È scaduto oggi alle ore 12 il termine per presentare i libri alla LXXVIII edizione del Premio Strega, il riconoscimento letterario promosso da Fondazione Maria e Goffredo Bellonci e Strega Alberti Benevento, con il sostegno di Roma Capitale e Camera di Commercio di Roma, in collaborazione con BPER Banca. Gli Amici della domenica, il nucleo storico della giuria, hanno proposto 82 libri di narrativa in lingua italiana pubblicati tra il 1° marzo 2023 e il 29 febbraio 2024. Spetta ora al Comitato direttivo – composto da Pietro Abate, Giuseppe D’Avino, Valeria Della Valle, Alberto Foschini, Paolo Giordano, Dacia Maraini, Melania G. Mazzucco, Gabriele Pedullà, Stefano Petrocchi, Marino Sinibaldi e Giovanni Solimine – il compito di selezionare i dodici titoli ammessi a concorrere. Il Comitato si riserva inoltre di valutare l’ammissibilità del libro proposto da Laura Massacra, L’ultima spiaggia di Carmen Laterza, autopubblicato tramite Amazon Kindle Direct Publishing. Venerdì 5 aprile sarà annunciata la dozzina in una conferenza stampa che si terrà presso la Camera di Commercio di Roma nella Sala del Tempio di Vibia Sabina e Adriano. La proclamazione della cinquina finalista si terrà il 5 giugno a Benevento, al Teatro Romano, mentre l’elezione del vincitore si svolgerà il 4 luglio al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. A partire da oggi è online il sito del Premio, all’interno del quale è possibile visionare tutti i libri proposti dagli Amici della domenica e le relative motivazioni. Il 21 marzo e il 5 aprile saranno completate rispettivamente le sezioni Premio Strega Poesia e Premio Strega Europeo.
Qui di seguito i nuovi titoli proposti.
Sonia Aggio, Nella stanza dell’imperatore (Fazi), proposto da Simona Cives.
Maria Gabriella Anglani, Efrossini di Lefkada (Edizioni Giuseppe Laterza), proposto da Massimo Gramellini.
Pierdomenico Baccalario, Il grande manca (Il Castoro), proposto da Loredana Lipperini.
Laura Buffoni, Un giorno ti dirò tutto (HarperCollins), proposto da Serena Dandini.
Viola Di Grado, Marabbecca (La nave di Teseo), proposto da Daria Bignardi.
Paolo Di Paolo, Romanzo senza umani (Feltrinelli), proposto da Gianni Amelio.
Vladimir Di Prima, Il buio delle tre (Arkadia), proposto da Saverio Simonelli.
Paola Fabiani, Le cronache di Dora Mattei. I leoni di Kari (Helicon), proposto da Ignazio R. Marino.
Eleonora Geria, Un senso di te (La Corte Editore), proposto da Giulia Ciarapica.
Fabrizio Guarducci, Eclissi (Lorenzo de Medici Press), proposto da Simonetta Bartolini.
Marco Lodoli, Tanto poco (Einaudi), proposto da Elena Stancanelli.
Marco Mantello, Marie Gulpin (Neri Pozza), proposto da Lorenzo Pavolini.
Michela Marzano, Sto ancora aspettando che qualcuno mi chieda scusa (Rizzoli), proposto da Simonetta Sciandivasci.
Maria Masella, Tunnel (La Corte Editore), proposto da Marcello Ciccaglioni.
Daniela Matronola, In piena luce (Les Flâneurs Edizioni), proposto da Francesca Pansa.
Eleonora Mazzoni, Il cuore è un guazzabuglio. Vita e capolavoro del rivoluzionario Manzoni (Einaudi), proposto da Filippo La Porta.
Raffaele Messina, L’azzurro dentro (Marlin), proposto da Diego De Silva.
Valerio Millefoglie, Tutti vivi (Mondadori), proposto da Dario Buzzolan.
Valentina Mira, Dalla stessa parte mi troverai (SEM), proposto da Franco Di Mare.
Paola Musa, Umor vitreo (Arkadia), proposto da Ilaria Catastini.
Fiammetta Palpati, La casa delle orfane bianche (Laurana Editore), proposto da Gioacchino De Chirico.
Andrea Pamparana, Un condominio (Bibliotheka Edizioni), proposto da Angelo Piero Cappello.
Morena Pedriali Errani, Prima che chiudiate gli occhi (Perrone), proposto da Maria Ida Gaeta.
Carmen Pellegrino, Dove la luce (La nave di Teseo), proposto da Gad Lerner.
Antonio Rezza, Il fattaccio (La nave di Teseo), proposto da Aurelio Picca.
Maria Pia Romano, Controluce (Besa Muci), proposto da Maria Cristina Donnarumma.
Alessandra Sarchi, Il ritorno è lontano (Bompiani), proposto da Marco Antonio Bazzocchi.
Raffaele Simone, Jazz Café (La nave di Teseo), proposto da Elisabetta Mondello.
