Tornano le nostre news letterarie e apriamo questa edizione con la novità in libreria per 66thand2nd a firma di Alice Urciuolo: La verità che ci riguarda. Un romanzo sul rapporto di potere che si instaura tra le persone, e nell’eredità che scorre tra una madre e la figlia. Tra autobiografia e racconto, Nomi, cose, musiche e città di Giovanni Granatelli ci porterà tra varie città e chilometri, alla scoperta dello stupore. In libreria per Arkadia Editore. Torna invece in libreria bell hooks, sempre fondamentale, sempre arguta. Il Saggiatore infatti ripropone Comunione – La ricerca femminile dell’amore, un testo per scoprire come le donne possano coniugare attivismo, amore e la propria intimità. Passiamo ora alla poesia con Amazzonia di Juan Carlos Galeano, in uscita per Del Vecchio Editore. Un concentrato di natura, leggende, immaginazione e pura poesia. Sempre di Amazzonia e natura si parla nel saggio Lo spirito della foresta di Bruce Albert e Davi Kopenawa, in libreria per nottetempo. Capire l’attualità e le forze che le governano è sempre stato fondamentale, e lo è ancor di più nella situazione odierna. Alegre Edizioni ci aiuta in questo con Lo strano caso del debito italiano di Marco Bertorello e Danilo Corradi, un ripasso storico di come funziona la nostra economia. Stuart A. Kauffman nel suo saggio L’infinita creatività dell’Universo, presto in libreria per Mimesis Edizioni rimmagina invece il nostro modo di vivere, per dare spazio alla pulsione creativa dell’umanità. Su umani e il rapporto con la natura, in questo caso la “fattoria” ci parlano anche Troglodita Tribe nel nuovo saggio La fattoria infelice, in uscita per Ortica Editrice. E infine, dalla tragedia può nascere la speranza, l’utopia: è ciò che ci mostra Idolo Hoxhvogli in La comunità dei viventi, in uscita per Editrice Clinamen.
Link belli e interessanti
Un simposio su Barbie.
Un estratto sulla vita a New York di Sylvia Plath dalla biografia dell’autrice, scritta da Andrew Wilson.
La rivista letteraria inglese, The White Review, è costretta a fermare le pubblicazioni.
La privatizzazione e gentrificazione di Piazzale Loreto, a Milano, diventerà l’ennesimo caso di greenwashing e socialwashing
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Scritti con grande perizia e connotati da uno stile sobrio, ponderato, che ama mettere sotto la giusta luce cose e singoli eventi, i racconti di Gianluigi Bodi proposti da Arkadia con il titolo di Un posto difficile da raggiungere rivelano in modo indiscutibile la notevole familiarità dello scrittore veneziano con la narrazione breve, una forma che appare tra le sue mani lo strumento ideale per indagare tra i piccoli e grandi avvenimenti, soprattutto interiori, che caratterizzano la vita di noi tutti. Accomunati dalla ricerca di senso e dall’intenzione di capire quale sia il proprio ruolo nel mondo, i protagonisti si palesano infatti, durante il loro accidentato peregrinaggio quotidiano, attraverso l’uso sapiente di una voce narrante che ce li restituisce a tutto tondo, che lascia emergere con molta naturalezza ricordi e trascorsi personali, delineando così dei percorsi, non sempre lineari, la cui meta è spesse volte preclusa, irraggiungibile, come sembra suggerirci il titolo della raccolta. Assai netta è l’impressione che tutti condividano un destino avverso, fatto di ostacoli più o meno insormontabili, al cui trionfo concorre a volte una disposizione d’animo incline all’indolenza, ma anche l’idea, che in tanti è una certezza, di non essere quasi mai nel posto giusto, o di aver usurpato un ruolo, di ritrovarsi ad essere insomma degli impostori, in famiglia come sul luogo di lavoro (“Ed era un suono ipnotico, che all’inizio lo faceva diventare matto, quasi furioso di rabbia con se stesso e la vita che gli era capitata o si era scelto – questo particolare non riusciva mai a metterlo a fuoco” è la prima e solo una delle frasi emblematiche presenti nella raccolta). Molto pronunciata è altresì la sensazione, o meglio il timore, di aver fallito nella propria missione, sempre che questa sia nel frattempo divenuta chiara, di non essere riusciti negli anni o lungo l’arco di un’esistenza ad essere ciò che avrebbero dovuto o voluto essere, ancor meno a coincidere con un’immagine o un modello interiore, che comunque li assilla e li divora, come accade al Flavio di La macchina che produce ingranaggi, uomo alienato, avulso dal processo produttivo di cui fa parte, consapevole di esserne ormai solo un dettaglio. La routine giornaliera, d’un grigio torbido e pesante, è nel suo caso infranta dall’intervento di un elemento, da un episodio imprevedibile, dalla natura tragica o grottesca, a seconda di come lo si voglia leggere, che la dissolve, la fa crollare in pochi istanti, e che gli ricorda provvidenzialmente quanto valore abbia ancora la vita, riconducendolo alfine ad una dimensione più umana, in cui le azioni e le parole possono essere determinanti. Altrove, questa dimensione troppo presto dimenticata è recuperata attraverso la cura devota di un gatto, un gesto semplice e nobile, o dopo lo scoppio di un incendio che giunge a liberare la giovane protagonista dalla sua triste condizione ma anche dalle illusioni che la tenevano ad essa avvinta (“Ho perso il posto di lavoro in piena estate, alberghi, bar e campeggi sono al completo. E invece mi sento tranquilla e non so spiegarmi il perché.”). Se è la propria condizione a generare quasi sempre l’insoddisfazione del personaggio, tema più volte ricordato nei racconti con brevi ma sintomatici lampi (“C’era solo la desolazione della tavola vuota, l’imbarazzo del presente che finisce e che vorresti sostituire con un altro momento, migliore del precedente.