezza di tante immagini anche macabre di Susanna?
La scrittura è un’attività che può essere molto coinvolgente, a volte anche in modo doloroso. Ho descritto il corpo sfatto e addirittura putrescente di Susanna, ho scavato nelle sue fissazioni, nei suoi deliri, e ho sofferto per lei, ma in genere io mantengo un certo distacco rispetto agli argomenti che tratto, la mia difesa, in particolare, è l’ironia, che pervade tutte le mie opere, e che rappresenta la mia arma per proteggermi dalla sofferenza.
Prima di questo libro, sempre per Arkadia editore, ha scritto Gli ingranaggi dei ricordi. Ce ne parla?
Gli ingranaggi dei ricordi è un romanzo ispirato, con una certa libertà, alla storia della mia famiglia e ai miei genitori che da ragazzi, negli anni della Seconda guerra mondiale, hanno vissuto avventure che non sono certo uniche, in quei tempi tutti hanno affrontato peripezie di vario genere, ma che per me era importante raccontare.
È una storia che si svolge in Sardegna tra il 1943 e il 1944, e descrive parallelamente le disavventure di tre orfani, un ragazzo e due ragazze, costretti a vagabondare a piedi per tutta l’isola, e quelle di una famiglia borghese costretta a sfollare in campagna dopo i disastrosi bombardamenti che hanno ridotto Cagliari a un cumulo di macerie. Si inserisce nel testo anche la vicenda di un partigiano, Silvio Serra, fratello della mia nonna materna, che fece parte del drappello che compì l’attentato di via Rasella, e che nel romanzo faccio ricostruire a un giovane studente di storia.
È un libro un po’ complesso, con quattro voci narranti che si alternano, ma dopo i primi due o tre capitoli ci si comincia a orizzontare e la lettura scorre.
Si accosta anche alla letteratura di genere, nel 2022, per un giallo-noir, per i tipi di Tarka, Il ferro da calza. Secondo lei perché i gialli, i noir vendono e convincono?
Il romanzo con il quale ho esordito, L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu, nel 2015, era una “specie di giallo”, imperniato sulla vita di una donna difficile (sono quelle che mi riescono meglio!) che veniva uccisa e abbandonata in un fosso.
Non era principalmente un giallo, ma c’era il delitto, c’erano le indagini e c’era anche un giornalista che seguiva la vicenda. A quel personaggio mi sono affezionata e l’ho usato in altri due romanzi che sono più strettamente dei gialli: L’ultimo dei Santi e Il ferro da calza, entrambi editi da Tarka.
Il giallo è un genere che apprezzo come lettrice e che offre a uno scrittore la possibilità di affrontare diverse tematiche nella veste accattivante del romanzo d’intrattenimento. In fin dei conti un giallo o un noir riesce abbastanza bene a tracciare un quadro di un determinato ambiente e può dire molto della società in cui viviamo.
Lei ha un percorso accademico di tutto rispetto, dove figura anche un triennio di studi teologici. Credo che la domanda se lei è credente le sia stata fatta anche da persone che non sanno che lei scrive.
Sono cresciuta in un ambiente cattolico, sia in famiglia che nei gruppi e nelle associazioni che ho frequentato da ragazza, e molto di quanto ho assimilato in quegli anni e in quei contesti ha contribuito alla mia formazione. Non a caso in tutti i miei romanzi sono presenti preti o suore. Con gli anni mi sono allontanata dalla fede, ma continuo a condividere molti dei valori più nobili del cristianesimo e a svolgere attività di volontariato in ambienti cattolici.
Il 23 aprile scorso si è celebrata la Giornata mondiale del libro. Lei pensa che avremo sempre bisogno di storie? E come spiega questa sempre più folta schiera di scrittori che parlano di sé, componendo memoir, diari di bordo, confessioni, come unica realtà possibile?
In realtà io credo che chi scrive parli sempre e solo di sé, io però preferisco “raccontare una storia”, filtrando le mie esperienze attraverso la finzione, piuttosto che scrivere le mie memorie o confessioni.
Secondo me sì, abbiamo e avremo sempre bisogno di storie, che siano raccontate davanti al fuoco, lette in un libro o viste al cinema.