Ezio Sinigaglia, Grave disordine con delitto e fuga (TerraRossa), proposto da Paolo Ruffilli.
Chiara Valerio, Chi dice e chi tace (Sellerio), proposto da Matteo Motolese.
Marcello Veneziani, Vico dei miracoli. Vita oscura e tormentata del più grande pensatore italiano (Rizzoli), proposto da Paolo Mieli.
Marco Vichi, Il ritorno (Guanda), proposto da Gabriele Ametrano.
Ecco l’elenco completo dei libri proposti
Fulvio Abbate, Lo Stemma (La nave di Teseo), proposto da Sandra Petrignani.
Sonia Aggio, Nella stanza dell’imperatore (Fazi), proposto da Simona Cives.
Fabienne Agliardi, Appetricchio (Fazi), proposto da Luca Doninelli.
Giuseppe Aloe, Le cose di prima (Rubbettino), proposto da Arnaldo Colasanti.
Maria Gabriella Anglani, Efrossini di Lefkada (Edizioni Giuseppe Laterza), proposto da Massimo Gramellini.
Pierdomenico Baccalario, Il grande manca (Il Castoro), proposto da Loredana Lipperini.
Cristina Battocletti, Epigenetica (La nave di Teseo), proposto da Helena Janeczek.
Nicoletta Bianconi, Un invincibile inverno (Manni), proposto da Cesare Milanese.
Nicola Bottiglieri, Assalto alla collina (Bertoni), proposto da Natale Antonio Rossi.
Adrián N. Bravi, Adelaida (Nutrimenti), proposto da Romana Petri.
Paolo Buchignani, La spilla d’oro. Memorie da un secolo sterminato (Arcadia Edizioni), proposto da Silvana Cirillo.
Franco Buffoni, Il Gesuita (FVE), proposto da Antonella Cilento.
Laura Buffoni, Un giorno ti dirò tutto (HarperCollins), proposto da Serena Dandini.
Romolo Bugaro, I ragazzi di sessant’anni (Einaudi), proposto da Tiziano Scarpa.
Alberto Capitta, La tesina di S.V. (Il Maestrale), proposto da Giuseppe Conte.
Nevio Casadio, Le stanze dei giardini segreti (Vallecchi), proposto da Paolo Ferruzzi.
Marco Cassardo, Eravamo immortali (Mondadori), proposto da Marco Missiroli.
Giulio Cavalli, I mangiafemmine (Fandango Libri), proposto da Lisa Ginzburg.
Filippo D’Angelo, Le città e i giorni (nottetempo), proposto da Gianluigi Simonetti.
Antonella Di Fabio, L’omicidio di Valle Giulia (Frilli), proposto da Massimiliano Minerva.
Viola Di Grado, Marabbecca (La nave di Teseo), proposto da Daria Bignardi.
Paolo Di Paolo, Romanzo senza umani (Feltrinelli), proposto da Gianni Amelio.
Donatella Di Pietrantonio, L’età fragile (Einaudi), proposto da Vittorio Lingiardi.
Vladimir Di Prima, Il buio delle tre (Arkadia), proposto da Saverio Simonelli.
Costanza DiQuattro, L’ira di Dio (Baldini+Castoldi), proposto da Roberto Barbolini.
Paola Fabiani, Le cronache di Dora Mattei. I leoni di Kari (Helicon), proposto da Ignazio R. Marino.
Peppe Fiore, Gli innamorati (Einaudi), proposto da Marco Cassini.
Olga Gambari, Il nome segreto (Miraggi Edizioni), proposto da Carlo D’Amicis.
Giuseppe Genna, Yara. Il true crime (Bompiani), proposto da Ferruccio Parazzoli.
Fabio Genovesi, Oro puro (Mondadori), proposto da Concita De Gregorio.
Eleonora Geria, Un senso di te (La Corte Editore), proposto da Giulia Ciarapica.
Angela Giannitrapani, Nella casa accanto (Progedit), proposto da Raffaele Nigro.
Tommaso Giartosio, Autobiogrammatica (minimum fax), proposto da Emanuele Trevi.
Davide Grittani, Il gregge (Alter Ego), proposto da Wanda Marasco.
Fabrizio Guarducci, Eclissi (Lorenzo de Medici Press), proposto da Simonetta Bartolini.
Ginevra Lamberti, Il pozzo vale più del tempo (Marsilio), proposto da Jonathan Bazzi.
Antonella Lattanzi, Cose che non si raccontano (Einaudi), proposto da Valeria Parrella.
Marco Lodoli, Tanto poco (Einaudi), proposto da Elena Stancanelli.
Laura Magni, Storia swing intorno a Fernandez (Morellini), proposto da Vito Bruschini.
Francesco Maino, I morticani (Italo Svevo), proposto da Maria Teresa Carbone.
Giuseppe Mancusi Barone, Le mie icone (Guida), proposto da Cesare de Seta.
Marco Mantello, Marie Gulpin (Neri Pozza), proposto da Lorenzo Pavolini.
