L’oceano oltre la rete nel Regno della Litweb a testimoniare che la vita è un giorno, però è un giorno bellissimo, un gol dal dischetto.
Ippolita Luzzo
«Si dice “giocare a pallone”, ma il calcio è tutto fuorché un gioco, fin da piccoli». No, il calcio non è un semplice gioco: è una vita che può valerne due se tiri il rigore sbagliato o se ti perdi all’incrocio dei pali. Sono 90 minuti che condensano pensieri, buoni propositi e tiri mancini. Di minuti ce ne vuole qualcuno in più per leggere “L’oceano oltre la rete” di Ettore Zanca (Arkadia, 2022) e pure qualcuno di recupero per riprendere fiato quasi al termine ma ne vale la pena. Ne vale la pena sempre leggere Ettore Zanca, lasciarsi guidare dalle sue intuizioni che lo portano sempre a riuscire a mettere nero su bianco storie originali, mai scontate e capaci di coinvolgere il lettore. «San Vignan non è solo un’isola dove c’è una squadra di calcio, è l’isola del calcio. O peschi o giochi a pallone. David era troppo bravo con la palla tra i piedi per andare a tonni». E menomale. David Rojo è un isolano per anagrafe e spirito ché isolani lo si può essere anche se si è nati sulla cima dell’Himalaia. Una carriera iniziata fra l’odore dell’erba del campo e del pesce che è l’unica risorsa per gli abitanti di quest’isola ammantata dalle nubi per buona parte dell’anno. Ma San Vignan è anche un luogo magico, dove nasci, muori e rinasci senza neanche accorgertene, a volte neanche in quest’ordine naturale delle cose. Antoine Gerard lo sa: una carriera all’apice che rischia di affondare nel peggiore dei modi; un esilio quasi che però lo porterà a rimettersi in discussione prima che l’arbitro fischi tre volte il termine di una partita che vale la salvezza: la sua. San Vignan non esiste o esiste in ogni cellula impazzita del nostro corpo che ci obbliga a fermarci, a prenderci il nostro tempo, anche solo per seguire una passione apparentemente futile. La pioggia quasi incessante che si fa sole nel momento peggiore è quasi statistica, deve esserci un momento in cui ci rendiamo conto che giocare una partita già persa può cambiare la sorte e su quel dischetto, quel tiro disperato o quel calcio di rigore va sempre tirato come fosse il primo e l’ultimo che può decidere la nostra carriera, nel nostro campo e in questa vita. «La giusta proporzione delle cose, purtroppo, sta tutta qui, nel toccare con mano qualcosa di ineluttabile e che non ti appartiene. O da cui ti sei salvato. Averne sentito l’alito gelido ed essersi sentito importante. Non poter far nulla per tornare indietro, rimediare».
L’autore
Palermitano, classe 1971, laureato in Giurisprudenza, giurista d’impresa, docente di storytelling e di scrittura creativa per ragazzi autistici e pazienti pediatrici, svolge lezioni di legalità nelle scuole. Appassionato di calcio, è autore di Zupì e gli infedeli, la favola di Don Pino Puglisi e di Vent’anni (vincitore del premio per la legalità “La torre dell’orologio”, 2012). Ha pubblicato il racconto Meglio essere Peter Parker (premio speciale “Fame di Parole” della Società Italiana di Psicologia Sessuologia e Criminologia). Ha inoltre scritto i racconti Oltre la linea bianca, La giostra della memoria (Urban Apnea), Zisa Football Club (CartaCanta) e Stiamo arrivando (Gemma Edizioni). È autore di E vissero tutti feriti e contenti (Ianieri Edizioni, prefazione di Enrico Ruggeri) e di Santa Muerte (Ianieri Edizioni, Premio Presidente della giuria all’Etnabook 2020). Scrive per “La Repubblica – Palermo”, “Stadionews 24”, “Gioco Pulito” (blog de “Il Fatto Quotidiano”) e “City”. Ha collaborato con “Informazione Libera”, “La Valle dei Templi”, “Chizzocute”, “L’Ora”, “Rosalio”, “Giornalettismo”, “Revolver” e “Ingresso Libero”.
Salvatore Massimo Fazio
Il link alla recensione su Letto, riletto, recensito: https://bit.ly/3IsuMOn
Si dice – giustamente – che un buon libro, soprattutto se è un romanzo, debba poter partire da un incipit incisivo. Di quelli, insomma, che catturano subito, se non l’attenzione, la curiosità del lettore. “ L’arbitro fischia. Antoine guarda il portiere: “Possiamo essere immortali”, questo trasmette lo sguardo di tutti I compagni mentre lo osservano in unaslow motion esasperante. Parte, non sa se piazzarla. Si ricorda di quello che gli
diceva David: “… Tira all’angolino, con tutta la potenza possibile se hai dubbi”. Ne ha tantissimi…”
PALERMO – “Quanta vita contiene un piccolo spazio? Un dischetto del rigore raccoglie anni, dolori, sacrifici e sbandate. Per Antoine quel dischetto è l’apocalisse. Il Giudizio Universale. Ha coscienza che comunque vada, in qualsiasi modo tirerà, nulla sarà più come prima…”.
Si dice – giustamente – che un buon libro, soprattutto se è un romanzo, debba poter partire da un incipit incisivo. Di quelli, insomma, che catturano subito, se non l’attenzione, la curiosità del lettore.
