“ Cagliari, 13 giugno 1781, chiesa di Sant’Eulalia.
«Evviva gli sposi!» «Lunga vita ad Annica e Gio Maria!»
Gli invitati in festa per il lieto evento lanciavano spighe di grano e rose che, stagliandosi su un cielo vespertino rosato dal tramonto, ricadevano al suolo tappezzandolo di macchie dai colori tenui. Un profumo di petali appena raccolti saturava l’aria lieve e tiepida di quel giugno cagliaritano. […] La tattica della riservatezza che le avevano imposto nei confronti del fidanzato poteva essere abbandonata e la ragazza poteva ora aprirgli il cuore. Era ardente e piena di vita come una bambina da quando si era tolta il peso di dire «Sì».”
Con questo incipit la scrittrice siciliana Adriana Valenti Sabouret ci coinvolge subito nella vicenda della giovane coppia, Annica Belgrano e Gio Maria Angioy, che si appresta a iniziare un viaggio difficile, nonostante l’amore che li unisce. Avranno tre figlie: Speranza, Giuseppa e Maria Angela. Dopo la morte improvvisa della madre le tre sorelle perderanno anche il padre che diventò sempre più insofferente al regime totalitario dei Savoia che governavano l’isola e abbracciò gli ideali democratici per difendere i contadini dagli abusi dei feudatari. A causa delle sue idee libertarie, fu bollato come traditore e fuorilegge. Dovette fuggire per evitare la condanna a morte.
Visse gli ultimi suoi anni a Parigi, solo e malato, assistito da Madame Dupont, una locandiera, fino al giorno della morte. Nel secondo romanzo “Le nobili sorelle Angioy”, la scrittrice, continua con un lavoro investigativo e capillare sulle vicende legate al patriota sardo e alla sua famiglia, dove racconta e spiega perché le figlie si rifiutarono di incontrare Madame Dupont. Giovanni Maria Angioy, ebbe una brillante carriera accademica, che lo portò a far parte della Real Udienza, il massimo organo giurisdizionale dell’epoca. Fu il cardine nella Sardegna di fine Settecento, rimasto simbolo di uniformità e di patriottismo ancora oggi. Un intellettuale arguto e intelligente: le sue idee politiche erano, già allora, all’avanguardia: la sua visione realistica sull’economia della Sardegna è ancora motivo di riflessione e di discussione.
“Il suo impeto di gioia alla vista della figlioletta era stato offuscato dalla famiglia Belgrano, moralmente troppo distante da lui. I loro due mondi incompatibili: legati alle apparenze e attaccati ai beni i Belgrano; idealisti, spirituali e liberali gli Angioy, degnamente rappresentati da Giovanni Maria. Non che l’uomo non badasse al materiale: sapeva essere concreto e occuparsi di finanze ma non tanto da farsene abbagliare. Il denaro era per lui mezzo e non il fine.”
Traspare dal romanzo tutta la forza di quel periodo di dure lotte. Il ruolo radicato profondamente nella nobiltà feudataria iniziò a sgretolarsi già sul finire del ‘600 e continuò la sua lenta decadenza per tutto il ‘700 fino alla rivoluzione francese. La contestualizzazione storica del romanzo indica che le ragioni della decadenza feudale furono l’economia e la politica, la mancanza di uno spirito imprenditoriale e l’assenza di quella visione nuova, auspicata da Giovanni Maria Angioy, necessaria per gestire un feudo. Nel sottofondo c’era la Cagliari ancora avviluppata nelle proprie tradizioni arcaiche: tradizioni che furono i punti nevralgici della ribellione, spianando la strada alla “Sarda rivoluzione.” I sudditi rivendicavano una parte degli impieghi civili e militari e una maggiore autonomia alla classe dirigente locale: al rifiuto, da parte del governo Piemontese, la borghesia cittadina con l’ausilio del resto della popolazione incitò all’insurrezione; le idee di autonomismo e indipendentismo isolano iniziarono a prendere forma, esprimendosi apertamente contro la tirannide del feudalesimo difeso dai Savoia a danno dei sudditi sardi: infatti l’imposizione fiscale era molto pesante.
La lotta iniziata già negli anni Ottanta del Settecento, proseguì negli anni Novanta attraversando tutta l’isola. Pesò molto il rancore che la Sardegna fosse chiamata in causa nella guerra della Francia rivoluzionaria contro gli stati europei e di conseguenza contro il Piemonte. Nel 1793 una flotta francese tentò di sbarcare a Carloforte e a Cagliari. I Sardi opposero resistenza con ogni mezzo a loro disposizione, in difesa della loro terra e dei piemontesi. Questa vittoria contro i francesi diede fervore alla popolazione, che si aspettava una ricompensa per la fedeltà alla Corona, la quale ricompensa non arrivò mai. L’arresto comandato dal viceré di due membri del partito patriottico, gli avvocati cagliaritani Vincenzo Cabras ed Efisio Pintor, fu la scintilla che diede inizio all’insurrezione. Proprio il 28 aprile del 1794, la popolazione esasperata decise di allontanare il viceré e tutti i piemontesi. Sono i giorni “de s’aciapa”(la caccia ai piemontesi ancora in città). Incoraggiati, gli abitanti di Alghero e Sassari, fecero altrettanto. “Sa die de sa Sardigna” è la festa del popolo, per i “Vespri Sardi”, ovvero la rivolta popolare del 28 aprile 1794, che ricorda, appunto, l’allontanamento da Cagliari dei Piemontesi e del viceré.
“Gio Maria, se solo riusciste a comprendere il bene che vi voglio…ma la vita che conducete non è la mia. Le vostre lotte non soltanto mi lasciano indifferente ma m’infastidiscono e disturbano la mia famiglia. Potremmo vivere bene, insieme siamo una forza. […] Occupate un incarico di prestigio.[…] Perché con i vostri atti vi ponete a rischio di offendere il governo sabaudo? Perché non mettete a tacere le idee che vi spingono a lottare per gente che neanche conosciamo? Il popolo Sardo…Come fate a preferirlo alla vostra famiglia?”
Annica lo amava, ma non riusciva a capire le sue idee né i suoi pensieri. Prigioniera nella gabbia dorata di quell’ambiente nobiliare e aristocratico. Lei e le loro figlie soffriranno di questo abbandono e lo vivranno come un tradimento coltivando a lungo sentimenti contraddittori. L’amore incondizionato di un padre viene travolto dagli eventi con conseguenze devastanti; l’oppressione di un’infanzia logorata dalla precoce morte della madre accompagneranno la vita di Speranza, Giuseppa e Maria Angela. Intorno alle tre sorelle ruotano personaggi realmente vissuti sullo sfondo dei progressi societari significativi del secolo dei Lumi, che porrà le basi della nuova Sardegna. Le frasi, i dialoghi, le descrizioni di volti, di strade, di chiese, di cieli, di natura, svelano una presenza che commuove, che alimenta un misterioso fuoco all’interno della scrittura: questa è la Libertà. Voci di uomini che si distinsero con coraggiose idee di modernità, rimasti profondamente coinvolti nella grande storia contemporanea; essi sono ancora vivi, come la loro passione. Uomini e donne non più sconfitti, ma colpevolmente dimenticati in fosse comuni.
Pro
Uno stile ricco di neologismi e di sinestesie, danno colore alla narrazione.
Contro
Alcuni passaggi troppo prolissi rallentano una brillante scrittura.
Trama
Tre nobili fanciulle cagliaritane orfane di madre e figlie di un eroe rivoluzionario in esilio a Parigi sono lacerate dal dilemma se continuare ad amare il padre, contro il suo apparente abbandono e il tessuto sociale reazionario in cui evolvono, oppure imporsi di dimenticarlo sino a ignorarne le ultime volontà? La prima opzione, in accordo con il cuore, le condurrebbe alla perdita. La seconda, salvando le apparenze, garantirebbe loro onore e rispetto in una Sardegna monarchica e conservatrice. L’amore incondizionato di un padre, le conseguenze devastatrici della sua perdita, dopo un’infanzia minata dalla morte precoce della e la chiusura in monastero, accompagnano le vite di Speranza, Giuseppa e Maria Angela Angioy sopraffatte da un carico emotivo troppo pesante per le loro spalle. Attorno alle tre sorelle brulica un universo di personaggi realmente vissuti nel Settecento sardo, sullo sfondo dei progressi societari tipici del secolo dei Lumi che porrà le basi della Sardegna moderna. Le nobili sorelle Angioy è una storia vera di umanità fondata sulla famiglia, l’amore, la perdita, il dolore e il tradimento ma anche di forza, quella di tre ragazze al bivio la cui scelta di vita celerà una sofferenza interiore non indifferente. Una storia che evidenzia personaggi anche imperfetti, regole societarie schiaccianti e i contrasti quasi insolubili che condurranno le sorelle a una scelta delicata.
Raffaelina Di Palma
Il link alla recensione su Thriller Storici e Dintorni: https://tinyurl.com/fwaf9dah
“Attraverso la scrittura ho conosciuto me stessa, ho scoperto e chiarito le mie idee, ho iniziato a trascinarle fuori con decisione e fierezza e ho imparato a decifrare la realtà”.
Roberta Di Pascasio è una scrittrice che intende indagare le tante sfumature della realtà attraverso la narrazione. Io, che la conosco da qualche tempo e ho letto gran parte della sua produzione letteraria, non saprei definirla in un modo diverso. Mi pare che per lei la scrittura sia sempre stata un modo per conoscere meglio l’animo umano attraverso le azioni dei personaggi, gli atti nobili o perversi, i tradimenti e le debolezze, i momenti di forza e le piccole o grandi rivelazioni sulla nostra vita. Per fare questo, ci vuole bravura e coraggio, doti che a Roberta Di Pascasio non mancano. Adesso ha da poco pubblicato una raccolta di racconti, Il lato nascosto delle storie (Arkadia 2024), che è anche una sorta di romanzo perché tutte le storie dei protagonisti non solo sono legate tra loro, ma dipendono in qualche modo l’una dall’altra. Il risultato è uno scavo psicologico ed emotivo dei personaggi che non nasce da elucubrazioni vaghe, ma dalle loro vicende. Sono loro che vengono “scavati” dagli sviluppi dei vari fatti che gli capitano o che fanno accadere. A questo punto, dopo aver letto il libro, ecco che mi ritrovo a parlarne con l’autrice.
La prima cosa che mi colpisce è la frase di Jonathan Coe che metti all’inizio: dice che il linguaggio è un traditore. Ti sei sentita tradita dalle parole, oppure è il linguaggio che ti ha costretto a scrivere?