Vincenzo Mazzaccaro
Il link all’intervista su SoloLibri: https://bit.ly/3HIqq5g
La Scrittrice obesa è il primo libro che leggo dell’autrice, Marisa Salabelle, consigliata da un’amica. Non poteva che intrigarmi un simile testo, dal momento che anche per me scrivere è una grande passione, unita alla lettura. Copertina e titolo sono assai invitanti: l’immagine della signora piena e abbondante di Tiziano Vercellio nel suntuoso abito porpora è senz’altro un punto a favore del libro, oltre al tema della scrittura, al fascino della letteratura e dell’arte dello “scrivere”. Susanna Rosso è una giovane donna che ama la scrittura più di ogni altra cosa al mondo, parimenti solo al cibo di cui si nutre in maniera eccessiva e sregolata, tanto da diventare obesa. Orfana di padre, e poi anche della madre, rimane sola nell’appartamento di famiglia, dedicandosi soltanto alla scrittura, producendo racconti, romanzi, riflessioni, lettere a personaggi famosi e case editrici (Mondadori, Woody Allen, Ginzburg, Guccini, Tolkien, Roth, perfino Dio…) senza averne mai una risposta. In quelle lettere si avverte tutta la sua rabbia, l’odio ma anche la presunzione di non essere riconosciuta per quello che invece crede e sente di valere. Colpisce subito la personalità di Susanna, (di cui seguiamo l’intero percorso di vita, giovane trentenne, donna matura e infine anziana), quel suo modo arrogante e presuntuoso di divorare il mondo (insieme al cibo), mondo che non l’ascolta, che continua a ignorarla nonostante le ripetute sollecitazioni. Ciò fa aumentare tutto il suo rancore, la frustrazione, l’insoddisfazione, che sublima sì scrivendo, ma riempiendosi fino all’ inverosimile di cibo malsano. Nemmeno Lorella, sua amica di infanzia, e suor Consolazione, che cercano di aiutarla, riusciranno a parte sporadici momenti, a farla deviare dalla sua folle discesa verso l’autodistruzione. Nonostante sia una perdente, vittima di un destino che le rema contro (e quindi soggetto facile all’empatia del lettore), mi è stato difficile simpatizzare con lei, stare dalla sua parte, forse per questo atteggiamento troppo rabbioso, egocentrico, superbo e ostinato che non lascia spazio agli altri. Il suo continuo piangersi addosso e rimpinzarsi di cibo per colmare il vuoto dell’insuccesso, senza prestare ascolto a ciò che accade intorno, rifiutando il rapporto e il confronto diretto con gli altri, non me l’ha fatta amare. Certo, ciò che Susanna afferma sull’editoria è molto vero, e spesso non basta il talento da solo a dar vita a uno scrittore apprezzato, occorre anche una buona dose di fortuna e conoscenze. Susanna può esserne l’esempio, ma non è certo l’autodistruzione, far terra bruciata intorno a sé, la modalità corretta per risolvere il problema. In tutta sincerità, il personaggio di Susanna, non mi ha entusiasmato granché. Avrei voluto sentire e capire meglio le motivazioni, i pensieri, i veri sentimenti che ribollivano sotto tutto quel panno di grasso, oltre la rabbia e la frustrazione (sono le uniche emozioni che sono riuscita a percepire) di non riuscire a sfondare in quel talento che solo lei, Lorella e la suora riconoscono. L’ho trovata insomma un personaggio un po’ piatto, e anche la storia, la trama (che per me non è elemento fondamentale) piuttosto uniforme (in cui si ripetono le continue abbuffate, le ordinazioni del cibo a domicilio, le liti con la vicina di casa…) senza consistenti alti e bassi da creare un ritmo più brioso e coinvolgente. Sicuramente è un mio gusto personale la scrittura più intimistica, quella che approfondisce più la psicologia del personaggio, le emozioni, i tormenti interiori, le paure, i dubbi, le sicurezze… e forse qui non ne ho trovata abbastanza. La struttura del romanzo è sicuramente interessante e ben impostata, con l’alternanza dei punti di vista (in terza persona onnisciente e in prima persona quando parla Lorella, l’amica), altrettanto l’idea delle epistole o mail ai grandi personaggi (coloro che ce l’hanno fatta) in cui la protagonista esprime tutto il suo risentimento. Assai suggestivi sono i passi in cui Susanna, ormai chiusa nel proprio mondo, isolata da troppo tempo, immersa completamente nella scrittura, comincia a confondere la realtà con la finzione: i due mondi (realtà e immaginario) si fondono, formandone uno solo, unico e vero, ma soltanto per lei. Gli incontri tra Susanna e i suoi personaggi, i quali molto spesso si lamentano con lei per la sorte che ha destinato loro, sono davvero ben costruiti e memorabili. «Perché mi hai fatto i piedi palmati? Si può sapere cosa ti è saltato in mente?» ,«Il cancro mi sta divorando, ho dolore indescrivibili!»,«Già mi ha dato un cognome assurdo, c’era bisogno che mi facessi venire pure la sclerosi multipla?»,«Sadica!», «Pervertita!», «Assassina!» La scrittura è fluida, nitida, competente, sicuramente una piacevole lettura, anche se alla fine, per tutte le ragioni anzidette, mi ha lasciato una sensazione di mancanza, quel vuoto che la protagonista avrebbe senz’altro riempito, con un bel bignè alla crema, o forse due.