“ L’arbitro fischia. Antoine guarda il portiere: “Possiamo essere immortali”, questo trasmette lo sguardo di tutti I compagni mentre lo osservano in una slow motion esasperante. Parte, non sa se piazzarla. Si ricorda di quello che gli diceva David: “… Tira all’angolino, con tutta la potenza possibile se hai dubbi”. Ne ha tantissimi. Si dice anche – e altrettanto giustamente – che regola non scritta di un buon libro, specie di un romanzo, sia la chiusa finale, così che tra l’incipit e quest’ultimo capoverso scorra tutta la trama del racconto. Ebbene, “L’oceano oltre la rete” (Arkadia/Sidekar ed.) di Ettore Zanca rispetta fedelmente questi capisaldi della buona scrittura: l’abbrivio colpisce diritto al cuore e smuove fin dalle fondamenta nel lettore la cattedrale delle emozioni che gli si sono già liberate dentro. E per trattenerle quanto più a lungo possibile – nella vita niente è più bello di una bell’emozione – prosegue nella lettura con l’identica famelica brama del lupo che già pregusta il sapore della preda. Transitando dalla metafora alla critica (intesa nel suo significato etimologico) la storia che Ettore Zanca racconta con appassionata partecipazione emotiva è una storia “di pallone”, che scatena tutta la gamma degli umani sentimenti, quelli buoni ma anche quelli cattivi: dal calcio, inteso come catarsi e riscatto dalle nequizie della vita ma anche come ideogramma del peccato e della ricerca affannosa, e spesso vana, di uscirne indenne. I due personaggi cardine del libro – David e Antoine – rievocano personaggi reali, più o meno recenti,
del mondo del calcio (Davide Astori e la sua morte nel sonno e tanti altri, fra cui, sia pure solo in parte, Balotelli) ma nel libro e nella scrittura avvolgente e travolgente di Zanca diventano due “miti” per la drammatica intensa e coinvolgente storia nella quale si agitano, lottano, vincono e perdono: in una parola prepotentemente esistono come fossero, carne e ossa, accanto a noi. Se i personaggi cardine sono David e Antoine, il protagonista assoluto del romanzo è l’Isola di San Vignan, dove si svolge, nel reale e nell’immaginario, la storia della squadra locale, appena tornata in prima serie, che, per restarci, richiama David, che aveva lasciato l’isola per traguardi più prestigiosi, diventando nel frattempo campione d’Europa e del mondo. Lo richiama, anche se ormai giunto al crepuscolo della carriera, come il capitano ideale di una squadra composta solo da giocatori locali ( anche qui, è palese il richiamo al calcio vero, nella fattispecie quello dell’“Atletico di Bilbao”, che nella Liga spagnola è la squadra composta solo da giocatori baschi. Il che scatena l’ira degli ultras locali per i quali David era ormai diventato “il traditore”, il mercenario che per il vil denaro aveva voltato le spalle non tanto alla sua squadra quanto alla sua isola e alle sue radici. Ira che si ripete, anche più rovente, quando il San Vignan chiama in suo soccorso Antoine, che, in un
sol colpo, trafigge due volte il cuore degli ultras: perché “straniero” e perché indegno della maglia: troppe indagini (anche se spesso solo chiacchiere) sul suo conto per partite truccate e perché spesso osceno nella vita privata. Il romanzo ti “prende” sin dal suo incipit e ti stringe in una morsa dolce e straziante, insieme, perché racconta una storia di calcio che è soprattutto la storia dell’uomo. Nel suo miele e nel suo fiele. Fino alla redenzione.
Ettore Zanca, palermitano, classe 1971, giurista d’impresa, svolge lezioni di legalità nelle scuole, ancora una volta centra il bersaglio: innamorato marcio del calcio racconta una storia di calcio “diversa”,
una storia in cui la sfericità del pallone diventa anche la sfericità del destino dei suoi protagonisti.
Benvenuto Caminiti
Il link alla recensione su l’Italiano: https://bit.ly/3Hc45xo
L’oceano oltre la rete, romanzo di Ettore Zanca pubblicato da Arkadia nel 2022, ha una trama fitta di storie diverse che iniziano e finiscono a San Vignan, un’isola immaginaria sperduta in mezzo all’oceano. Gli abitanti dell’isola vivono della pesca e dell’inscatolamento dei tonni; i loro cuori battono per la squadra di calcio locale. Da lì è partito David Rojo, calciatore che ha avuto successo lontano dalla sua terra; proprio quando si accinge a ritirarsi, viene chiamato a giocare un’ultima stagione a San Vignan. Al centro della sua vita, oltre al pallone di cuoio, ci sono una sorella, pure lei con un talento calcistico, che dall’isola non se n’è mai andata e ha riposto i sogni in naftalina, un’ex moglie rancorosa, una figlia ostile, una compagna paziente che lo aspetta per una svolta definitiva rimandata a causa della trasferta a San Vignan. Così lo descrive Genio, che si occupa della manutenzione del campo di calcio e degli spogliatoi: No, David non è il miglior calciatore che sia passato da qui. Se la cava, sa governare una difesa, con il tempo è migliorato nell’impostazione. Non è uno che cambia le partite. Ma ha due palle così, si prende le sue responsabilità, ha a cuore i compagni e ha senso del dovere. Antoine Gerard arriva a San Vignan in punizione. Calciatore dotatissimo, al quale il successo ha dato alla testa, violento e indisciplinato, alcolista, non è entusiasta dell’esilio di un anno sull’isola, dove nessuno ‒ allenatore, tifoseria, compagni di squadra ‒ è soddisfatto della sua presenza, per i trascorsi oscuri e perché non è più il campione dal tocco di palla divino. Il talento, la confidenza con la palla, sono scosse di istinto che saranno pure impolverate, ma tornano a brillare se eccitate. Una traiettoria impossibile prima che la palla atterri nell’angolino basso. Una banana sinusoidale. Lui c’è ancora, ma non si sa dove di preciso. L’oceano oltre la rete non è un romanzo sul calcio. Attraverso le vicende di una squadra, dei suoi giocatori, dei tifosi, Zanca racconta la vita: con le sue giravolte, i suoi colpi bassi, le discese agli inferi e le risalite, i sogni stracciati e gli improvvisi risarcimenti. Le donne del romanzo, soprattutto Alma e Sara, rispettivamente sorella e compagna di David, sono protagoniste, non figure di contorno, non angeli del focolare. Donne che amano il calcio e gli esseri umani, che decidono in modo autonomo e sono capaci di ribaltare situazioni ritenute irrecuperabili: la prima con l’irruenza di chi sa segnare goal imparabili, la seconda con paziente e accorta gestione del tempo dell’attesa e di quello dell’azione.