La frase di Jonathan Coe riassume perfettamente la storia del protagonista del primo racconto e il lato peggiore del suo dramma: non capire quale vile macchinazione ci sia dietro il suo arresto. Tradita dalle parole? Direi di no, le parole non mi tradiscono mai, “le amo, mi ci aggrappo, le inseguo” direbbe Neruda, semmai sono stata tradita da quelle degli altri, ingannevoli o manipolatrici, ma a chi non è capitato? Se devo risalire a un tipo di tradimento che mi ha spinto a scrivere penserei al contrario, ossia al silenzio. Sono stata una bambina riservata, accomodante, in psicologia sarebbe l’archetipo di Persefone, silenziosa, in disparte, incapace di far valere le proprie idee, ma al tempo stesso ricettiva, con una vita interiore ricchissima e colorata. Il silenzio era paura di esporsi, forma di timidezza, rifiuto del contrasto, ma veniva scambiato per fragilità e incapacità di lottare. Ho iniziato a leggere libri per vivere quanto nella realtà mi precludevo e ho iniziato a scrivere storie per dare voce a un’interiorità inespressa. Non per imbellettare la mia storia, per me è stato davvero così: attraverso la scrittura ho conosciuto me stessa, ho scoperto e chiarito le mie idee, ho iniziato a trascinarle fuori con decisione e fierezza e ho imparato a decifrare la realtà. Da allora la penna – così come questo libro – è l’antidoto al silenzio e al riserbo.
Comunque, questa tua serie di storie è anche attraversata dal tradimento, quello vero, no?
Esatto, un tradimento che può assumere varie forme e avere differenti motivazioni che spingono ad attuarlo: l’incapacità di accettare il proprio fallimento, l’ossessione per il successo, la propensione all’invidia o alla vendetta, l’idea che calpestare gli altri per arrivare alla meta è tutto sommato accettabile. Il tradimento è tra le cose che mi spaventano di più, soprattutto la possibilità che l’inganno venga da persone care. Credo che faccia soffrire non tanto l’atto meschino in sé, quanto dover accettare la propria ingenuità, l’averci creduto, aver donato una parte preziosa di sé a qualcuno che poi l’ha violata. Quando leggo la frase di Flaubert “non toccate mai i vostri idoli: la doratura si attacca alle dita” penso: e se la doratura fosse la nostra? Se a volte scoprissimo di essere più sciocchi di quanto pensiamo? Spesso la delusione non è per gli altri ma per se stessi, e forse è vero che perdonarsi è la cosa più difficile perché permettiamo noi di farci del male. Ci scopriamo ingenui, deboli, fiduciosi, o semplicemente non amati come pensavamo.
Cos’è che t’interessava narrare, questa volta?
L’ho capito soltanto quando ho finito di scrivere tutte le storie, scrivere mi aiuta a mettere in ordine i pensieri. Stavolta non sono partita da un elemento concreto – un’idea un argomento un personaggio – ma da qualcosa di interiore, da sensazioni, diciamo così, e da un modo di vedere la realtà che è un po’ cambiato negli ultimi anni. Il mondo in cui viviamo, che leggiamo su internet, che vediamo alla tv, mi pare così imbruttito, abbrutito… lo so, detta così mi fa sembrare una di quelle anziane che si lamentano “questo mondo non lo riconosco più!” Parlo dell’aspetto prettamente umano, è sempre più oscuro, prepotente, ogni idea o avvenimento viene spaccato a metà e si può dire solo sì o no, è giusto o sbagliato, è vero o falso, si creano schieramenti opposti per ogni cosa e i social facilitano questo approccio categorico e aggressivo, niente più vie di mezzo, sfumature, riflessioni, dire non lo so pare una colpa. C’è una compulsione a giudicare e a criticare, senza più spazio per i dubbi, la flessibilità, l’ascolto. Invece il mondo è pieno di sfumature e di punti di vista. Per questo mi interessava raccontare storie diverse collegate tra loro attraverso i personaggi – un protagonista di un racconto diventa un personaggio secondario di un altro, poi una comparsa e così via –, una sorta di romanzo a episodi: ognuno rappresenta un tassello che insieme agli altri forma un mosaico, l’intento è mostrare quanti punti di vista possono esistere di uno stesso spicchio di mondo e quanti lati nascosti della realtà e della vita degli altri non vediamo, non capiamo e non possiamo giudicare. Il “nascosto” del titolo può avere un doppio significato: sia nel senso di colpevole, negativo, ambiguo, sia nel senso di intimo, doloroso, protetto.
Scrivi in queste pagine di un ex carcerato, di un’insegnante, di una giornalista, di un giudice, e via così. C’è uno dei personaggi al quale ti senti più vicina?
Mi sento vicina a tutti, soprattutto alla loro parte ammaccata o nascosta. Ma se devo sceglierne uno, penso a Carolina: ha 12 anni e vive come dimezzata, da un lato la vita in famiglia e a scuola e dall’altro il mondo parallelo della fantasia, dei libri in cui si immerge totalmente come un palombaro che scende negli abissi, un incantesimo che la assorbe e la aiuta a sopportare meglio la realtà, soprattutto la solitudine e l’amarezza. La letteratura salva? Non sempre, anche in questo caso ci possono essere prospettive differenti. Se una ragazzina abbandonata a se stessa legge libri non adatti alla sua età, per i quali non ha la struttura psichica, la consapevolezza e la maturità che riescano a fungere da filtro, allora anche sognare e immaginare possono svelare il loro lato oscuro.
Un altro tema che mi sembra molto evidente è quello dell’assenza, della solitudine, dell’abbandono…
Sì, tra i vari temi che si intrecciano nei racconti troviamo la solitudine, a volte imposta dagli altri e a volte usata come difesa, c’è la mancanza che può essere intesa come una voragine in cui sprofondare o come una presenza che diventa abitudine o talmente familiare da costruirci intorno la propria vita, scopriamo l’abbandono subìto che diventa rabbia o annientamento, l’integrità che se portata alle estreme conseguenze si trasforma in intransigenza ottusa. In realtà ogni tema può essere ribaltato e visto da un’ottica differente e alla fine tutti i temi confluiscono in una domanda che riguarda tutti i personaggi: il destino esiste o è un’invenzione? Nella vita ogni cosa ha un senso, una direzione, le motivazioni hanno valore, le coincidenze uno scopo, le scelte sono determinanti, oppure è tutto banale e fortuito, un insieme di strade senza uscita e di incontri superflui? Esiste davvero un destino per tutti, costruito pezzo per pezzo dalle scelte, dalla famiglia, dal carattere, dalle paure, oppure ogni esistenza è puro caso, una ruota che gira e noi tanti piccoli criceti che corrono senza andare da nessuna parte? Essere un criceto impotente o credere nella volontà e nell’autodeterminazione?
Hai già provato con successo la forma racconto e la forma romanzo, ora hai deciso di scrivere un libro che non è propriamente un romanzo ma nemmeno una vera e propria raccolta di racconti. Perché?
Mi sono resa conto che l’incrocio tra romanzo e racconto era la forma narrativa perfetta per ciò che stavo raccontando: costruire una sorta di catena, fatta di anelli autonomi dal punto di vista narrativo ma che trovano il loro compimento nell’unione con gli altri, mi consentiva di narrare lo stesso spaccato di mondo attraverso diverse prospettive. Avere più libertà, più elasticità. Ma c’è anche un motivo meno nobile e molto più semplice: ho scritto quasi sempre romanzi e il tipo di storia che mi appassiona, il romanzo psicologico o di formazione, prevede uno scavo, una estensione e una complessità che nel tempo ho trovato faticosi a livello di investimento emotivo, di energia fisica e mentale; per due, tre anni seguivo le vite dei personaggi, li studiavo, scavavo nella loro psiche, nelle motivazioni, nei guasti, nelle contraddizioni, nelle gioie e nelle ferite, e alla fine di ogni pubblicazione mi sentivo sfinita, tanto che per mesi non riuscivo a scrivere più nulla. Avevo bisogno di depurarmi. Quando ho scelto la forma del racconto, anche se non tradizionale, mi sono sentita felice e molto curiosa, è bello cambiare, mettersi in gioco e rischiare.
C’è qualche autore contemporaneo che ti ha ispirato nella scelta della forma narrativa?
Per la scelta della forma narrativa no, nessuno di preciso, ma alla fine veniamo influenzati più o meno inconsciamente da tutto ciò che leggiamo e ammiriamo. Ho letto tante raccolte di racconti (non solo contemporanee) durante la stesura de Il lato nascosto delle storie, alcuni autori li ho riletti, come Carver o Richard Yates, altri sono stati una scoperta straordinaria, come Scommessa su un fantino morto di Irwin Shaw e Gesù dell’uragano e altre storie di James Lee Burke. Ma se posso citare un libro che non c’entra nulla con il mio progetto né con la forma del racconto, ma che mi ha letteralmente travolto e ammaliato, dico Lonesome Dove di Larry McMurtry: un colpo di fulmine, un romanzo che ne contiene altri dieci o un romanzo fatto di centinaia di racconti, un inno alla libertà, al coraggio e all’immaginazione di cui oggi abbiamo bisogno un po’ tutti.
Lavori in molti ambiti della cultura, scrivi, hai un’officina letteraria in cui organizzi incontri e laboratori, ti occupi di teatro e hai fatto la giornalista culturale anche in televisione. Cosa ti piace di più fare?
Mi piace tutto, in realtà. È l’amore per la letteratura declinato in varie forme, esperienze diverse ma in sintonia tra loro: mi appassiona scrivere, aiutare gli autori alle prime armi, recensire i libri che amo, far parte della giuria dei concorsi letterari, intervistare gli artisti che ammiro, scrivere articoli per i giornali, organizzare da anni un concorso per il teatro. Ma se devo scegliere due esperienze in particolare perché diverse da quanto fatto finora e perché caratterizzate da un lavoro di squadra che la scrittura in generale non prevede, ricordo con gratitudine la rubrica culturale in televisione con ospiti in studio e il progetto della trilogia fotografica e narrativa sulle bellezze storiche, artistiche e culturali della mia terra, l’Abruzzo.
Vivi e lavori in Abruzzo, pensi che stare lontani dalle grandi città come Roma, Napoli o Milano sia un privilegio oppure ti manca qualcosa delle metropoli?
Per stare in tema con il mio libro, condivido tutti e due i punti di vista: è un privilegio vivere in una terra magnifica come l’Abruzzo – ricca di natura, di storia, di pace – e fare qualcosa di buono in una piccola città come la mia, perché credo fortemente nell’importanza e nella necessità di promuovere cultura proprio dove ci sono meno possibilità e meno risorse rispetto ai grandi centri; al tempo stesso mi mancano le occasioni di cui le metropoli sono ricche, gli eventi, le mostre, le fiere. Ma amo viaggiare, quindi le distanze non mi spaventano.
Scrivi che ogni libro è un viaggio, cosa significa per te scrivere?
In aggiunta alla risposta che ho dato alla prima domanda, penso che la scrittura sia essenzialmente conoscenza, sia dal punto di vista del lettore che scopre o impara cose nuove, sia dal punto di vista dello scrittore, che si mette in gioco, si denuda, riflette su se stesso in relazione al mondo, e fa esperienza insieme ai suoi personaggi che si muovono e si trasformano sotto i suoi occhi, diventando ciò che all’inizio non pensava potessero essere. Un viaggio interiore dunque, e al contempo un viaggio reale fatto di connessioni, di tappe, di scoperte, di un dialogo con i lettori – quelli che ti leggono soltanto e quelli che incontri durante le presentazioni – e anche con il tuo editore: quando sei fortunato (e con Arkadia io lo sono davvero) ti sostiene, ti consiglia, ti fa viaggiare nel modo migliore.
