Anche quest’inverno una serie di consigli di lettura da parte di alcune persone della redazione. Buone letture!
Francesco Ricapito
Witold Szablowski, Come sfamare un dittatore, traduzione di Marzena Borejczuk, Keller editore
Una raccolta di storie intorno ai cuochi di alcuni dei più famosi dittatori del secolo scorso. Un’interessante collezione di ricette, aneddoti ed episodi dietro le quinte che in un modo o nell’altro hanno probabilmente influenzato le decisioni di queste figure controverse.
Silas House, L’Ascesa Di Lark, traduzione di Gianluca Testani, Jimenez Edizioni
Romanzo di formazione ambientato in un futuro distopico, non troppo lontano, dove cambiamento climatico ed estremismi hanno reso la vita una lotta per la sopravvivenza. Il giovane Lark affronta un viaggio dagli Stati Uniti fino in Irlanda, verso il villaggio di Glendalough, dove spera di trovare una comunità che lo accolga e che gli permetta di vivere serenamente.
Gianluca Massimini
Gianluigi Bodi, Un posto difficile da raggiungere, Arkadia.
C’è un forte filo conduttore che unisce i racconti che compongono questa raccolta. I protagonisti sono persone che cercano un proprio posto nel mondo senza comprendere fino in fondo quale sia la strada da percorrere. A volte sono in cerca di un lavoro che dia senso a una vita di sacrifici, come in Limonium vulgare, altre volte invece stanno cercando un luogo che li isoli dal resto del mondo e gli permetta di rinforzare legami che si erano allentati come nel racconto Il vecchio in bicicletta. Alcuni hanno perso la luce della ragione, altri sanno che una scelta può salvarli dalla prigionia che si sono autoimposti. Ciò che li spinge ad andare avanti è la consapevolezza, spesso anche solo la speranza, che a pochi passi ci sia qualcosa che porti equilibrio nelle loro vite e le faccia risplendere, qualcosa che tolga loro di dosso la sensazione di essere gli unici a camminare con un passo lento mentre tutti gli altri stanno correndo.
Thomas Bernhard, Il soccombente, traduzione di Renata Colorni, Adelphi
A un corso di Horowitz, a Salisburgo, si incontrano tre giovani pianisti. Due sono brillanti, promettenti. Ma il terzo è Glenn Gould: qualcuno che non brilla, non promettente, perché è. Una magistrale variazione romanzesca sul tema della grazia e dell’invidia, di Mozart e Salieri, ma ancor più sul tema terribile del “non riuscire a essere”.
Julio Cortázar, I racconti, a cura di E. Franco, Einaudi
Che la letteratura argentina abbia dato nuovo spazio vitale a un glorioso genere narrativo quale il racconto fantastico, è cosa nota. Dopo Borges, Julio Cortázar ha avuto, in questo, un ruolo preminente. La caratteristica del suo modo di narrare è la precisione realistica in cui la trasfigurazione visionaria affonda le radici, dando vita a una galleria quasi metafisica di personaggi invisibili, dove il misterioso e l’irrazionale prendono corpo tra atmosfere popolari e ambienti altolocati, sullo sfondo di una Buenos Aires multiforme. A cent’anni dalla nascita del grande scrittore argentino, una raccolta completa dei suoi racconti: un’introduzione all’opera di Cortázar, un “bestiario” di ossessioni, figure immaginarie, nate da una fantasia attica, eppure descritte con dolorosa determinazione.
Daniele Gigli, T. S. Eliot nel fuoco del conoscere, Ares
A oltre cinquant’anni dalla morte, il nome di T.S. Eliot e della sua Terra desolata, il poema metamorfico sulla caduta dell’Occidente, risuonano ancora alti e chiari. Ma che cosa c’è dietro le quinte della poesia eliotiana? Che cosa lo rende così capace di trascenderne la natura artistica e di farne una forma-pensiero? Con una messe di documenti inediti in Italia e nuove traduzioni che ne ravvivano i testi già editi, il libro di Daniele Gigli ricostruisce con rigore ed essenzialità la biografia intellettuale di Eliot, disvelando la potenza conoscitiva e il vigore ancora inesausto dei suoi versi e della sua critica sociale.