Rosalia Messina
Il link alla recensione su SoloLibri: https://bit.ly/3UZYxK0
Pubblicato da Arkadia per la collana sideKar L ’oceano oltre la rete è da leggere assolutamente già dalla dedica che subito sento viva, vivissima e unisce viventi e non più, unisce passato e presente, unisce amici e momenti. Ettore Zanca mi ricorda altri tempi quando lui pubblicò Oltre la linea bianca con Edizioni Urban Apnea. Anche lì il protagonista, Enrico, è un calciatore alla fine della carriera. Leggendo L’oceano oltre la rete non mi sfugge il nome Enrico a cui è dedicato il libro. Una persona carissima per Ettore. Qui il protagonista David, ormai ha deciso di chiudere la sua carriera di calciatore dopo aver vinto moltissime competizioni, però viene chiamato a giocare con la squadra della sua isola per un anno. È un anno importante perché la squadra ha la possibilità di giocare in una Prima Divisione, promossa per la prima volta. Lui decide di tornare sull’isola. Leggendo sento la stranezza della fotografia. Ho un’unica copia di questa mia raccolta sui pezzi dedicati al cinema e in un pezzo dedicato a I love Radio Rock affermo che la vita è un giorno. La vita è un’isola, un ritorno, un abbraccio con una figlia, un attraversare il tempo allacciando il passato al presente in una unica cintura. Allacciamoci le cinture. Ettore racconta con grande partecipazione la vicenda umana e corale di tanti, racconta di chi è rimasto e di chi è partito ma poi è tornato. L’isola di San Vignan è lì davanti ad un oceano smisurato. Gli abitanti vivono di pesca e di calcio. La squadra di calcio diventa un motivo vitale e il simbolo di appartenenza è indossare la maglietta con i colori della squadra. Per questo Daviid Rojo, quando viene convocato, benché avesse già deciso di ritirarsi, decide di tornare sulla sua sua isola dopo aver giocato in squadre nazionali e vinto campionati, troverà ad aspettarlo Antoine e con lui proverà a riunire gli anni e le passioni comuni. Sembra un appuntamento col destino, una chiamata. Raccontato con un ritmo veloce, i fatti si concatenano e si susseguono verso ciò che rende una vita interessante, rifulge l’ostinazione di dare un senso ai gesti, il romanzo cresce e si sviluppa sotto i nostri occhi da spettatori quasi pronti a tifare come davanti ad una partita di calcio ed invece è la vita vera. “San Vignan è una densa percezione tra miraggio e realtà, consapevoli che non ci sono coordinate per l’isola e che esiste una sola possibilità per tornarci: ricominciare a leggere” così nella postfazione di Roberta Noè, giornalista di Sky Sport che ha ispirato il personaggio di Sara, la compagna di David, una donna forte, capace di affrontare le vicende della vita con la fiducia di non farsi travolgere, di poter sempre volgerle in azioni superbe. Credo sia giusto parlare di superbia in modo positivo, intendendo per superbia tutti i riti, i simboli, gli obiettivi che l’uomo si crea per non essere vinto dal destino, dagli eventi.
L’oceano oltre la rete nel Regno della Litweb a testimoniare che la vita è un giorno, però è un giorno bellissimo, un gol dal dischetto.
Ippolita Luzzo
Il link alla recensione su Il Regno della Litweb: https://bit.ly/3SGRNjz
“… io non mi accontento di nutrirmi della felicità che dai a me. Io voglio che anche tu sia felice”.