Paolo Restuccia
Il link all’intervista su Storygenius: https://tinyurl.com/278acj7s
Avezzano – Il lato nascosto delle storie, è un libro le cui pagine si aprono su quei luoghi dello spirito o della mente, fate un po’ voi, dove la ragione non vorrebbe mai entrare. Una cantina buia dove le verità più scomode stanno chiuse a chiave, soffocate dal bavaglio del giudizio altrui. Sui polsi, i segni di paure antiche, che stringono la carne fino a farla sanguinare. Ognuno dei personaggi è ostaggio di un lato nascosto che definisce i contorni di territori inesplorati, lungo i cui confini si aprono abissi spaventosi. I protagonisti stanno in equilibrio precario sul filo di esistenze scialbe, ordinarie, fino a quando la vita presenta loro il conto, e l’oscurità inghiotte la tiepida fiammella tremula che tiene in vita le illusioni. Il lettore si immerge nella lettura dei racconti che descrivono personaggi irrisolti, legati fra loro da un sottile filo che sembra lo scherzo di un fato beffardo onnisciente, scappato dalla penna creativa della scrittrice, Roberta Di Pascasio, unica indiziata della fuga di questo demone dal vaso di Pandora dei libri non scritti. È il caso che si prende gioco delle nostre vite oppure siamo noi i principali artefici del nostro destino? Una domanda che potrebbe essere il sottotitolo di questa raccolta di storie minime dense di verità. La minuziosa descrizione di ambienti e luoghi, di oggetti e putridume, di mura scrostate e periferie riarse dal sole, con il loro portato di decadente abbandono, sembrano mettere in scena la disperata ricerca di una vita vera che chiede, prima di tutto, lealtà con se stessi. Il sesso come analgesico per lenire il dolore di una realtà che annichilisce, l’abbandono, la lascivia di corpi che si usano a vicenda alla ricerca del piacere nel vuoto di esistenze apparentemente senza prospettiva, sono solo alcuni dei tratti distintivi di un’atmosfera fosca che trasferisce al lettore una sensazione di straniamento. In ognuno dei dieci racconti che compongono la raccolta emerge il profilo di un protagonista sul quale è costruita la trama di una storia popolata da personaggi minori, comparse che a loro volta diventano protagoniste nel racconto successivo, non necessariamente in ordine consequenziale. Questa trovata narrativa è molto efficace nello spingere il lettore a riflettere sugli infiniti ruoli che può assumere un individuo nella vita, dove troppo spesso ci si accapiglia per occupare il centro della scena nell’illusione di essere i protagonisti della storia, inconsapevoli del rischio affatto infondato, di ritrovarsi relegati ad anonimi spettatori di quinta fila. L’occhio discreto della scrittrice tenta di offrire una risposta attraverso la semplicità degli ultimi, di quelli che non hanno più nemmeno il diritto né la dignità di appartenere al consorzio umano. Una coperta per affrontare il freddo delle notti, uno spazzolino da denti che vale più del denaro, e un sorriso che diventa un’ancora di salvezza per una vita spesa malamente inseguendo le apparenze. Le terre estreme del degrado umano, fra senza tetto che vagano per la città e giovani criminali, e quelle apparentemente più rassicuranti dei piccoli borghesi incatenati al perbenismo tossico di un mondo crepuscolare, sono descritte dalla Di Pascasio con precisione quasi maniacale. Storie che hanno il sapore acidulo del mondo rarefatto raccontato da Raymond Carver, capace di rendere epica la descrizione di un pomeriggio trascorso in lavanderia. Forse sta tutto lì il senso di un intreccio narrativo che ti fa chiedere: ma quand’è che una storia finisce e inizia l’altra? In effetti il libro, si potrebbe leggerlo partendo dall’ultima storia, andando a ritroso verso la prima. Il suo valore, in questo gioco di incastri, non cambierebbe di una virgola. Al lettore non resta che lasciarsi avvolgere da questi racconti nel tentativo di vedere cos’è nascosto oltre ciò che sembra. Riconoscere un dolore lontano nella strafottenza di un bullo o nell’aggressività verbale di questi tempi vuol dire far luce sul lato nascosto di storie che corrono via veloci senza lasciare il tempo di guardare oltre il buio del conformismo.
Alfio Di Battista
Il link alla recensione su NoticeWay: https://tinyurl.com/57zbdhuv
Avezzano. “Il lato nascosto delle storie”, edito da Arkadia, è un’opera che si colloca a metà strada tra una raccolta di racconti e un romanzo a episodi. L’autrice costruisce un mosaico narrativo in cui ogni tassello, pur autonomo, trova il proprio significato nell’unione con gli altri. Quella che inizialmente appare come una serie di vicende indipendenti si rivela parte di un ingranaggio più grande, dove le vite dei protagonisti si intrecciano, spesso senza che ne siano del tutto consapevoli. Ogni storia, pur restando a sé stante, si alimenta di un tema comune: l’incapacità umana di governare il proprio destino, la sensazione di essere spettatori passivi del proprio fallimento, in un mondo che non lascia spazio al controllo. Il romanzo è pieno di materiale umano, di quelle emozioni e tensioni che rispecchiano le nostre vulnerabilità più profonde. Ci sono racconti di un ex carcerato innocente e della moglie che ha creduto alla sua colpevolezza, di un insegnante ingiustamente accusata e del suo allievo che trasforma la solitudine in vendetta. Ogni personaggio rappresenta una maschera sociale dietro la quale si nasconde un universo emotivo complesso, fatto di scelte sbagliate, errori, ma anche di occasioni di rinascita. E proprio in questo sta la forza del libro: l’autrice, come un’abilissima sarta, cuce con estrema cura le vite dei suoi protagonisti, facendoci entrare nei loro panni, nei loro pensieri, nelle loro paure. Il linguaggio è mutevole e straordinariamente scalabile: si passa dalle voci acerbe di adolescenti bullizzati che cercano disperatamente il proprio posto nel mondo, alla forma forbita e quasi antiquata di un vecchio giudice, ormai fuori tempo per la società moderna. Questa versatilità stilistica non è mai fine a se stessa, ma è funzionale alla rappresentazione di un mondo in cui ogni individuo vive con una faccia pubblica e una privata, costantemente in bilico tra ciò che mostra e ciò che cela. Leggere “Il lato nascosto delle storie” è come immergersi in una girandola di personaggi, ognuno con il suo dramma personale, ma tutti incastrati in un meccanismo che va oltre il loro personaggio. E proprio qui emerge il cuore pulsante del romanzo: in un mondo spesso semplificato e diviso tra il bianco e il nero, la Di Pascasio ci invita a esplorare quel limbo di grigi su cui troppo raramente ci soffermiamo a riflettere. “Ogni storia ha due lati”, ed è questa consapevolezza a rendere potente la frase che forse più di tutte racchiude l’essenza del libro: “Siamo tutti colpevoli e tutti innocenti”. “Il lato nascosto delle storie” è una riflessione profonda sulla vita, sul fallimento e sulla capacità o incapacità di riprendere il controllo della propria esistenza. È un’opera che non offre soluzioni, ma che costringe a guardare dentro di sé, tra i margini di ciò che mostriamo al mondo e ciò che ci teniamo dentro. Una lettura coinvolgente e forte, che lascia il segno. Un bel segno.
Francesco Proia
Il link alla recensione su AbruzzoLive: https://tinyurl.com/57r8macz
Arezzo, 16 ottobre 2024 – Proseguono le iniziative culturali di 50&Più Arezzo, l’associazione degli “over 50” del sistema Confcommercio. Venerdì 18 ottobre 2024 alle ore 16 è in programma nella sede della Confcommercio in via XXV Aprile 12 la presentazione di due romanzi dello scrittore aretino Mauro Caneschi, “La Chimera di Vasari” e “Il codice Stradivari”, pubblicati da Arkadia Editore. Ambientati il primo in Toscana, ad Arezzo, e il secondo tra Venezia e il resto d’Europa, i due libri intrecciano passato e presente attraverso il filo conduttore degli enigmi, tenendo il lettore con il fiato sospeso. A dialogare con l’autore ci sarà il giornalista di Teletruria Luca Tosi. Introduce il presidente di 50&Più Arezzo Claudio Magi. L’ingresso è libero. L’autore Mauro Caneschi è nato ad Arezzo dove tuttora vive e lavora. Diplomato al Liceo Classico F. Petrarca di Arezzo, laureato in Chimica Pura presso l’Università degli Sudi di Firenze, diplomato in Gemmologia al G.I.A. (Gemological Institute of America), ha lavorato come consulente nel campo dei metalli preziosi e come docente di Chimica presso l’Istituto Tecnico Industriale G. Galilei di Arezzo. Ha tenuto un corso quadriennale presso l’Università La Bicocca di Milano e ha pubblicato articoli per La Nazione, Il Sole 24Ore, l’Orafo Italiano ed altre riviste del settore. Membro del consiglio direttivo dell’Associazione Scrittori Aretini, fa parte del comitato direttivo del Premio Letterario Toscana. Ha esordito come scrittore con il libro “Noi nati nei ‘50” (Sillabe di Sale Editore), che ha ottenuto la segnalazione particolare della Giuria al XXXIX Premio Letterario Casentino 2014. Con Arkadia Editore ha pubblicato tre romanzi, tra i quali “Il codice Stradivari” e “La Chimera del Vasari”, che gli è valso la Menzione d’Onore al XXXXVI Premio Letterario Casentino nel 2021 e per cui è stato finalista al Premio “Garfagnana in Giallo” 2022. del settore.
Il link alla segnalazione su La Nazione: https://tinyurl.com/5h9ny6a3
La ragazza di Boston (Arkadia Editore, Cagliari, collana di narrativa Eclypse, marzo 2024, 164 pagine) è un romanzo carico di energia, pieno di sentimenti vitali, ricco di impulsi (e dubbi) giovanili. Se non sei giovane, ti ci fa tornare. Se invece lo sei, ti aiuta a capire qualche problema, a superare impasse, a trovare una soluzione in più. È un romanzo sull’amore, in chiaroscuro, ispirato dall’amore, scritto anche per amore, perché si è imposto prepotentemente all’autore (scrivimi!), Paolo Valenti, impegnato di solito su temi sportivi.
La ragazza di Boston è una storia fuori dal cliché di un giornalista-scrittore di sport. Autore di racconti brevi, interviste, articoli e rubriche radiofoniche legate al mondo sportivo, Valenti vive a Roma e collabora tra l’altro con il “Corriere dello Sport” e il sito del “Guerin Sportivo”. È opinionista e commentatore televisivo delle partite del campionato di Serie A e, dopo aver contribuito a realizzare progetti editoriali dedicati al calcio, si è impegnato in testi che ne hanno raccontato le vicende.
Di sport ce n’è pure nel romanzo, in particolare il pallone e mica poco. Il protagonista, il ventiduenne Alessandro Gentili, gioca difensore nei tornei amatoriali e il modo di scrivere di Valenti – rapido, scattante, decisamente fluente – diventa addirittura alluvionale nelle pagine in cui tratta gli aspetti organizzativi, preparatori e agonistici della squadretta del giovane romano o quando parla dei suoi compagni e avversari. Il calcio è tra le passioni di un ragazzo intelligente, che si sforza d’essere sempre sicuro di sé o almeno darne l’impressione, senza fare il gradasso o il provocatore. Ma il vero cuore pulsante di questa storia è proprio il cuore e batte per Meredith O’Brady.
