Mentre leggevo La guglia d’oro di Montserrat Roig, non ho potuto fare a meno di ricordare alcune scene de Il nemico alle porte, film del 2001 di Jean-Jacques Annaud dotato di quello che all’epoca era un fastoso cast hollywoodiano. La ricostruzione dell’assedio di Leningrado tentata dall’autrice catalana si è andata così sovrapponendo ai fotogrammi della battaglia di Stalingrado secondo la prospettiva registica di Annaud, e questo non soltanto per l’assonanza tra i nomi delle due città oppure per il lavoro di ricostruzione storica che è comune alle due opere (anche se con esiti radicalmente diversi: pseudo-kolossal per Annaud, indagine storica, culturale e soprattutto introspettiva per Roig).
A stabilire questa connessione è stato, più che altro, il ricordo di un’ondata di interesse piuttosto intensa, negli ultimi decenni e nel cosiddetto “blocco occidentale”, per i fatti avvenuti sul fronte sovietico durante la seconda guerra mondiale – ondata che è forse montata, per paradosso, soltanto dopo la fine dell’Unione Sovietica (e la conseguente liberazione da alcune paure di contaminazione ideologico-politica), ma che è presto scemata e oggi appare certamente improbabile veder tornare. Gli ostacoli ingombranti e tragici che si sono frapposti negli ultimi anni sono purtroppo assai noti, fino alle loro implicazioni più minute, e spesso anche più grottesche: dall’affaire-Nori (come un esempio, fra i tanti, di ciò che è potuto succedere quando ha iniziato ad aleggiare lo spettro dell’embargo culturale nei confronti della Russia di oggi) all’inciampo del parlamento canadese sul caso dei veterani della cosiddetta “Divisione SS-Galizia” operante in Polonia e Ucraina.
Questi ultimi esempi, nonché il contesto che li determina, sono ricordati non tanto allo scopo di prendere posizione – non è questo il luogo, né certamente l’intenzione, in un contesto di dibattito pubblico, e di conseguenza anche culturale, già estremamente polarizzato – bensì per mettere a fuoco la distanza, forse persino epistemologica, che ci separa dalla realizzazione del reportage pietroburghese di Montserrat Roig nel 1980 (anno, peraltro, delle Olimpiadi di Mosca).
Beninteso, non è difficile entrare nel testo di Roig – reso, in traduzione italiana, con grande freschezza stilistica e senza mai intoppi dal catalanista Piero Del Bon – ma capirne i motivi profondi richiede una certa “sospensione di credulità” rispetto al nostro presente e l’esigenza di provare a tornare al contesto della guerra fredda, nella sua fase terminale. Verso un periodo, dunque, in cui è possibile per Roig esordire con alcune righe di autentica forza morale e politica, non per caso espresse da un’autrice (e per di più di un’autrice formatasi nelle file di un partito socialcomunista catalano, e con una forte vocazione giornalistica): «Se sperate di leggere un libro sul paradiso sovietico, lasciate perdere, non proseguite. Se cercate le riflessioni di un’intellettuale disincantata sui tradimenti dell’URSS, anche. Non parlerò di economia, né di progressi speciali, ma nemmeno di gulag e di ospedali psichiatrici. Di questo si fanno carico ogni giorno i giornali occidentali».
A Roig interessa altro, e il suo tentativo di ricostruzione storica dell’assedio di Leningrado si mescola alla sua passione per la storia e la cultura russa: «questo libro è la storia di una passione», scrive a chiare lettere l’autrice in chiusura della nota introduttiva intitolata “A modo di avviso”, dopo aver ricordato l’incoraggiamento a proseguire nel proprio lavoro ricevuto da un grande intellettuale e scrittore latinoamericano, altrettanto libero nella propria scrittura e nei propri posizionamenti, come Eduardo Galeano. È da questa angolatura che, quasi inevitabilmente, deriva l’attenzione che viene posta in tutto il libro sulle figure dei traduttori che vengono incaricati dagli apparati di accompagnare la scrittrice catalana nel suo viaggio: prepotentemente presente, e caratterizzato da una insicurezza maschile che lo rende aggressivo, fino al punto di essere definito “un secondo Rasputin”, il primo; timido, sempre accomodante e quasi inconsistente il secondo.