Michela Marzano, Sto ancora aspettando che qualcuno mi chieda scusa (Rizzoli), proposto da Simonetta Sciandivasci.
Maria Masella, Tunnel (La Corte Editore), proposto da Marcello Ciccaglioni.
Daniela Matronola, In piena luce (Les Flâneurs Edizioni), proposto da Francesca Pansa.
Annarosa Mattei, La regina che amava la libertà. Storia di Cristina di Svezia dal Nord Europa alla Roma barocca (Salani), proposto da Mirella Serri.
Eleonora Mazzoni, Il cuore è un guazzabuglio. Vita e capolavoro del rivoluzionario Manzoni (Einaudi), proposto da Filippo La Porta.
Raffaele Messina, L’azzurro dentro (Marlin), proposto da Diego De Silva.
Valerio Millefoglie, Tutti vivi (Mondadori), proposto da Dario Buzzolan.
Valentina Mira, Dalla stessa parte mi troverai (SEM), proposto da Franco Di Mare.
Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui (Neri Pozza), proposto da Aldo Cazzullo.
Paola Musa, Umor vitreo (Arkadia), proposto da Ilaria Catastini.
Stefania Nardini, L’ultimo treno da Kiev (Les Flâneurs Edizioni), proposto da Gianni Maritati.
Fiammetta Palpati, La casa delle orfane bianche (Laurana Editore), proposto da Gioacchino De Chirico.
Andrea Pamparana, Un condominio (Bibliotheka Edizioni), proposto da Angelo Piero Cappello.
Melissa Panarello, Storia dei miei soldi (Bompiani), proposto da Nadia Terranova.
Morena Pedriali Errani, Prima che chiudiate gli occhi (Perrone), proposto da Maria Ida Gaeta.
Enrico Pellegrini, Infinito (La nave di Teseo), proposto da Furio Colombo.
Carmen Pellegrino, Dove la luce (La nave di Teseo), proposto da Gad Lerner.
Andrea Piva, La ragazza eterna (Bompiani), proposto da Nicola Lagioia.
Christian Raimo e Alessandro Coltré, Willy. Una storia di ragazzi. Il delitto di Colleferro: inchiesta su un massacro (Rizzoli), proposto da Martina Testa.
Antonio Rezza, Il fattaccio (La nave di Teseo), proposto da Aurelio Picca.
Luca Ricci, Gotico rosa (La nave di Teseo), proposto da Massimo Onofri.
Daniele Rielli, Il fuoco invisibile. Storia umana di un disastro naturale (Rizzoli), proposto da Antonio Pascale.
Alberto Riva, Ultima estate a Roccamare (Neri Pozza), proposto da Giorgio Montefoschi.
Raffaella Romagnolo, Aggiustare l’universo (Mondadori), proposto da Lia Levi.
Maria Pia Romano, Controluce (Besa Muci), proposto da Maria Cristina Donnarumma.
Marco Rossari, L’ombra del vulcano (Einaudi), proposto da Claudia Durastanti.
Ilaria Rossetti, La fabbrica delle ragazze (Bompiani), proposto da Paolo Petroni.
Evelina Santangelo, Il sentimento del mare (Einaudi), proposto da Marcello Fois.
Alessandra Sarchi, Il ritorno è lontano (Bompiani), proposto da Marco Antonio Bazzocchi.
Eduardo Savarese, Le Madri della Sapienza (Wojtek), proposto da Riccardo Cavallero.
Gennaro Serio, Ludmilla e il corvo (L’orma), proposto da Giuseppe Lupo.
Raffaele Simone, Jazz Café (La nave di Teseo), proposto da Elisabetta Mondello.
Ezio Sinigaglia, Grave disordine con delitto e fuga (TerraRossa), proposto da Paolo Ruffilli.
Piero Trellini, R4. Da Billancourt a Via Caetani (Mondadori), proposto da Francesco Caringella.
Chiara Valerio, Chi dice e chi tace (Sellerio), proposto da Matteo Motolese.
Marcello Veneziani, Vico dei miracoli. Vita oscura e tormentata del più grande pensatore italiano (Rizzoli), proposto da Paolo Mieli.
Marco Vichi, Il ritorno (Guanda), proposto da Gabriele Ametrano.
Dario Voltolini, Invernale (La nave di Teseo), proposto da Sandro Veronesi.
Paolo Zardi, La meccanica dei corpi (Neo Edizioni), proposto da Marco Zapparoli.
Mirko Zilahy, Nostra signora delle nuvole (HarperCollins), proposto da Roberto Ippolito.
