Sceneggiatore, autore televisivo, da oltre venticinque anni nel mondo della comunicazione come regista e progettista di eventi, Stefano Albè si affaccia sul panorama editoriale con il suo primo romanzo dal titolo “Terra”, pubblicato con Arkadia, collana Eclypse. In uscita il 20 ottobre, si tratta di un noir psicologico ambientato nell’Iglesiente in cui la ricerca della verità diventa lo strumento di espiazione in un palcoscenico naturale selvaggio e aspro dove i protagonisti si trovano e si perdono tra miniere abbandonate e dune disegnate dal vento. Niccolò, Antonio, Gaia, Emma, Agnese ed Enea. Un articolato intreccio di relazioni ruvide, irrisolte e conflittuali, storie di persone che sembrano non incrociarsi mai, anche quando vivono nella stessa casa o masticano la stessa polvere. A unire e dividere, la terra, materna e violenta, rifugio e tomba, amata e stuprata. La terra come cuore sacro ancestrale al centro della vita e della morte. “Questo racconto è nato da un viaggio – ha spiegato l’autore. Da una scoperta inattesa e per certi versi magica. Per primo ha preso luce il luogo, immobile e decadente ma ricco di fascino e storia; poi, uno dopo l’altro, sono emersi i personaggi e in ultimo le loro relazioni, le passioni, le sconfitte e i trionfi. La terra è al centro come spazio, come materia e come metafora, palcoscenico di esistenze che si consumano, si amano e si allontanano, peccano e risorgono. È madre nutrice e spietata vendicatrice di colpe che affondano le loro radici nel tempo, tra buie gallerie e aspre rocce. Avvolta dal silenzio”. Dal ritrovamento di un cadavere si sviluppa una trama su più livelli dove indagati e indagatori si confondono e la ricerca scava nella coscienza di una intera comunità che giace assopita ai piedi del complesso minerario di Montevecchio. “È una storia – ha infatti commentato la casa editrice – che affonda le sue radici in profondità, nel buio delle gallerie delle miniere. E che porta una luce che illumina le vite di più generazioni”.
Davide Falco
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“…abbiamo da poco superato il Brennero sulla via del ritorno e io mi sto chiedendo cosa ne farò di tutta la bellezza di quel viaggio mentre lo stereo sta riproducendo Dogs dei Pink Floyd.”
Nomi, cose, musiche e città, un titolo che riporta alla mente il noto gioco dove bastava un foglio e una penna per trascorrere un po’ di tempo tra amici, dove la D come Domodossola era la regina indiscussa tra le città da scegliere, la semplicità di quel gioco ha dunque ispirato lo scrittore e poeta Giovanni Granatelli per il suo ultimo libro, edito da Arkadia. Nomi, cose, musiche e città sono istantanee che fermano il tempo, prose che narrano brevemente viaggi, musica, luoghi indimenticabili e incontri bizzarri, ammirando la bellezza dell’arte facendosi ogni volta sorprendere davanti all’immensità di un affresco o stupirsi dalla grandiosità delle architetture che si ergono trionfanti nelle più belle piazze del mondo. Leggere Giovanni Granatelli è come passeggiare spensierati nella sua memoria, un tour emozionale e suggestivo. Nel suo album di appunti brevissimi ci porta altrove: dalle donne di Tel Aviv che fanno il bagno al tramonto, scatti che immortalano attimi di felicità; a Napoli, dove il tempo sembra sospeso nel Chiostro di Santa Chiara; davanti al tramonto triestino che suggella l’ultimo giorno di ferie: a Nizza per ammirare i colori della natura…
“Le chiome degli alberi contro il cielo azzurro guardate dal balconcino di un appartamento nel verdissimo quartiere di Fabron, a Nizza (a poche decine di metri, le due file parallele di palme splendide e altissime del Parc de l’Indochine), mentre penso che questa sia una tra le migliori occupazioni dell’esistenza umana: guardare in estate le chiome degli alberi contro lo sfondo del cielo azzurro”
On the road, ascoltando Bruce Springsteen, Pink Floyd, Genesis, mentre i migliori brani dei Beirut accompagnano birra e tapas a Barcellona, uno spaccato di vita narrato con sensibilità e delicata levità.