Americana di Boston (gli Stati Uniti mica si riducono a New York e Los Angeles!), è figlia dell’amministratore delegato di una multinazionale, trasferito a Roma da un anno. Lei lo ha seguito e ha trovato occupazione come assistente di diritto canonico nell’Università, sponsorizzata dall’azienda paterna. Segni particolari: incantevole, molto femminile, disinvolta, dotata di un accento yankee particolarissimo, innamorata dell’Urbe e tanto ma tanto alla svelta di Alessandro, senza troppi retro pensieri.
Galeotto è stato l’esame, un complementare, Storia del diritto canonico, che il ragazzo ha voluto affrontare nell’appello di marzo senza sbattersi troppo a studiare e senza la minima tensione alla vigilia, certo di andare ad affrontare assistenti poco più grandi di lui, da trattare alla pari, con una certa improntitudine.
Dimenticavo di accennare a un particolare: Valenti è un ottimo conoscitore di musica leggera, rock e pop. Le citazioni di brani di successo e di grandi autori sono frequenti, arrivano a proposito, sono sempre azzeccate.
Torniamo all’esame. Una volta chiamato, Alessandro si avvicina al tavolino della dottoressa O’Brady e tutta la sicurezza autoimposta di sé svanisce nel momento stesso in cui i loro sguardi s’incrociano. Impossibile non notare i pregi della giovane assistente: è “clamorosamente bella”, da arrendersi all’istante.
La faccia tosta è svanita, ma l’interrogazione non risulta impossibile. Un quarto d’ora di chiacchiere a macchinetta e… trenta, “se vuole la lode deve andare dal professore”. Ale replica che invece il voto può bastare e non cede all’insistenza. Più avanti, gli viene l’idea di sfruttare la faccenda della lode come scusa per ripresentarsi in Ateneo dalla O’Brady, offrirle un caffè, ottenere il recapito telefonico di casa, contattarla successivamente, accompagnarla in giro per Roma, sentirsi dire “sali, sono sola”.
La liaison fila ch’è una bellezza, col vento in poppa, però anche le giornate più serene precedono quelle col maltempo. Una nuvola è nel passato sentimentale che si confessano reciprocamente. Se per amore s’intende quella situazione in cui una persona entra nei tuoi pensieri ogni momento della giornata e si vorrebbe stare sempre con lei, a Meredith è capitato due volte. La prima da liceale, a sedici anni, la seconda è durata quattro anni ed è finita poco prima del trasferimento in Italia. Negli ultimi tempi erano sorti dei problemi, diverse incomprensioni.
Alessandro è stato insieme a una compagna della sua classe di liceo. Non un colpo di fulmine ma una storia nata con la frequentazione abituale. Studiavano insieme, anche l’esame di maturità e poi le vacanze, due settimane in Grecia. È finito tutto quell’estate, “colpa mia, avvertivo la necessità di un cambiamento, che significava abbandonare quella storia”.
Dopo i Mondiali d’Italia ’90, Meredith dice di voler tornare una ventina di giorni negli States e lo invita a migliorare il suo inglese scolastico, andando a studiarlo dal vivo. Boston, però, non regala solo sorprese turistiche e un mondo sconosciuto ad Alessandro. Ci sono anche il fratello di Meli e Francis, l’ex ragazzo, con tutto quello che comporteranno.
Uno scampolo del Valenti pensiero? Ecco come descrive la preparazione agli esami universitari, almeno di una materia non mostruosa.
“Due settimane precedenti di studio matto e disperatissimo, mattine e pomeriggi durante i quali non si mette il naso fuori di casa, impegnati a leggere più pagine possibile e a ripetere a voce alta i concetti più difficili da imparare, mentre le nozioni già apprese, sulle quali si sente maggiore confidenza, vengono bisbigliate a mezza voce alla velocità della luce per guadagnare il tempo necessario a poter imparare tutto il programma d’esame”.
Dopotutto, ci si può riconoscere.
Felice Laudadio
Il link alla recensione su SoloLibri: https://tinyurl.com/j6fnx3re
Lo avevamo detto nella “puntata” precedente della nostra rubrica: l’ottobre letterario è stato un mese esplosivo nella prima quindicina e tale si conferma per la seconda parte del mese. Due autori freschi di premio tornano con le nuove opere: per Arkadia Paola Musa (menzione speciale al Premio Emilio Lussu) esce col quinto capitolo della saga dei sette vizi capitali mentre Bruno Morchio (Premio Scerbanenco) debutta nella collana Giallo Mondadori. Morellini e Il ramo e la foglia edizioni si piazzano rispettivamente in copertina con Stefania Colombo in memoria della musa di Modigliani e Giuliano Brenna che ripercorre il passaggio dalla dittatura alla democrazia portoghese. “Shock” in casa Solferino che pubblica l’emblematico Italo Bocchino (primo dei tre flashback) sulle questioni di una Italia che, a suo dire, vira a Destra solo quando c’è aria di crisi. Replica il ritorno di Antonio Scurati con il romanzo storico “L’ora del destino”, il nuovo volume di “M“, affresco dell’Italia fascista, per Bompiani.
Il catanese Massimiliano Perrotta esce per Edizioni Sabinae con “Pupi Avati fuori dal cinema italiano”. Blackie Edizioni pubblica “Accenderemo il sole” di José Mauro De Vasconcelos. C’è un ritorno, in doppietta e corale, per Mursia con Roberta Bruzzone, la criminologa più famosa d’Italia, che assieme ai giornalisti e studiosi d’indagine Roberta Catania, Margherita Di Biagio, Laura Genovesi e Laura Marinaro racconta i casi di Mirella Gregori e Giulia Tramontano. #Speciale Dostoevskij: Antonio Schlatter Navarro si interroga per i tipi di Graphe.it sul “Perché leggere Dostoevskij” e Antonina Nocera ci conduce “A San Pietroburgo con Dostoevskij” per Giulio Perrone Editore. Alan Moore apre la pentalogia “The great when. Il grande quando” per Fanucci Editore e Fabrizio Nissirio è il nuovo autore della collana rockettara #sidekar di Arkadia con “Lava” (assieme a uno dei tre in flashback: di Roberta di Pascasio con “Il lato nascosto delle storie“). Si riaffacciano nel nostro portale Fernandel che pubblica Federico Platania con “Arcipelago familiare” e Giunti che torna con una edizione illustrata di “Corpo a corpo. Una storia dell’arte dalla testa ai piedi. Ediz. Illustrata” di Arabella Cifani e Stefano Causa.
Sempre forti i titoli della D Editore che affronta ancora una volta tematiche sociali di rilievo: stavolta pubblicano Theodore J. Kaczynski autore di “Colpisci dove più fa male”. Spazio all’ecologia con Marina Milani e la sua “Erba verde è il nostro letto” per 8tto edizioni. Il trio Alessandro Paradisi, Lea Montuschi, Marco Mizza rileggono la vita di “Giovanni Gualberto. Vita e carisma del fondatore di Vallombrosa” per l’affascinante Lorenzo de’ Medici Press. e sempre per la medesima CE ecco Isabel Burton con “Verso l’India. 1879”. Debutta da noi Ventanas Editrice con Laura Acero autrice di “Donne della nebbia”. Ritorni sempre graditi sono quelli di Wu Ming 1 con “Gli uomini pesce” per Einaudi e il nuovo di Daniele Mencarelli, “Brucia l’origine” per Mondadori. Curiosità per Filippo Cerri con “Le Malaveglie” per quella che è una CE di certezze, Effequ e per Daniele Pratesi con “Ancora un minuto” (Efesto). Non stupisce invece Oligo ormai non più fuoriserie ma sempre in prima fila: il 25 escono per la CE mantovana, il secondo classificato allo Strega 2024, Dario Voltolini che narra la sua Torino e il ligure Marino Magliani (in quota come curatore di una nuova collana) che racconta la Corsica vista da diverse prospettive. Marsilio rilancia la verità, i pareri e le scuse alle figlie di Piero Marrazzo con “Storia senza eroi”. Shannon Mayer, “Hunted by Fate. Cacciati dal destino”, torna col vol.II per Leggereditore Sulla Trinacria, Armando editore pubblica di Macrina Marilena Maffei, “La danza delle streghe. Cunti e credenze dell’arcipelago eoliano” e la silloge “Prima della notte” di Carmelo Di Mauro per Algra (l’ultimo in rubrica flashback).
Libro copertina, Jeanne Hébuterne. La luce di Modigliani di Stefania Colombo, Morellini
Dall’autrice dell’apprezzato “La principessa ballerina” la toccante storia della pittrice francese e compagna di Modigliani
Avent’anni tutto è più intenso. I colori sono più brillanti. Le notti sono più lunghe. I baci sono più salati. Le angosce sono abissi profondi. Jeanne è talentuosa, è innamorata e non ha ancora compiuto ventidue anni. Jeanne è disperata. Suo figlio sta per nascere. Il suo compagno è appena morto. Pochi conoscono Jeanne Hébuterne. Tutti conoscono il suo compagno: Amedeo Modigliani. Dimentichiamo per un attimo Modì e lasciamoci trasportare dalla voce di Jeanne, chiusa in una stanza, in una notte di inverno, nella Parigi del 1920. Non è sola: con lei c’è suo fratello André. Quando si è disperati, bisognerebbe sempre avere un fratello accanto. Fratello e sorella ricordano, immaginano, piangono e ridono. Perché a vent’anni tutto è assoluto, ma niente è per sempre, Neanche la morte. Un racconto della Montpanasse della prima guerra mondiale. Le ombre di Foujita, Picasso, Chana Orloff, Apolllinaire, Max Jacob, e Modigliani attraversano la lunga notte di Jeanne e André. In libreria dal 18 ottobre.
Flashback della prima quindicina di ottobre
Italo Bocchino, Perché l’Italia è di destra. Contro le bugie della sinistra, Solferino
È una costante della nostra storia politica: quando si tratta di elezioni decisive, l’Italia vira sempre a destra. È accaduto nel 1948 con la Democrazia Cristiana, nel 1994 con Silvio Berlusconi, e ancora nel 2022 con Giorgia Meloni. Ma quali sono le caratteristiche di questa nuova destra? Davvero gli italiani vogliono l’uomo forte? E davvero alla sinistra servirebbe una Meloni? Italo Bocchino, dalla prospettiva privilegiata del giornalista e intellettuale d’area, racconta le radici e il futuro di una compagine politica in continua evoluzione, eppure saldamente radicata in una storia. Si pone l’obiettivo (ci riesce?) di “sfatare” luoghi comuni come il familismo, l’incompetenza della classe dirigente, il monopolio dell’informazione o il destino di isolamento internazionale e catastrofi economiche regolarmente pronosticate al Paese sotto i governi di destra. E in un’analisi ricca di dati, notizie e vis polemica, riflette in modo originale e provocatorio attorno ai grandi temi da affrontare una volta per tutte nel XXI secolo, prima fra tutti la questione demografica e, strettamente collegata, quella dei flussi migratori. Si guarderà inevitabilmente meno a Tolkien e più a Scruton, osserva Bocchino, descrivendo «una destra pienamente legittimata nel consenso e negli atteggiamenti», che sappia difendere la cultura italiana, sostenere il merito, ridisegnare le istituzioni nel senso di una maggiore efficienza e vicinanza alle necessità reali di un popolo a cui da sempre la lega un’affinità elettiva. Dal tormentone dell’antifascismo al rinnovamento dell’Unione Europea, dal premierato alla riforma della giustizia, questo libro cerca di condurre il lettore attraverso le pieghe più nascoste del sistema-destra indicando, a modo suo, una strada del futuro.