Antonella Cipriani
Il link alla recensione su Tasti e parole: https://bit.ly/3o7URuH
Quanto a ciò che successe dopo l’attentato di via Rasella, cioè la strage delle Fosse Ardeatine, ho accertato senza ombra di dubbio che non vi fu alcun appello ai responsabili dell’attentato perché si costituissero. Non è altro che una balla, una diceria messa in giro fin da subito ma priva di qualunque riscontro nella realtà. I tedeschi decisero di attuare la rappresaglia dopo una serie di consultazioni tra i pezzi grossi che comandavano a Roma e Hitler in persona, che pare si sia incazzato di brutto e abbia preteso che la città venisse rasa al suolo. Alla fine fu deciso che avrebbero ucciso dieci italiani per ogni soldato ucciso e si diedero da fare a metterli insieme, perché non è poi così facile radunare 330 persone da ammazzare, così, con uno schiocco di dita! Li presero nelle carceri: prigionieri politici, elementi asociali, delinquenti comuni. In un primo momento li scelsero tra coloro che erano già stati condannati a morte, poi, visto che questi non erano sufficienti, allargarono i criteri fino a includere altri soggetti, compresi, tanto per non sbagliarsi, 75 ebrei. A furia di aggiungere nominativi, andò a finire che si ritrovarono con cinque prigionieri di troppo: e vai, bene così. Erano tutti uomini. E li portarono là con dei camion. Li fucilarono a gruppi di cinque e buttarono i corpi nella cava: 67 esecuzioni. Ci vollero delle ore per farlo, e ovviamente non tutte le ciambelle riuscirono col buco, non tutti i condannati morirono alla prima scarica di fucile, così si dovette sparare ancora e ancora mutilando in modo orribile molte delle vittime. Siccome alcuni degli esecutori iniziavano a dare i numeri, il colonnello Kappler in persona si unì a loro per dare il buon esempio e per tirargli su il morale. Intanto Erik Priebke, uno di quegli ufficiali nazisti dall’aspetto tanto lindo e carino e dai modi garbati, se ne stava da una parte a spuntare la lista, perché le cose, quando si fanno, vanno fatte per bene. Il giorno seguente, 25 marzo uscì il famoso comunicato: «quest’ordine è già stato eseguito» sono le parole con cui si chiudeva. Lo sanno tutti, e chi fa finta di non saperlo è in malafede.
Marisa Salabelle
Il link all’estratto su MasticadoresItalia: https://bit.ly/3KgDbW4
“Continuare a scrivere. E pubblicare. Questo è il mio sogno. Ho in mente nuovi “gialli appenninici” e un seguito per ‘Gli ingranaggi dei ricordi’, e poi chissà. E vivere serenamente gli anni che ho ancora davanti con la mia famiglia e mi auguro che il mondo rinsavisca e si dia una raddrizzata prima che sia troppo tardi”.
Ha pubblicato diversi libri Marisa Salabelle. Nata a Cagliari il 22 aprile 1955. Nel 1965 si è trasferita a Pistoia con la sua famiglia e in Toscana ha sempre vissuto.