“Cronici problemi al collo e alla schiena mi impediscono oramai di guidare a lungo e così questa incombenza tocca a mia moglie, che in cambio ottiene l’ascolto di brani d’opera, da me sopportati come una sorta di necessario sacrificio, fatta eccezione per alcune arie che riescono a frugarmi in quella che forse si potrebbe chiamare anima.”
Nomi, cose, musiche e città. Pennellate veloci che disegnano un vissuto tra famiglia, lavoro, viaggi in treno o in taxi, dove si possono osservare stravaganti contesti nella semplicità quotidiana aprendosi, con stupore e sorpresa, al mondo che gli va incontro.
Giovanni Granatelli. Nato a Catania nel 1965, vive sin da bambino a Milano. Lavora da sempre nel mondo dell’editoria. Ha pubblicato sette volumi di versi, tra i quali l’antologia Resoconto. Poesie 2002-2022 (Scalpendi, 2023), e uno di prose e racconti di viaggio, Spostamenti (Nardini, 2020). Si è aggiudicato numerosi premi letterari (“Dario Bellezza”, “Ossi di Seppia”, “Tra Secchia e Panaro”, “Città di Arcore”, “Il Meleto di Guido Gozzano”) e dei suoi libri si sono occupati tra gli altri “La Lettura” del “Corriere della Sera”, “Avvenire” e “Poesia”.
Loredana Cilento
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Romanzo pubblicato dalla casa editrice Arkadia per la collana Eclypse. In un palcoscenico naturale selvaggio e aspro i protagonisti si trovano e si perdono tra miniere abbandonate e dune disegnate dal vento.
Sceneggiatore, autore televisivo, da oltre venticinque anni nel mondo della comunicazione come regista e progettista di eventi, Stefano Albè si affaccia sul panorama editoriale con il suo primo romanzo dal titolo “Terra”, pubblicato con Arkadia, collana Eclypse.
Uscito il 20 ottobre, si tratta di un noir psicologico ambientato nell’Iglesiente in cui la ricerca della verità diventa lo strumento di espiazione in un palcoscenico naturale selvaggio e aspro dove i protagonisti si trovano e si perdono tra miniere abbandonate e dune disegnate dal vento.
Niccolò, Antonio, Gaia, Emma, Agnese ed Enea. Un articolato intreccio di relazioni ruvide, irrisolte e conflittuali, storie di persone che sembrano non incrociarsi mai, anche quando vivono nella stessa casa o masticano la stessa polvere. A unire e dividere, la terra, materna e violenta, rifugio e tomba, amata e stuprata. La terra come cuore sacro ancestrale al centro della vita e della morte.
“Questo racconto è nato da un viaggio – ha spiegato l’autore – Da una scoperta inattesa e per certi versi magica. Per primo ha preso luce il luogo, immobile e decadente ma ricco di fascino e storia; poi, uno dopo l’altro, sono emersi i personaggi e in ultimo le loro relazioni, le passioni, le sconfitte e i trionfi. La terra è al centro come spazio, come materia e come metafora, palcoscenico di esistenze che si consumano, si amano e si allontanano, peccano e risorgono. È madre nutrice e spietata vendicatrice di colpe che affondano le loro radici nel tempo, tra buie gallerie e aspre rocce. Avvolta dal silenzio”.
Dal ritrovamento di un cadavere si sviluppa una trama su più livelli dove indagati e indagatori si confondono e la ricerca scava nella coscienza di una intera comunità che giace assopita ai piedi del complesso minerario di Montevecchio.
“È una storia – ha infatti commentato la casa editrice – che affonda le sue radici in profondità, nel buio delle gallerie delle miniere. E che porta una luce che illumina le vite di più generazioni”.
Sinossi
Rimorso e redenzione in un noir psicologico ambientato nell’Iglesiente.