Carmelo Di Mauro, Prima della notte, Algra
Nella prefazione di “Prima della notte”, Grazia Calanna sottolinea come l’amore sia il tema centrale dell’opera, descritto come una forza profonda e coinvolgente. Il libro, presentato come un diario lirico, unisce l’autore e il poeta in un unico io, creando un’immediata connessione simbolica con il lettore. Attraverso versi liberi e personali, il poeta offre una narrazione intima e autobiografica, toccando temi esistenziali, sentimenti contrastanti, intuizioni profonde e riflessioni su sé stesso, le sue radici, e la propria identità. L’opera è ricca di omaggi affettuosi ai genitori e alla moglie Melania, considerata un pilastro nella vita dell’autore, e affronta con sensibilità la condizione umana. Le parole di Di Mauro sono caratterizzate da un’urgenza creativa, che illumina il lettore con immagini potenti e immediate. La luce emerge come simbolo centrale, sinonimo di amore e speranza, un faro che attraversa il tempo e lo spazio, impossibile da spegnere anche nelle notti più oscure.
Roberta Pascasio, Il lato nascosto delle storie, Arkadia
Il lato nascosto delle storie è una raccolta di racconti in cui i personaggi appaiono legati tra loro da una sorta di mosaico solo apparentemente invisibile. In realtà si potrebbe definire un romanzo a episodi che, pur essendo autonomi dal punto di vista narrativo, trovano il proprio compimento nell’unione con gli altri. Il risultato è una storia omogenea il cui filo conduttore è dato dalla tonalità emotiva e dalle tematiche affrontate: il lato nascosto della vita di ognuno, lo scacco, il vicolo cieco, le decisioni sbagliate. Si va dall’ex carcerato che ha trascorso anni in prigione da innocente alla moglie che ha creduto alla sua colpevolezza, dall’amico soltanto in apparenza per bene alla figlia trascurata che trova rifugio in un mondo parallelo, dall’insegnante cacciata da scuola per un video ingannevole all’allievo che trasforma la solitudine in vendetta, dal giudice derubato che passa per uomo integerrimo allo psicologo che dovrebbe essere un avvocato, dal senzatetto che arranca nel suo inferno quotidiano allo zio che nella distruzione trova la via per rinascere. Dieci ritratti per altrettanti destini dominati dal senso di incapacità a governare la propria vita.
Le uscite di martedì 15 ottobre
Massimiliano Perrotta, Pupi Avati fuori dal cinema italiano, Edizioni Sabinae
Pupi Avati è fuori dal cinema italiano per una ontologica estraneità agli schemi culturali che nell’ultimo mezzo secolo lo hanno dominato: non ha fede nella storia, non crede nel progresso, non lotta contro il potere, non gli interessano i temi sociali, non si batte per le nobili cause, non vuole denunciare nulla, non racconta la crisi dell’Occidente, non segue le mode, non ostenta citazioni, non è laico. Per la stessa ragione il cinema italiano ama poco Pupi Avati: lo tratta con condiscendenza, premia raramente i suoi film, fatica a riconoscergli lo status di autore con la a maiuscola. Eppure pochi registi italiani sono autori quanto lui, ogni suo film – riuscito o no che sia – ha una inconfondibile cifra stilistica e una personale chiave di lettura del mondo. Nella sciatteria generalizzata del cinema italiano odierno, suona paradossale che Pupi Avati non venga acclamato come il piccolo grande maestro che è. Pubblicato in otto puntate sull’Huffington Post, questo pamphlet sogna di avviare – a livello artistico, culturale, politico – una revisione critica radicale degli ultimi decenni. Il cinema di Pupi Avati non va rivalutato o sdoganato: va letto con occhi vergini, con occhi post-novecenteschi, con gli occhi di domani.
Massimiliano Perrotta
Massimiliano Perrotta è nato a Catania nel 1974 e vive a Roma. Regista, scrittore, critico culturale sull’Huffington Post, ha pubblicato le raccolte poetiche “Riva occidentale” (Sikeliana, 2017) e “Dopoguerra” (Torri del Vento Edizioni, 2020); il libro di racconti “L’aria del tempo” (Torri del Vento Edizioni, 2022); le opere teatrali “Cornelia Battistini o del fighettismo” (La Cantinella, 2006), “Hammamet” (Sikeliana, 2010, Premio Giacomo Matteotti della Presidenza del Consiglio dei Ministri), “Masino Scacciapensieri” (Torri del Vento Edizioni, 2019).
Il libro sarà presentato il 31 ottobre, alle 17.45, al Museo nazionale etrusco di Villa Giulia di Roma. Dialogheranno con l’autore lo stesso Pupi Avati e il critico cinematografico Steve Della Casa.
Piero Marrazzo, Storia senza eroi, Marsilio
Tra Stati Uniti e Italia, tra pubblico e privato, con una psicanalista a fare da guida e Giulia, Diletta e Chiara – figlie di Piero – che firmano i controcampi della vicenda dolorosa da cui questo libro parte, Storia senza eroi racconta i giorni, le azioni e i ricordi di un uomo che ha vissuto una stagione fondamentale della politica italiana. Uno dei luoghi che ricorre nella storia politica italiana è via Gradoli. La via Gradoli di Aldo Moro e dei servizi e la via Gradoli dove subisce una battuta d’arresto la vicenda politica di Piero Marrazzo, che nel 2009 è il presidente della Regione Lazio. Si parte così da via Gradoli per arrivare qui, oggi, avendo da subito intuito che quella battuta d’arresto non era che l’occasione di srotolare una storia più lunga, più ampia e, soprattutto, collettiva. Che cos’è, infatti, la politica se non la capacità di trasformare una vicenda privata in una vicenda al servizio di un’intera comunità? “Storia senza eroi” è il romanzo della vita di un uomo. Se non fosse che la vita di ciascuno di noi non comincia il giorno della nascita, ma prima, e talvolta pure in un altro luogo: la vicenda di via Gradoli e Piero Marrazzo comincia negli Stati Uniti, con la giovinezza di una donna preda delle scelte paterne, gli anni americani e “a colori” della madre Gina, dei quali in famiglia si sapeva poco, quasi niente, e che Piero, travolto dallo “scandalo”, decide di indagare per se stesso e il fratello, scoprendo un passato fatto di matrimoni nascosti, diritti negati, rapporti con la mafia, segreti inconfessabili e presunte vergogne cancellate con un colpo di spugna dal grande patriarca Eugenio, suocero del padre Joe, giornalista appassionato e che non scese mai a compromessi. Il punto di partenza di questo racconto – in cui epica e storia, notizie e illazioni, ricerca e intuizione si mescolano – è quello di chi ha deciso di narrarlo e che lo firma: Piero Marrazzo, giornalista e politico, padre e figlio. Il punto di arrivo è invece una storia che riguarda tutti noi.
Roberta Bruzzone, Roberta Catania, Margherita Di Biagio e Laura Genovesi, Mirella Gregori. Viaggio in un’indagine imperfetta. Studio e analisi degli atti, Mursia
«Dal diario di Mirella: “…è in quei momenti che la mia mente, decisa, libera la mia fantasia, ed i miei occhi cominciano a sognare e ad immaginare una vita piena di piaceri e di soddisfazioni, una vita piena di rose, senza alcuna spina”. Questo non è stato»
Mirella Gregori scomparve il 7 maggio 1983 a Roma, lasciando dietro di sé quarant’anni di mistero. La sua storia è stata spesso erroneamente collegata a quella di Emanuela Orlandi, ma le due sparizioni non hanno punti in comune. Fino ad oggi, nessuno è riuscito a interpretare chiaramente gli atti relativi a Mirella, che comprendono migliaia di pagine, diari stenografati e rubriche piene di numeri e indirizzi. Solo l’accesso completo a questi documenti ha permesso di ricostruire ogni pista, rivelando errori e criticità, oltre a possibili scenari mai considerati prima. Frutto di anni di lavoro, questo volume offre al lettore un’analisi approfondita e dettagli inediti su uno dei cold case italiani più famosi e intriganti.
Roberta Bruzzone e Laura Marinaro, Narcisismo mortale. Il caso di Giulia Tramontano, Mursia
«A un certo punto Giulia ebbe la certezza di essere stata insieme a una persona diversa da quella che credeva che fosse. A quel punto aveva deciso che si sarebbe definitivamente allontanata da lui»
Come si può pensare, premeditare e realizzare l’omicidio della propria compagna incinta di sette mesi del proprio bambino? In quale contesto psicologico nasce un delitto simile? Queste sono alcune delle domande alle quali risponde il nuovo true crime della coppia Bruzzone-Marinaro che questa volta si focalizza su una vicenda che ha sconvolto l’Italia: l’omicidio di Giulia Tramontano e del suo piccolo Thiago avvenuto a Senago (Milano) il 27 maggio 2023 per mano di Alessandro Impagnatiello, compagno della vittima e padre del nascituro.
Il libro parte dal racconto puntuale dei fatti e del processo fatto dalla cronista Laura Marinaro, per giungere, capitolo dopo capitolo, alla disanima psicologica e criminologica di Roberta Bruzzone della personalità narcisistica overt dell’assassino. Purtroppo la conclusione è dura: il narcisismo può essere mortale. Il testo si propone un intento anche divulgativo e «preventivo» nei confronti di altre possibili vittime.
Roberta Bruzzone
Roberta Bruzzone è psicologa forense, criminologa investigativa ed esperta in criminalistica applicata all’analisi della scena del crimine. È docente di Criminologia, psicologia investigativa e scienze forensi presso all’Università LUM Jean Monnet di Bari. Svolge attività di consulente tecnico nell’ambito di procedimenti penali, civili e minorili. Con Mursia ha pubblicato: “State of Florida vs Chico Forti”; insieme a Laura Marinaro, “Yara. Autopsia di un’indagine”; insieme allo psicologo e psicoterapeuta Giuseppe Lavenia, “Il patentino digitale per una navigazione sicura”. Sito personale www.robertabruzzone.com.
Laura Marinaro è giornalista professionista ed esperta in cronaca nera e giudiziaria. Inviata del settimanale «Giallo», conduce su Radio Libertà il programma da lei ideato e scritto Gialloradioclub e collabora con alcuni quotidiani per la giudiziaria. Con Mursia ha pubblicato, insieme a Roberta Bruzzone, Yara. Autopsia di un’indagine e i romanzi Maremoto a Varigotti e La fanciulla degli ori.