D’altra parte, avvicinarsi a Leningrado, alla sua storia e alla sua cultura, è un fatto di traduzione, dinamica della quale Roig a un certo punto decide di prendere le redini, come si nota chiaramente nella seconda parte del volume, dove “Pietroburgo” si sostituisce a “Leningrado”. Al di là di alcuni incontri con esuli provenienti dalla Spagna – a riconferma del fatto che, per quanto ideologicamente, politicamente e culturalmente distanti e diverse, le storie della Russia e dell’Europa occidentale sono sempre state intrecciate – Roig cerca di indagare il destino dei poeti e degli scrittori che hanno vissuto nella città, con una particolare predilezione per Puškin, ma certamente senza dimenticare Le notti bianche pietroburghesi di Dostoevskij. Zona dell’immaginario letterario, quest’ultima, ma anche un fatto quotidiano, in quell’area di mondo, con tutte le fantasie e le allucinazioni cui questo particolare fenomeno dà vita – allucinazioni che arrivano a inglobare quella “grande anima russa” che Roig, come i suoi lettori, sanno essere al contempo grande costruzione culturale, consolidatasi nei secoli, e, specie se vista da Occidente, pallido stereotipo.
Roig vuole e riesce a condurre il lettore verso altri lidi, costruendo un percorso di consapevolezza, che in parallelo è anche il proprio, come mostra il suo continuo andirivieni tra reportage letterario e scrittura diaristico-autobiografica. Chi legge si ritrova costantemente al suo fianco e, tanto su una Prospettiva Nevskij sulla quale la luce dirada pianissimo e si ripresenta poi alle prime ore del mattino, quanto nella ricerca di un percorso più solidamente fondato nelle notti bianche, per nulla affascinanti, che costituiscono le nostre angosce geopolitiche contemporanee.
La guglia d’oro è in definitiva il racconto del progressivo avvicinamento verso l’altro, un altro percepito dapprima come distante “La città delle pietre”, e poi via via sempre più umano e vicino, “La città delle persone”. Il finale, in cui Montserrat Roig torna nella sua Barcellona, dove tutto sembra riprendere come prima, indifferente alla scoperta, contiene la consapevolezza che Pietroburgo – ma il discorso è felicemente estrapolabile – toccata e finalmente percepita, non potrà che continuare a far parte di chi è partito.
NdR “La Guglia d’oro”, della scrittrice catalana Monserrat Roig, è stato pubblicato recentemente (settembre 2023) da Arkadia editore, nella traduzione di Piero Dal Bon, e con la cura da Alessandro Gianetti
Lorenzo Mari
Il link alla recensione su Nazione Indiana: https://bitly.ws/33bSi
Anche questa settimana tornano le nostre news letterarie con un bel po’ di novità in libreria. Prima tra tutte, il nuovo romanzo di Riccardo Romagnoli, edito da Alessandro Polidoro Editore, Cuore in esploso, tra arte, lussuria e ricerca vitale. Torna in libreria anche Antanas Sileika con Underground, edito da Del Vecchio, una storia d’amore tra spie e rivoluzione, ambientata in Lituania. Il ramo e la foglia invece propone La destinazione di Serena Penni, un intimo romanzo fatto di luci e ombre, di nostalgia e tradimenti. Per nottetempo invece troviamo un noir imbevuto di misticismo e sette oscure: è Gli ultimi giorni di Brian Evenson. Restiamo sui thriller con il nuovo romanzo in uscita per Arkadia Editore: Il sorriso di chi ha vinto di Paolo Restuccia, un libro dove indagine e spettacolo si fondono insieme. Non ci spostiamo di genere ma voliamo in Giappone con il thriller cult di Murakami Ryū, Audition, in libreria per Atmosphere Libri. Per rimanere in Oriente: esce a breve un interessante saggio a cura di Giorgia Sallusti per Asterisco Edizioni: Genere e Giappone. Femminismi e queerness negli anime e nei manga. Per Laurana editore invece troviamo un folgorante romanzo on the road, condito anche da ironia e tragedia: Dove il fiume muore di Giovanni Battista Menzani. Ed infine, per Keller, esce a breve un dolcissimo e spensierato romanzo su due amici trentenni, un po’ particolari: Leonard e Hungry Paul di Rónán Hession.