La ricerca della verità come strumento di espiazione in un palcoscenico naturale selvaggio e aspro dove i protagonisti si trovano e si perdono tra miniere abbandonate e dune disegnate dal vento.
Niccolò, Antonio, Gaia, Emma, Agnese ed Enea. Un articolato intreccio di relazioni ruvide, irrisolte e conflittuali, storie di persone che sembrano non incrociarsi mai, anche quando vivono nella stessa casa o masticano la stessa polvere.
A unire e dividere, la terra, materna e violenta, rifugio e tomba, amata e stuprata.
La terra come cuore sacro ancestrale al centro della vita e della morte.
Dal ritrovamento di un cadavere si sviluppa una trama su più livelli dove indagati e indagatori si confondono e la ricerca scava in profondità nella coscienza di una intera comunità che giace assopita ai piedi del complesso minerario di Montevecchio.
Il link alla recensione su Ottiche Parallele magazine: https://bitly.ws/XYIv
Appuntamento settimanale con le news letterarie (e non solo…)
Apriamo il nostro appuntamento settimanale con le news letterarie con la novità firmata add, che riguarda tecnologia, società e giochi: il saggio Giocare è un’arte, Il gioco come tecnologia trasformativa di C. Thi Nguyen. Per Il ramo e la foglia invece ritroviamo un romanzo degli anni ’60, tutto da riscoprire: Marcel ritrovato di Giuliano Gramigna. Un romanzo complesso, a più strati, tra riflessione sulla narrativa e intimi ricordi, tra Milano e Parigi. Con Ortica Editrice invece facciamo un tuffo nel passato, addirittura nel 1200, con I tre esorcismi di Rafilina da Torrecuso di Giuseppe Franza, per riscoprire forze morali e demoniache. Se invece preferite le atmosfere noir, non fatevi sfuggire il nuovo volume di Laurana Editore: L’estate di Sicari di Luigi Galluzzo. Da un omicidio scatta una ricerca del sé, dell’identità e del passato. Parliamo invece di esordi con A.K. Blakemore e il suo Le streghe di Manningtree, in uscita per Fazi. Ancora una volta torniamo all‘epoca del puritanesimo, tra sospetti e giochi di potere. Anche il nuovo romanzo proposto da Arkadia Editore parla di stregoneria e inquisizione, ma soprattutto di arte e suggestioni: Lo specchio armeno di Paolo Codazzi. Dove i cani abbaiano in tre lingue di Ioana Pârvulescu, in uscita per Voland, ci porta invece in Transilvania, nell’infanzia e la crescita della piccola Ana, attraverso i suoi ricordi. Di crescita e formazione parla anche il nuovo romanzo, edito da Morellini, di Marco La Greca I ragazzi della III F, ambientato negli anni ’80. Più che mai attuale invece il libro di Doris Bellomusto e Tiziana Tosi, Ti abbraccio, Teheran, uscito per Le pecore nere. Il racconto delle donne iraniane e del fuoco della ribellione. Spostiamoci infine a Berlino, tra incendi e l’opera di E.T.A. Hoffman ma anche tra fantastico e mistero con il romanzo di Irene Gracia, Ondina o l’ira del fuoco, edito da Cencellada Edizioni.
Link belli e interessanti
Il commento di Jennifer Guerra sul sostegno alla natalità inserito nell’ultima legge di bilancio del governo Meloni.
Come sta cambiando il mondo della serialità televisiva.
Paul B. Preciado su Virginia Woolf.
La violenza sulle donne non si ferma, ma la Casa delle Donne di Lucha y Siesta a Roma rischia ancora una volta di chiudere.
Nel mondo anglosassone, le riviste letterarie hanno un ruolo fondamentale nel panorama editoriale e culturale, ma molte di queste faticano a sopravvivere.
Una band napoletana, gli Addolorata, vuole cambiare la società attraverso la propria musica.