Bruno Morchio, La badante e il professore, Mondadori
Bruno Morchio, fresco vincitore del premio Scerbanenco, esordisce nel Giallo Mondadori con un mistery che, come nel suo stile, mescola tensione e humour per mostrare gli scheletri nell’armadio della nostra società perbenista
In un piccolo paese lo sport preferito è spesso il pettegolezzo. Ecco perché appena inizia a circolare la notizia che il vecchio professor Canepa è stato ucciso in casa propria – arma del delitto: un busto di Leopardi – i sospetti si concentrano in fretta su Natalia, la badante ucraina che da un anno se ne prendeva cura. Natalia è troppo giovane, troppo misteriosa, troppo seducente per non far sciogliere le malelingue. Le sente suo malgrado anche Filippo, dodici anni, qualche problema in italiano e gli ormoni impazziti, che con le ripetizioni del professore cercava di riparare i primi, e in presenza di Natalia sente accendersi i secondi. Filippo non vuole credere che Natalia sia un’assassina, ma l’unico modo per convincerne i compaesani è dimostrarlo. E così inizia a indagare, presto con l’aiuto di un altro detective improvvisato, Serafino Costamagna, un giovane giornalista a caccia del grande scoop. La matassa si ingarbuglia in fretta, però, perché più passano i giorni, più Filippo scopre che intorno a Canepa tutti avevano dei segreti, primo fra tutti proprio il professore, che nascondeva un bel po’ di soldi capaci di far gola a molti…
Wu Ming 1, Gli uomini pesce, Einaudi
Ilario Nevi, partigiano, artista e intellettuale muore nell’estate del 2022. Da questo evento traumatico vengono fuori segreti familiari che rivelano non solo storie personali, ma anche intrighi storici legati al Novecento. Antonia, nipote di Nevi, già dal primo avvertimento, vuole andare fino in fondo e scoprire tutto. Un romanzo, quello di Wu Ming 1, che si rivela una saga familiare storica che mette in luce amori, sogni, avventure e incubi.
Daniele Mencarelli, Brucia l’origine, Mondadori
Dopo l’ultimo libro “Fame d’aria” e il successo di “Tutto chiede salvezza” diventato anche una serie televisiva per Netflix, il finalista premio Strega Daniele Mencarelli torna in libreria con Brucia l’origine. In questo nuovo romanzo Mencarelli si affida ai due protagonisti ricorrenti delle sue storie: Roma e la gioventù. Brucia l’origine racconta la storia di Gabriele Bilancini, giovane designer romano che vive a Milano e non torna nella sua città da quattro anni. Franco Zardi, guru del design mondiale, a Milano ha scommesso su di lui e Gabriele, grazie al talento, è riuscito a emergere nel suo campo lavorativo. Ha anche incontrato l’amore, Camilla, figlia di Zardi. Tutto sembra completo e nulla sembra mancargli, ma quando torna a casa, a Roma, in quel quartiere Tuscolano dove amici, parenti, dinamiche e persino il bar, non sono cambiati, Gabriele subisce una battuta d’arresto. Sarà per lui una crisi d’identità?
Le uscite di mercoledì 16 ottobre
Antonio Scurati, M. L’ora del destino, Bompiani
A questo quarto pannello della sua epopea letteraria e civile Scurati affida il gigantesco affresco dell’Italia fascista sui fronti del secondo conflitto mondiale, degli errori, degli orrori e dell’eroismo ancora possibile per uomini e donne reduci da vent’anni di dittatura. E tratteggia il ritratto al nero di un uomo di fronte al destino che ha plasmato per sé e per un’intera nazione, solo all’incrocio tra il parallelo del crepuscolo e un meridiano di sangue
Antonio Scurati
Sono trascorsi quarant’anni da quando il figlio del fabbro di Dovia ha mosso i primi passi in politica; quasi venti da quando ha impugnato lo scettro del potere; poche settimane da quando ha annunciato agli italiani che il destino batte l’ora della guerra. Proprio adesso, alla fine di giugno del 1940, quel destino offre al Duce un segno, forse un presagio: Italo Balbo, il condottiero della Milizia, il maresciallo dell’aria celebre in tutto il mondo, viene abbattuto in volo dal fuoco amico. Ma non c’è più tempo per volgersi indietro. Affinché la Storia metta in scena l’immane tragedia della guerra, ciascuno deve interpretare la sua parte. Come il generale Mario Roatta, feroce pianificatore di rappresaglie e capo di un esercito spaventosamente impreparato. Come Galeazzo Ciano, ossessionato dall’idea di dominare il Mediterraneo; Edda, pronta a unirsi alla Croce rossa per avere la sua prima linea; Clara Petacci, che stringe tra le braccia un uomo sempre più simile a un fantasma; Amerigo Dùmini, l’assassino di Matteotti, che ha prosperato ricattando quel fantasma. Come una generazione intera di soldati tra cui l’alpino Mario Rigoni Stern, arruolatosi volontario, che nel gelo del fronte russo apre gli occhi sulla natura del dramma a cui partecipa, o il maggiore Paolo Caccia Dominioni, che deve guidare il suo reparto nelle sabbie della tragica battaglia di El Alamein; e una generazione intera di gerarchi tra cui Dino Grandi, sempre più insofferenti verso il Duce. E infine c’è lui, Benito Mussolini, ancora convinto di poter bilanciare in Europa le brame conquistatrici di Hitler ma in realtà pronto a scodinzolare al fianco della tigre tedesca come un patetico sciacallo.
Filippo Cerri, Le Malaveglie, Effequ
Alla luce del focolare, durante le lunghe notti di veglia nelle case contadine, nascono storie che incutono paura e alimentano inquietudini, evocando ricordi di tempi lontani. In ogni luogo e tempo, sono emerse nell’immaginario figure che spaventano, perché strettamente legate alla realtà. Questi esseri inventati riflettono il timore universale di vedersi spezzati dallo specchio del mostruoso. Filippo Cerri – già autore di Rivista Blam con Meduse – ci trasporta in un universo oscuro e suggestivo, dando vita a storie con mostri dalla natura tanto umana quanto angosciante. Le Malaveglie sono un luogo di meraviglie nere e fiabe sporche, dove l’orrore e il grottesco si intrecciano mentre il confine tra realtà e immaginazione si fa sottile.
Laura Acero, Donne della nebbia, Ventanas
Nel vasto paramo di Sumapaz, in Colombia, una volta alla settimana un gruppo di contadine accoglie un’insegnante che arriva da Bogotá per tenere un corso di scrittura. La «Prof», come la chiamano le donne, lascia il suo neonato con il marito in città e si immerge in questo paesaggio aspro e ricco di storie di lotta e speranza. Le narrazioni delle contadine parlano di figli persi nella lunga guerra civile, di una vita quotidiana spietata e di antiche credenze. Le voci delle donne, avvolte nella nebbia del paramo, si fanno sempre più chiare man mano che il romanzo procede, rivelando il dolore, la violenza e il sangue versato, ma anche la bellezza di un territorio sacro che ha offerto rifugio e speranza a molti colombiani. Questo territorio e la sua storia diventeranno parte integrante della vita della protagonista, la professoressa senza nome, il cui viaggio riflette la resilienza e la ricerca di speranza in mezzo alla difficoltà.
Le uscite di giovedì 17 ottobre
Alessandro Paradisi, Lea Montuschi e Marco Mizza, Giovanni Gualberto. Vita e carisma del fondatore di Vallombrosa, Lorenzo de’ Medici Press
In occasione del 950° anniversario della morte di San Giovanni Gualberto, monaco fiorentino dell’XI secolo, tre monaci vallombrosani, don Marco Mizza, suor Lea Montuschi e don Alessandro Paradisi ricostruiscono la vita del Santo che fu una delle più importanti figure del monachesimo medievale. Gli autori hanno saputo evidenziare l’ideale del Riformatore e la carica dirompente delle sue scelte più significative
Di fronte a consuetudini della società e della chiesa del suo tempo contrarie al vangelo, Giovanni Gualberto non esita a compiere gesti coraggiosi e controcorrente: anziché vendicarsi, perdona l’uccisore di un suo parente e persevera nella scelta monastica nonostante l’opposizione paterna; denuncia pubblicamente vescovo e abate simoniaci; distrugge le proprietà dei suoi monaci quando non conformi alla povertà evangelica, per lui irrinunciabile… Il ritorno alla povertà che emerge periodicamente nella vita di persone e comunità cristiane, è infatti un punto cruciale per Giovanni Gualberto: povertà come prossimità e aiuto ai poveri, che richiede lotta serrata contro ogni rischio di accumulo indebito di denaro e di beni. Egli precorre in questo la radicalità di Francesco di Assisi e anticipa una delle esigenze primarie della Chiesa del Vaticano II, di cui papa Francesco, a partire dalla scelta del nome, si è fatto portavoce e promotore concreto.
C’è un altro elemento che gli autori documentano, cogliendone la portata storico-profetica nel tempo in cui visse: la denuncia e la lotta contro la corruzione del clero e la simonia. Questo gli costò l’abbandono della tranquillità del monastero e l’approdo a un luogo sperduto e desolato dell’appennino toscano: tale era Vallombrosa quando egli vi giunse.
Più volte Giovanni Gualberto, che pure riconosceva esplicitamente l’autorità della chiesa e dei pastori, si trovò ad assecondare la ribellione alla corruzione dei ministri di Dio da parte della gente semplice, in qualche modo incrementando la coscienza civica che in quegli anni stava maturando, ponendo le basi alla nascita dei Comuni, contro lo strapotere politico dell’impero da una parte e il potere assoluto del papato dall’altro che a sua volta, per poter difendere la libertà della chiesa, finiva con l’affermare un proprio potere anche politico, superiore a quello dell’imperatore.
Nel suo impegno di riforma, Giovanni Gualberto non fu solo: numerosi monaci e membri del clero si affidarono a lui e lo seguirono, mentre movimenti popolari ampiamente diffusi come i patarini (che si rivolsero a lui e ai suoi monaci in un momento particolarmente drammatico) e i catari in altri luoghi e in contesti diversi, combattevano la medesima battaglia di purificazione e rinnovamento.
Le uscite di venerdì 18 ottobre
Antonina Nocera, A San Pietroburgo con Dostoevskij, Perrone
Esplorare Pietroburgo attraverso lo sguardo di Dostoevskij è un’esperienza che richiede un approccio aperto a molteplici memorie. San Pietroburgo è il frutto di un progetto grandioso dove letteratura, vita e storia si intrecciano. In questo memoir si ripercorre un cammino a ritroso, compiuto con il piglio flâneuse: un’indagine che attinge alla memoria personale dell’esperienza pietroburghese, si intreccia con le tappe tracciate da Raskol’nikov e da altri personaggi dei romanzi dostoevskiani in cui la città entra nel testo con i suoi pensieri e con la sua bellezza onirica. In questa mappa di Pietroburgo è inevitabile incontrare la polifonia del grande romanzo dostoevskiano, incrociata alla magia di una città che ancora ne conserva le tracce.
Paola Musa, La vita in più di Marta S., Arkadia
Fresca di menzione speciale al Premio Emilio Lussu, con “Umor vitreo”, Paola Musa torna col V capitolo della saga dei sette vizi capitali
Marta Scacchi è un ingegnere che lavora per l’industria del sesso. Conduce un’esistenza solitaria e abita a Torino da quando, terminata la Kermesse dedicata all’Eros, ha fatto un incontro che l’ha turbata. Marta, fin da adolescente, è preda di visioni che la convincono di avere vissuto altre vite, tutte contraddistinte da libidine e oscure passioni che si riconoscono tra loro in un gioco di specchi, anche se di alcune non ha chiara memoria. Ricoverata in ospedale in seguito all’esplosione della palazzina in cui abita crede di riconoscere in Virgilio, un infermiere mite e dal carattere semplice, qualcuno che ricorre nelle sue visioni. Si sente attratta, ma avverte di correre con lui un pericolo mortale. A dispetto di tutto riesce a procrastinare il destino assegnatole, a fare esperienza dell’amore e di accettare un trauma dimenticato. Un romanzo sul vizio più antico del mondo, sull’immaginario che ha prodotto in varie epoche e latitudini, nella letteratura e nell’arte, una riflessione sulle implicazioni sociali del cybersesso. Ulteriore capitolo sui vizi capitali, questa volta a fare da protagonista è la lussuria, in una vertiginosa giostra di desiderio e rovina, eros e thanatos, estasi e conoscenza di sé, magistralmente descritta da una donna che attraversa i tempi.
