Le colpe di chi sta a guardare
«Non è romanzo sulla pedofilia, di cui tutti hanno quasi paura e per questo nessuno ne parla. È un romanzo sui sensi di colpa e sulle omissioni degli adulti, sul fatto che non sanno più essere maestri e riferimento per i più giovani. Sanno solo manomettere le loro vite». Davide Grittani aspetta con ansia il giudizio dei lettori: è appena uscito il suo nuovo romanzo, “La bambina dagli occhi d’oliva”, pubblicato dall’editrice cagliaritana Arkadia. Un libro destinato a lasciare il segno. «Gli altri emulano, Grittani scrive» è il parere secco di Margaret Mazzantini. «E mi fa sorridere – va avanti la scrittrice – che si pensi che scriva storie alla Mazzantini. Io penso solo che scriva storie affascinanti e lo faccia benissimo». Grittani, pugliese con un mare di Sardegna attorno al cuore, sta già incassando una vagonata di parole entusiaste su questo suo nuovo romanzo ispirato alla storia di Dolores O’Riordan, leader dei Cranberries, morta a 47 anni affogata nella vasca da bagno di un albergo di Londra, nel 2018. Grittani ne prende in prestito il destino per raccontare una violenza di cui si parla sempre poco e male. «Stavo scrivendo il romanzo, quando casualmente ho letto della sua feroce infanzia – racconta –. Dolores ha subito abusi da una persona di fiducia della sua famiglia dagli 8 ai 12 anni. Il tutto in una cornice ideale per questo genere di delitti, cioè una famiglia cattolicissima e tra persone di fiducia. Insomma tutto quello che mi premeva raccontare, come le omissioni degli adulti diventino colpe e si trasformino in delitti. In genere, non mi interessa chi preme il grilletto… ma chi ha assistito e non dice nulla. Trovo più assassino il secondo del primo». «La narrazione rivela la maturità di un autore – sottolinea il giornalista Furio Colombo parlando di Grittani – che in pochi anni ha risalito un interessante e attraente debutto, fino a raggiungere la capacità di affrontare – senza precauzioni e addolcimenti letterari, senza ricerca di armonia con il Lettore – la implacabile durezza dei fatti di alcune vite rimaste allo scoperto. “La bambina dagli occhi d’oliva”, ultimo romanzo di Davide Grittani, entra nella narrativa contemporanea come un libro diverso che resta diverso, e non cerca protezione nelle abitudini tradizionali del romanzo italiano. Ovvero non è romanzesco. Per questo merita spazio, e non credo che gli mancherà». Giornalista classe 1970, nato e cresciuto a Foggia, già presentato al Premio Strega con il romanzo “La rampicante” (LiberAria 2018), Davide Grittani è un habitué della Terra dei nuraghi. «In Sardegna ci vivono mia madre e suo marito, nel Sulcis – dice –. Ci vengo almeno tre volte l’anno. Una terra che trovo selvaggia e bellissima, saccheggiata ai tempi dell’estrazione del carbone ma adesso un po’ abbandonata. Qui la salute delle persone è stata messa a serio rischio, con una percentuale elevata di casi di Sla: questa cosa mi ha scosso, perché di queste morti silenziose nessuno parla, nessuno parla del dramma delle famiglie di questi malati che devono farsi carico di tutto».Lui, intanto, con “La bambina dagli occhi d’oliva” ha deciso di raccontare le quotidiane colpe degli innocenti e i delitti che commettono anche i giusti, riportando al centro della scena i fantasmi solitamente più duri a morire: i nostri sensi di colpa. «Quello che facciamo ai bambini resta per sempre» si legge sul retro di copertina. Accanto all’incredibile storia di Sandro e Angelica scorrono le voci e i volti di chi è stato condannato a sopravvivere. Sullo sfondo l’agonia della città più bella del mondo, metafora di un tempo che sa trovare pace solo nella guerra. Attraverso una narrazione visiva, quasi cinematografica, a tratti sensoriale, Davide Grittani centra in pieno l’obiettivo: catturare l’attenzione e costringerla a restare vigile fino all’ultima riga dell’ultima pagina. Una capacità di scrittura che ha conquistato anche il regista Dario Argento: «Hanno scritto e detto molto su “Profondo rosso” – sono parole sue –, ma ritrovarlo in un romanzo come il pretesto di una storia mi ha fatto piacere. Mi ha ricordato quello che volevo raccontare quando ho girato il film, le verità nascoste male sotto le nostre tappezzerie».
Luciano Piras
Il link all’articolo su La Nuova Sardegna: https://bit.ly/2XmsxaW