Il link alle segnalazioni sul Premio Strega: https://bitly.ws/3eB93
Pinuccio Badalà ha solo cinque anni quando, in un giorno d’agosto del 1980, suo padre Michele e suo zio Salvatore si trovano a Bologna, alla stazione: devono prendere il treno per tornare a casa, in Sicilia, dove la famiglia li aspetta. Zio Salvatore ha persino comprato un regalino per Pinuccio: un libro. Ma quando la sorte ci si mette di mezzo c’è poco da fare: un boato immenso, la stazione salta in aria, zio Salvatore muore sul colpo, Michele invece se la cava ma tornerà a casa dopo mesi, gravemente menomato. È così che la Storia con la esse maiuscola irrompe nella piccola storia della famiglia Badalà. Pinuccio, traumatizzato dall’evento cui non ha assistito ma di cui paga le conseguenze, non riceverà mai il regalo dello zio Salvatore, ma in qualche modo la passione per i libri gli si incollerà addosso e non lo lascerà più. Il romanzo di Vladimir Di Prima, Il buio delle tre, racconta la vita del giovane Badalà, un ragazzo che ha una sola ambizione, quella di diventare uno scrittore. Come sappiamo non è facile realizzare questo sogno: tanti hanno la passione di scrivere, pochi riescono a dar corpo ai propri sogni, a pubblicare i loro romanzi, ad avere successo, a sfondare. L’odissea di Pinuccio, descritta con molto brio dall’autore, contempla tutti i passi della via crucis: scrivere è il meno, il difficile viene dopo. Trovarsi un mentore, cercare un editore, intrufolarsi in un programma televisivo, tentare di fare amicizia con un autore già famoso o con un giornalista capace di esercitare la sua influenza… E, con l’avvento di internet, seguire i blog letterari, lasciare commenti, cercare gli indirizzi di persone influenti, importunarle come un volgarissimo troll. Nel frattempo la vita di Pinuccio si dipana, tra la madre Santina, comprensibilmente preoccupata per il suo avvenire, il maestro Magazù, suo confidente e consigliere, la possibile fidanzata Enzuccia sponsorizzata da Santina e altri esilaranti personaggi. Un romanzo che si legge con grande divertimento, scritto in una lingua elegante e un po’ ricercata: chissà, se l’avesse scritto Pinuccio avrebbe coronato il suo sogno di successo…
Marisa Salabelle
Il link alla recensione su MasticadoresItalia: https://bitly.ws/3dYGX
Vladimir Di Prima è nato a Catania nel 1977. Fa parte del comitato organizzatore del Premio Brancati. Filmmaker indipendente, si occupa di documentari e cortometraggi. È autore del romanzo Il buio delle tre edito da Arkadia.
Lo intervista lo scrittore Marino Magliani, autore – tra le altre opere – de Il bambino e le isole (un sogno di Calvino), pubblicato da 66Thand2nd, e di Peninsulario, pubblicato da Italo Svevo. Magliani è uno dei curatori della collana Senza rotta che accoglie la nuova opera di Di Prima.
La trama del tuo romanzo si dipana attraverso quarant’anni di storia italiana e racconta le disavventure, se così possiamo chiamarle, di un uomo dapprima giovane, e poi invecchiato, che attende risposte dal “sistema editoriale” italiano. Un problema atavico, si direbbe, raccontato tuttavia qui in maniera originale e sorprendente con un registro d’ironia tutta isolana che è il valore aggiunto di quest’opera. Qual è il significato simbolico della scena iniziale in cui i cugini Salvatore e Michele Badalà si dirigono a Roma per incontrare un rappresentante della CGIL? E come si sviluppano i loro destini all’interno del romanzo, e quale ruolo gioca questa situazione nell’intero contesto narrativo?
I due cugini, che sperimenteranno sulla propria pelle una delle pagine più tragiche della Storia italiana, sono la metafora di quella provincia agganciata agli schemi tipici di un Paese che tutt’oggi sconta le conseguenze di una politica clientelare, di forme residuali di patriarcato, e di un analfabetismo di ritorno, ma anche di classismo e reticenza di fronte alle malattie. I loro destini sono ben presto definiti e questo, di riflesso, segnerà l’evoluzione del protagonista creando una frattura emotiva nel rapporto genitoriale e sentimentale.
Come viene presentata la visione del mondo di Pinuccio Badalà e in che modo si lega alla sua ambizione letteraria? A un certo punto, la madre cerca di dissuaderlo dal considerare la scrittura come mestiere, e come reagisce Pinuccio a questa prospettiva?
Il mondo di Pinuccio Badalà è figlio dell’imperante individualismo di massa, dove la concezione del sé preclude quella dell’altro e prevale su ogni concetto di collettività. A Pinuccio, in fondo, non importa nulla di cosa accade sulla Terra, concentrato com’è verso il suo unico traguardo che poi coincide con il riconoscimento. Anzi, possiamo senz’altro dire che per lui la fine del mondo è la propria morte e che niente all’infuori di sé stesso ha intrinseco valore. Ecco però il paradosso: le ambizioni, legittime o meno di Pinuccio, si scontrano giornalmente contro quell’alterità che gli nega la realizzazione personale. Alterità che si manifesta, inoltre, nella figura della madre, contrappeso terrigno e pragmatico di questa vicenda. Santina infatti, ancorata alla persistente visione dei vinti di verghiana memoria, non crede alle possibilità del figlio e quando (una volta soltanto) anche lei cederà all’illusione, la realtà dei fatti la riporterà ben presto con i piedi per terra. Pinuccio naturalmente non si rassegnerà mai al pessimismo della donna.