La frase che ho scelto per introdurre questa recensione, rappresenta molto di ciò che contiene questo romanzo. Racconta da sola i tanti rapporti umani, le numerose relazioni tra persone che l’autore ha saputo tessere, intrecciare, esaltare, allargare e regalarci. Sto per raccontarvi “L’oceano oltre la rete”, scritto da Ettore Zanca, persona dalla biografia e dalla bibliografia di grande spessore, giurista e scrittore affermato, ma non solo, che con questo suo lavoro trova casa presso Arkadia Edizioni nella collana SideKar. Le storie racchiuse in queste pagine si svolgono in questo strano momento storico che è il nostro, tra l’isola di San Vignan e il più vicino continente, in un andirivieni fatto più di sentimenti che di viaggi, sentimenti che ci partecipano i tanti personaggi cui dà vita lo scrittore con estrema attenzione, definendoli uno per uno in modo dettagliato, rispettoso come un artigiano che crea le statuine del presepe. Ettore cesella una ad una le sue figure con estrema delicatezza e le colloca lì, ciascuna dove deve stare, con altrettanta precisione, vicino quel tanto che serve a far star bene le altre. A questo proposito la “rete” del titolo assume sembianze e ruoli diversi, e la rete della relazioni, tra i personaggi, è una di queste. Due sono i protagonisti principali del romanzo, ma sono certo che vi innamorerete di molti altri attori in campo, perché come ho già detto l’autore sa valorizzare ciascun personaggio così che anche colei o colui che paiono quasi delle comparse, sono in realtà importantissimi. I due che per così dire emergono tra i molti sono David e Antoine, due calciatori professionisti, dal curriculum completamente diverso, e soprattutto dalle storie umane personali distanti anni luce una dall’altra. Le loro vite sono diverse e lontane, ma come si suole dire il mondo è piccolo, e proprio a causa delle loro storie va a finire che i due si ritrovano a giocare un anno nella stessa squadra, di un’isola piccolissima, che si fatica persino a pensare che possa avere uno stadio. La convivenza all’inizio non è per niente facile, in campo, nello spogliatoio, ma soprattutto fuori, in un paese di pescatori che faticano tutto il giorno, e che non è così aperto come si potrebbe pensare. Le storie personali pesano e si fanno strada col passare dei giorni, reclamano spazio con forza, mettendo addirittura in secondo piano un mondo, quello del calcio, che nella nostra realtà quotidiana ha invece più spazio di temi di vitale importanza, di grandi tragedie, di storie umane che vorrebbero di più la nostra profonda attenzione. Antoine e David hanno anche qualcosa in comune, che paradossalmente è una mancanza, un’assenza, quella del padre, e dentro sé stessi allevano una rabbia potentissima che poi sfogano, David in campo senza grandi danni, e Antoine fuori con grandi danni. Ricordate la frase iniziale? (Io voglio che anche tu sia felice) Le donne di questo romanzo sono grandi donne, e potrei fermarmi qui, per evitare luoghi comuni, banali considerazioni, perché è meglio leggere il libro e godere di come lo scrittore racconta il contributo attivo di livello altissimo che ciascuna di loro, Sara, Amaranta e Alma, da all’intreccio di tutto il romanzo, alla vita dei personaggi e della comunità di San Vignan. Io mi sono innamorato di Alma, una persona dalla forza incredibile, sola ma in grado di calamitare le folle, di spronare un esercito, di amare e rimproverare come poche. Stupenda. Libera. David e Antoine, insieme ai loro compagni di squadra, hanno un compito non facile, soprattutto in un mondo come quello del calcio, che appare colorato, luccicante e rumoroso, ma nasconde anche lati oscuri, cupi e beceri. Ma non preoccupatevi amici lettori, se già il calcio non vi piace, se già legittimamente siete più che stufi di partite ad ogni ora di ogni giorno dell’anno, e quest’anno ci sono pure i mondiali, a cui però l’Italia non parteciperà. Dicevo, non preoccupatevi. Questo è un romanzo bellissimo, a mio parere, sulla vita delle persone, sulle relazioni tra le persone, ed è un romanzo privo dei più diffusi stereotipi calcistici. Gli stessi protagonisti potevano svolgere un qualunque altro lavoro che implicasse l’importanza della collaborazione, dell’aiuto reciproco, del “team building” come dicono quelli bravi. Non c’è un assassino, non c’è un colpevole, ma il romanzo cresce di intensità pagina dopo pagina, nello svelarsi, grazie all’intensità dei rapporti personali, di scene inaspettate, con tanto di sorpresa finale, importante. Tuffatevi nell’oceano che c’è oltre la rete. Buona lettura. “Se la vita ci dà in sorte i parenti, gli amici con il nostro stesso sangue li scegliamo noi”.
Claudio della Pietà
Il link alla recensione su Senzaudio: https://bit.ly/3S6RxcP
David Rojo a 39 anni è pronto al ritiro, lui che in carriera ha vinto tutto con il club e con la nazionale e adesso può godersi la vita con la fidanzata Sara, affascinante giornalista sportiva. I suoi programmi però vengono stravolti dall’improvvisa e inaspettata promozione nella massima serie del San Vignan, la squadra dell’isola dov’è nato e che ha dovuto lasciare per coronare il sogno di diventare un campione. Il San Vignan infatti, ospita in squadra solo persone nate sull’isola e David non può esimersi dal rispondere a quella chiamata. Tuttavia, quello che spinge David ad accettare di giocare un altro anno non è solo l’amore per la squadra che l’ha lanciato, ma soprattutto la presenza sull’isola di Amaranta, la figlia che non vuole più parlare con lui. David quindi, oltre a lottare con il San Vignan per salvare la squadra e convincere gli scettici di non essere né un mercenario né un giocatore bollito, dovrà impegnarsi per recuperare il rapporto con la figlia. Gerard Antoine, al contrario di David, non è nato sull’isola, ma è stato costretto ad accettare di andarci a giocare in prestito. Gerard infatti, ha un grande talento che però sta sprecando dietro alcol, donne e giri di scommesse tutt’altro che leciti. A causa del suo caratteraccio, Gerard si trova in breve tempo anche ai margini del San Vignan, dopo aver litigato con lo stesso Rojo ed essersi fatto squalificare. L’unica che sembra credere ancora in lui è Alma, la sorella di David, che contro il volere del fratello decide di allenarlo quando viene messo fuori rosa. Alma infatti, sa che l’unica speranza di salvezza della squadra è rappresentata proprio dal talento cristallino di Gerard, il giocatore in grado di cambiare non solo una partita ma l’esito dell’intera stagione.. L’oceano oltre la rete, come si intuisce da titolo, non è solo un romanzo sul calcio ma una storia che attraverso il calcio parla della vita, o volendo citare Sartre “il calcio come metafora della vita”. Nell’epopea calcistica del San Vignan, squadra chiaramente ispirata all’Athletic Bilbao – team spagnolo famoso per tesserare solo giocatori baschi, si intrecciano i destini di uomini diversi che lottano per un unico grande obiettivo. Su tutti il carismatico David Rojo – ispirato alla figura del grande capitano della Fiorentina Davide Astori, l’uomo che ha lottato e dato tutto al calcio prendendosi soddisfazioni enormi, ma anche l’amarezza di dover rinunciare all’amore dell’unica figlia; e Gerard Antoine, un predestinato baciato dal talento, tanto forte in campo quanto fragile fuori di esso. Intorno a loro, tre figure femminili: Sara, la bellissima giornalista sportiva che tutti, tranne David, sembrano apprezzare solo per l’aspetto esteriore; Alma, che ha sacrificato il proprio talento per favorire l’ascesa del fratello; e Amaranta, che vorrebbe riavvicinarsi al padre ma allo stesso tempo teme di ferire la madre. E poi c’è l’isola, con la sua vita ardua e faticosa; un posto dove si vive di pesca del tonno e pallone, simbolo di quel calcio di provincia “puro” in cui l’identificazione con la maglia vale più dei soldi ed è ancora lecito sognare. L’oceano oltre la rete è una storia di sport, ma anche di resilienza, dignità, solidarietà, impegno, sudore, seconde occasioni. Un bel romanzo da leggere per tutti, non solo amanti del calcio.