“), una funzione altrettanto significativa viene svolta dalla famiglia, rievocata a volte con punte nostalgiche, come in Il potere taumaturgico di Mike Bongiorno, il racconto posto in incipit, in cui con occhio indulgente e carico di dolcezza la voce narrante ama tratteggiare le figure dei nonni in un contesto estremamente festoso e protettivo, ma più spesso con occhio critico, risultando così il luogo per eccellenza dell’oppressione e del dileggio, un ambiente asfittico e soffocante, mortificante sopra ogni cosa (come ne Il rito), pienamente responsabile quindi del disagio dei figli come pure dei coniugi. Accettata anche l’idea che la ricerca di senso possa non andare a buon fine e che alcune vicende possano restare incomprensibili, indecifrabili davanti agli occhi dei personaggi (Racconto di Natale), in questo mondo che sembra ben intenzionato a mortificare l’individuo, a negarne la luce interiore, come pure a spegnerne le aspirazioni e le attese più o meno realistiche o plausibili (esemplare appare la vicenda narrata in Limonium Vulgare), non tutto però è destinato a perdersi, a finire nel nulla. Pur oltraggiati dalla avversità, messi in pericolo dalle sventure e turbati nel profondo, ai personaggi di Bodi resta comunque un’àncora di salvezza: il potere incommensurabile della gioia, della meraviglia autentica dinanzi ai sogni che prendono corpo, che si realizzano, unica vera via da intraprendere per il riscatto, il risorgimento individuale e collettivo, che può restituire ai singoli la passione per la vita, la forza necessaria per andare avanti, per esulare da un contesto che li opprime e che li avvilisce. Sono i desideri, le fantasie, i progetti, soprattutto se sono quelli che abbiamo nutrito da ragazzi, nell’infanzia magari, e la loro realizzazione, che si rivelano come ciò che può dare un senso al nostro percorso, e chiaro sembra essere l’invito dell’autore a non dimenticarli, a non perderli mai di vista.
Gianluca Massimini
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Folisca è un libro che si basa su fatti realmente accaduti. Si tratta della tragica storia della giovane Elvira Andrezzi, conosciuta come Rosetta, vittima di un pestaggio nel quale perse la vita in una notte d’estate del 1913 in Piazza Vetra a Milano nel corso di uno sgombero. Non tutti probabilmente conosceranno questa storia di cui ha parlato un articolo sul Corriere della Sera di qualche anno fa. Ed è per questo che reputiamo molto interessante il libro dell’autrice che pone questi fatti sotto una luce differente dalle cronache dell’epoca.
Spiega l’autrice:
La storia di Rosetta è realmente accaduta. Quello che mi interessava e mi interesserà sempre è dare voce a chi non l’ha avuta, a quelli considerati gli ultimi. Per questo ho sentito l’urgenza di raccontare la vicenda di Rosetta Andrezzi, vittima di un pestaggio a cui mai è stata resa giustizia.
Folisca: la storia di Rosetta Andrezzi
Rosetta venne aggredita da chi per mestiere avrebbe dovuto far rispettare la legge. Chi partecipò al pestaggio negò in maniera insistente la realtà dei fatti accaduti sostenendo che la ragazza fosse una donna di facili costumi, una poco di buono dedita al malaffare, insomma una poveretta che si era suicidata con tre pastiglie di sublimato corrosivo. Ma talvolta le versioni ufficiali seppur provenienti da ambienti autorevoli possono fare acqua da tutte le parti. A smentire la versione ufficiale fu l’Avanti!, quotidiano socialista allora diretto da Benito Mussolini. I giornalisti tornarono sul luogo dell’accaduto il giorno seguente e ricostruirono i fatti basandosi sulle tante testimonianze dei passanti o degli abitanti che si erano affacciati alle finestre. Rosetta, morta prematuramente per mano della Polizia nel corso di uno sgombero, era una giovane fragile, ma di una bellezza sconcertante. Era conosciuta come Rosetta di Woltery ed era celebre nei teatri italiani come canzonettista; tanti infatti erano pronti a scommettere sul suo talento. Il suo nome verrà spesso evocato nei brani della mala milanese, la leggendaria ligéra. Sulla sua fine nacque la canzone popolare cantata da Nanni Svampa intitolata “ La povera Rosetta”. In un mondo ormai ormai rivolto verso la grande guerra, con le contraddizioni di una democrazia immatura, la Milano della belle èpoque, della magia dei cafè chantant e della vivacità artistica di giovani letterati che si tuffavao nella modernità, si godeva gli ultimi sprazzi di libertà. La storia di Rosetta del suo amore e della sua breve vita, marchiano a fuoco un periodo storico travagliato e tempi ricchi di fermento.
Cenni biografici sull’autrice: la scrittura è come rifugio e salvezza
Nata a Sora (Fr) Miriam D’Ambrosio è nata a Sora (Fr) si è Laureata in Lettere, ha collaborato per diversi anni con alcune testate nazionali, scrivendo soprattutto recensioni teatrali. “Folisca” (Arkadia editore, 2022), è il suo quarto romanzo dopo “Fuori non è così” (Barbera editore, 2014), “Giuda, mio padre” (Luigi Pellegrini editore, 2016), “L’uomo di plastica” (Epika edizioni, 2018). Ha vissuto a Napoli, Pescara, Roma e attualmente risiede a Treviglio (Bg) dove insegna Italiano e Storia in un Centro di Formazione Professionale.
Folisca edito Arkadia è disponibile in tutte le librerie e negli store online.
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