“Ho fatto il liceo classico, mi sono iscritta alla facoltà di lettere e filosofia e mi sono laureata in storia. Per molti anni ho insegnato, prima nelle scuole medie, poi in un istituto tecnico. Ho scelto questo mestiere per passione e ho cercato di dedicarmi al meglio delle mie possibilità agli studenti più fragili e problematici. Mi sono sposata nel 1979 e ho quattro figli, ormai tutti adulti, e un nipotino di tre anni. Da sempre ho amato la lettura e in diversi momenti della mia vita mi sono cimentata con la scrittura. Finalmente nel 2015 sono riuscita a pubblicare il mio romanzo d’esordio, un esordio tardivo, all’età di 60 anni. Da allora ho pubblicato altri quattro romanzi e spero di pubblicarne ancora degli altri. La mia vita è semplice: mi occupo di mia madre e di mio nipote, faccio volontariato, leggo e scrivo; amo la montagna e mi piace viaggiare, ma non sempre mi è possibile”.
Ha cominciato da ragazza scrivendo brevi racconti, che poi inviava a concorsi per inediti, dove spesso erano apprezzati. Durante gli anni più intensi della sua vita familiare e lavorativa ha abbandonato quasi del tutto la scrittura, ma superati i quarant’anni, con i figli già cresciuti e un po’ più di tempo per se stessa, ha ripreso questa sua antica passione.
“Mi sono cimentata con la forma romanzo, ho fatto dei primi tentativi abbastanza malriusciti, poi ho scritto alcune cose che mi sono sembrate buone. Così è nato in me il desiderio di pubblicare, di avere dei lettori, e mi sono data da fare per raggiungere questo obiettivo. Posso dire in tutta sincerità che non è stato facile, ma a un certo punto ho avuto la fortuna di incappare in un’agenzia letteraria grazie alla quale ho potuto pubblicare, nel 2015, il mio primo romanzo.”
Si intitola “L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu”
“E’ un romanzo ibrido, perché, come si può intuire dal titolo, è in parte un giallo, ma anche la biografia di un bizzarro personaggio, l’eroina che dà nome al libro. La casa con la quale ho esordito è la Piemme, con cui tuttavia non ho avuto un seguito: dopo alcuni anni ho scovato un piccolo editore delle Lunigiana, Tarka, che intendeva inaugurare una collana dedicata agli Appennini, chiamata appunto Appenninica. Con Tarka ho pubblicato due romanzi ambientati sulle montagne dell’Appennino tosco-emiliano”.
“L’ultimo dei Santi” nel 2019 e “Il ferro da calza” nel 2022.
“Sono due gialli che hanno come personaggio ricorrente Saverio, un giornalista con la passione dell’indagine, che già appariva ne “L’Estate che ammazzarono Efisia Caddozzu””.
Nel 2020 è uscito con l’editore cagliaritano Arkadia un romanzo storico-familiare, “Gli ingranaggi dei ricordi”.
“Un libro questo ispirato molto liberamente alle vicende vissute durante la Seconda guerra mondiale dai miei genitori, all’epoca adolescenti, e dalle loro famiglie. Nel romanzo, ambientato in Sardegna, si parla anche di Silvio Serra, un partigiano realmente vissuto, fratello della mia nonna materna, un eroe poco conosciuto la cui vicenda ho tentato di ricostruire”.
Infine, nell’ottobre 2022, Arkadia hai pubblicato “La scrittrice obesa”.
“E’ la storia tragicomica di una donna divorata da due passioni, quella per il cibo e quella per la letteratura. Con questo romanzo, che mi sta dando una certa soddisfazione, sono iscritta al Premio Campiello”.
Cosa accomuna le pubblicazioni di Marisa Salabelle?
“Tutti i miei libri nascono da esperienze personali. Il compito di una buona scrittrice, poi, sarebbe quello di attingere alle proprie esperienze per renderle universali e quindi condivisibili dai lettori. Nell’Efisia, l’infanzia della protagonista è molto simile alla mia, la sua scarsa avvenenza rimanda alle difficoltà che ho avuto col mio aspetto fisico, specialmente durante l’adolescenza; la sua giovinezza negli anni ’70 è un po’ lo specchio dell’atmosfera che ho potuto percepire nella mia città durante quegli anni. I due ‘gialli appenninici’ parlano delle montagne che amo e che frequento, dell’abbandono e della solitudine cui quei luoghi sembrano destinati. Degli ‘Ingranaggi’ ho già detto; anche ‘La scrittrice obesa’ è una sorta di autobiografia molto esasperata. In generale mi piace raccontare delle persone comuni, delle vite banali, che in realtà banali non sono mai; non mi ispirano personaggi belli e di successo ma i perdenti, gli strambi, i matti, e scrivo principalmente di donne”.
E l’isola lontana, che ti ha dato i natali, come la vivi?
