Alle 18:00 a Porcia, nella libreria Baobab
Alle 18:00 a Porcia, nella libreria Baobab
Domatori di storie, giocolieri di parole, equilibristi di versi e tanto altro, sono i temi principali del “Circo Letterario” in scena al Teatro Intrepidi Monelli di Cagliari dal 26 novembre al 3 dicembre.
Andrea Melis, grafico, videomaker e scrittore, ha pubblicato articoli di cultura e racconti noir per riviste e quotidiani nazionali e stranieri. La sua prima opera in poesia, #Bisogni, una selezione di versi autoprodotta in mille copie grazie a una campagna di crowdfunding, è andata esaurita in poco più di un mese.
IL FESTIVAL DELLE PERIFERIE CHE PRENDONO VITA
Melis racconta così il festival: “Esattamente un anno fa, nel dicembre 2022, durante un evento a Nuoro con altri amici scrittori e organizzatori di festival, mi capitò di immaginare un Circo Letterario che come un tendone andasse a portare la cultura nei luoghi dove fosse più necessario. E’ il tentantivo di avvicinare l’atmosfera natalizia, circense, dove le periferie, con i loro spiazzi fangosi, improvvisamente riprendono vita. E’ il quartiere periferico di Sant’Avendrace, che ancora ospita la classica bottega o la casa popolare di 70 anni fa, il pescatore a fare da teatro a questa manifestazione. Iniziamo con un anteprima il 26 novembre con 3 persone che ci vengono a trovare che sono 3 scrittrici ovvero Maria Francesca Chiappe, Bea Buozzi e Anna Segre, che faranno da scalda polveri fino ad arrivare all’inizio ufficiale della manifestazione che parte il 30 novembre e andrà avanti fino al 3 dicembre“.
UN ’IDEA NATA UN ANNO FA
Melis racconta la nascita del progetto: “E proprio un anno dopo, nasce a Cagliari la sua prima edizione che ospiterà autori e autrici di livello nazionale, con oltre 30 eventi tra presentazioni, incontri, laboratori e reading musicali. Così come per la Palestra Letteraria, uno spazio fisico, un grande coworking dove ogni settimana decine di persone condividono l’amore per le storie e la scrittura, anche il festival ha trovato accoglienza nella collaborazione con l’associazione Intrepidi Monelli, che gestisce l’omonimo teatro al coperto da 100 posti, unico nel suo genere, impegnato da anni come avamposto di promozione alla scrittura, alla lettura, alla produzione cinematografica e teatrale, nell’antico quartiere di pescatori di Sant’Avendrace”.
PIÙ DI 30 EVENTI PER UNA QUATTRO GIORNI DI INCONTRI
Il Circo Letterario con i suoi artisti della parola provenienti da tutta Italia, trasformerà un teatro di frontiera in una magica occasione di socializzazione culturale, dove i libri potranno diventare protagonisti assoluti non solo degli show sul palco, ma anche alternativa alla frenetica corsa al regalo natalizio.
Quattro giorni (a ingresso gratuito fino a esaurimento posti) con in programma più di 30 eventi tra presentazioni, incontri, laboratori e reading musicali, ospiteranno illustri scrittori del calibro di Saverio Raimondo, Francesco Abate, Riccardo Staglianò, Lory Muratti, Simonetta Gola, Luca Briasco e Piergiorgio Pulixi, tra gli altri.
Francesco Abate
Il link al podcast su Radiolina: https://bitly.ws/32wmP
Viviana Viviani nació en Ferrara en 1974.
LOS ANTECEDENTES
Cabello infinito
y cuánta luz
la falda corta
el rímel negro
no parecía en absoluto triste
mi madre cuando yo no estaba
L’ANTEFATTO
Capelli infiniti
e quanta luce
la gonna corta
il rimmel nero
non sembrava triste affatto
mi madre quando non c’ero
Carlos Vitale
Il link alla segnalazione su Via Sole: https://bitly.ws/32pIT
Di fronte all’ampollosità di certa poesia moderna, figlia bastarda di un coacervo raffazzonato di classicità e modernità spesso priva di una qualsivoglia forma di autonomo percorso, i versi di Viviana Viviani contenuti in “La bambina impazzita” (prefazione a cura di Pasquale Vitagliano) acquisiscono un valore originale, in cui ironia e gioco, profondità e ricerca, sguardo acuto e percezione producono una resa di notevole efficacia. L’intera composizione, suddivisa in 8 parti (oltre all’appendice), carica di stimoli e suggestioni, si affastella davanti agli occhi esplicitata in una scrittura pulita, debitrice qua e là da altri autori. È una poesia attenta all’essenziale che pur introiettando un tempo personale è permeato da suggestioni provenienti dall’esterno, dall’altro, siano esse figure dell’ambito familiare o amicale quando non i grandi temi universali o immagini evocate da metafore. L’attenzione al dettaglio è una caratteristica della poetessa ferrarese, come dimostra anche una pregevole lirica-filastrocca in endecasillabi (“La giovane stampante e il vecchio calamaio”) e più in generale il richiamo a una rima vagliata con acribia, mai banalmente concepita. Cuore di gran parte della produzione in oggetto è costituito dal sentimento e segnatamente da quello amoroso, connotato tuttavia da una difficile, complessa comunicazione tra i sessi: un amore ostinato che si scopre vilipeso e tradito, canzonato e dimenticato, sfilacciato quando non derubricato a puro istinto come accade dall’avvento dei social che ne hanno in molti casi stravolto il senso. Tutto ciò cade sotto la sferzante disamina di Viviani per essere trasposto in un verso imbastito di malinconica ruvidezza (“un sogno andato a male/serve a misurare/il filo dell’aquilone/la gittata del cuore”), ma che pure si mantiene