Giuliano Gramigna, Marcel ritrovato, Il ramo e la foglia edizioni
Scritto negli anni Sessanta, “Marcel ritrovato” è considerato il romanzo più bello di Giuliano Gramigna. Attraverso una raffinata struttura meta-narrativa, l’autore sviluppa un’ampia riflessione sulla scrittura letteraria (e sul senso ultimo del “fare il romanzo”), intrecciandola a una storia d’amore che si snoda tra Milano e Parigi: Bruno, scrittore dilettante, afflitto da una nevrosi di cui è pienamente cosciente, riceve dall’amata Roberta una strana richiesta: andare a Parigi alla ricerca del marito scomparso. Riuscirà il nostro eroe a trovare Marcello? Che china prenderà questa singolare inchiesta? Di particolare interesse è il fatto che, nel corso della narrazione, l’autore confessi via via – grazie ad accorgimenti paratestuali e grafici di grande originalità – di non riuscire a restare fuori dalla materia narrata, cosicché la distanza di sicurezza dal protagonista finirà col venir meno; tanto che si assisterà spesso, nella scrittura, a slittamenti dalla terza persona alla prima. Non viene mai a mancare tuttavia l’elemento ironico, che in qualche modo mitiga, anche al lettore, la sofferenza spesso causata dai ricordi del protagonista-autore. Con una nota di Ezio Sinigaglia.
Ezio Sinigaglia, L’amore al fiume (e altri amori corti), Wojtek
Un campo militare estivo fra i boschi, il fiume e un paesello di poche anime: in una situazione di solitudine collettiva e di eccitante reclusione all’aperto si muovono i giovani bersaglieri protagonisti di questi sei racconti. Il vento di un desiderio irresistibile e vago ad un tempo muove ciascuno di loro verso una meta confusa, che occasionalmente può trovarsi a coincidere con la meta di un altro, chiarendosi allora ad un tratto nelle parole o nei gesti prima ancora che nei progetti, piuttosto imprecisi. È sabato, la disciplina già blanda del campo gode di ulteriori indulgenze, la sensualità dell’aria di giugno, la complicità delle ombre, i sussurri della natura spingono a passi inattesi. La misteriosa bellezza del paesaggio avvolge quella ancor più misteriosa dei corpi, e niente più della guerra è lontano dai cuori.
Alessio Rega, La tela di Svevo, Les Flâneurs
Svevo ha settantatré anni e vive nel suo buen retiro a Molfetta, in Puglia: qui si dedica alla pittura, anche se è costretto ad accontentarsi di commissioni di arte sacra che provengono da politicanti che disprezza. In occasione della presentazione della sua nuova Madonna, Svevo incontra per la prima volta dal vivo Anna, talentuosa giovane arpista utilizzata come modella inconsapevole per il suo quadro. Nei dodici mesi in cui si frequentano, Svevo si lascia sconvolgere dalla freschezza e dall’ambizione della ragazza, dando il via a un viaggio sentimentale fra l’Italia e la Corsica (dove i due andranno alla ricerca del figlio di Svevo, da lui mai conosciuto e riconosciuto), che costringerà entrambi a guardarsi dentro guardando nell’altro. Cosa sceglierà Svevo quando si renderà conto di essere d’ostacolo alle ambizioni di Anna, e di aver ricoperto la sua giovane esistenza di un velo di malinconia? E Anna sarà all’altezza di raccogliere la lezione del suo troppo amato maestro, dedicandosi all’anticonformismo e alla ricerca della libertà?