Il link alla segnalazione su The Bookish Explorer: https://bitly.ws/XPF4
Vive a Milano e da oltre venticinque anni è impegnato nel mondo della comunicazione come regista e progettista di eventi. Appassionato di fotografia e cinema ha lavorato come sceneggiatore e autore televisivo. Ha contribuito alla realizzazione di Morto e mangiato e 365 storie cattive, raccolte di racconti. Grazie anche all’incontro con Raul Montanari e la sua scuola di scrittura nasce Terra (Arkadia Editore, 2023), il suo romanzo d’esordio.
Angela e Severino sono sposati da trentacinque anni, ma a vederli adesso non sembrano fatti l’uno per l’altra. Oramai in pensione si annoiano, soprattutto Angela che, da quando ha smesso di lavorare in libreria, a parte il corso di yoga, non vede più nessuno. Come tante coppie della loro età, tirano avanti nella piattezza dell’abitudine, lui abbrutito in salotto e lei indaffarata in cucina, rivolgendosi la parola solo di rado e in genere con esiti negativi. I figli sono grandi e lontani… Che cosa resta? I ricordi, qualche innocente momento di sfogo – ballare nuda per casa, ubriacarsi di limoncello – e un progetto: percorrere la Via Francigena. Angela alla fine partirà, da sola, e il viaggio che affronterà non sarà fatto esclusivamente di chilometri e luoghi, ma soprattutto di persone ed emozioni. Olivia Crosio ci regala un romanzo che ci apre alla speranza e al cambiamento.
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Se sperate di leggere un libro sul paradiso sovietico, lasciate perdere, non proseguite. Se cercate le riflessioni di un’intellettuale disincantata sui tradimenti dell’urss, anche. Non parlerò né di economia, 1né di progressi sociali, ma nemmeno di gulag e di ospedali psichiatrici. Di questo si fanno carico ogni giorno i giornali occidentali.”
Affascinante e profondo il libro/reportage, La guglia d’oro, della scrittrice catalana Montserrat Roig, tradotto brillante da Pietro Dal Bon per la lungimirante casa editrice Arkadia – collana Xaymaca – per la prima volta in Italia.Questa storia ha inizio nel 1980, quando la casa editrice Progresso di Mosca invita la scrittrice nella città di Leningrado, l’attuale San Pietroburgo, con l’obiettivo di scrivere un libro sull’assedio che la città subì per più di novecento giorni da parte dell’esercito nazista durante la seconda guerra mondiale. Frutto di quel soggiorno, qualche anno dopo, Roig scrisse “La guglia d’oro”, non un semplice reportage di un viaggio o la storia di uno tra i più cruenti avvenimenti della seconda guerra mondiale, La guglia d’oro è la storia di una passione, di un amore sbocciato tra la scrittrice catalana e la bella e nostalgica Leningrado.
La prima cosa che vidi fu una guglia d’oro che si alzava in fondo alla strada. Era la guglia dell’Ammiragliato. Osip Mandel’štam scrisse che le case che ci sono fuori dalla stazione sono grigie come i gatti. Mi trovavo nella strada più lirica del mondo, secondo Alexandre Blok, e non me ne rendevo conto.
Al suo arrivo, nella città delle notti bianche, le viene affidato un interprete Nikolai, e così ha inizio per Montserrat il suo viaggio nella memoria dei sopravvissuti, nel dolore di chi ha combattuto per restare in vita, soffrendo la fame ma anche una riflessione sull’arte e la letteratura russa, un magnifico testo letterario fortemente ispirato.
Diviso in tre parti. La prima intitolata Il secondo Rasputin, riferimento alla sua guida/interprete, Nikolai, più ebbro che sobrio, si dice innamorato della sua seconda moglie ma non perde occasione per tradirla, accompagna la giornalista ai primi incontri con i testimoni dell’assedio: rievocazioni storiche, tratti veloci di vita quotidiana, e la monumentale bellezza delle architetture russe ma soprattutto è il ricordo di Puskin, Dostoevskij, vita, amori e morte a San Pietroburgo, prima di Leningrado.