aperto a una rinascita alimentando la speranza di una diversa realtà futura, come nel periodo dell’infanzia quando la sorpresa, lo stupore, la realtà fiabesca diventano conquiste quotidiane. È la passione che muove il percorso di questa scrittura e ciò poiché scrivere non è mai fotografare l’esistente, semmai costruire un nuovo mondo accanto a quelli che già conosciamo. Le sue sono composizioni che scombussolano l’ordinarietà, che non lasciano indifferenti, come se ci trovassimo sempre di fronte a uno specchio che deforma e modifica la visione di sé, dove appariamo nudi e indifesi di fronte alla verità. Così le età della vita si inseguono, si tradiscono finendo per mostrare come la vecchiaia possa tendere a una gioventù indefinita e la persona matura giocare a vivere un’adultescenza senza freni, superficiale, ripetitiva, sovente preda di un’arroganza indicibile. E superficiale è anche certo mondo maschile, depositario di vuoti simulacri valoriali, incapace di tessere relazioni alla pari con l’universo femminile e per questo sagacemente preso di mira. Più ampiamente è il ruolo della maschera come negazione/modificazione dell’Io a imbastardire le relazioni sì che ogni contatto con l’altro è preda di preoccupazione, per tacere dell’ipocrisia, elemento ancor più castrante e alienante nella comunicazione tra le persone. E attraversando i giorni nostri v’è un accenno anche alla tregenda della chiusura sanitaria per Covid: come in un novello Caproni, ciò che manca(va), come sale della terra, è anche per Viviani il sole. Più in generale la silloge pone in risalto la sapiente maturità di un’autrice che senza strizzare troppo l’occhio a questo o quell’autore di vaglia (del passato o contemporaneo) riesce a portare in evidenza le tracce della loro poesia mantenendo ben salda un’originalità di fondo e facendone anzi suggello di tutta la propria produzione. Si fa così insistente il discorso sulla lingua che Viviani coglie nella sua pienezza di fronte a un prosciugamento del vocabolario tipico della società odierna, spesso vittima dell’antilingua o della calviniana peste del linguaggio (la breve composizione “L’abigeato” è da esempio in tal senso). Una società sempre più preda, tra l’altro, di un’entropia di fondo nei confronti della quale uno strumento apotropaico e resistente può essere il recupero dell’aspetto ludico: il “lasciatemi divertire” di stile palazzeschiano che si riscontra in plurimi passaggi del volume in oggetto. Come quella “bambina impazzita”, che resta nascosta tra le pieghe di una donna cresciuta ma che non smette di incidere nella “carne” di questo nostro tempo.
Federico Migliorati
Il link alla recensione su Atelierpoesia: https://bitly.ws/ZAM3
Caro lettore,
se non hai troppo tempo per leggere la seguente nota, sappi che il libro di Viviana Viviani è bello, scorrevole, amabilmente ironico, a tratti persino divertente. Un velo di malinconia aleggia sempre, certo, ma quale poeta ne fa a meno? La copertina potrebbe prestarsi benissimo per il disco di una di quelle band Goth Metal che piacciono tanto agli ultimi, ovvero agli incompresi. Raffigura una donna nuda, selvaggiamente incantevole, rannicchiata al gelo sopra un cumulo di sterpi, neve, bambagia e piume. L’intera scena è velata di blu, come in Imaginaerum dei Nightwish, il che spalanca i sensi al freddo delle nostre coscienze andando in profondità come una certa iconografia dovrebbe fare. E se stai già pensando a un paio di plaid, uno per te e uno per l’ermetico e procace soggetto in copertina, magari sfoggiando il tuo kit assortito di tè con tazza fumante annessa e connessa, lascia che ti dica una cosa: sei del tutto privo di senso poetico. Solo ai poeticamente insensibili verrebbe in mente una cosa del genere. Rovinare un’immagine perfetta sul piano estetico e capace, al tempo stesso, di erotizzare il dolore, per cosa? Nulla è più detestabile della frivolezza in poesia. Ecco, mi sono lasciato andare a un commento da critico ammuffito, cosciente che al giorno d’oggi bisogna mettere al centro di tutto l’individualità per poter incassare plausi. Ciò riguarda il sottoscritto, ma non Viviana Viviani. Lei se la riderebbe di gusto e poi, rapita da un raptus goliardico, scriverebbe una poesia come questa:
Rivincita
Se di nessuno
sei musa
osa
cambia meta
diventa tu
poeta
E su questa brevitas fulminante chiudiamo il siparietto destinato al lettore frettoloso il quale, magari sentendosi difeso dalle parole dell’autrice, potrebbe anche acquistare il volume. Pertanto, liberati dal terzo incomodo (sto scherzando!), cerchiamo di andare più a fondo.
Nella prefazione a La bambina impazzita (Arkadia 2023), il poeta e critico Pasquale Vitagliano condivide un pensiero che, a mio avviso, si rivela fondamentale: «Mi piace pensare che la poesia possa giocarsela con le canzoni. Sì, le avanguardie ci hanno rotto e quanto al realismo terminale, l’aggettivo mi inquieta. Se fosse nata anche la poesia indie sarei felice. […] La poesia della Viviani è una guerra al kitsch, inteso alla maniera di Milan Kundera, come cieco tentativo di eliminare dal mondo la merda. Invece, la nostra vita è impastata e impestata da scorie. Lo sforzo della scrittura, della poesia a maggior ragione, è di ripulire il nostro corpo e le nostre parole giorno dopo giorno. […] Eppure, senza merda, saremmo morti».