Ettore Fobo
Alessandro “Kresta” Pedretta, Milano di merda – Cronache di una città tossica, Agenzia X
Ritratto impietoso di quella che una volta era la “capitale morale” d’Italia, “Milano di merda- Cronache di una città tossica”, scritto da Alessandro ”Kresta” Pedretta e edito da Agenzia X nell’ottobre del 2023, è un romanzo stratificato, dalla scrittura lucida e proteiforme che racconta il capoluogo lombardo nella sua versione più oscura, quella dello spaccio e del consumo di eroina, negli anni novanta. Pedretta tratteggia una “toponomastica del dolore”, ricordando tutti i luoghi del degrado tossico, da Rogoredo a Piazza Vetra, luoghi in cui si è consumata la discesa agli inferi di una generazione maledetta. Il tema è forte, la narrazione non fa sconti al lettore, i rimandi letterari sono molteplici dall’inevitabile Burroughs all’apocalittico Testori.
Non manca un sottile humor nero che sembra galleggiare sul mare della disperazione più atroce. Così Milano si sgretola e dietro la facciata di città perbene appare una città allucinata, folle, perversa, “cannibale” .
Lodovica San Guedoro, Le memorie di una gatta, Felix Krull editore
Con il titolo “Le memorie di una gatta” Felix Krull Editore pubblica nell’ottobre del 2018 questo romanzo di Lodovica San Guedoro, in cui l’autrice dissemina, in una prosa rotonda, piacevole e limpida, alcune intuizioni circa la natura profonda del reale, visto attraverso gli occhi – all’inizio ingenui e trasognati, poi progressivamente più maturi – di una gatta che racconta la sua storia sin da cucciola. Tuttavia, nel corso della lettura l’aspetto favolistico va in secondo piano ed emerge come un altro romanzo. È l’effetto matrioska: un romanzo dentro un altro romanzo. Scopriamo così che il testo si traveste via via, da favola a serrata critica al mondo culturale italiano asfittico, capace solo di strangolare ogni anelito realmente creativo, da biografia sui generis ad apologo contro la civiltà delle macchine e altro ancora, in una sintesi magistrale.
Guglielmo Aprile, Il talento dell’equilibrista, Ladolfi editore
Questa silloge di Guglielmo Aprile è una dura, necessaria, a tratti sconfortante, fotografia filosofica della nostra civiltà declinante. L’orizzonte è quello della perdita di senso e di centro di un intero mondo, ormai condannato a una sempre più veloce entropia di significati. La vita che viviamo è una mistificazione futile: la faccia che ci costruiamo anno dopo anno “assume i connotati/ di un gigantesco errore irreparabile”. Tutto scorre inesorabilmente ma a mostrarlo non è più il fiume eracliteo ma un più banale rubinetto, il poeta non ha per fratelli che ”i lampioni impassibili”, le strade sono “furibonde”; ogni felicità è una caricatura, è solo un momento, spesso risibile, prima dell’inevitabile annientamento. La visione di Guglielmo Aprile s’innesca, a tratti ferocemente disincantata, a partire della leopardiana “strage delle illusioni; così questa silloge è preziosa testimonianza del nostro quotidiano naufragare in un mare d’insensatezza.
Luca Menichetti
Boris e Arkadij Strugagkij, È difficile essere un dio, a cura di Paolo Nori, traduzione di Diletta Bacci, Marcos Y Marcos
Racconto di fantascienza, pubblicato nel 1964, ambientato in un lontano pianeta abitato da umani alternativi e in una società simile al nostro medioevo, ma in condizioni ancor più crudeli. Una sorta di grande metafora delle condizioni degli intellettuali alle prese con un regime totalitario; che provocò qualche grana agli autori. Almeno da parte di chi aveva colto il loro messaggio.
James Yorkston, Il libro dei Gaeli, traduzione di Gianluca Testani, Jimenez
Una sorta di racconto picaresco anni ’70 ambientato in Irlanda. Una lettura fluida, ma soprattutto il racconto, tra mille vicissitudini, di una ricostruzione e di un consolidamento di affetti familiari.
Paolo Zardi, La meccanica dei corpi, Neo
5 racconti lunghi, che prendono spunto dal rapporto tra mente e corpo, o viceversa, nonchè dall’autentico mistero che incorre nelle relazioni dei nostri corpi con gli altri corpi. Comunque sempre con una scrittura “che comunica precisione, profondità e semplicità” (cit.).