In che modo, allora, il tema della scrittura emerge come elemento centrale nel romanzo? E quali riflessioni vengono fornite sulla figura dello scrittore, quali sfide Pinuccio Badalà affronta nel suo percorso letterario?
L’importanza assegnata alla scrittura, dove essa assume un ruolo centrale e quasi personificato, riflette una mia considerazione sull’evoluzione della comunicazione e dell’arte nella società contemporanea. La scrittura, per me, è fondamentalmente il nucleo centrale della narrazione, ciò che permette a ogni romanzo un modo distintivo di raccontare la realtà. E la sfida di Pinuccio è proprio questa: tentare in tutti i modi di essere pubblicato passando per una scrittura giudicata, paradossalmente, troppo alta per il livello del lettore medio.
Quali personaggi significativi Pinuccio Badalà incontra nel suo cammino alla ricerca del successo letterario? In che modo questi personaggi influenzano le sue scelte e la sua concezione della scrittura?
Vorrei anzitutto precisare che Badalà non insegue il successo, semmai la considerazione, che è un aspetto ben diverso. Lungo il suo più che ventennale “viaggio” incontra praticamente tutti gli attori del palcoscenico editoriale nazionale. Fra scrittori, editor, agenti, uffici stampa, blogger ti posso assicurare che non manca proprio nessuno. E poco importa se non si fanno i nomi (peraltro riconoscibilissimi a un’attenta lettura). Le pedine mutano di anno in anno e la rabbia di Pinuccio non è tanto un risentimento nei confronti del singolo, quanto una rivolta contro un sistema, oramai sedimentato, di cui gli stessi protagonisti sono vittime più o meno inconsapevoli. Ricorrono, poi, personaggi certamente più positivi e umani che rafforzano la consapevolezza della scrittura del protagonista, come la figura dell’enigmatico professore o quella del compianto Severino Cesari o ancora quell’altra del premio Nobel, ma complessivamente ci si muove fra le trame di un dramma, e nel dramma sono più i fatti e i personaggi spiacevoli che quelli piacevoli.
Non pensi che questo romanzo possa in qualche modo renderti inviso alla grande editoria italiana? Del resto, anche se con profonda ironia, ci vai giù pesante.
Dimmi tu, cosa ho da perdere? La mia storia editoriale è quella di Pinuccio Badalà. La scrittura non mi ha mai portato cento grammi di pane a tavola e, per fortuna, la spesa riesco ancora a farla con altro. Il successo, se è quella cosa che si traduce con una sovraesposizione mediatica, non mi interessa. Un giorno, una nota agenzia di Milano mi disse che avrei dovuto scrivere sotto pseudonimo perché il mio nome era già bruciato. Motivo: aver pubblicato già diversi romanzi con piccoli editori. Ci risi sopra. Ora tu pensi che dopo questo romanzo subirò un’ulteriore emarginazione? Beh, più buio delle tre non può fare! E poi ben venga se questo è il prezzo da pagare per mantenere integre la mia libertà creativa e una certa coerenza intellettuale con i miei diciassette lettori.
Ragioniamo per assurdo: un grande editore, dopo essersi accorto de Il buio delle tre ti convoca in casa editrice e ti propone un contratto purché tu ti faccia carico di scrivere un romanzo con delle precise caratteristiche, se non stilistiche, quantomeno tematiche. È una cosa parecchio frequente, sai? Tu accetteresti?
Ti facilito la soluzione citando un passo emblematico de Il buio delle tre: nel 2012 Pinuccio Badalà si reca a Milano dopo essere riuscito a farsi dare un appuntamento da uno dei più influenti agenti letterari del Paese. Lascia il suo dattiloscritto a fronte di molte e reciproche perplessità, sue e dell’agente, ma questi dopo appena tre giorni lo ricontatta. L’agente è convinta di piazzarlo presso un grandissimo editore, ma Pinuccio dovrà inserire in quel suo scritto un capitolo dove figurano dei bambini trucidati. È l’occasione della vita, come dici tu, e Pinuccio cosa fa? Lascio alla tua intelligenza intuire la risposta.
Insomma, sembra quasi che la tua testardaggine rifugga il compromesso. Però, come fai dire a un personaggio ne Il buio delle tre, «ogni metallo ha un punto di fusione». Il tuo qual è?
Senz’altro l’autenticità. Sono un ricercatore di verità, in quanto la realtà come fenomeno è facilmente falsificabile. Il compromesso è sostenibile se prodotto da due interlocutori con la stessa visione. Viceversa il metallo si indurisce più che sciogliersi.
Come mai Pinuccio Badalà non cade nella trappola dell’editoria a pagamento? In fondo, dopo tutte le delusioni ricevute, sarebbe un peccato veniale.