Questa considerazione da un lato lascia emergere una natura non necessariamente antilirica (e in effetti Viviana Viviani non lo è, considerando anche il debito che paga alla tradizione, dal crepuscolarismo, passando per la linea antinovecentesca, fino ad arrivare a tensioni espressive non lontane da quelle di Giovanni Giudici), eppure pare proprio che del kitsch ci si debba appropriare quasi come un riflesso dissacratorio. Il kitsch pervade la nostra società, ma Viviana Viviani coglie in questa faccenda il lato puramente umano. Il posticcio entra a pieno titolo nella legittima aspirazione esistenziale, nutre la vanità individuale in quanto capace di attirare attenzioni e dopotutto, al diavolo l’eleganza, è ormai comune l’idea di porre l’urgenza del dire dinanzi a ogni cosa. Ma dire che cosa? Questa è la grande domanda che mi sento di lasciare in sospeso. E se probabilmente non spetterà a noi l’arduo compito di giudicare quest’epoca, i poeti pur essendo presi da inguaribili turbe interiori, una testimonianza possono sempre darla.
Innanzitutto Viviana Viviani coglie il senso di inadeguatezza anagrafica che impera nella società odierna, inadeguatezza al femminile in particolare. L’età ha un impatto nelle relazioni, nel sex appeal e, naturalmente, nella forza vitale. Vivendo un’era di prolungamento dell’adolescenza, si è ampiamente affermato desiderio di ritoccarsi nella speranza di sottrarsi alle crudeli grinfie del tempo che avanza: «da vecchia mi farò / di botox come di eroina / truccata da vecchia gallina / mi butterò nel vizio / lolita nell’ospizio». Il kitsch non è più espressione di un buon gusto mancato, ma una vera e propria situazione bellica, una lotta titanica, seppure tragicomica, di resistenza alla vita. Fuori dall’accettazione, dal gioco della seduzione, esiste una pre-morte. Il decadimento fisico. Condizione inevitabile, ineludibile, per questo Viviani mette in campo la tenerezza. Sì, fa strano dirlo, nel mare magnum di questa perfidia capitalista, di sentimenti aizzati per desiderare cose che un tempo non ci si poteva permettere, l’elemento primario che connota l’umanità è uno spietato senso di tenerezza. Il decadimento spetta a tutti prima o poi, allora piangere col sorriso sulle labbra può essere di certo un bel modo per tirare avanti. Cattivo gusto sì, ma con allegria e voglia di vivere.
Le vecchie signore
Le vecchie signore
con lo smalto rosso
e grossi anelli
blu come le vene
il rossetto rosa antico
tra le pieghe delle labbra
e un po’ di azzurro cielo
sulle palpebre scese
si guardano allo specchio
con gli occhi della memoria
e sono ancora belle
quando nessuno le vede
C’è tanto altro in quest’opera, tra psicodrammi virtuali, prefigurazioni poliamorose, fantasticherie varie, Viviana Viviani esprime con proverbiale sarcasmo il peso dell’intrattenimento, liquidato dai più come leggerezza, ma in realtà questo sfoggio di frivolezza non priva di arroganza altro non è che il disperato tentativo di salvarsi. L’intrattenimento appare come una sospensione in cui si allontana la noia, quel momento nel quale, presi da un interesse, ritroviamo qualcosa di noi stessi estremamente piacevole. Il nostro godimento, tuttavia, si rivela completamente inutile in ambito produttivo ed è in questa repressione della parte più vitale di noi stessi, in nome dei doveri, che subentra la frustrazione. Non è un caso che persino la politica abbia compreso il valore dell’intrattenimento, ibridando faccende istituzionali ed etiche con la vita privata. Certi libri di (pseudo) poesia scritti all’insegna dell’intrattenimento vengono sicuramente premiati dai lettori, eppure sembra che nel tentativo di rincorrere il piacere del pubblico, la parola poetica si perda nello storytelling degli autori (il poeta che deve fare i reading in una sala di pubblico plaudente, in grado di dire cose capaci di muovere le sopite coscienze civili, toccando le corde profonde del sentimento della gente e tutta una serie di stereotipi e banalizzazioni). Viviana Viviani gioca sul filo e questo rischio rende la sua scrittura interessante. Nei versi si percepisce il valore delle relazioni e l’importanza dell’intrattenimento, il momento in cui i due piani si fondono (Foto in bianco e nero / autoscatti / profilo da seduttore / migliaia di contatti. / Con quanti hai fatto l’amore?) eppure ne risulta quasi una curiosa fascinazione, una visione realistica nella misura in cui si interpretano i desideri profondi delle persone senza imporre una morale. In questo si potrebbe rintracciare un vena sociologica, ma senza freddezza o posa intellettuale. Intrattenimento e cattivo gusto, certo. Ma con il desiderio di indagare sull’uomo e ciò che resta dell’umano e, per questo, tanto di cappello.
Non mandarmi il tuo c@zzo in chat
Non mandarmi il tuo cazzo in chat
che ancora non ho navigato
le vene delle tue braccia
né attraversato fiumi
camminando sulle tue vertebre
non ho sovrapposto le impronte digitali
per vedere se si assomigliano
e nemmeno disegnato ghirigori
tra le nocche delle tue mani
non ho contato una a una
le tue ciglia nel sonno
o soffiato parole audaci
nel labirinto delle tue orecchie
non ho ancora cercato l’Orsa Maggiore
tra le costellazioni dei tuoi nei
né dato un nome a quelle senza nome
sulla volta della tua schiena
non conosco le risse
dietro le tue cicatrici
e non so se odori più di bosco
di biblioteca o di autogrill
non mandarmi il tuo cazzo in chat
o finirà tra i tanti senza storia
che vivono nelle chat
spade di pixel sguainate nel nulla
non voglio sapere la sua solitudine
prima di conoscere la tua
Federico Preziosi
Il link alla recensione su Exlibris20: https://bitly.ws/ZkqH
)
Piuma. Per me la poesia è qualcosa di lieve, anche quando ha dentro la disperazione. Un libro sottile, la pagina più vuota che piena, le parole come disegni. La trama, i personaggi, se pure ci sono, si realizzano in uno svolazzo, in un ribaltamento, in una giravolta, liberi dalla costruzione e dall’abbondanza della prosa
) ? ̀ ?
