Gianluca Cogoni


“I Vangeli apocrifi” di Gianluca Cogoni

Fake news dell’antichità, fantasie sulla vita di Cristo e perfino sulla passione. Ma che belle storie, però e moltissime sono entrate nella tradizione cristiana, grandi artisti le hanno rappresentate mirabilmente e vengono tramandate di generazione in generazione, prese assolutamente per vere. Derivano da “I Vangeli apocrifi”, che hanno suggerito il titolo del saggio pubblicato a febbraio 2019 dal biblista Gianluca Cogoni nell’Historica paperbacks delle edizioni cagliaritane Arkadia (159 pagine, 13 euro), una collana che tratta argomenti di scienze umane, religione e fede.

L’aggettivo “apocrifo” – dal greco “tenuto nascosto” – è transitato nella nostra lingua attraverso il latino e col tempo ha preso il significato di “non autentico”, che rende ancora meglio l’accezione che si vuol dare a quelle narrazioni estranee ai quattro vangeli sinottici. Derivano da testimonianze postume, da aneddoti e spesso meri errori di trascrizione, ma soprattutto da testi di estensori individuali o nati tra gruppi di credenti dei due primi secoli dell’era cristiana. Vennero “nascosti”, fatti sparire, per non incorrere in gravi conseguenze, quando la Chiesa dichiarò con severità di non considerarli autentici e li mise al bando come eretici, minacciando violente punizioni a danno di chi continuasse a professarli.

Cogoni è indubbiamente versato in una materia tutt’altro che semplice. Laureato in lettere a Cagliari, ha continuato gli studi a Pisa, Siena, Roma e frequenta il corso di laurea in scienze bibliche e teologiche della facoltà valdese di teologia a Roma, dove insegna nella scuola secondaria. Per Arkadia ha pubblicato “La vita quotidiana nell’antica Roma” nel 2015 e “Il monachesimo. Dalle origini a Benedetto da Norcia” (2016).

Nel suo libro, si contano oltre dieci testi sedicenti evangelici, ma non riconosciuti come tali. Si tratta di manoscritti, del Codex ritrovato a Nag Hammadi in Egitto, del Protovangelo di Giacomo, di apocrifi di Giovanni e di Tommaso, oltre a testi attribuiti a Pietro, Giuda e finanche Maria Maddalena.

C’è da intendersi sul significato di “Vangelo”. Con l’aiuto dell’autore, apprendiamo che deriva sempre dal greco, eu (bene) e aggelos (messaggero). Sta quindi per “buona notizia” ed è nato in ambito laico, prima d’essere assunto come “buona novella” dalla Cristianità.

Gli apocrifi recano spesso un racconto non poco diverso nei particolari da quello evangelico canonico. Si pensi che il Vangelo di Pietro, relativo alle fasi della passione, vede in sostanza Erode assumere responsabilità e condurre il processo a Gesù, al posto del Pilato dei Vangeli accettati. La crocifissione, inoltre, viene eseguita dalle guardie del Sinedrio, quindi da ebrei e non dai legionari romani.

Considerate differenze di questo conto, non sorprende che sulle narrazioni alternative degli apocrifi sia caduta la damnatio della Chiesa e dell’ortodossia cristiana, ribadita in Concili e Sinodi e fatta rispettare a pena di tortura, rogo o decapitazione.

Le opere sopravvissero nascoste per alcuni decenni, spiega Cogoni. A metà del IV secolo smisero d’essere copiate, per la recrudescenza della repressione ecclesiastica. Hanno rivisto la luce solo in epoca recente, per una serie di ritrovamenti archeologici, il più importante dei quali, nel 1945, vide tornare alla luce i manoscritti di Nag Hammadi, tredici papiri in un vaso di terracotta.

Se il saggio di Cogoni non fosse serissimo, ci potrebbe portare nel vivo di una fiction storica, alla Dan Brown, con annessi Illuminati, Priorato di Sion e linea di Sangue Reale. Al netto del sensazionalismo che vede nei contenuti rivelazioni che potrebbero rivoluzionare “la visione, se non addirittura la dottrina, ufficiale del Cristianesimo”, la letteratura apocrifa si dimostra “talvolta noiosa da leggere e spesso ardua da capire”.

Più leggibili e fortunati gli episodi biografici eccentrici su Gesù, soprattutto l’aneddotica di dominio popolare. Certe notizie apocrife sulla sua vita si soffermano, con una certa fantasia narrativa, sui miracoli compiuti nell’infanzia e, prima ancora, sulla famiglia di Maria e sulla Madonna stessa.

Si consideri, tra l’altro, che nessuno dei Vangeli accettati fa cenno a una grotta, al bue e all’asinello, né vi è dato trovare i nomi di Melchiorre, Gaspare e Baldassare. Ma erano “favole” troppo belle per non inquinare la narrazione cristiana e ipotecare l’immaginario futuro delle generazioni a venire (e che piacevole contaminazione!).

Un presepe ricostruito nel rispetto del testo evangelico canonico sarebbe ben poca cosa rispetto a quello che realizziamo in tante case prima di Natale. La stessa Natività risulterebbe altra e scarna, se i testi apocrifi non avessero concorso a renderla un’irresistibile fiction.

E non solo i fedeli, anche artisti d’ogni tempo sono stati affascinati da queste deviazioni dall’ortodossia.

Tenete presente che nessuno dei quattro evangelisti accenna a chiodi, nella crocifissione. Quelli ha provveduto a trovarli Elena, la mamma di Costantino. Nelle chiese europee se ne conservano parecchie decine.

Felice Laudadio



Arkadia Editore

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