James Lee Burke, New Iberia Blues, traduzione di Gianluca Testani, Jimenez
Un lungo romanzo in cui, per le strade di New Orleans, ricompare il detective Dave Robicheaux. Molti dialoghi, ben strutturati e tipici del genere noir, per una vicenda che, molto tenebrosa e ovviamente ricca di mistero, ci racconta una realtà, tutt’ora attualissima, fatta di razzismi e prevaricazioni.
Andrea Brancolini
Ginevra Ballati, Chiara Daino, Dea culpa. Breviario per l’anima stanca, Ursa Maior.
Un libro d’arte, piccolo e denso, pubblicato da una piccola casa editrice pistoiese, in cui le autrici dialogano con linee, forme, colori, parole. Composto da “sette immagini, sette preghiere, sette pittogrammi, sette prediche” esplora il senso di colpa, evoca e invoca la Dea culpa, dea che scarnifica e consuma, una dea artificiale che tortura con la sua corona di spine dalla casa fino alle ossa assetata di sangue. Sette i giorni della settimana e ventotto (7×4) quelli del ciclo lunare, e sette gli anni di ogni ciclo vitale. Un breviario per l’anima stanca che osservando e leggendo trova sguardi amici e nuova forza.
Emanuela Cocco, Trofeo, Zona 42.
Una novella, un racconto lungo che fa parte della collana Nodi diretta da Elena Giorgiana Mirabelli. Cocco si diverte nella messa in scena dei trofei di un serial killer, oggetti delle vittime che l’assassino porta con sé. Cose che nascono nel momento in cui sono strappate alle persone cui appartenevano, cose che imparano a parlare, cose che scoprono di poter, forse, provare sentimenti, cose che hanno ognuna caratteristiche diverse, cose che possono ripercorrere quelle vite, assaporarne le sensazioni, e cose che cominciano a. Un racconto con una scrittura musicale, con temi che ricorrono, parole che passano di capitolo in capitolo, fino a quando non c’è altro che.
Simone Ghelli, La vita moltiplicata, Miraggi.
Una raccolta di racconti che si muove tra sogno e realtà. Muse irraggiungibili e lavori da tre euro l’ora, professori che parlano con gli studenti e quindi malvisti, piccole librerie che chiudono, giovani che lavorano in case editrici col compito di leggere i manoscritti, postini che si sentono male, e così via, tutti i protagonisti sognano, maneggiano i propri sogni e/o gli altrui, moltiplicano le proprie vite a occhi aperti, a occhi chiusi, e poi? “Si fa sempre tutt’altro nella vita”. Sono quasi cortometraggi, più che racconti, con il libro che diventa un film a episodi.
Elena Panzera, I salmoni aspettano agosto, Giulio Perrone Editore.
Un diario. Anzi, il diario di Michele, che scrive per parlare a sua sorella gemella Francesca. Pagine che risalgono il fiume della memoria come fanno i salmoni quando tornano ai fiumi che li hanno visti nascere. Pagine che seguono la musica vitale per entrambi, che suonano il pianoforte a quattro mani; pagine come spartiti, scritte quando a Michele “sembra di non esistere”, come gli ha detto di fare la madre quando gli ha donato il diario. Scrivere per tornare a esistere, quindi, scrivere per vedersi esistere, scrivere per ricordarsi che, se non si esiste ora, si è esistiti. I due vivono a Viareggio, cittadina segnata dalla strage ferroviaria del 2009, strage che coinvolge seppure indirettamente anche la loro famiglia; cittadina che se fosse il personaggio di un film sarebbe il caratterista dalle poche battute cui ti affezioni e a cui è affidato un compito che va quasi oltre le sue possibilità.
Jarvis Cocker, Good pop, bad pop, traduzione di Ludovica Marani, Jimenez.