Luigi Pizzi
Il link alla recensione su Libri & Cultura: https://bit.ly/3BKRQoa
“La grande popolarità del calcio nel mondo non è dovuta alle farmacie o agli uffici finanziari, bensì al fatto che in ogni piazza, in ogni angolo del mondo c’è un bambino che gioca e si diverte con un pallone tra i piedi”. (Zdenek Zeman)
Forse proprio in questa frase è racchiuso il senso vero del romanzo ” l’oceano oltre la rete”. L’isola di San Vignan, tra alte scogliere che delimitano e proteggono da un oceano perennemente arrabbiato, è un luogo particolare, qui o si pescano tonni o si gioca a calcio. Altro non esiste… In quest’isola è nato David, calciatore di successo, pronto a ritirarsi. Fino a che la squadra dell’isola per un miracolo, o chissà per cosa, sale in prima divisione del campionato. Ora dovrà vedersela con le squadre blasonate, compresa l’ultima squadra di David, dovrà lottare con le unghie e con i denti per non retrocedere al primo colpo. Uno dei primi ad essere richiamato è David, che già stava organizzando la sua vita post calcio con la sua Sara, una giornalista sportiva profondamente innamorata di lui. Al San Vignan esiste una regola non scritta: ha diritto di giocare in squadra solo chi è nato all’isola. Non sono ammessi stranieri (basta vivere sul continente, sulla terraferma per essere considerati stranieri). Ma il rifiuto di alcuni calciatori nativi dell’isola a tornare per lottare per la salvezza costringe la dirigenza a prendere nelle fila della squadra una mina vagante: Antoine. Il calcio è forse l’unico sport in cui non sono in gioco solo una vittoria e una sconfitta. Il calcio, in alcuni contesti diventa l’unica strada per una riscossa sociale, l’unico modo per salvare una vita. L’oceano oltre la rete non è un romanzo che parla di calcio, Ettore Zanca è riuscito a creare un intreccio meraviglioso che pone il calcio come uno scenario dove la vita si intreccia con la rivincita del più debole attraverso un goal. Ma è bel altro, un percorso di vite difficili, quasi alla deriva, dove l’amore e le donne riescono ad essere l’ago della bilancia, riescono queste donne mosse dall’amore a recuperare vite che sembravano perdute. I personaggi escono fuori dal libro, sono meravigliosi, forti, ben delineati e tutti in qualche maniera compiono il viaggio dell’eroe. Tutti devono lasciare il loro mondo per entrare in un mondo straordinario e combattere per uscirne indenni. Amaranta, è sempre stata convinta che suo padre David, abbia voluto abbandonarla scientemente. Invece è solo una pedina sulla scacchiera della rabbia materna verso suo padre che l’aveva tradita. Alma, la sorella di David, è una donna volitiva, bravissima a giocare al calcio, ha sacrificato il suo talento alla cura materna, già David era andato via. La sua forza, il suo amore, la sua cocciutaggine riescono a fare il miracolo. A salvare una vita che andava alla rovina. Sara, giornalista sportiva compagna di David, vive con dolore la scelta di David di tornare all’isola, ma sa che solo in quel luogo il suo compagno può sciogliere quei nodi che per tutta la vita gli hanno impedito di essere completamente felice, uno su tutti: Amaranta, sua figlia. Ho voluto sottolineare solo le donne, in quanto hanno un ruolo fondamentale nella vita degli uomini che sono nella loro vita. Una storia forte, bellissima, di rinascita, di appartenenza. Tu puoi decidere di lasciare l’isola ma l’isola non lascia mai te. David, confesso che l’ho amato profondamente, è ben lontano dall’essere un uomo perfetto, ma ha una nota caratteristica: cammina sempre a schiena dritta. La sua dignità è quasi commovente, la sua onestà, il senso del dovere e la caparbietà di portare a termine l’impresa impossibile a cui è stato chiamato. Del resto, lui è il capitano della squadra, come lo è stato nella sua squadra di sempre. David è un allenatore in campo, è un vero leader, il calcio per lui è emozione, non potrebbe vivere lontano da quel rettangolo verde… infatti vive quasi con terrore il momento in cui tutto finirà e dovrà a 38 anni rifarsi una vita. Ma David non è solo questo, è generoso, e forse nemmeno chi ci vive ha a cuore il destino dell’isola come lui… Antoine, per me un coprotagonista, un fuoriclasse, un calciatore di talento che spreca la sua vita e il suo grande talento lasciandosi andare agli eccessi, alle scommesse, all’alcool. Vive al di sopra delle sue possibilità e odia il mondo. San Vignan per lui, forse, sarà la vincita del primo premio alla lotteria, anche se per lui sono un’isola di mangia tonni… San Vignan, è un avamposto sperduto, lontano dal mondo civilizzato, chi va via raramente torna. Ma se torna lascia il segno… Un romanzo meraviglioso, uno dei pochi che mi hanno fatto incazzare per una scelta dell’autore, di cui ovviamente non parlerò sarebbe spoilerare il cliffhanger che Ettore ha creato meravigliosamente, che mi ha commosso, si lo ammetto nelle ultime pagine ho versato qualche lacrimuccia. Ma soprattutto è un romanzo che è riuscito a trasferire al lettore l’emozione della vita, l’emozione che solo il calcio sa dare, quel goal che cambia le carte in tavola, sono una metafora della vita: anche chi apparentemente è più debole può vincere. Leggetelo questo romanzo, vi emozionerà profondamente, vi farà riflettere sul senso vero della vita.