Pinuccio è un puro, uno che crede nell’etica del lavoro e conosce perfettamente l’importanza di essere pubblicato da una casa editrice seria. L’idea della pubblicazione a pagamento non lo sfiora neppure perché ne mortificherebbe ipso facto le ambizioni. La sua visione dell’editoria, pur con le sue mille contraddizioni, si fonda sull’idea di filtro necessario fra l’opera e l’autore. Pinuccio critica semmai la funzione degli editor nella misura in cui questi vengono preposti a un giudizio senza gli strumenti necessari. E capita assai di frequente, te lo garantisco. L’editoria a pagamento andrebbe sradicata con tutte le forze e in tutte le sue forme perché produce mostri senza capacità critica. Di fronte all’ignoranza di chi dice “anch’io ho pubblicato un libro” (che si scopre essere a pagamento) cosa rispondere? Nulla, eppure quel tentativo sottrae non solo possibili lettori a un’opera meritevole, ma contribuisce a creare una devastante inflazione.
Tu sei un siciliano piuttosto orgoglioso e verace. Spesso nei romanzi dei tuoi contemporanei troviamo una Sicilia mistificata, vittima di stereotipie e luoghi comuni. Nella scrittura del tuo romanzo quanto sei stato attento a non cadere nelle stesse trappole?
La mia terra, espressione di un’isola, in realtà per me è confinata al lenzuolo etneo in cui vivo e da qui ho attinto e attingo tutto quello che riporto su carta scritta. I miei personaggi nascono dall’osservazione giornaliera di vizi, abitudini, declinazioni e modi di pensare che sono perfettamente aderenti al vero. Il gallismo delle pagine iniziali del romanzo, per fare un esempio, è la precisa corrispondenza di una mentalità che tutt’oggi, in forme non molto diverse da quarant’anni fa, insiste ancora sul territorio. Eppure, come dici tu, c’era il rischio di “camillerizzarsi” o fluttuare in quella bolla creata ad arte per far tutto tranne che raccontare la Sicilia.
Fra qualche mese Il buio delle tre finirà fatalmente nel limbo delle opere dimenticate. Di fronte a questo ineluttabile destino quale sentimento provi? Naturalmente la mia è una provocazione – sono viceversa convinto che il tuo romanzo farà molto discutere – ma prendiamola un attimo per buona.
È tutta una questione di tempo, più o meno variabile da autore a autore, e col tempo c’è solo da perdere. Mi fanno ridere quelli che si prendono sul serio, quelli che si autoproclamano principini e reginette della letteratura, che si danno un atteggiamento da divi per finire sulle pagine dei giornali come se avessero un qualche merito riferito alle sorti dell’intera umanità. Ho sempre pensato che lo scrittore non sia altro che un disadattato, uno che osserva dagli angoli più remoti l’incontrollabile fluire del mondo e come può lo racconta. Lo scrittore non è tipo da aperitivi, settimane bianche, discoteche, in generale tipo per frivole mondanità; lo scrittore è figlio dell’infelicità del mondo e non ha alcun merito se non quello di essere stato estratto a sorte da quel birichino che gioca a dadi. Pertanto il mio sentimento di fronte alla dimenticanza è pressoché colmo di lucida accettazione; le cose del mondo sono sempre andate così.
Il romanzo si conclude con un accesso di ottimismo, sebbene le vicende non promettano nulla di buono. Cosa spinge il protagonista del libro, Pinuccio Badalà, a non rassegnarsi mai?
La passione. Quando c’è la passione vera, quel profondo e incorruttibile trasporto verso qualcosa, nessuna vicissitudine può ribaltare l’indirizzo intrapreso. La passione determina il destino di un uomo e si esaurisce solo con l’evento conclusivo della vita terrena. Pinuccio, dopo tutte le peripezie vissute, avrebbe tutta la ragione del mondo a dire di arrendersi verso un’evidenza che non lascia scampo, eppure non desiste. Il suo corpo è invecchiato nel tempo, ma il sogno, quello che ha cominciato a fare nelle notti dei suoi vent’anni rimane sempre giovane.
Per finire: immaginiamo ipoteticamente che Il buio delle tre possa capitare tra le mani di un grande scrittore del passato. Da chi ti piacerebbe venisse letto e perché?
Io ho un debole per Nabokov e quindi la mia scelta sarebbe pressoché automatica. Amo ogni virgola di quel genio e mi voglio convincere che qualcosa del “buio” la apprezzerebbe pure lui. Tuttavia non ti nego che questa tua domanda mi piacerebbe pensarla in altro modo: essere letto da un grande scrittore del futuro, ecco, da uno che possibilmente deve ancora nascere. Del resto si vive troppo spesso di illusioni e allora perché negarsele?
Marino Magliani
Il link all’intervista su ALIBI Online: https://bitly.ws/3dteS
Venerdì 2 febbraio alle 18:00 abbiamo il piacere di ospitare Vladimir Di Prima, scrittore e regista indipendente con a seguito parecchi lavori premiati in ambito nazionale e internazionale. Lo scittore accompagnato dal caro Mario Falcone che ringraziamo di tutto cuore, presenterà il suo nuovo romanzo “Il buio delle tre” pubblicato da Arkadia editore nel mese di dicembre.