“La Sardegna io l’ho lasciata da bambina e per molti anni non ci sono tornata. Inoltre sono di Cagliari, una città che è poco “sarda” nel modo in cui di solito viene vista la Sardegna: una terra magica, ancestrale, primitiva… io in questo, che alla fine è diventato uno stereotipo, non mi riconosco. Quando sono arrivata a Pistoia avevo 10 anni e mi sembrava che Cagliari fosse molto più moderna, molto più avanti di questa cittadina, questo paesone dove la sorte mi aveva sbattuta”.
C’è un filo particolare che ti ha in qualche modo tenuta unita alla Sardegna?
“Il legame con l’isola per me si è concretizzato nella figura di mia nonna, una donna che nell’aspetto, nel modo di parlare, nelle frasi in dialetto che infarcivano i suoi discorsi, rappresentava per me la quintessenza della sardità. Sta di fatto che quando ho scritto il romanzo col quale ho esordito mi è venuto naturale ritornare alla mia infanzia cagliaritana, a un certo modo di essere e di parlare, a certe parole dialettali che avevo orecchiato in famiglia… quindi sì, con l’età adulta è tornato fuori il mio legame con la Sardegna, e all’isola ho dedicato in particolare ‘Gli ingranaggi dei ricordi’. Negli ultimi anni sono tornata diverse volte a Cagliari, e devo ammettere che amo molto questa città e la sento in qualche modo mia. Della Sardegna conosco la povertà, i problemi non risolti, lo sfruttamento in chiave turistica, ma la cosa che mi preoccupa e mi indigna di più è il fatto che gran parte dell’isola sia militarizzata, sfruttata e devastata dalle basi Nato e interforze che occupano ampie porzioni di territorio, che viene sottratto ai sardi e dove pullulano malattie e malformazioni. Un ben triste destino per un’isola così bella”.
Massimiliano Perlato
Il link all’intervista su Tottus in Pari: https://bit.ly/3JZ7DUL
Abbiamo chiesto a Marisa Salabelle di raccontarci un po’ il personaggio protagonista de “La scrittrice obesa”, romanzo pubblicato da Arkadia che sta riscuotendo un bel successo di pubblico. Ecco quanto ci ha rivelato nella nostra intervista.
1)
Susanna Rosso, la protagonista del tuo ultimo romanzo, ha due passioni, ma potremmo meglio dire una doppia bulimia, quella per il cibo e quella per la scrittura. Si alimenta e sopravvive grazie alle “parole” e al cibo, e lo fa come in una relazione tossica, diremmo oggi. Come nasce l’idea di una protagonista così particolare?
In un periodo per me difficile, nel quale non riuscivo a trovare il modo di pubblicare alcune cose che avevo scritto, ho avuto l’idea di questo personaggio, che sotto certi aspetti è una me stessa molto drammatizzata e sovraccaricata. Forse perché da adolescente sono stata in notevole sovrappeso e ne ho sofferto molto, mi è sembrato naturale che la mia eroina, oltre che malata di scrittura, fosse anche malata di cibo. Immaginarla intenta a scarabocchiare su uno dei suoi quadernetti con in mano un grosso panino trasudante unto era un tutt’uno. Susanna è per me l’emblema della frustrazione, della scontentezza di sé, ma anche di un concetto molto elevato delle proprie capacità: un mix esplosivo, che infatti la porta alla follia e infine alla morte.
2)
Susanna si sente una scrittrice incompresa, ce l’ha con il mondo dell’editoria che non la considera e pertanto scrive lettere infuocate e irriverenti a editori, scrittori, cantanti e altri personaggi famosi. Sono lettere esilaranti. Perché il vortice di autodistruzione in cui si trova Susanna ci fa sorridere?
Ho voluto che il personaggio di Susanna fosse drammatico ma al tempo stesso comico: tutto il suo tormento per non essere compresa e accolta raggiunge eccessi comici, perché lei sembra non rendersi conto dell’assurdità di certi suoi comportamenti e soprattutto delle cose che scrive. È una vera grafomane, perciò non si limita a racconti e romanzi ma scrive lettere a chiunque le venga in mente: ai suoi artisti e scrittori preferiti ma anche a quelli che detesta, vivi e morti, veri e immaginari. E se magari inizia una lettera in tono garbato e cerimonioso, poi la mano le sfugge e inizia a lamentarsi delle ingiustizie che crede di patire, infarcisce le lettere di parolacce e finisce per insultare lo stesso destinatario.