Il link alla segnalazione su The Bookish Explorer: https://bitly.ws/335wh
Libreria Baobab, Via Roma, 33080 Porcia, PN, Italia
Data
giovedì 23 Novembre 2023
dalle 18:00 alle 20:00
Descrizione
Satisfiction book. Una bellezza vertiginosa” di Anna Vallerugo (Arkadia Editore, 2023 pp. 200 € 16.00) con la sapiente prefazione a cura di Paolo Melissi, è il doveroso e generoso omaggio alla grande letteratura. Il libro racchiude recensioni e saggi brevi scritti tra il 2014 e il 2021 per la rivista di critica letteraria Satisfiction e celebra la consistenza essenziale e intrigante delle trame narrative, nella degna varietà degli argomenti trattati. Anna Vallerugo raccoglie il significato della scrittura e amplifica lo sguardo verso un infinito orizzonte culturale, affida alle parole l’intima commozione spontanea e poetica della restituzione critica.
Il link alla segnalazione su Cheventi: https://bitly.ws/334Wu
Ho letto con molto interesse l’esordio di Gianluigi Bodi. Lo aspettavo e mi ha fatto molto piacere, soprattutto dopo aver apprezzato i suoi racconti pubblicati su varie riviste letterarie e l’antologia Hotel Lavoverde che ha curato per LiberAria Editrice. La raccolta “Un posto difficile da raggiungere”, pubblicata da Arkadia Editore nella collana SideKar, è interessante per diversi motivi. Bodi racconta la vita “piccola” e il suo gusto dolce-amaro. I personaggi sono individui comuni, spesso introversi, che si misurano con i loro sogni, i loro segreti e con le vite degli altri. C’è un male di vivere sottile in ogni storia, la difficoltà di identificarsi, di collocarsi e riconoscersi un ruolo, un’utilità, un senso nel contesto in cui si vive. Sullo sfondo, in ogni storia, si dispiega un mondo ricco di contrasti, convenzioni, incongruenze, ma anche di meraviglie inattese. La città, la casa, il bosco, la fabbrica, l’ufficio, il bar aiutano a contestualizzare le storie e a dare tridimensionalità ai protagonisti. Ce n’è uno, di protagonista, ubiquitario nella raccolta, onnipresente nella vita di tutti i personaggi: è la solitudine. Solo è l’impiegato, sola la moglie del vecchio in bicicletta, solo in vecchio stesso, solo l’operaio, così come il figlio del padre pretenzioso, la neolaureata, la donna anziana, l’architetto. È una solitudine, la loro, profonda e a volte incompresa, spesso invisibile agli altri. Un sentimento (un personaggio, dicevo) offuscato dalle regole sociali, tenuto nascosto per pudore o imbarazzo. Ma se si analizzano i personaggi che Bodi fa vivere fra le pagine della sua raccolta ne individuiamo il ruolo: si tratta quasi sempre di una solitudine protettiva, necessaria a riprendere il filo della propria vita, a trovare soluzioni lontani dal frastuono del mondo. È una casa, uno spazio intimo dedicato al ragionamento, alla cura dei pensieri, un luogo in cui riprendersi ciò che davvero conta, oppure un grande specchio in cui osservarsi e riconoscersi. Non ci sono mappe chiare e predeterminate da seguire per trovare il proprio posto nel mondo, questo dice Bodi con i suoi racconti, non esistono scorciatoie o regole prescritte; al contrario ci sono il libero arbitrio, il caso, l’autodeterminazione, gli errori come monito, il futuro come sogno, la curiosità, l’ambizione, la rivalsa, l’invidia, il rimorso e la solidarietà. Direi l’armamentario sentimentale umano, complesso e dinamico, che fa di ogni relazione, soddisfacente o meno, un’esperienza che lascia le sue tracce, e di ogni esistenza un’impresa unica.
Bodi è un ottimo narratore, la cui scrittura limpida aiuta a orientarsi in certi labirinti. Leggere (e rileggere) questa raccolta è stato svuotare un sacchetto di biglie sul pavimento e seguire con curiosità le direzioni di ognuna, o se preferite, seminare a spaglio una miscellanea di sollecitazioni e attenderne i germogli. Ci vuole tempo, ci vuole solitudine, uno specchio interiore, orecchio per le vibrazioni. Ho apprezzato ogni riga, ogni storia, ogni personaggio, e tuttavia, come sempre mi accade davanti a una raccolta, ho individuato il mio racconto preferito. Quale sia, però, è un segreto fra me e il libro.