Vladimir Di Prima, con ironia e garbo, ci racconta attraverso le tragicomiche peripezie per affermarsi come scrittore di uno straordinario Pinuccio Badalà, protagonista del romazo, una storia sul mondo dell’editoria che fa sorridere e arrabbiare al tempo stesso.
Trama
In un paesino della Sicilia che subisce passivamente i grandi eventi della Storia, Pinuccio Badalà, figlio di un sindacalista coinvolto nella strage di Bologna e poi morto qualche anno dopo in seguito a un bizzarro incidente, sogna di diventare un grande scrittore. Nei modi di un’appassionata cronaca il romanzo narra tutte le peripezie del protagonista per ricevere udienza dai grandi marchi dell’editoria italiana. Vent’anni e più di illusioni e delusioni, viaggi della speranza, personaggi grotteschi e indimenticabili. Una grande e amara parodia della decadenza culturale dei nostri tempi nelle ambizioni di un provinciale con il solito dilemma: genio incompreso o espressione infinitesimale della mediocrità?
Il link alla segnalazione su Mondadori Store: https://bitly.ws/3bEHR
Lo scrittore e regista Vladimir Di Prima ha presentato il romanzo alla Feltrinelli di Catania
Tragico eppure comico, sognante eppure reale, il sesto libro dello scrittore e regista Vladimir Di Prima – Il buio delle tre (edito da Arkadia Editore) – lascia piacevolmente colpiti da una riflessione che si cela, incessante e puntuale, dietro le pagine: l’editoria è satura, le librerie piene di libri di poco conto, e chi nutre da sempre il sogno della scrittura rarissime volte riesce nel suo intento. È proprio questo il filo strutturale della storia, il ‘grillo parlante’– come lo definisce lo stesso Di Prima – nella vita e nella mente del protagonista Pinuccio Badalà, dal nome sicilianissimo come la terra in cui vive. Figlio di un sindacalista coinvolto nella strage di Bologna, morto qualche anno dopo a causa di un buffo incidente, Badalà a un certo punto inizia a coltivare il sogno di diventare uno scrittore e si fa strada nel mondo difficoltoso dell’editoria, mentre tutti sembrano disprezzare il suo manoscritto. Ma il protagonista non si perde d’animo e, tra mille peripezie, si dedica alla ricerca di un buon editore per più di vent’anni. Inoltre, c’è il Sud e c’è il Nord in questo libro, c’è la differenza ancora impelagante tra terroni e settentrionali. Il Salone del Libro di Torino, ad esempio, è un’occasione di incontro per tanti scrittori facoltosi o che si credono tali, facilitati da concorsi e da scuole di scrittura; e poi c’è Pinuccio, un personaggio bizzarro, ironico e umile, che però, come accade quando non si riesce a raggiungere degli obiettivi, matura una crescente invidia per chi realizza il proprio sogno. Il protagonista sembra non farcela mai, ma nonostante questo si rialza, non si arrende. È forse il suo mentore, il suo insegnante, a fargli da guida, un po’ come Virgilio faceva con Dante. Tutto ha inizio con una serie di tragedie: l’incidente di Ustica, la strage di Bologna del 2 agosto 1980, fino ad arrivare a un excursus di alcuni dei momenti chiave della storia italiana e non solo (l’elezione di Gorbaciov, la strage di Capaci, il crollo delle torri gemelle, la cattura di Bernardo Provenzano, l’attentato a Charlie Hebdo). Il Buio delle tre ci invita a interrogarci sul valore della cultura, in un mondo che appare sempre più povero di letteratura vera e ricco piuttosto di libri senza valore. Pagina dopo pagina, l’autore rivela a noi lettori alcune massime sulla scrittura e sul mestiere dello scrittore, grazie alla vita ‘comica’ e allo stesso tempo veritiera del protagonista. Il buio delle tre è un libro autobiografico, come lo stesso autore ha affermato in occasione della presentazione.
Laureato in Giurisprudenza e poi anche una laurea magistrale in Criminologia. Se posso, da cosa nasce questo distacco così profondo tra ciò che ha studiato e le attività che svolge adesso, quelle di regista e scrittore? Cosa le è rimasto di quegli studi?
«Mi sentivo ingabbiato in qualcosa che non faceva parte di me, non mi immaginavo chiuso in un ufficio o in un tribunale – racconta Vladimir Di Prima -. A un certo punto ho sentito l’esigenza di fare un lavoro più creativo. Non rinnego assolutamente i miei studi, perché studiare è importante e sicuramente il mio percorso di formazione mi ha lasciato qualcosa, ma ho avuto la fortuna di capire che non era la mia strada e di avere al mio fianco dei genitori che mi hanno sostenuto in questa scelta».
