Josh in fuga è un romanzo che coinvolge profondamente il lettore nella psiche di un giovane protagonista, che percorre le complicazioni della vita in una metropoli frenetica e spesso indifferente. Attraverso una scrittura caratterizzata da una prosa evocativa e attenta ai dettagli, l’autrice è riuscita a trasmettermi il contrasto tra il caos urbano e la ricerca di un senso di connessione umana. Josh è un personaggio particolare, che si presenta come un’anima alla deriva, tentando di mantenere una sorta di leggerezza di fronte a una realtà che lo schiaccia. La sua descrizione iniziale, “con le mani nelle tasche del chiodo e un berretto grigio di lana calcato sulla testa, s’incammina fischiettando” riflette la sua fragilità, mentre il suo fischiettare è un modo per resistere alla voragine di monotonia che lo circonda. La sua ironica malinconia si mescola con una città che pare non lasciare spazio alle emozione, e ogni tentativo di connessione si trasforma in una lotta contro l’indifferenza. La storia si evolve attraverso incontri significativi, come quello con la barista della “Chiesetta”, Miranda, un luogo che dovrebbe offrire conforto ma che, al contrario, rappresenta un’ulteriore frustrazione. L’incontro con la barista evidenzia la difficoltà di Josh nel relazionarsi con gli altri. La sua impossibilità di pagarsi da bere non è solo un problema economico, ma rappresenta la sua ricerca di un momento di umanità in un contesto che sembra negargliela. La mancanza di soldi diventa un simbolo della sua precarietà, riflettendo una realtà in cui chi non ha il controllo su tutto viene facilmente scartato. Durante la lettura è evidente come l’autrice affronta temi rilevanti: l’isolamento moderno e l’impatto della tecnologia sulle relazioni umane. Josh, acuto osservatore, nota quanto i cellulari contribuiscono alla disconnessione con le persone. Criticando così un mondo in cui le esperienze diventano superficiali, ridotte a “piccole immagini asettiche”. Questa riflessione ci invita a considerare la vera essenza delle relazioni, che spesso si perdono nella superficialità dei social media. La sua aspirazione a vivere esperienze autentiche, lontano dai filtri digitali, rende la sua ricerca ancora più emozionante. Il romanzo si arricchisce ulteriormente con il personaggio di Miranda, una donna alle prese con la frustrazione e l’ingiustizia di una vita precaria. L’incontro tra i due giovani mette in luce una tensione palpabile: da una parte, il suo bisogno di autenticità, dall’altra, la rabbia repressa verso chi sembra ottenere tutto senza fatica. Ogni giorno, Miranda affronta la pressione degli standard di bellezza, sentendosi inadeguata accanto a figure come Susi Fashion. Questo risentimento non è solo personale, ma parla a molti di noi che lottano contro il confronto sociale. La sua vulnerabilità si unisce a quella di Josh, dando vita a un legame sincero che evidenzia quanto sia importante comprendersi a vicenda. In un mondo che spesso giudica dalle apparenze, il loro incontro diventa un momento di autenticità e umanità. Concludendo, Josh in fuga è una lettura che sviscera argomenti profondi e attuali: l’isolamento nella società moderna, la ricerca di connessione e la critica alla superficialità delle relazioni. Attraverso la voce del protagonista, l’autrice ci invita a riflettere su quanto siano complicate le nostre vite e su quanto sia importante mantenere la speranza e la tenacia, anche quando tutto sembra remare contro. La storia fi Josh è quella di una persona che cerca un senso nella vita. Tra il caos quotidiano e la frenesia della città, lui desidera trovare un luogo in cui sentirsi a casa. È un viaggio che tocca ognuno di noi, mostrando quanto sia importante cercare il proprio posto nel mondo.
Antonella Maffi
Il link alla recensione su Il Punto sui Libri: https://tinyurl.com/288d8x59
PATRIZIO NISSIRIO, ‘LAVA’ – Il passato riaffiora sotto forma di una lettera, mezzo di comunicazione obsoleto quanto burocratico e preoccupante, nell’ultimo romanzo noir dello scrittore Patrizio Nissirio che porta il suo commissario Aurelio Di Giannantonio a compiere una delle indagini più difficili e rischiose della vita alle pendici del Vesuvio.