Le uscite di lunedì 21 ottobre
Shannon Mayer, Hunted by fate. Cacciati dal destino, Leggereditore
Torna l’autrice di “Taken by Fate”: “Presa dal destino”, primo volume della serie “The Alpha Territories”, con il sequel “Hunted by Fate: Cacciati dal destino”, un romantasy destinato a un pubblico new adult e diventato un #booktiktok.
Il re dei vampiri è morto. Ora sono in fuga dal suo folle successore insieme a un principe vampiro gravemente ferito e a una cameriera innamorata di lui. E io che pensavo che i Giochi del Raccolto fossero la parte peggiore… Per non parlare della mia ossessione per il generale dell’esercito dei vampiri, incaricato di guidare la squadra mandata a uccidere me e la mia non proprio allegra banda di disadattati. L’unica possibilità che abbiamo di uscirne vivi è quella di gettarci alla mercé dei vicini licantropi e sperare che non ci facciano a pezzetti. Sono loro la chiave per sconfiggere il neoincoronato “re” Edmund e salvare il regno dei vampiri da un terribile e pericoloso ritorno a tempi ormai dimenticati, dominati dal caos e da una crudeltà incontrollata. Ma per riuscire a negoziare un’alleanza fra due specie in guerra da secoli serviranno un pizzico di astuzia e un’abbondante dose di audacia. È una vera fortuna che io ne abbia da vendere.
Le uscite di martedì 22 ottobre
Marina Milani, Erba verde è il nostro letto, 8tto edizioni
Jonas Lyrer ha vent’anni e un legame profondo con le piante, che trova molto più rassicuranti delle persone. Le piante non sono nevrotiche né lo prendono in giro per il suo aspetto da «strano dionisio boschivo». Questa sua passione sembra avere radici nel bisnonno Hasso, un botanico che esplorò il Borneo e fondò alcuni dei primi vivai di Bergamo, prima di scomparire misteriosamente in una notte piovosa del 1945. Jonas vive nella villa di famiglia, la Drys, in rovina, insieme al padre semialcolizzato e alla zia, una donna eccentrica. Mentre cerca di dare un senso alla sua vita e immaginare un futuro, si trova bloccato dalla pandemia, costretto tra le mura di casa. Per combattere la solitudine e l’isolamento, Jonas scrive lunghe lettere a Stella, un’attivista conosciuta l’anno prima a Davos, raccontandole la storia di Hasso, sperando che lei possa trasformarla in un romanzo. La figura del bisnonno, a suo parere, è perfetta per un racconto di quel tipo. Mentre il mondo resta in sospeso, Jonas, per la prima volta, prova a prendere in mano il proprio destino, e attraverso le sue lettere emerge non solo la storia della sua famiglia, ma anche il riflesso delle vicende storiche dell’Italia.
Theodore J. Kaczynski, Colpisci dove più fa male, D Editore
Il volume che vi state apprestando ad avere tra le mani non può essere maneggiato con troppa disinvoltura: è il frutto di decenni di lavoro dell’uomo che, dopo aver passato più di vent’anni ad attaccare la società tecnologica, ha dedicato il resto della sua vita a scrivere saggi per una rivoluzione a venire. Per Ted Kaczynski, il famoso UnaBomber, Colpisci dove più fa male non è solo un titolo a effetto, ma un imperativo, un ordine impartito da chi per tutta una vita si è fatto un esercito di un solo uomo…
Dopo anni di ricerche in polverosi archivi, mail con figure oscure e fanzine ormai dimenticate, Colpisci dove più fa male finalmente arriva come un’esplosione nella Freedom Club Collection, portando alla luce saggi rari, alcuni mai pubblicati prima, testi che per decenni sono rimasti sepolti nell’oscurità e che solo ora vedono la luce per la prima volta.
In un mondo che ci vuole sottomessi e distratti, Theodore J. Kaczynski ci consegna un manuale di guerriglia intellettuale, un insieme di scritti che tentano di rispondere a una domanda fondamentale e urgente: come far esplodere la rivoluzione? Non si tratta di vane teorie o di romantiche illusioni, ma di una brutale chiamata all’azione, un invito a colpire al cuore il sistema, là dove fa più male.
Con una curatela profonda e ricca di note per guidare lettrici e lettori non anglosassoni attraverso la mente complessa di Kaczynski, questo volume è un’arma carica. Ogni pagina è una sfida, ogni parola un colpo inferto all’apatia. Preparati a essere provocat@, sconvolt@ e, soprattutto, risvegliat@.
Questo non è solo un libro: è un grido di battaglia per chi non vuole più restare in silenzio.
Le uscite di mercoledì 23 ottobre
Arabella Cifani e Stefano Causa, Corpo a corpo. Una storia dell’arte dalla testa ai piedi. Ediz. Illustrata, Giunti
Si può raccontare la storia dell’arte anche attraverso le parti del corpo? Seni, occhi, bocca, mani, labbra, sederi e inguini, ogni capitolo di questo testo è dedicato a un organo, ognuno dei quali ci compone e dei quali abbiamo perso la memoria o ai quali non diamo più importanza sopraffatti da narcisismo e autoreferenzialità. Tra storia e immaginazione, questo libro esplora come gli elementi del corpo possano riflettere non solo lo stile di un artista, ma anche il realismo occidentale.
Le uscite di giovedì 24 ottobre
Macrina Marilena Maffei, La danza delle streghe. Cunti e credenze dell’arcipelago eoliano, Armando
In un’epoca di incantamento del mondo, dove gli scogli parlano, le creature sognate escono dai sogni ed entrano nella realtà, e le serpi compaiono con i capelli pettinati a treccia, a crocchia, a tuppo, si rivela che gli spiriti ritornano fra gli uomini in forma zoomorfa. Un immaginario in cui il fantastico, il meraviglioso e l’onirico s’intrecciano dando vita a emozionanti narrazioni dove anche la presenza delle streghe è marcata. Esibendo la loro arcaica nudità, le streghe in volo si palesano agli uomini. Il loro tratto più inquietante lo mostrano trasformandosi in nuvole e in vento per inseguire sul mare i naviganti o anche rubando le barche ai pescatori.
Oggi, alla sua terza edizione, il libro torna arricchito dalla suggestiva storia di una pescatrice. Una pescatrice dai lunghi capelli morta in un naufragio oppure, come alcuni raccontano, per l’agire malefico delle streghe. Racconti e credenze narrati, per la prima volta nella storia dell’arcipelago, dalla voce dei suoi abitanti durante un’etnografia che ha preso l’avvio oltre quarant’anni fa, sullo sfondo di una maestosa natura vulcanica. Il volume presenta gli esiti di una ricerca, di lunghissima durata, condotta nell’arcipelago eoliano a iniziare dagli anni Ottanta e ricostruisce, attraverso storie e credenze di tradizione orale, i tratti fondamentali di una cultura inscritta in un’infuocata natura tellurica.
Le uscite di venerdì 25 ottobre
Dario Voltolini, Acqua chiusa, Oligo
Secondo posto al premio Strega 2024, l’autore torna raccontando la Torino della sua adolescenza
Dario Voltolini, finalista al Premio Strega 2024, racconta la sua Torino, il quartiere dove è vissuta la famiglia del padre. Il luogo è un grappolo di vie dove un tempo c’era una enorme fabbrica della Michelin e ora un centro commerciale. Un palazzo, edificato per la residenza di chi in quella fabbrica ci lavorava, sussiste ancora intatto.
Marino Magliani, Corsica, Oligo
Dalla Liguria non si vede un’unica Corsica. L’isola è sempre diversa e questo dipende dalla meteorologia, dalla quota, dall’angolazione: la Corsica che si vede dal Ponente sarà necessariamente diversa da quella che si vede dal Levante. E da Genova, quale Corsica si vede? Questa è la cronaca di uno scrutatore che ha guardato la Corsica da ogni luogo, ma soprattutto da Genova, avendo svolto il secolo scorso il lavoro di mozzo sul Corsica Ferry diretto da Genova a Bastia, ed essendovisi avvicinato ogni mattina prima che l’alba bruci i sogni e allontanato la sera all’ora del lampescuro. Un libretto traballante come lo era quel viaggio e quel secolo, sulle capacità di un mozzo di guardare e vedere. Il testo è arricchito da una prefazione di Roberto Carvelli.
Federico Platania, Arcipelago familiare, Fernandel
Cosa vuol dire sparire quando, tuttavia, tutta la tua famiglia sa dove sei? È successo a Daniele Fittipaldi, padre di Jai, che si trova in un rifugio delle isole Kerguelen, luogo in cui lo stesso aveva condotto il progetto di un radiofaro. E anche ad Aparajita, madre di Jai, che ha scelto di smarrirsi tra le filosofie new-age. Sarà proprio Jai a dover rimettere insieme le isole del suo arcipelago familiare e l’occasione sarà una sua nuova avventura: l’apertura del suo primo ristorante a Londra.
Fabrizio Nissirio, Lava, Arkadia
Un mistero alle pendici del Vesuvio, una donazione ricevuta da uno sconosciuto, lo strano caso di due sorelle scomparse tanti anni prima
Una lettera inattesa porta il commissario romano Aurelio Di Giannantonio a viaggiare dalla sua città d’adozione, Venezia, fino a Torre del Greco, alle pendici del Vesuvio. Un misterioso benefattore gli ha lasciato una casa dalla quale si vede il golfo di Napoli, la penisola sorrentina e Capri. Ma qualcosa non torna: il poliziotto non sa chi sia il solitario anziano che si è ricordato di lui nel testamento. Girando il paese in cerca di risposte, si imbatte in un manifesto ingiallito che lo coinvolge nella storia di due sorelline scomparse. Vorrebbe ripartire, tornare dalla sua compagna Maria Quaranta, ma è troppo tardi: la sua sete di giustizia lo trascina in un’indagine su cui non ha titolo. Una vicenda difficile da dipanare, in bilico tra loschi traffici della criminalità organizzata e vendette private, che lo vedrà in pericolo di vita, circondato da personaggi omertosi e ambigui all’ombra del vulcano che, impassibile e minaccioso, sovrintende alle vicende umane di una terra antichissima. Fatta di lava nera, sotto la cui coltre presente e passato si intrecciano. Lava è un romanzo che parla di memoria perduta, di luoghi in cui è facile smarrirsi e dell’illusione di pensare di non aver bisogno di nessuno. Con il rischio di precipitare in un cratere e non risalire mai più.
Alan Moore, The great when. Il grande quando, Fanucci Editore
Con The Great When: Il Grande Quando, Alan Moore inaugura una pentalogia dove la Londra che conosciamo lascia il posto alla meraviglia di una città ricca di mistero, magia e pura follia.