Da bambina con le filastrocche di Rodari, poi a scuola Leopardi, Montale e i crepuscolari. Finita la scuola ho abbandonato la poesia per qualche anno, poi un libro di Francesca Genti incontrato per caso, “Poesie d’amore per ragazze kamikaze”, mi ha fatto capire che con la poesia si poteva parlare di qualunque cosa in qualunque modo e da lì ho letto tutto il resto
) ́ “”, ?
Innanzitutto perché se scrivi poesie e dici che vuoi vendere te ne fanno vergognare, c’è molto snobismo in questo senso. Non vorrai mica promuoverti! Il poeta deve scrivere nel segreto di una grotta, misconosciuto al mondo: solo così è puro.
Poi perché per un insieme di ragioni la poesia risulta poco appetibile ai lettori, forse perché a scuola non sempre viene insegnata nel modo giusto e lascia un senso di rigetto, forse perché quella contemporanea, almeno in Italia, oscilla tra incomprensibilità e banalità, con poche eccezioni difficili da scoprire.
In più un libro di poesie di solito costa troppo rispetto al numero di pagine, e anche se non siamo in salumeria la gente quando compra guarda pure a questo.
Temo quindi ci si debba rassegnare al fatto che la poesia sia poco venduta e che nessuno ci si potrà mai guadagnare da vivere. Non rassegniamoci però anche al fatto che sia poco letta: oggi può esserlo molto, grazie al web e ai social. I poeti avranno pochi soldi in tasca, ma la poesia non morirà. Sarà free, open source, insomma gratis, come la luce del sole, e va bene così se l’alternativa è che la poesia smetta di esistere
) ‘̀ ̀ ? ̀
Tante di Francesca Genti, Vivian Lamarque, Wislawa Szymborska, ma scelgo questa
MILANO DI NOTTE di Francesca Genti
vorrei essere la slava del metrò
che combatte gli albanesi attaccabrighe.
la ragazza kamikaze poesia
che ti uccide e si sfracella in quattro righe.
) , ̀
Vorrei proporne una che non è tra quelle che mi vengono segnalate di solito tra le mie più belle, anzi è spesso criticata e fraintesa.
Credo dipenda dal fatto che oggi si tende a raccontare in poesia i sentimenti positivi più di quelli negativi, come se chi scrive dovesse dimostrare ai lettori di essere “una bella persona”. Infatti spesso leggo sulle pagine di poeti noti commenti del tipo “si capisce da questa poesia che sei una bella persona”.
In questa poesia invece ad esempio non c’è una bella persona, c’è tutto il peggio della maternità. Io non scrivo per essere una bella persona. Se qualcuno dopo aver letto il mio libro ne concludesse che sono una stronza, mi starebbe benissimo
VORREI UNA FIGLIA
Vorrei una figlia e dirle
se non fosse per te
sarei Étoile al Bolshoi
se non fosse per te
capitana d’industria
se non fosse per te
le sfilate a Parigi
se non fosse per te
sarei moglie di un re
vorrei una figlia uguale a me
e dirle figlia ingrata
farei sì grandi cose
se tu non fossi nata
da “La bambina impazzita”
Mattia Cattaneo
Il link all’intervista su Circolare Poesia: https://bitly.ws/U5kJ
Recensire un libro di recensioni è una cosa strana, forse anche paradossale, ma con Anna Vallerugo vado sul sicuro. Mi si conceda anche un articolo un po’ atipico, perché questa volta non posso non inserire qualcosa di personale, ossia la stima che nutro verso chi, come me, legge e scrive di libri con passione e dedizione. Se di una critica genuina abbiamo bisogno, allora mi affido a chi in maniera chiara espone un romanzo, un saggio o una raccolta poetica utilizzando non solo i mezzi tecnici, ma anche le proprie sensazioni. Non sono mai stato tra coloro che celebrano il funerale della critica, che giudica inutile parlare di libri, che considera banale affidarsi a dei giudizi che potrebbero essere guidati da logiche di mercato, di appartenenza o di casta. No, sono convinto che il “giornalismo culturale”, capace di testimoniare attraverso il suo “fare” ciò che accade, abbia prima di tutto il compito di stimolare, di incuriosire, di scompigliare le carte in tavola. Forse, la discussione andrebbe incentrata su quanto si è liberi di scegliere, di scrivere, di combattere certe sovrastrutture e, soprattutto, quanto il giornalismo, in ogni settore, voglia essere la Spada di Damocle che pende sulla testa del Potere. Ma perché parlo di giornalismo? Perché Anna Vallerugo è prima di tutto una giornalista che si è “sporcata le mani” con un’altra materia, quella della cronaca quotidiana, dopodiché l’amore innato per la letteratura e la sua propensione per il “raccontare”, l’hanno portata a imboccare la strada della critica letteraria. Ma anche “critico letterario” è solo un’etichetta di comodo, un termine tecnico che serve a rendere “scientifico” un campo che per sua natura tratta dell’uomo, quindi di un essere imprevedibile. Ben vengano i critici di professione, coloro i quali sono specialisti della materia, ma non si disdegni anche chi racconta con la precisione del proprio “sentire” i libri che legge. Con ciò, non voglio affermare che tutti possono parlare di libri o che tutti sono in grado di farlo; anzi, penso che ci voglia un grande amore per la conoscenza, per