La descrizione del testo
L’isola di San Vignan è l’ultimo avamposto civile prima del nulla di un oceano sconfinato. In quello scoglio sperduto esistono solo due ragioni di vita: la pesca e il calcio. La squadra locale ha una regola ferrea cui non è mai venuta meno: vesti quella maglia solo se sei nato a San Vignan. David Rojo è il giocatore locale più famoso. Ha vinto tutto nella vita, giocato per nazionale e squadre importanti. Ma ora torna a casa. E da questo momento la sua vita cambierà per sempre. Un romanzo sul calcio, sull’onore ma, soprattutto, un romanzo in cui le donne rivestono un’importanza basilare, come figlie, madri, mogli, compagne. Per loro la salvezza in ballo non è solo quella di una squadra ma di persone che segneranno percorsi che si ritroveranno sul dischetto di un rigore da battere, perché per tutti sarà quella la porta da oltrepassare per non essere condannati prima del tempo.
Elisa Santucci
Il link alla recensione su Il mondo incantato dei libri: https://bit.ly/3P175Ne
Siamo abituati a protagonisti di romanzi italiani che esercitano professioni intellettuali, sono spesso scrittori in crisi di mezz’età, oppure avvocati, giudici, artisti in cerca di ispirazione, in qualche caso invece sono giovani alla caccia di esperienze che li addestrino a vivere, oppure criminali spinti dalla voglia di riprendersi ciò che sentono proprio e che la natura matrigna, o la società ingiusta, gli hanno negato. Abbastanza inconsueto è vedere come protagonista un calciatore, come avviene nell’ultimo romanzo di Ettore Zanca, L’oceano oltre la rete (Arkadia editore, collana SideKar, 2022). L’autore, che ha al suo attivo diversi romanzi e racconti, oltre a collaborare con riviste e quotidiani, insegna storytelling emozionale e sportivo, è docente di scrittura Creativa per ragazzi autistici e per pazienti dei reparti pediatrici degli ospedali, svolge lezioni di legalità per scuole elementari, medie e licei. In questo romanzo racconta di David Rojo, un calciatore di grande successo sportivo, che torna a fine carriera nell’isola di San Vignan per giocare nella squadra locale dei suoi esordi, salita per un caso fortuito del destino – inopinatamente e senza preparazione – nella massima serie. Ma la sua non sarà solo un’impresa calcistica, dovrà fare i conti con gli altri, con sé stesso, con le donne della sua vita, in una terra che è poco più di uno scoglio immerso nel mare. L’ho trovato un romanzo bello, che si legge senza annoiarsi, e che lascia più di qualcosa al lettore quando è finito. Così mi è venuta voglia di fare una chiacchierata con Ettore.
L’oceano oltre la rete è un romanzo sul calcio o sull’amore?
È un romanzo sulle varie coniugazioni e trame a volte distorsive dell’amore. Da quello dei sentimenti viscerali e carnali a quello per un’isola, San Vignan, solo apparentemente ostile dove chi arriva non riparte, passando per l’amore genitoriale e le sue difficoltà di recupero. Il tutto con il veicolo più vicino alla vita nei suoi improvvisi cambi di fronte e colpi di genio al limite del triplice fischio: il calcio.
Il protagonista è un campione che ha vinto tutto e ritorna a fine carriera nell’isola da dove è partito, ti sei ispirato a qualcuno in particolare?
Il protagonista, David Rojo, è una mistura di ispirazioni che lui stesso ammette. Ha come idoli Rafael Alkorta, che fu capitano dell’Athletic Bilbao e leggendo si capirà perché lo adora e Gaetano Scirea. Lui ha un modo molto umile ma consapevole di approcciarsi alla vita. È di poche parole e molto corretto. Almeno così sembra. Possiamo dire che è l’unione dei grandi capitani di poco verbo e tanta concretezza, oltre ai succitati mi vengono in mente Zanetti, Bergomi, Maldini, Del Piero.
Lui è considerato un traditore, perché se n’è andato. Tu hai mai provato una sensazione simile nella tua vita?
Al suo arrivo una frangia degli isolani lo considera un mercenario e parte della squadra non è proprio entusiasta. E sarà così che tutto comincia per poi dipanarsi fino all’arrivo di uno “straniero”. Di essere considerato un traditore per aver lasciato la mia terra, no. Non mi è successo. Piuttosto mi è accaduto il contrario. Sono io a essermi sentito tradito perché la mia terra mi ha lasciato andare. Anche se poi per certi versi tutto quello che è accaduto dopo ne è valso abbondantemente la pena.
È anche un romanzo sul ritorno, no?