Gianluigi Bodi
(Dal sito di Arkadia Editore)
Nato nel 1975, ha vissuto a Cavallino-Treporti (Venezia) fino a che non si è trasferito in provincia di Treviso nel 2009. Lavora all’Università Ca’ Foscari del capoluogo lagunare, nella quale si è anche laureato in Lingue e letterature straniere. Nel 2013 ha fondato il blog letterario “Senzaudio”. Nel 2015 ha vinto il concorso indetto dal festival letterario CartaCarbone con il racconto Perché piango di notte. È stato inoltre finalista nel 2018 e nel 2021 al contest “8×8, si sente la voce”. Da allora ha continuato a scrivere e i suoi racconti sono apparsi su “Il primo amore”, “Pastrengo”, “Altri Animali”, “Narrandom”, “Malgrado le Mosche”, “Rivista Blam!”, “Spaghetti Writers”, “Ammatula”, “Spazinclusi”, “Crack” e su altre riviste letterarie sia digitali sia cartacee. Nel 2020 un suo racconto breve è stato incluso nella raccolta I giorni alla finestra (Il Saggiatore). Ha curato le antologie Teorie e tecniche di indipendenza (VerbaVolant, 2016) e Hotel Lagoverde (LiberAria, 2021). Un suo scritto è stato inserito in Ti racconto una canzone (Arcana, 2022). Collabora con il sito web del Premio Comisso sul quale tiene la rubrica “Venetarium”.
Giusi D’Urso
Il link alla recensione su La seconda pelle: https://bitly.ws/32WMq
Recensione – Opinione di
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Mugnano di Napoli (Na) – 10 novembre 2023
Ottimo libro. La prima cosa che si nota in questa lettura sono i periodi brevi, le frasi corte, e, principalmente, le parole giuste; giuste nel senso di uniche ed essenziali, dirette ed efficaci. Questo lo stile scelto da Salvatore Fazio per il suo primo romanzo.
Questo breve racconto sembra scritto come una commedia, come se debba andare in scena; perché mentre leggi, vedi le persone ed i contesti, come immagini proiettate. In scena, però, vi è la vita ed i sentimenti non una semplice situazione da narrare.
Secondo elemento degno di nota sono i pensieri dei personaggi. All’apparenza disordinati ma allo stesso tempo ordinati, come in un labirinto. Sono meravigliosi, a volte contorti, pieni di paure e sofferenze, è come entrare letteralmente nelle teste e nelle emozioni dei soggetti narrati. Con pensieri così esposti, direi nudi, è stato quasi un obbligo, secondo me, da parte dell’autore, rendere tutto molto dinamico e sopra le righe, direi a tratti travolgente ed emotivamente coinvolgente.
Altro, o meglio, terzo punto interessante sono i luoghi. Da come ho compreso, dall’aletta della copertina, sono quelli della vita dell’autore – per la serie, scrivi di ciò che sai – e sono descritti, anche questi, il giusto; sono come spruzzi su tela, sono come le pennellate del periodo newyorkese Jackson Pollock, veloci, dinamiche, significative, strette e larghe; così sono i luoghi descritti e sono tutti luoghi vagamente surreali, sfumati sul fondo della narrazione ma essenziali per il quadro d’insieme.
Secondo me è una lettura molto piacevole e bella, ma complessa nella sua struttura; una narrazione quasi onirica, con un finale decisamente poco ordinario e sicuramente interessante; ma non vi spoilero su questo; accattatev’o libbro!
Protagonista maschile e principale è Paolo da un estratto a pagina 13:
<< Un uomo serio e deciso, determinato e coraggioso
E i suoi ragionamenti non fanno una piega,
danno fastidio all’onda del fittizio perbenismo.
Ma è anche amante del viaggio:
montagne e penisola iberica le sue passioni.>>.
Lui è uno scrittore, ma anche pittore, musicista, oratore e principalmente consulente filosofico (molto simile all’autore del libro), è un personaggio pubblico e chiacchierato e s’è innamorato di Adriana; ma la sua donna è Giovanna, donna che non ama più, ma a cui vuole bene e con cui condivide un grande passato.