l’arte, per la filosofia, per il sapere a tutto tondo; penso anche che ci voglia una dedizione particolare per la lettura, vista non come momento di svago, o peggio ancora come attività lavorativa, quindi forzata, ma come atto di meditazione, di riflessione e di dialogo con sé stessi. Proprio perché indipendente, Vallerugo parla solo dei libri che hanno innescato in lei qualcosa. Lo si vede da come ne scrive, da come stimola la curiosità del lettore, da come non tratti mai il libro come oggetto, ma come “testimonianza vivente”. Leggendo questa raccolta di articoli, composti tra il 2015 e il 2021, molti dei quali ormai introvabili, ho potuto cogliere bene questo richiamo a una lettura sentimentale che riconosce al libro una “natura umana”. Cosa rara in un momento in cui i libri sono diventati sempre più oggetti dall’obsolescenza programmata. Basti pensare che dopo sei mesi dalla sua uscita, un’opera è già considerata “vecchia”. In questo modo, cosa resta della letteratura? La risposta a voi. Il volume – si legge nella quarta di copertina del libro – comprende oltre cinquanta recensioni e saggi brevi scritti tra il 2015 e il 2021 per lo storico portale e rivista di critica letteraria italiana ‘Satisfiction’; ed è stato proprio negli anni in cui ho scritto su questa testata che ho potuto confrontarmi con Anna Vallerugo. Pertanto, consiglio questo libro a chi vuole scoprire classici o autori contemporanei del panorama italiano, partendo da un costrutto emotivo argomentato con passione e, in particolar modo, con precisione. In ogni recensione, a vincere è l’amore per la letteratura.
Martino Ciano
Il link alla recensione su Border Liber: https://bitly.ws/TGEY
Arkadia editore, 2023 – Anna Vallerugo mette insieme sei articoli e cinquantuno recensioni, scritture per la rivista e il portale di Satisfiction. Le recensioni vanno dal 2014 al 2021, non necessariamente in ordine cronologico.
Anna Vallerugo ha il dono di sapere scrivere per i libri degli altri, ma, si sa, diventa sempre più difficile che un collega o una collega a un certo punto non ti chieda: tu non pensi di scrivere un libro tuo, scritto da te? Detto. Fatto.
Senza nemmeno stare lì a dire che non mi sento ispirata, che forse so scrivere degli altri, ma non per me stessa. Con l’introduzione di Polo Melissi, condirettore di Satisfiction, la raccolta di sei articoli e cinquantuno recensioni pubblicate dal 2014 al 2021, ecco Satisfiction book. Una bellezza vertiginosa (Arkadia editore, 2023). Cosa può esserci di più soddisfacente degli elogi che arrivano a Vallerugo dal condirettore di Satisfiction, Paolo Melissi, che parla delle sue recensioni e dei suoi articoli con grande ammirazione, ricordando che l’articolo su La vita agra di Luciano Bianciardi fece in sole quarantotto ore quarantamila visualizzazioni su Internet. Le doti di Vallerugo sono la grande leggibilità, senza per questo impoverire lo scritto (e non è per niente facile), una capacità di sintetizzare i libri altrui facendo sembrare importante anche un libro italiano di un/una esordiente, di cui pochi hanno contezza e una innata dote di “andare per libri” invece che “andare per funghi”; la curiosità sincera di trovare tra i troppi libri pubblicati ogni anno, uno o cinquantuno che fanno la differenza rispetto a chi si accoda ai grandi editori per pigrizia.
Che poi spesso non è pigrizia, ma necessità e anche l’autrice ha scritto di quei libri, che però certo non metti in un florilegio di tue recensioni. Appunto ne La vita agra ci sono tutti i pregi di chi firma il pezzo e le qualità sono così ben dosate che alcuni del mestiere potrebbero dire: ma tutto qui? La catena di montaggio, il boom del capitalismo che diventò boom economico tout court, non è necessario citare quei tre o quattro autori marxisti, tra cui gli studiosi della Scuola di Francoforte? Ma no, perché la rete non conosce lentezza ed è preferibile più che balbettare, scrivere due righe dall’articolo: Per soddisfare i tanti “bisogni mai sentiti prima”, purtroppo c’è da pagare: in perdita di umanità. In conclusione, solo due sono le vie d’uscita possibili: soccombere alla nebbia dell’anima, alla luce cruda dei neon che illuminano male fabbriche e uffici al “ringhio sordo” del “milione e mezzo di formiche grigie, all’opacità.
Si percepisce l’alienazione e e la mancanza di un cambiamento radicale, ormai impossibile, senza usare parole desuete e soprattutto senza affollare la mente di nomi di scrittori che renderebbero l’articolo elitario e poco comprensibile.
Ma l’autrice ha quasi una funzione pedagogica conscia o inconscia che sia: far arrivare il più velocemente possibile la scrittura di La vita agra di Bianciardi senza rinunciare alla complessità, tenendo bene a mente di essere comprensibile a tutti, dai quindici anni ai cento anni e passa. Lo stessa dicasi per le recensioni, che hanno un unico difetto. Dal momento che non sono messe in ordine strettamente cronologico, bisognava forse scrivere la data di pubblicazione insieme alla casa editrice.