Jarvis Cocker deve svuotare la soffitta della casa londinese e decide di tirare fuori tutte le cose accumulate, fotografarle, e decidere cosa farne, se tenere o buttare. È un viaggio nella vita musicale di questo grande songwriter, dove tra cose improbabili ecco saltare fuori il suo quaderno di 15enne, in cui già il nome Pulp è presente e dove, come primo aspetto della futura band, c’è il guardaroba, con tanto di disegni. Scritto con mano lieve e ironica, corredato delle foto, è una vera chicca.
Andrea Brancolini
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Lypsia è una fiera e nobile spartiate in fuga dagli obblighi civici di uno Stato troppo oppressivo, che sulla sua strada incontra, grazie all’intercessione onnipresente degli Dei, il mercante Balthus, nativo della Beozia, terra ricca di risorse ma anche patria di spudorati avventurieri. In una lunga odissea alla ricerca di nuove opportunità, i due finiscono per creare un sodalizio, accogliendo nella loro casa un assortimento eterogeneo di personaggi raccolti ai margini della società di Atene, città liberale ma anche spietata nei confronti dei poveri e degli emarginati. Coinvolti nel salvataggio di un facoltoso trafficante di sale, viene loro offerta la possibilità di riparare verso l’unica colonia fondata da Sparta, la prosperosa e vivace Taras (l’attuale Taranto). Migliaia di anni dopo le loro vite saranno al centro dello studio del divulgatore scientifico Andrea Saverio Ronchi, costretto suo malgrado a fare i conti con un passato misterioso ma ricco di spunti e con un futuro, per lui, ancora assai incerto. Il nuovo romanzo di Giuseppe Foderaro è un autentico gioco di incastri, un racconto sapientemente costruito dove epoche e personaggi si intrecciano in un mosaico dal forte gusto letterario.
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Parla l’autore di un romanzo autobiografico che diverte e talvolta emoziona, con situazioni quotidiane, scoperte di tutti i giorni, raccontate con una voce credibile di bambino.
Giovanni Lucchese torna alla scrittura narrativa dopo tre anni dal precedente La sete (d editore 2020) con un romanzo che potrà sorprendere chi lo conosce dai libri precedenti. Infatti l’autore di storie d’invenzione, creative e divertenti, in bilico tra postmoderno, fantastico, noir e grottesco (Pop Toys, del 2016, Questo sangue non è mio, 2017, L’uccello padulo, 2018, tutti pubblicati da Alter Ego), si ritrova a pubblicare una storia dichiaratamente autobiografica, addirittura con una sua foto da bambino in copertina. Il romanzo s’intitola Un bambino sbagliato (Arkadia Sidekar 2023) e narra le vicissitudini e le scoperte del piccolo Giovanni. In effetti il romanzo inizia con una situazione degna dei suoi libri precedenti: nella casa di famiglia a Fregene, sul litorale laziale, una notte, l’adulto Giovanni incontra un misterioso bambino di cinque anni. Scoprirà che si tratta del sé stesso di tanto tempo prima. Comincia così una narrazione che diverte e talvolta emoziona, con situazioni quotidiane, scoperte di tutti i giorni, raccontate con una voce credibile di bambino che sembra – a chi come me lo segue fin dal suo primo libro – davvero un Giovanni Lucchese da piccolino con molte caratteristiche simili all’adulto e in più lo sguardo inedito dell’infanzia. A questo punto afferro il telefono e lo chiamo, l’adulto, non il bambino (con tutto che anche lui sarebbe interessante da ascoltare anche oltre questo libro).
Sei contento di questo romanzo? Era quello che volevi fare fin dall’inizio oppure è cambiato nella scrittura?
Sono felicissimo, per me è una vera e propria rinascita. Sono sincero, esco da un periodo difficile in cui mi sono sentito come se la mia voce si fosse spenta e io non fossi più in grado di trovare le parole giuste per farmi ascoltare. Una sorta di afasia artistica, che per fortuna sembra essere passata. C’è stato un momento in cui ho pensato che questo libro non avrebbe mai visto la luce del sole. Del resto, mi sono detto, a chi dovrebbero interessare i fatti miei di quando ero bambino? Alla fine ce l’ho fatta, ed è il romanzo che mi inorgoglisce più di tutti, lo considero un inno alla vita, un omaggio a coloro che, volenti o nolenti, hanno contribuito a farmi diventare quello che sono oggi. Il romanzo, come ogni mio testo, è stato lavorato diverse volte, ma in questo caso lo spirito è rimasto lo stesso fino alla fine. La voce del bambino è rimasta squillante nella mia testa durante ognuna delle circa diciotto stesure a cui ho lavorato.