Mistico, esilarante e splendidamente costruito, The Great When: Il Grande Quando è un’indimenticabile introduzione al fantastico mondo di Long London, scritto da un autore considerato una leggenda.
Quando Dennis Knuckleyard, giovane apprendista della feroce Ada ‘Cicca’ Benson, viene incaricato dalla rantolante datrice di lavoro di recuperare un lotto di libri da un collega che vuole disfarsene, e si ritrova per le mani un volumetto che in realtà non dovrebbe esistere, tutto potrebbe immaginare tranne che diventare il protagonista impotente e privo di risorse di una serie di disavventure che lo porterà suo malgrado a esplorare una Londra nascosta e pericolosa, di cui quasi nessuno conosce l’esistenza. Tra venditori ambulanti, maghi, pittori surrealisti, boss della malavita e prostitute dai capelli rosso fuoco, lo sventurato diciottenne si ritrova catapultato in una dimensione parallela alla sua, una Londra onirica che trascende il tempo e lo spazio, dove incontra personaggi in grado di trasformare la sua triste e squallida esistenza nella trama di uno strampalato romanzo da incubo dal quale dovrà cercare di uscire indenne.
Daniele Pratesi, Ancora un minuto, Efesto
Giuseppe e Noemi sono i due protagonisti di questo romanzo ambientato nella Milano di oggi. Giuseppe è un workaholic, Noemi invece crede fortemente nell’amore e nella famiglia. A mettere in crisi questa relazione ci penserà l’entrata in scena di Nora, bella, determinata e in carriera. E proprio quando Giuseppe e Noemi sembreranno sul punto di aver raggiunto un equilibrio, qualcos’altro metterà tutto in discussione di nuovo.
Le uscite di sabato 26 ottobre
Antonio Schlatter Navarro, Perché leggere Dostoevskij, Graphe.it
Perché dovremmo leggere oggi Dostoevskij? Questo volume non solo fornisce risposte, ma ci mette di fronte alle domande giuste, uscendo dalla retorica un po’ supponente secondo cui tutti avrebbero letto Dostoevskij o tutti dovrebbero farlo. La prospettiva del saggio – almeno in parte – muove da una visione cristiana, infatti, la relazione con il peccato e il divino è senza dubbio un filone centrale nella poetica del romanziere. Ciò che rende avvincente quella che Schlatter Navarro chiama “indagine” è però il carattere misterioso che permea la riflessione dello scrittore: per lui «i rapporti fra Dio e l’uomo, il peccato e il male, la coscienza e la libertà non sono problemi, ma misteri».
Fëdor Michajlovič Dostoevskij nel 1876
Dostoevskij sfida il nostro tempo troppo veloce. Per gli europei d’oggi, spaesati e spaventati di fronte a un mondo complesso che non dominano più come hanno fatto nei secoli passati, tutto scorre in fretta, mentre lo spazio della riflessione si restringe. Ogni notizia è divorata rapidamente e sostituita dalla successiva. Ci si dimentica e ci si abitua anche a quelle peggiori, come la guerra, che quasi non fa più notizia se non quando sembra che ci minacci direttamente. Tanta gente non legge più libri, illudendosi magari di capire la realtà del mondo scorrendo i post sui social, senza uno sforzo di approfondimento. I requisiti fondamentali del lettore ideale di Dostoevskij sono pazienza e attenzione, ci ricorda in questo bel saggio Antonio Schlatter Navarro. Ma chi è davvero attento al giorno d’oggi? Chi ha la pazienza di entrare in trame complicate, accettando d’incamminarsi in centinaia di pagine? Corriamo il rischio di non capire la realtà che ci circonda, le questioni fondamentali che riguardano l’umanità, semplicemente perché rinunciamo a fermarci, a leggere, a entrare nella complessità della vita. La letteratura ci aiuta, se le dedichiamo il tempo che merita. Il suo senso profondo è infatti quello di essere al servizio del lettore, per scuotere la sua coscienza e spingerlo a pensare, rimettendo in moto la mente e il cuore. (dalla Prefazione di Valerio De Cesaris).
Le uscite di martedì 29 ottobre
José Mauro De Vasconcelos, Accenderemo il sole, Blackie Edizioni
Zezé, protagonista di “Accenderemo il sole”, è un bambino brasiliano che sin da piccolo sogna di diventare poeta. Rispetto al precedente romanzo dell’autore, Il mio albero di arance dolci, troviamo Zezé più grande: trasferitosi a Natal per studiare, è stato accolto da una nuova famiglia. Il suo obiettivo è quello di impegnarsi duramente a scuola, per poter un giorno sostenere economicamente i suoi genitori e fratelli. Nonostante si consideri ormai maturo e responsabile, dentro di sé resta ancora un ragazzino vivace, pieno di fantasia e affetto. Con la sua passione e l’aiuto di alcuni nuovi amici, reali e non, scoprirà la forza necessaria per superare la nostalgia ed emergere più forte che mai.
Isabel Burton, Verso l’India. 1879, Lorenzo de’ Medici Press
Per la prima volta in italiano, il diario di viaggio scritto da Isabel Burton nel viaggio compiuto assieme al marito, il celebre esploratore Richard Francis Burton, verso l’India. Un viaggio che è scoperta e osservazione, con la prosa avvincente di una donna dell’età vittoriana che osserva con attenzione e sagacia la realtà che la circonda. Durante tutta la narrazione, Isabel Burton appare libera anche nel linguaggio: il registro che adopera convoglia ogni stile di spontaneità ed è del tutto affine a una conversazione vis-à-vis tra persone comuni. La stesura del racconto non mira alla bellezza o al classicismo letterario, bensì all’immediatezza con cui intende fornire dati al lettore e lasciare che assorba i suoni, i profumi e l’atmosfera che vengono descritti in pagina nella maniera più diretta e concisa possibile. Oltre agli aspetti pittoreschi e affascinanti del viaggio che attraversa Europa, Egitto e Arabia, il diario di Isabel Burton descrive a lungo anche il nord dell’Italia: Milano, Trieste e Venezia, osservate in un momento cruciale della storia italiana, a pochi anni dalla raggiunta unità nazionale. Messa in ombra dalla fama del marito, scopritore delle sorgenti del Nilo, Isabel Burton visse con lui per diversi anni a Trieste e, sempre insieme a lui, tradusse in inglese per la prima volta Le mille e una notte.
«Nonostante tra gli anni ’30 e ’40 dell’Ottocento l’Inghilterra contasse un numero di cittadine di sesso femminile elevato e decisamente superiore a quello degli uomini, la maggior parte delle discipline erano rappresentate e destinate esclusivamente a questi ultimi e al contrario venivano precluse alle donne. La disparita di genere emerge in maniera piuttosto evidente in ogni ambito, incluso quello letterario, che vede le donne costrette a seguire la strada della rinuncia all’istruzione oppure a quella di mettere in pratica le proprie conoscenze attraverso la pubblicazione sui periodicals in forma anonima, senza ricevere cosi alcun credito. In alternativa, un coniuge appartenente a un particolare ceto o inserito in una disciplina scientifica rappresentava una vera e propria opportunità professionale per far fruttare l’ambizione di una donna che altresì non avrebbe avuto modo di realizzarsi nel concreto. Proprio in questo periodo storico, infatti, vengono pubblicati in maniera sempre più frequente volumi scritti “a due mani”, ovvero da uomini e donne, generalmente uniti in matrimonio. Isabel Burton aderisce parzialmente a questo nuovo iter letterario producendo testi scritti in maniera autonoma, ma revisionati o arricchiti dal marito. Tuttavia questa collaborazione attiva svanisce gradualmente, lasciando spazio e autonomia di scrittura all’autrice, la quale non manca in alcun modo di riportare in pagina lodi e storie riguardanti suo marito. Le opere letterarie prodotte dai coniugi in maniera individuale contengono infatti molti riferimenti reciproci e svelano l’autenticità del legame che li unisce, non solo per l’aspetto burocraticamente coniugale, ma relativo all’essenza più profonda delle loro anime. Sin dall’inizio della loro relazione, infatti, l’appartenenza alla dottrina anglicana di Burton lo poneva in una posizione più che scomoda per la famiglia cattolica Arundell, più che mai restia ad accettare una qualsiasi unione tra lui e Isabel. Il carattere determinato e audace di entrambi permise loro di superare ogni barriera sociale, religiosa o d’onore, guidandoli verso una cerimonia clandestina che li rese sposi e complici per la vita che condussero nel rispetto e nella stima reciproci. Pertanto, sin dagli esordi, Isabel e Richard Burton rivelano la loro singolarità come nucleo coniugale, ma anche dal punto di vista individuale. Decidendo di intraprendere una vita insieme a Richard, Isabel sceglie contemporaneamente di essere una fedele compagna di viaggio, pronta ad affrontare esplorazioni oltremare accuratamente dettagliate e destinate a un pubblico di lettori, orgogliosamente riportate in forma scritta solo ed esclusivamente da se stessa. Di queste esplorazioni fa parte anche quella descritta nelle pagine che seguono, avvenuta nel 1875 a fianco del suo fedele compagno di vita. Il viaggio in Arabia, Egitto e India fa crescere nell’autrice una nuova sensazione di meraviglia, che viene accuratamente riportata con tutti i suoni, i profumi, gli usi e i costumi che rivelano nuove identità e realtà, in alcuni punti del tutto estranee a quelle che erano le convenzioni sociali del XIX secolo. La novella esploratrice si inserisce all’interno del racconto in maniera concreta e descrive spesso di aver affrontato alcuni spostamenti da sola, mentre il marito era impegnato in altre attività legate a impegni di stampo intellettuale» (dall’introduzione di Simona Bauzullo).
Libro controcopertina, L’odore dei cortili di Giuliano Brenna, Il ramo e la foglia edizioni
«È l’odore che alligna, aspro e verde scuro, negli angoli in ombra di certi vecchi cortili e si espande con più intensità nei pomeriggi afosi e umidi. Non si attribuisce un nome a questo sentore, lo si vive, un attimo, con un leggero imbarazzo; resta addosso senza che ci se n’accorga, lascia una vaga sensazione di disagio, come quando una manica si impolvera o qualche batuffolo di lanugine si impiglia nei capelli»
Il Portogallo, nella sua transizione dalla dittatura alla democrazia, fa da sfondo alla vita del capitano Green e del giovane Mattia. Due personalità opposte, in qualche modo speculari; entrambi vivono una censura interna che nasce dal profondo del loro essere: per il primo si amplifica e giustifica nel clima di oppressione generale, per il più giovane si nutre di un grave lutto e dei conseguenti rimorsi e sensi di colpa. Con la liberazione del Portogallo anche i due protagonisti cominciano un cammino di redenzione, che li porta gradualmente, ma non senza fatica, a una presa di coscienza e alla giusta collocazione dei loro desideri, in un equilibrio la cui assenza ne aveva rosi gli animi. La città di Lisbona, con i suoi vicoli e i caratteristici giardini dall’inconfondibile aroma, rappresenta lo sfondo pulsante che segna il ritmo della narrazione. In libreria dal 18 ottobre.
Salvatore Massimo Fazio
I link alle segnalazioni su SicilyMag: https://lc.cx/jsA50G