Ma non importa, perché Vallerugo aveva già deciso di dare peso e passione a romanzi soprattutto di piccole e talvolta medie case editrici. E facendo una scelta meditata, perché non ha mai scritto meno di cinque recensioni l’anno.
E anche sulle recensioni valgono le stesse qualità dell’autrice: la chiarezza espositiva, la leggibilità e il dono della sintesi che significa partire subito col romanzo o col racconto, senza divagazioni, una qualità che chi scrive le invidia molto, perché la divagazione spesso è anche il sistema per dire poco e della trama e dello stile.
Anna Vallerugo non ha paura delle parole, anche quando cerca di variare aggettivazioni o forma verbale. Ha i suoi preferiti, anche se è molta cauta con gli aggettivi, sa che spesso sono spirali da cui è difficile trovare il centro, ma sicuramente “salvifico” le piace molto, forse perché non può usarlo spesso e poi per i romanzi che hanno uno stile tagliente e asciutto, scrive che sembrano come quelli di Àgota Kristóf e quando vede l’eccellenza si butta non temendo la ridondanza, dice “splendido, bellissimo, meraviglioso”. Vallerugo è una donna pratica e una mamma, non ha le ubbie di certi recensori maschi che vivono solo di libri, di rimandi, di continue conversazioni di chi si attarda sul “significato di romanzo”, domandandosi se stia o no morendo lasciando spazio a una letteratura più diaristica, di analisi personale, di saggi alla maniera di Montaigne. Fare nomi degli scrittori e delle scrittrici presi in esame mi sembra piuttosto sciocco, perché sono tutti lodevoli e meritano attenzione. Quindi giusto qualche nome di scrittori/scrittrici che sembrano piacere a entrambi. Troviamo Patrizio Zurru (che, oltre a saper scrivere bene, è l’ufficio stampa di Arkadia), Roberto Saporito, Gianluca Barbera, Giorgio Ghiotti, Clara Sereni, Eva Clesis, Massimo Onofri e tanti altri. Parecchi non li conosco e devo provvedere. Un libro prezioso, pieno di malìe, di sapienza letteraria non esibita, di grandi emozioni. Troviamo esordienti che l’autrice tratta con lo stesso rispetto che si riserva a chi ha scritto molto. Il tutto unito da uno stile inconfondibile, di chi ama molto la letteratura ma al contempo anche la vita familiare. L’Anna Vallerugo touch.
Vincenzo Mazzaccaro
Il link alla recensione su SoloLibri: http://bitly.ws/QgIc
Almeno un pregio va subito riconosciuto ai libri della narratrice e poetessa ferrarese Viviana Viviani: il fascino e l’originalità dei suoi titoli. Dopo il surreale romanzo Il canto dell’anatroccolo (vedi la nostra recensione Il sottile fascino della diversità) e la raccolta poetica Se mi ami sopravvalutami, è da poco nelle migliore librerie, in bella veste grafica, una seconda silloge. Il suo titolo è La bambina impazzita (Prefazione di Pasquale Vitagliano, Arkadia editore, Cagliari 2023, pp. 132, € 16,00), comprendente alcune poesie già comparse nella precedente raccolta.
Una poesia gioiosa e piena di vitalità
Ovviamente, il valore dell’opera non consiste solo nel suo accattivante, stravolgente titolo di copertina. Il carattere peculiare degli scritti della Viviani, come era già emerso in precedenza, consiste nella freschezza, nella vitalità, nella trasgressione non volgare, nell’ironia (e nell’autoironia), in una sorta di femminismo che poco ha a che fare con gli attuali isterismi e vittimismi.
Del resto, basta aggiungere che nel 2021 l’autrice ha scritto tre testi per l’album Malcostume di Immanuel Casto, vale a dire il più originale, inafferrabile e intelligente – e quindi censurato – dei musicisti pop italiani.
Le poesie de La bambina impazzita sono divise in nove sezioni, ciascuna preceduta da una citazione. Di diversa lunghezza, trattano delle varie età della vita, ma anche di temi come «La passione», «Il tempo», «La morte», «Il ritorno». Sono tutte caratterizzate dalla semplicità, dalla chiarezza e dalla quasi totale assenza di punteggiatura. Ma anche da molte rime baciate, spesso a fine poesia, che risultano efficacissime nel trasmettere un messaggio forte, perlopiù straniante e anticonformista, a volte aforistico e paradossale. E soprattutto fulminante!
Un po’ di sana perfidia
Raggelante, infatti, è la conclusione in rima baciata de La prima della classe: «Studia solamente per paura / nel cuore la scolara prediletta / coltiva già un futuro di vendetta». D’altra parte, in tempi di buonismo peloso, “petaloso” e ipocrita, quanto sono vivificanti i versi de La cameriera e la signora! La prima pensa della seconda: «La più elegante della festa / la donna forte che si basta / raccogli soldi per i poveri / io ti sorrido e penso fottiti».
Ma la “cattiveria” s’espande anche verso se stessi, nell’umile quotidianità e sui limiti dell’umanità. Infatti, l’autoironia permea tutta la silloge. Ad esempio, la troviamo nella chiusura de L’aspirante orfana: «Poi da grande che fregata / mi ero sopravalutata». O in Cedo il posto sul bus: «Cedo il posto sul bus / sono educata / ma non arriva più / la mia fermata». O in Gennaio: «Gennaio è solo gelo / color del ghiaccio il cielo / è un mese senza Dio / son nata pure io».
E, ancora, nelle Ultime volontà: «E se diranno / “Ormai s’era svanita” / diglielo ch’ero così / da tutta la vita».