Per certi versi è un romanzo che cerca di trasmettere il messaggio che i ritorni non contengono mai la stessa terra, le stesse persone e le stesse anime che abbiamo lasciato. Nel bene e nel male tutto si perde come acqua salata tra le mani e si stringe come le conchiglie dalle forme strane che ci restano tra le dita e sono più preziose dei diamanti. E cerca anche di fare capire che bisogna andare oltre le apparenti ostilità per trovare una mano che ti stringe nella notte più buia. Quella dell’anima.
Chi è Amaranta?
È una delle “protagoniste in crescendo” di questo romanzo, ovvero quelle che poi daranno alla trama una connotazione determinante: le donne nella veste di figlie sorelle e compagne. Amaranta è la figlia di David Rojo. La ragione principale per cui David torna sull’isola a giocarsi un campionato che non aveva preventivato. Il resto lo si capirà leggendo.
Tu hai mai giocato a calcio, in quale ruolo?
Ho giocato a calcio per una vita e ne ho respirato la canfora di spogliatoi dismessi di categorie molto inferiori. In questo calcio fuori dai radar del talento e dei grandi palcoscenici, ho dato il meglio di me come portiere, laterale difensivo e per un breve e felice periodo, attaccante. Ma non credo che il mondo del calcio abbia ricordi nitidi di me. Ero uno che amava il lavoro oscuro. Era meglio dare la palla “a chi finalizza il gioco”, come dice una canzone.
Chi ha ispirato la figura di Sara, la giornalista televisiva compagna del protagonista?
Esattamente l’autrice della postfazione. La giornalista di Sky sport Roberta Noè. Quando scrissi il romanzo non ci conoscevamo. La vedevo in TV e ho “immaginato” come potesse esprimersi e comportarsi una donna che, come riportato tra le pagine, “parla la stessa lingua di David Rojo” e ha un modo unico di intendere la professione. Lei mi è stata di ispirazione. Quando poi l’ho contattata per dirglielo, ha voluto leggere e il romanzo le è piaciuto. E da allora le sue parole fanno parte integrante del libro. E peraltro mi piace l’idea che ci sia tra le pagine una donna nel mondo del giornalismo calcistico che ancora si declina al maschile in prevalenza.
Osvaldo Soriano, le poesie di Saba, ecc., il gioco del calcio nel tempo ha prodotto letteratura, ne hai tenuto conto per scrivere il romanzo?
Certo che sì. Aggiungerei anche Vladimir Dimitrijevic con il suo “la vita è un pallone rotondo”. Però la letteratura romanzata sul calcio non ha un filone molto omogeneo e coerente. E quindi scrivere un romanzo su una squadra di un’isola inventata è stato un impegno senza troppe luci di faro a riferimento. Ci sono racconti e romanzi sparsi ma non una direzione netta. Però, come detto, non ho scritto “di calcio”, ho scritto “tramite” il calcio.
C’è un famoso romanzo di Peter Handke che parla della paura di un portiere prima del calcio di rigore, tu l’hai rovesciato. Qui la paura è quella dell’attaccante?
La paura è dell’uomo. Alla fine non è “il calciatore” che va sul dischetto. Lì chiunque smette di essere ciò che è. Il dischetto è lo spazio che la vita ti concede tra una scelta giusta e un errore atroce. E lì se hai fantasmi in giro che non hai messo a dormire, ritornano e ti entrano dentro devastandoti. In questo romanzo l’uomo, l’essere umano è anche un attaccante.
Quanto è importante segnare un rigore al momento giusto? E se poi non lo segni?
Mi hai fatto venire in mente il rigore sbagliato di Baggio col Brasile ai mondiali del 1994. Segnare un rigore, nell’immenso romanzo casuale del mondo, cambia destini inimmaginabili e spesso, se vinci, è la firma eterna per cui sarai ricordato. Sbagliarlo è una lezione di vita che per sempre ti farà aprire gli occhi prima della sveglia. Il rigore è un po’ la metafora della vita quando ci mette davanti alle scelte. Quelle a collo di bottiglia dove o ci siamo o non ci siamo. E anche se sbagliamo dobbiamo sbagliare con ogni cellula del nostro corpo e credendo a quello che stiamo facendo. Come canta Diodato al “Divin Codino”: “lo so potrà sembrarti un’esagerazione, ma pure quel rigore, a me ha insegnato un po’ la vita”.
Il link all’intervista su Storygenius: https://bit.ly/3aG8vyv
L’autore
Redattore per Gioco Pulito e Stadionews 24, ed ex collaboratore di Repubblicae L’Ora, Ettore Zanca è un docente di storytelling emozionale e sportivo e giurista d’impresa palermitano, classe ’72. La carriera editoriale iniziata nel 2012 con “VENT’ANNI. In memoria delle stragi del ’92” e portata avanti con altri 3 romanzi, fino ad oggi, gli ha permesso di vincere il premio speciale del Presidente della giuria Etnabook 2020 con il suo penultimo lavoro, “Santa Muerte”.
Il libro
Il romanzo, utilizzando l’elemento calcistico in chiave simbolica, si concentra sulla determinazione delle donne a prendere in mano le loro vite e cercare di recuperarle. La storia, suggestiva tanto quanto il tema affrontato, è ambientata sull’isola di San Vignan, un avamposto civile che rappresenta il confine oltre il quale ci si immerge nel nulla di un oceano. Proprio in quella zona si vive in funzione del calcio e della pesca. La squadra locale, omonima dell’isola, proprio come in una compagine di livello professionistico, ha il suo bomber: David Rojo. Quest’ultimo, dopo aver collezionato diversi successi nel corso della sua carriera, sente la necessità di ritirarsi all’età di 39 anni. Tuttavia il destino gli impone di giocare ancora proprio nel momento in cui il San Vignan fa il salto di categoria ottenendo la promozione nella massima serie. Il protagonista, però, si ritrova immerso in luoghi a lui sconosciuti. Ciò lo costringerà a dover fare i conti con un passato pieno di tante difficoltà. E proprio in occasione dell’uscita del suo nuovo libro, quarto della sua breve ma proficua carriera editoriale, Ettore Zanca è intervenuto ai microfoni della nostra redazione per raccontarci alcune interessanti curiosità.