Si intitola per l’appunto ‘Lava’ (Arkadia editore) e rappresenta il terzo libro, dopo ‘D’inverno, Venezia’ e ‘Silenzio’, incentrato sul poliziotto romano trasferitosi a Venezia, ma in questo caso costretto dal destino racchiuso nella fatidica missiva a una trasferta nella frazione (immaginaria) di Sant’Anna, vicino a Torre del Greco, dove deve fare i conti col suo passato e coi misteri di una comunità tranquilla solo in apparenza. Basta infatti un manifesto ingiallito che ricorda la vicenda di due sorelline scomparse a far scattare il bisogno di indagare nel commissario, andato lì per capire come mai un anziano di cui non ricorda l’identità gli abbia mai lasciato una eredità, una vecchia casa circondata da un terreno non lontano dal cratere del vulcano. E’ lo stesso Di Giannantonio a spiegare cosa lo spinga ad agire, ad aprire una indagine tutta personale e non autorizzata, nonostante la sua pistola e il distintivo non dovrebbero venir sventolati da quelle parti: “Il mio vizio è che voglio sempre sapere la verità. C’è chi beve, chi gioca d’azzardo, chi colleziona donne: il mio vizio è questo”. Ma un poliziotto non va mai in vacanza, spiega molto bene Nissirio, tanto più se si sente investito personalmente di un caso da risolvere a tutti i costi. Anche perché Di Giannantonio si ritrova più solo che mai e straniero nella comunità di Sant’Anna dove tutti si conoscono, sino al confine con la connivenza, e il commissario viene prima accolto come una curiosa novità per diventare nel giro di pochi capitoli una minaccia, con le sue continue domande sulla scomparse delle due bambine, tali da mettere in discussione una quiete che poggia su un vulcano. Nissirio col suo stile elegante e una lettura profonda del carattere umano si spinge oltre il noir ed entra nel racconto sociale che parla di un’Italia incapace di fare i conti con se stessa, alle prese con un rimosso destinato prima o poi a riemergere come fosse lava imprigionata troppo a lungo. Serve qualcuno che come Di Giannantonio arrivi a scoperchiare per far emergere quella verità che nessuno vuole vedere, come si continua a ignorare il pericolo naturale rappresentato da un vulcano tuttora attivo costruendo case sulle pendici. In uno dei passi più belli del libro l’autore descrive in modo impeccabile la differenza tra l’agire degli uomini e quello della natura: “Il Vesuvio non aveva fretta, né piani omicidi. Semplicemente faceva la sua parte, incurante del traffico e del cemento con cui gli umani tentavano di strangolarlo”. Si può dire lo stesso di alcuni personaggi in ‘Lava’, ben nascosti dietro l’apparenza, ma che sono pronti a fare di tutto pur di difendere dei segreti inconfessabili.
Il link alla recensione sull’ANSA: https://tinyurl.com/yc4mvy3b
(Buenos Aires, 1939- 2024), uno degli ultimi maestri della letteratura argentina contemporanea, ha vissuto tra Buenos Aires e Parigi. Dopo un lungo soggiorno in Europa tornò in Argentina per lavorare come giornalista, con alle spalle una ricca produzione di traduzioni di autori francesi, inglesi e spagnoli. Nel 1973, insieme a Giuseppe Bianco, venne premiato per il saggio The Nation su Marcel Proust e Henry James. Molti riconoscimenti gli procurarono i film di cui è stato regista e sceneggiatore, ma anche i racconti La ragazza di Odessa (2001) e il romanzo Lontano da dove (2009). Al 2012 risale Ultimo incontro a Dresda, pubblicato in Italia da Guanda. La sua opera letteraria comprende i racconti Vudú urbano, con un prologo di Susan Sontag, Guillermo Cabrera Infante, e i romanzi Il terzo mattino (2010), In assenza di guerra (2015) e Turno di notte (2021). Per Arkadia Editore è uscito Dark (2024) tradotto da Alessandro Gianetti.