Seconda parte dedicata a Pietroburgo, la città di Dostoevskji delle sue 43 case tutte ad angolo, doveconcepì l’intera geografia di Delitto e castigo e da dove si poteva immaginare l’angolo di Sonja Marmeladova e la casa di Alena Ivanovna, la vecchia usuraia. Delle strade e degli edifici resta poco, molte cose sono cambiate.
Terza e ultima parte dedicata alla memoria dell’orrore, alle creature dell’inferno
Dalla voce dei protagonisti che vissero i novecento giorni d’assedio, in particolare emoziona la storia di Alexandra Koss,all’epoca era una bambina di otto anni che leggeva Don Chisciotte in francese, dà l’idea emblematica che ci si può salvare attraverso la cultura, attraverso la letteratura, attraverso la bellezza, o come la storia di Raïsa Livovskaia che si unì a un’organizzazione di adolescenti, mentendo sull’età, impegnati contro i nazisti, o Ol’ga Berggol’c che durante l’assedio pianse una sola volta, per la morte del marito e non lo fece più.
Un giorno Tanja scrisse: “Eugenia è morta il 28 dicembre 1941, a mezzanotte e mezzo”. Poi avrebbe continuato a scrivere il suo diario d’inverno: “La nonna è morta il 25 gennaio, Lëka il 17 marzo, lo zio Aliocha il 10 maggio, la mamma il 13
maggio del 1942, alle otto e mezzo del mattino. I Savičev sono morti. Sono tutti morti.
L’assedio di Leningrado è anche la storia di una città che non vuole morire “Non c’è miglior cuoco della fame”, scrive la Roig, si aguzza l’ingegno, e così gli assediati inventano ricette impossibili con la gomma, olio di pittura, cuoio, ciabatte, per non morire. E poi l’arte e ancora la letteratura, l’amicizia con gli “amici dell’Unione degli Scrittori,” che sono rimasti nella sua memoria.
Il giorno in cui me ne andai da Leningrado, il cielo aveva recuperato il suo colore abituale: un grigio opaco e metallico. Pioveva, finivano le notti bianche. Andai a sedere sulla mia panchina in Piazza delle Arti, vicino alla statua di Puškin da giovane. Gli disse addio, addio al poeta dal braccio disteso. Gocce di pioggia salterellavano tra i suoi riccioli neri.
“La guglia d’oro” rappresenta un frammento necessario della storia, il desiderio di narrare, senza eroismo o commiserazione, l’anima russa, senza limiti o censure.
Montserrat Roig. Nata a Barcellona nel 1946, scomparsa nel 1991 dopo una breve malattia, scrittrice e giornalista spagnola, è stata autrice di romanzi, racconti, reportage e articoli giornalistici per i quali ha ricevuto diversi premi. Impegnata nelle lotte femministe e antifranchiste, ha militato in diverse organizzazioni, come il PSUC, dove cominciò la sua amicizia con Manuel Vázquez Montalbán. Molta roba i poc sabó, una raccolta di racconti, ottiene un primo importante riconoscimento letterario, vincendo il Premio Víctor Català nel 1970, ma la consacrazione arriva grazie al romanzo El temps de les cireres (Il tempo delle ciliegie), che ottiene il Premi Sant Jordi nel 1976. Dal 1977 vive con Joaquim Sempere, che traduce le sue opere in spagnolo, coniugando l’attività letteraria con il giornalismo d’investigazione. Ha collaborato con pubblicazioni presso “Serra d’Or”, “Tele-eXprés”, “Destino”, “Triunfo”, “Cambio 16” e “Avui”. Una delle grandi conquiste dell’opera di Roig è stata la capacità di unire, in anticipo sui tempi, la realtà più concreta, le testimonianze dirette, alla letteratura, in modo che la sua opera di finzione perseguisse un grande realismo e il suo lavoro
giornalistico si umanizzasse con le risorse della finzione.
Loredana Cilento
Il link alla recensione su Mille Splendidi Libri e non solo: https://bitly.ws/XCXG