Che vuol dire “sbagliato” per un bambino?
Non essere compreso, non sentirsi in linea col mondo che lo circonda, non essere ancora venuto a patti con la sua diversità, non avere i mezzi per comprendere che è sempre meglio distinguersi, in qualsiasi modo, invece di amalgamarsi. Il non capire il perché di tutte queste cose, e il continuare a lottare per cercare di far quadrare dei conti che non saranno mai in pari. Desiderare cose che non si possono avere, cercare la compagnia di chi vorrebbe tenerci alla larga. Entusiasmarsi per cose semplicissime e alzare vere e proprie guerre contro mostri imbattibili. Un senso di inadeguatezza perenne e costante, un disagio moderato che non smette mai di parlarci all’orecchio.
In copertina c’è una tua fotografia da imbronciato?
Scherzi, quella è la foto più allegra e solare di tutta la mia infanzia!
Quanto sei stato sincero nella scrittura di questo romanzo?
Di solito lo sono sempre, in questo caso di più. È stato un continuo calarmi le braghe in pubblico, non avevo altra scelta. Si può mentire quando si parla di personaggi inventati, ma in questo caso ogni bugia, ogni verità edulcorata o romanzata sarebbe balzata agli occhi del lettore vanificando il senso intero dell’opera. La scrittura autobiografica è molto difficile per questo motivo. Non si deve mai uscire dai binari, non bisogna farsi prendere la mano ma, soprattutto, non si può pensare di farla franca omettendo qualcosa o censurando qualche particolare. Per citare Alanis Morissette, questa è una pillolina spigolosa che va mandata giù senza acqua e che deve nuotare libera nel nostro stomaco.
Qualcuno che l’ha letto si è offeso? Oppure solo complimenti? Magari invece serena indifferenza?
Ancora no, ma è presto per dirlo. Per il momento ho ricevuto i complimenti di amici e parenti stretti, che probabilmente hanno comprato il libro senza avere alcuna intenzione di leggerlo, o magari si sono entusiasmati solo a vedere il loro nome citato in alcuni capitoli. Negli anni, ho imparato a fidarmi solo di chi non conosco. La sincerità non deve conoscere affetto, legami di sangue o senso del dovere.
Quanto c’è della tua vita di oggi nella narrazione?
In generale moltissimo, quasi tutto direi. Parto sempre da qualcosa che conosco, da qualcuno che mi è vicino o che osservo a lungo. Uso la fantasia per costruire storie attorno a situazioni reali. Non so se si può parlare di autofiction, ma mi piace pensare che tutte le mie storie siano qualcosa che sarebbe potuto accadere solo cambiando qualche piccolo particolare nel mio quotidiano.
Eravamo più felici da bambini, o perlomeno tu lo eri?
Difficile dirlo. Altri tempi, una mente meno esigente, rapporti più immediati. Forse però a quei tempi ero molto meno in grado di controllare i miei impulsi, avevo zero senso della diplomazia, non mi accontentavo mai di niente, combattevo senza sosta contro ogni cosa che ai miei occhi appariva ingiusta, e vivevo molto più alla giornata. Più felice non saprei, ma più libero di sicuro.
Inizi e finisci con un momento fantastico visionario quasi da film, perché?
Per dare un senso a qualcosa di estremamente reale. La storia si svolge durante una notte in cui il tempo si deforma e ogni cosa sembra possibile, una componente fantastica ci voleva. Per fare un salto nel tempo bisogna compiere un’azione apparentemente priva di senso, o vivere un’esperienza fuori dal comune.