Riflessioni verso la metafisica
La Viviani non prende tanto sul serio neppure la poesia e i poeti: «È morto un verso / si era perso / senza la rima / si sentiva diverso / […] / si è suicidato / giù dal foglio / si è buttato / ma era sdrucciolo / forse è scivolato» (Incidente). «Un poeta che legge poesie / pensa sempre “son meglio le mie”» (Il poeta lettore).
Gustoso è il dialogo, di sapore gozzaniano, tra La giovane stampante e il vecchio calamaio. In Non conosco la morte troviamo una raggelante sensazione tra il comico, l’horror da Doppelgänger e la nostra tragica condizione esistenziale: «Ma io sento che m’insegue / il mio corpo per uccidermi».
Così come una – letteralmente – abissale meditazione metafisica si ha in Turritopsis nutricola (la medusa immortale che torna sempre allo stato di polipo dopo aver raggiunto lo stadio adulto): «Il suo mistero a nessuno confessa / l’anima cambia o rimane la stessa?». Oppure, ne Lo specchio: «Lo specchio mostrando al contrario / le lettere sopra il gilè / mi dice ch’è tutto illusorio: / io sono l’opposto di me».
Una scoiattola della penna
La vivacità e la fantasia della Viviani fanno sì che le parole non le bastino mai, per cui ecco che arrivano neologismi come «amorespiffero», «ingrigia», «inrosa», «libertudine»…
La Viviani è un funambola e una scoiattola della penna, tanto da ricordare le “stramberie” di Aldo Palazzeschi.
In conclusione, La bambina impazzita è una silloge che può anche apparire bizzarra, ma che sarà apprezzata pure da chi non ama la poesia. Una silloge senza troppi sentimentalissimi strappalacrime e riflessioni seriose sul mondo e sulla sua sofferenza o ingiustizia, ma che non si prende troppo sul serio e, proprio per questo, risulta paradossalmente più profonda di tante scritte dai «poeti laureati» di montaliana memoria.
Rino Tripodi
Il link alla recensione su LucidaMente 3000: http://bitly.ws/HGPp
Narrativa
Francesco Pecoraro, Solo vera è l’estate, Ponte alle Grazie
Antonella Lattanzi, Cose che non si raccontano, Einaudi
Rossella Milone, Gli analfabeti, Industria & Letteratura
Alberto Casadei, La suprema inchiesta, il Saggiatore
Lavinia Mannelli, L’amore è un atto senza importanza, 66thand2nd
Francesca Matteoni, Tundra e Peive, nottetempo
Annalena Benini, Annalena, Einaudi
Luca Ricci, I primaverili, La nave di Teseo
Gianmarco Perale, Amico mio, NN
Monica Acito, Uvaspina, Bompiani
Ezio Sinigaglia, Sillabario all’incontrario, TerraRossa
Marta Cai, Centomilioni, Einaudi
Pier Franco Brandimarte, La vampa, il Saggiatore
Paolo Nori, Vi avverto che vivo per l’ultima volta, Mondadori
Marianna Crasto, Il senso della fine, effequ
Filippo Tuena, In cerca di Pan, nottetempo
Michele Turazzi, Prima della rivolta, nottetempo
Igiaba Scego, Cassandra a Mogadiscio, Bompiani
Paolo Malaguti, Piero fa la Merica, Einaudi – Tommaso Giartosio, Tutto quello che non abbiamo visto, Einaudi – Tommaso Lisa, Il carabo di Napoleone, Exòrma
Benedetta Fallucchi, L’oro è giallo, Hacca – Lucio Besana, L’innocenza del buio, Sperling & Kupfer
Matteo Porru, Il dolore crea l’inverno, Garzanti
Alessio Torino, Cuori in piena, Mondadori
Maddalena Vaglio Tanet, Tornare dal Bosco, Marsilio – Michele Vaccari, Buio Padre, Marsilio – Piero Balzoni, La vita degli anfibi, Alter Ego
Greta Pavan, Quasi niente sbagliato, Bollati Boringhieri – Valerio Evangelisti, La fredda guerra dei mondi, Mondadori – Gaia Manzini, La via delle sorelle, Bompiani
Marino Magliani, Il bambino e le isole, 66thand2nd – Mattia Grigolo, Temevo dicessi l’amore, TerraRossa
Alberto Schiavone, Non esisto, Clichy – Fabio Stassi, Notturno francese, Sellerio
Francesco Zani, Parlami, Fazi – Graziano Gala, Ciabatteria Maffei, Tetra – Luigi Weber, Navi nel deserto, Il ramo e la foglia – Manuela Faccon, Vicolo Sant’Andrea 9, Feltrinelli – Massimiliano Parente, Giulia Bignami, Volevo essere Freddy Mercury, La nave di Teseo – Monica Coppola, Le bugie non salvano nessuno, Las Vegas – Monica Perosino, La neve di Mariupol, Paesi – Roger Munny, L’uomo che vedeva le mosche (e altre opere impresentabili), Ammodino – Sofia Pirandello, Bestie, round robin – Stefania Spanò, Nannina, Garzanti
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Omar di Monopoli, In principio era la bestia, Feltrinelli
Rosella Locatelli, Il futuro, qualunque fosse, Electa – Stefano Massini, Manhattan project, Einaudi