Da cosa nasce l’idea di scrivere un romanzo a sfondo calcistico?
“Volevo parlare della seconda causa di battito cardiaco accelerato dopo l’amore, ovvero il calcio. Tuttavia volevo anche un alibi per poter raccontare l’essere umano in tutte le sue sfaccettature tramite un mondo che è tanto metafora di vita, espressione poco originale ma efficace. In più volevo far capire a chi non ama il calcio che chi vive quel mondo spesso ha dentro un romanzo inimmaginabile a prima vista”.
Qual è il messaggio che “L’oceano oltre la rete” vuole dare ai lettori?
“In realtà i messaggi sono tanti. Il libro parla di amori, proprio così al plurale, di donne che sono anima delle scelte di uomini, di ricerca della salvezza che a volte arriva con segnali criptici e nella maniera che meno ci piace. E parlaanche di radici e richiamo al passato: e le radici possono essere segno di solidità ma anche di un blocco e una fatica a cambiare che può diventare tossica.Voglio far capire che tutti abbiamo almeno una possibilità di cambiare la nostra vita, che spesso però si racchiude in pochissimo spazio come può essere un dischetto del rigore”.
Il tuo libro può essere considerato il prosieguo di un percorso editoriale già avviato da anni?
“Diciamo di sì. Ho cominciato nel 2012 e sono al mio quarto libro pubblicato, nel frattempo ho scoperto quanto sia bello insegnare anche ad altri come emozionare narrando. Sto seguendo un percorso e non intendo fermarmi, anche perché per me sarebbe come smettere di respirare. Adesso sto lavorando al nuovo romanzo”.
Dopo una prima lettura, cosa direbbe Ettore Zanca lettore a Ettore Zanca giornalista?
“Sinceramente non so parlare molto a me stesso in questi termini. Soffro un po’ della sindrome dell’impostore, per cui tendo a non farmi troppi complimenti. Se leggessi questo libro, da lettore, sarei contento, perché in Italia non c’è un filone così radicato del racconto romanzato sul calcio. Ci sono saggi, racconti storici, anche momenti belli di un periodo particolare (il libro sullo scudetto della Samp con Vialli e Mancini a mio avviso è scritto molto bene): però è tempo che forse iniziamo a raccontare il calcio come merita. Un romanzo, appunto, che nel mio caso, da autore a lettore, spero tanto emozioni”.
Francesco Paolo Tusa
Il link all’intervista su Tifosi Palermo: https://bit.ly/3IjgZYS
LIBRI- Un romanzo in cui il calcio è scenario di esistenze che si inseguono, dove è la tenacia delle donne a recuperare vite alla deriva e la salvezza in ballo non è solo della squadra ma di persone i cui destini si incroceranno sul dischetto di un rigore da battere. E’ questo «L’oceano oltre la rete», della collana SideKar, ultima fatica letteraria di Ettore Zanca.
Il libro
L’isola di San Vignan è l’ultimo avamposto civile prima del nulla di un oceano sconfinato. In quello scoglio sperduto esistono solo due ragioni di vita: la pesca e il calcio. La squadra locale ha una regola ferrea cui non è mai venuta meno: vesti quella maglia solo se sei nato a San Vignan. David Rojo è il giocatore locale più famoso. È stato sulla terraferma dove ha vinto tutto, campionato del mondo incluso. A 39 anni non ha più nulla da chiedere al mondo del pallone. Prossimo al ritiro, con la testa solo rivolta al proprio futuro, per un gioco del destino, in quel momento, il San Vignan sale nella massima serie e Rojo viene chiamato dalla squadra. Al suo ritorno nell’isola, si troverà catapultato in un luogo che non riconosce, tra vecchi rancori, amori svaniti, incontri e scontri con un passato che non se ne è mai andato.
Ettore Zanca
Palermitano, classe 1971, laureato in Giurisprudenza, giurista d’impresa, docente di storytelling e di scrittura creativa per ragazzi autistici e pazienti pediatrici, svolge lezioni di legalità nelle
scuole. Appassionato di calcio, è autore di Zupì e gli infedeli, la favola di Don Pino Puglisi e di Vent’anni (vincitore del premio per la legalità “La torre dell’orologio”, 2012). Ha pubblicato il racconto ‘Meglio essere Peter Parker (premio speciale “Fame di Parole” della Società Italiana di Psicologia Sessuologia e Criminologia)’. Ha inoltre scritto i racconti Oltre la linea bianca, La giostra della memoria (Urban Apnea), Zisa Football Club (CartaCanta) e Stiamo arrivando (Gemma Edizioni). È autore di E vissero tutti feriti e contenti (Ianieri Edizioni, prefazione di Enrico Ruggeri) e di Santa Muerte (Ianieri Edizioni, Premio Presidente della giuria all’Etnabook 2020). Scrive per “la Repubblica – Palermo”, “Stadionews 24”, “Gioco Pulito” (blog de “Il Fatto Quotidiano”) e “City”. Ha collaborato con “Informazione Libera”, “La Valle dei Templi”, “Chizzocute”, “L’Ora”, “Rosalio”, “Giornalettismo”, “Revolver” e “Ingresso Libero”.
Gabriele Giovanni Vernengo
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