Spostandoci sul libro adesso… Il buio delle tre è un testo tragicomico che segue le peripezie di Pinuccio: lei ha senz’altro puntato sull’ironia in un mondo e in una generazione che tendono sempre più alla tristezza. Secondo Lei perché molti giovani sono ‘amanti’ della tristezza?
«La generazione dei giovani vive dentro il mondo dei social media, che li costringe a guardarsi costantemente in uno specchio falsato: quello di altri giovani che fanno cose sempre più belle, più entusiasmanti – spiega lo scrittore -. Qui già si crea una prima frattura. E allora iniziano a maturare sentimenti negativi, legati soprattutto legati a un senso di inferiorità. I giovani credono di essere felici nella loro nicchia di infelicità».
Nel titolo la parola ‘buio’ si ricollega al mondo dell’editoria. Come lascia intuire Pinuccio Badalà, si tratta di un mondo un po’ oscuro?
«Indipendentemente da quello che Pinuccio Badalà pensa sul mondo dell’editoria, io adesso vorrei spezzare una lancia a favore di quest’ultimo: tantissime case editrici ricevono a settimana cinquecento manoscritti – aggiunge Di Prima -. Come leggerli tutti? È necessario fare una cernita. Il messaggio che alla fine vorrei diffondere tramite Il buio delle tre è che c’è sempre speranza, che è giusto fallire e poi rialzarsi e non smettere mai di credere nei propri sogni».
Chiara Schembra
Il link all’intervista su Unict Magazine: https://bitly.ws/3baU7
Credo qualsiasi appassionato lettore si formi nella mente prima o poi una sua antologia personale contenente pagine di alta scuola di romanzi italiani. Di sicuro, nella mia vi appare Un anno di corsa di Giovanni Accardo, in particolare l’episodio, interno al romanzo, della zuppiera. Vi appare senz’altro l’episodio della voliera contenuto in Seta di Alessandro Baricco. E adesso è da inserirsi l’episodio dell’eruzione vulcanica narrata nel romanzo Il buio delle tre di Vladimir Di Prima. Pinuccio Badalà, protagonista del romanzo, incontra per caso a un raduno Lucio Dalla, e questi amichevole gli richiede in lettura il suo romanzo eternamente in cerca di editore; così Badalà scappa a casa e stampa il libro, e corre alla sontuosa villa dove alloggia l’interprete di Attenti al lupo per consegnargli il manoscritto, ma mentre la stampante lavora all’Etna vien voglia di farsi sentire, e così Badalà deve affrontare una tempesta di cenere mentre a bordo della sua macchina porta il manoscritto al grande e generoso cantante. Bisogna leggerlo. Un capitolo che ti riconcilia con la voglia di letteratura, di grande letteratura. Ma data una simile premessa, si capisce che Il buio delle tre è in realtà un ben più esteso florilegio di episodi da antologia. Pinuccio Badalà anche col suo nome, e le sue tragicomiche peripezie per affermarsi come scrittore (cosa che detta così a schiaffo farebbe tremare il lato conformista del più libero dei bohemien), ti rimane nella testa simile a personaggi quali Vitangelo Moscarda o Mariano Grifeo Cardona di Canicarao o Giovanni Percolla. E il bello è pure che nelle prime pagine il romanzo fa pensare più a gag alla Ficarra e Picone che alla Muscarà e Scannapieco. Ti dà il tempo di farti acclimatare in una morbida atmosfera di puro divertimento; ma poi, dall’episodio della morte del padre sindacalista in seguito a un capriccio del destino, il livello narrativo vertiginosamente si alza, e comincia a risuonare, nella prosa brillante, affabulatoria, grande pregio. Pinuccio Badalà vuol fare lo scrittore, e come si fa a fare lo scrittore? Mica scrivendo e inviando agli editori… Noooo. Non basta. In America devi trovarti l’agente. L’agente. Se non hai l’agente non fai un passo. Da noi, invece, Torino. Bisogna puntare su Torino. Bisogna dalla Sicilia recarsi gambe in spalla in terra sabauda, alla Fiera di Torino. Bisogna andare là, in Francia. Occorre votarsi alla persona fidata e mettergli nelle mani il libro. Così si fa, da noi. Intanto, però, il tempo passa, cinque anni, dieci, 2001, 2013, 2015… I pochissimi in questa penisola, e non solo, si siano provati a diventar scrittori leggendo Il buio delle tre non possono non cominciare, in mezzo alla spassosità dei toni, a sudare freddo. Volti pagina e senti il rumore del tempo, del tuo tempo, della tua vita. Vladimir Di Prima è autore abilissimo, che come detto riconcilia con la voglia di grande letteratura; e però, della bravura di Di Prima c’è in effetti chi già se n’è accorto. Apprendiamo infatti dalle note di copertina che Vladimir Di Prima, oltre a una collaborazione con Lucio Dalla, annovera collaborazioni con il grande giornalista Marino Bartoletti. Onore ad Arkadia, di conseguenza, per averlo pubblicato, questo libro, questo autore.
Marco Candida
Il link alla recensione su La poesia e lo spirito: rb.gy/0az72p