3)
L’incipit della storia inizia con Susanna che viene ritrovata morta nel suo appartamento: sembra un giallo ma non lo è. Ti piace spiazzare il lettore?
Eccetto Gli ingranaggi dei ricordi, tutti i miei romanzi iniziano con la scoperta di un corpo. Due di essi (L’ultimo dei Santi e Il ferro da calza) sono apertamente dei gialli, quindi ci sta; uno (L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu) è un romanzo ibrido, tra biografia di un personaggio e cronaca di un’indagine; La scrittrice obesa invece non è un giallo, ma la protagonista muore comunque e ho voluto aprire la narrazione con la scena del suo ritrovamento, in un ambiente che definire degradato è un eufemismo. Sì, un po’ mi piace spiazzare il lettore, e infatti almeno uno dei miei lettori si è detto deluso di non aver trovato un giallo ma tutt’altra storia. In generale mi piace uscire dagli schemi, dagli stereotipi, raccontare qualcosa di diverso, per esempio una protagonista non bella e non simpatica: Susanna in questo non è la sola!
4)
A un certo punto della storia, la protagonista comincia a confondere la realtà con la fantasia: incontra persone nella sua vita quotidiana e le trasforma in “personaggi” ma succede anche l’inverso, “scambia” le persone reali per quelle raccontate nei suoi racconti o romanzi.
Sì, lei vive talmente a fondo le sue storie che le sembra di incontrare quotidianamente i personaggi creati dalla sua fantasia. Inizialmente le succede con una suora che bussa alla sua porta perché sta facendo un giro tra i parrocchiani: Susanna si convince che si tratti di un personaggio di un suo romanzo. Man mano che perde lucidità i personaggi vengono a trovarla sempre più spesso e si affollano nella sua cucina e nel suo salotto, rimproverandola per i destini infelici che ha dato loro. In un certo senso è “normale” che a uno scrittore le figure che ha creato sembrino reali, ma nel caso di Susanna è il confine tra realtà e fantasia che è saltato.
5)
Attraverso questo romanzo riesci a proporre una riflessione interessante sul mondo dell’editoria. Che cosa consiglierebbe Susanna oggi ai nuovi scrittori? E cosa suggerisci come autrice a chi vorrebbe pubblicare le proprie storie?
Il mondo dell’editoria non è facile e spesso succede che autori o autrici meritevoli non riescano a trovare la strada per le loro opere. Nella mia esperienza, riuscire a pubblicare alcune delle cose che avevo scritto è risultato difficilissimo, tuttavia a un certo punto, quando non ci speravo più, ho conosciuto un’agente letteraria che ha apprezzato il manoscritto che le avevo mandato e ha fatto in modo di farlo pubblicare: è così che è uscito il mio primo romanzo, L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu. Perciò mi sento di dire, a chi ama scrivere e vorrebbe pubblicare, di non scoraggiarsi e di tentare in ogni modo, nonostante rifiuti o silenzi. Oggi, grazie a internet, è molto più facile fare conoscenza con scrittori, editori, agenti, e questo è sicuramente un vantaggio. Invece sconsiglio l’autopubblicazione e soprattutto l’editoria a pagamento, che non serve a conquistare notorietà e successo, e in definitiva è una sorta di truffa ai danni di chi scrive.
MARISA SALABELLE
Marisa Salabelle è nata a Cagliari il 22 aprile 1955 e vive a Pistoia dal 1965. È laureata in Storia all’Università di Firenze e ha frequentato il triennio di studi teologici presso il Seminario arcivescovile della stessa città. Dal 1978 al 2016 ha insegnato nella scuola italiana. Nel 2015 ha pubblicato il suo romanzo d’esordio, L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu (Piemme). Nel 2019 ha pubblicato il suo secondo romanzo, L’ultimo dei Santi (Tarka). Entrambi i romanzi sono stati finalisti al Premio letterario La Provincia in Giallo, rispettivamente nel 2016 e nel 2020. Nel settembre 2020 è uscito il romanzo storico-famigliare Gli ingranaggi dei ricordi (Arkadia Editore) e nel 2022 Il ferro da calza (Tarka), un giallo con ambientazione appenninica. Suoi articoli e racconti sono apparsi su riviste online e antologie cartacee.
Alessandra Cafiero
Il link all’intervista su Puzzle Book: https://bit.ly/3Z7vRjN