La lanterna nera


Viaggio nella Praga magica con la Lanterna nera della misteriosa piccola Elke

Alberto Frappa Raunceroy: uno scrittore visionario. Con “La Lanterna nera”, fresco di stampa per i tipi di Arkadia (euro 15,00, pp. 168), l’autore friulano chiude con brillantezza e cura la trilogia dei suoi romanzi storici.

Aveva esordito nel 2012 con “Il Serenissimo Borghese”, narrazione ispirata alla caduta della Serenissima e alle vicende dell’ultimo dei Manin, Lodovico, continuando nel 2016 con “Il parruccaio di Maria Antonietta”, legato ai fasti stucchevoli di quel periodo, e all’ormai mitica figura di Salamandre, il parruccaio appunto della regina, che i lettori di Raunceroy conoscono (e non dimenticano). Ora con “La lanterna nera” Raunceroy chiude quella che lui stesso definisce “La Trilogia della ricerca”, e investiga sul tema della verità, dopo aver dissertato di giustizia e bellezza. E di quale verità si tratta? Di quella appartenente sin dalla nascita a Elke, bambina deforme nata a Ginevra a fine Cinquecento, capace di elaborare calcoli aritmetici geniali e di arrivare a una verità legata alla scienza e alla riproduzione di immagini attraverso la luce, la cosiddetta “Lanterna nera” che neppure Giovanni Keplero, matematico imperiale alla corte di Rodolfo II d’Asburgo, riuscirà a valorizzare durante l’incontro con la bambina prodigio. Il libro, accuratissimo nelle fonti, ha il pregio di trasportare il lettore nell’altrove, con estrema sintetica brillantezza.

È vincente la scelta di Raunceroy di asciugare la scrittura in questa sua terza prova, diversa dalle precedenti, e di deciderlo proprio qui, nel contesto storico scelto che è il ricco Barocco. È la Praga magica seicentesca di Rodolfo II, l’imperatore della Wunderkammer e dei capricci culturali di un sovrano con il cuore bambino e atterrito dall’horror vacui. È qui che si muoverà la “piccola strega sapiente”, cioè Elke, la deforme scienziata che sin da piccola imbratta i muri di Ginevra con un carboncino per tratteggiare la sua sequenza di formule. Lei che studia i fenomeni ottici utilizzando rifiuti, cocci di vetro e specchi. Lei che lascerà ai posteri il suo incompreso “Trattato sulle luci e sulle ombre” come maestralmente ci conduce a capire Raunceroy nelle ultime pagine del romanzo. La visionarietà dell’autore è concentrata nelle scene più ricche di oggetti e cose, come nel finale, dove avvengono svelamenti botanici e macerie di memoria. E dove, ormai conosciamo lo stile, Frappa Raunceroy si diverte a narrare, volando sulle precise informazioni storiche. 

In epigrafe troviamo la frase di Blaise Pascal “La natura possiede delle perfezioni per mostrare che essa è l’immagine di Dio, e dei difetti, per mostrare che ne è solo l’immagine”. Ed è con questa citazione che l’autore apre il terzo polo della triade, quello della verità, e che qui ambiziosamente si intreccia al contesto della nascita della scienza e del metodo sperimentale di Galileo Galilei.

Nella presentazione nazionale avvenuta in streaming pochi giorni fa dentro la diretta Facebook, lo scrittore ha dialogato con Remo Andrea Politeo, nello spazio della Libreria Moderna Udinese. “Il cuore delle mie storie sono le persone”, ha dichiarato, “e i temi di questa triade sono legate alle domande universali che ognuno di noi dovrebbe farsi.” Noi lettori, innamorati di Salamandre, capiamo bene cosa intende il bravo Raunceroy. Lui che attacca al suo personaggio tormenti esistenziali e affezione agli scarabei. E così, quando arriva un coleottero tra le pagine dedicate a Elke, il lettore ne è proprio contento. Pare un saluto.

Elena Commessatti



Arkadia Editore

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