Vi è, poi, Adriana, donna dal – Corpo esile e seni tondi – che – sceglie – di – viverlo – Paolo. Lei sceglie di smettere di frequentare Gino per Paolo, sceglie di superare le sue paure e i fantasmi suoi e di Paolo.
Il fulcro del testo, per me, sta nel desiderio e nella necessità di volersi sente unico per qualcuno: ed è questo l’amore che esce dal libro e attraversa l’anima del lettore; l’amore vero, privo di fronzoli inutili; un amore che mira alla serenità e alla semplicità, dove si vuole e si può restare e tornare: da un estratto a pagina 65:
<< Questo Adriana. Stiamo stringendo
nell’intimismo il nostro conoscerci.
Rivelazioni personali, l’amore come è giusto che sia,
con le tensioni e con il perdonarsi,
sino a gettare, su questa terra, carne nuova.>>.
Un ultimo elemento balza agli occhi: nel libro ci sono una marea di riferimenti musicali, che divertiranno tanto il lettore, Battiato nominato ovunque, frasi di Vasco Rossi, etc. … tutto questo aiuta a rendere la storia d’amore tra Adriana e Paolo, viva, intensa, piena di pathos e sconvolgimenti. Si gioisce e soprattutto si soffre insieme ai protagonisti. Grazie all’abilità narrativa e linguistica di Salvatore Fazio il lettore viene catturato fino all’ultima riga, perché fino alla fine non si sa della sorte dei personaggi, la suspense è assicurata. Questo romanzo merita un bel posto nella bella narrativa italiana post moderna. Luigia Chianese
Nella mia scala, da 1 a 5, gradimento libro, questo testo, merita un 4 Libri.
#LuigiaBooksBlogger #Blog #LibriEOpinioni
TRAMA
Il Tornello dei Dileggi
di Salvatore Fazio (detto Massimo)
Ripresa da internet e/o dalla copertina:
Scritto con la mano di un nichilista ravveduto, “Il tornello dei dileggi” è un romanzo che diverte e commuove, costellato di situazioni esilaranti che si incrociano con il vissuto reale di ogni persona e che sfociano negli interrogativi di base dell’esistenza. La vicenda si dipana in diverse città – Milano, Catania, Torino – e impegna un nugolo di personaggi i quali, sfiniti dai continui capovolgimenti di fronte, si troveranno alla fine a chiedersi chi in realtà siano. In un modo nuovo e originale di raccontare, Fazio muove i destini dei propri protagonisti calandoli nella società, nella politica, nelle realtà più crude e, a volte, divertenti. Una carrellata di figure e figuri che ci descrivono alla perfezione i tempi moderni.
CENNI SULLA VITA di:
Salvatore Fazio (detto Massimo)
Ripresa da internet e/o dalla copertina:
Salvatore Fazio, detto Massimo, è nato a Catania nel 1974. Scrittore, filosofo, giornalista, agitatore culturale e pittore, collabora con il quotidiano nazionale “La Sicilia”, il web magazine “SicilyMag” e il mensile catanese “Paesi Etnei Oggi”. Nel 2014 ha fondato il blog “Letto, riletto, recensito!” Dopo la prima laurea (2002), pubblica nel 2005 I dialoghi di Liotrela. L’albero di Farafi o della sofferenza, con il poeta e scrittore Giovanni Sollima. Nel 2007 consegue la seconda laurea, con una tesi che afferma la potenza della pedagogia contro l’inflazione della psicologia. Nel 2009 vince il primo premio del concorso nazionale “Segni d’amore” e pubblica il pamphlet Villa regnante. Nel 2011 esce il libro che lo ha reso noto al grande pubblico, Insonnie. Filosofiche, poetiche, aforistiche. Nel 2016 firma il saggio Regressione suicida. Nel 2019 è presente nell’antologia Catanesi per sempre e, nel 2020, in Siciliani per sempre. Ha vissuto a fasi alterne tra Catania, Roma, Eastbourne, Bodø, Torino e Biella. Presidente del comitato scientifico al Festival internazionale del libro e della cultura di Catania “Etnabook”, curato da Cirino Cristaldi, nel 2021 ha presieduto la giuria del primo contest regionale “Sicilia Dime Novels”, indetto da Francesca Calì.
Luigia Chianese
Il link alla recensione su LIBRI E OPINIONI: https://bitly.ws/32Kbb
Alle 18:00 a Porcia, nella libreria Baobab