Alessandro Barbero, Brick for stone, Sellerio – Alessia Principe, Stelle meccaniche, Moscabianca – Andrea Cappuccini, Grande nave che affonda, Atlantide – Anja Boato, Madama Matrioska, Accento – Arianna Montanari, Parole nascoste, Mondadori – Caro Gervasi, L’espropriazione, Eris – Carolina Crespi, La banda felice, Nutrimenti – Franco Stelzer, Stiratore di luce, Hopefulmonster – Gianfranco Vergoni, Il cielo d’erba, Longanesi – Gianluca Barbera, Se il diavolo, Polidoro – Giovanni Mariotti, I manoscritti dei morti viventi, La nave di Teseo – Giulia Maria Falzea, I cannibali, Perrone – Italo Bonera, Il male che fa bene, Calibano – Marco Marmeggi, Il respiro del dinosauro, Giunti – Marco Pontoni, Tra noi uomini, Nutrimenti – Simona Baldelli, Il pozzo delle bambole, Sellerio – Simone Perotti, Il quoziente umano, Mondadori – Uduvigio Atanagi, Palude, Eris
Saggistica
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Gianluigi Simonetti, Caccia allo Strega, nottetempo
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Carlo Rovelli, Buchi bianchi, Adelphi
Chiara Valerio, La tecnologia è religione, Einaudi
Lorenzo Gasparrini, Ci scalderemo al fuoco delle vostre code di paglia, D Editore
Domenico Scarpa, Calvino fa la conchiglia, Hoepli
Barbara Bernardini, Dall’orto al mondo, nottetempo
Claudio Kulesko, Ecopessimismo, Piano B
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Carlo Greppi, Un uomo di poche parole, Laterza
Ginox, Crypto bluff, Eris
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Alessandro Giammei, Cose da maschi, Einaudi
Anna Toscano e Gianni Montieri, 111 luoghi di Venezia che devi proprio scoprire, Emons – Annalisa Dominoni Benedetto Quaquaro, Le città dell’universo, il Saggiatore – Franco Maresco, La mia Battaglia, il Saggiatore – Gabriele Balbi, Peppino Ortoleva, La comunicazione imperfetta, Einaudi – Marco Reggio, Cospirazione animale, Meltemi – Ottavio Fatica, Lost in translation, Adelphi – Piergiorgio Bellocchio, Diario del Novecento, il Saggiatore – Stefano Feltri, Inflazione, Utet – Valdo Gamberutti, La zanzara, Baldini+Castoldi
Poesia
Giorgiomaria Cornelio, La specie storta, Tlon
Federico Italiano, La grande nevicata, Donzelli
Andrea Donaera, Le estreme conseguenze, Le Lettere
Umberto Fiori, Autoritratto automatico, Garzanti
Elena Zuccaccia, Sotto i denti, Pietre Vive
Gilda Policastro, La distinzione, Perrone
Cristina Alzati, Quarantanove poesie e altri disturbi, Marcos y Marcos
Vanni Santoni, Altre stanze, Le Lettere
Viviana Viviani, La bambina impazzita, Arkadia
Carlo Michelstaedter, Poesie d’amore e d’altri mari, Interno Poesia
Enrico Testa, L’erba di nessuno, Einaudi – Luciano Mazziotta, Sonetti e specchi a Orfeo, Valigie Rosse
Pietro Cardelli, Tu devi prendere il potere, Interlinea
Stefano Simoncelli, Stazioni remote, Marcos y Marcos
Stefano Bottero, Notturno formale, Industria & Letteratura
Adelio Fusé, Mosaico del viandante, Book – Alberto Toni, Tempo d’opera, Il ramo e la foglia – Fausto Celeghin, Le flaneur, Puntoacapo – Francesco Brancati, L’assedio della gioia, Le Lettere – Rossella Pretto, La vita incauta, Scientifica – Simone Zafferani, L’ora delle verità, Pequod
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Fumetto
Alessandro Bilotta, Eternity vol.2, Bonelli
Nicoz Balboa, Transformer, Oblomov
Sarah Mazzetti, Elsa, Morandi e l’uovoverde, Canicola
Elisabetta Romagnoli, Guardati, Tunué
Aa.Vv., Fumetti di menare, In your face
Alice Milani, Sofia Kovalevskaja, Coconino
Elena Triolo, Turchina, Bao
Aa.Vv., La revue dessinée Italia vol.4, La revue dessinée Italia
Lorenzo Mò, Omnilith, Eris
Giancarlo Berardi, Lorenzo Calza, Claudio Piccoli, Julia vol.295 – Cercando Irma, Bonelli
Marco Taddei, Eleonora Antonioni, Alexander von Humboldt – Un mistero alla luce del giorno, Hoppipolla
Edoardo Massa, Tutti autistici?, Beccogiallo
Jacopo Starace, Essere montagna, Bao
Cammamoro, Il giorno perduto, Oblomov
Umberto Eco, Milo Manara, Il nome della rosa, Oblomov
Antonello Silverini, Edgar Allan Poe, La caduta della casa degli Usher, Fanucci Elena Milani, Sofia Kovalevskaja, Coconino Gabriella Contu-Giorgio Santucci, Dylan Dog vol.438 – La città senza nome, Bonelli Majid Bita, Nato in Iran, Canicola Marco Nucci, Bloom, BD Stefano Tamburini, Ranxerox. La genesi, Muscles
Lorenzo Palloni, L’ignobile Shermann, Saldapress Monica Fabbri, Reparto macelleria, Guanda
Davide Barzi, Il naso di Lombroso, Bonelli Luca Vanzella, Giorgio Pontrelli, Dylan Dog vol.440 – E poi non rimase nessuno, Bonelli Sara Colaone, Italo Calvino, Il barone rampante, Mondadori Simone Pace, Fiaba di cenere, BD
Emanuele Apostolidis, Elena Ghezzo, Michela Peloso, Paleo stories. Ossa misteriose, BeccoGiallo Jacopo Starace, Essere montagna, Bao Tommaso Renzoni e Raffaele Sorrentino, Fehida, minimum fax Wally Pain, Corpi, Feltrinelli
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