Sei al quinto libro pubblicato, cosa pensi della tua “carriera” da scrittore?
Guarda, le cose sarebbero potute andare meglio, ma anche molto, molto peggio. Se ripenso ai tempi in cui ero uno studente che sognava di vedere un suo racconto pubblicato su una rivista online, mi rendo conto di aver percorso così tanta strada da potermi ritenere più che soddisfatto, e al tempo stesso mi sembra che tutto sia accaduto nel giro di due giorni. Le persone che ho conosciuto, le esperienze che ho fatto, i luoghi che ho visitato e che mi hanno accolto a braccia aperte, questi sono i veri traguardi della mia “carriera”. In attesa dello Strega, ovviamente.
Dovendo scegliere una gran fortuna, preferiresti il premio Nobel o Madonna che canta un tuo testo in una canzone?
Voglio stupirti, caro maestro. Vincerei il Nobel, e chi se ne frega di Madonna. Anche perché, a quel punto, sarebbe facilissimo farmi invitare a cena a casa sua per parlare di cose molto più interessanti del testo di una canzone. Tipo, che ne so, qual è stata la migliore coreografia di Vogue mai realizzata o in quale Met Gala lei abbia indossato il look più iconico.
Paolo Restuccia
Il link all’intervista su Storygenius: https://bitly.ws/36IH3
Dopo Il colore del tuo sangue (Arkadia Editore, 2022), Paolo Restuccia torna, sempre per i tipi di Arkadia Editore (squadra vincente non si cambia!) con un nuovo thriller: Il sorriso di chi ha vinto. Protagonista è ancora la filmaker Greta Scacchi che, con la sua inseparabile videocamera, si trova alle prese con un nuovo inquietante mistero, affiancata ancora da Tommaso Del Re ex esponente delle forze di polizia che, dopo essere stato sospeso dal suo ruolo, diviene collaboratore di CrimeNet, un canale televisivo a sfondo true crime. Del Re chiede l’aiuto di Greta per la realizzazione di un servizio video. Con, sullo sfondo, una Roma piena di mistero, bellezza e magia, ma anche tanto sangue, Greta procede spedita verso le sue convinzioni, seguendo affannosamente il suo sesto senso, mentre continua a fare i conti con il proprio passato. La morte di Casemiro Rosco e la sparizione di due ragazze giovanissime – Carla Ferrara e Daria Gentile – danno vita a un’indagine sotterranea difficile, insidiosa, pericolosissima, che coinvolge gli ambienti ecclesiastici e, di nuovo, l’azienda farmaceutica Biolab. Tutto ruota intorno a un locale: l’Alchemico. Greta cerca la verità e «quando la verità è nascosta troppo bene, bisogna andare oltre quello che sembra ovvio per farla venire fuori». Lei lo farà. Andrà oltre, ben oltre, a rischio di perdere la vita. I capitoli si alternano nella narrazione della storia di Greta e di quella dell’Uomo che non crede in niente, si avvicendano,, dunque due storie parallele che a un certo punto si congiungono in modo imprevisto, ma che sono legate per tutta la trama attraverso i sogni che rendono il mistero ancora più interessante. L’esoterismo, il materialismo, la religione, i vizi e le virtù, passato e presente si intrecciano in modo profondo pur donandoci una trama lineare e poco scontata. Andando avanti nella lettura, ci si troverà sempre più invischiati in trame squallide e dolorose, vicende che scombinano l’ordine che dovrebbe esserci nelle cose. Arrivati all’ultima pagina non potrete non avere quel sorriso lì, quel sorriso soddisfatto da lettori: il sorriso di chi ha letto un buon libro.
Flora Fusarelli
Il link alla recensione su Rinascitaoggi: rb.gy/e195g0
Dopo il successo de Il resto di Sara, la giornalista e scrittrice siciliana di nascita e romana d’adozione Valeria Ancione torna in libreria con “E adesso dormi”, pubblicato dalla casa editrice Arkadia, collana Eclypse. Un romanzo al femminile, intenso e agganciato alla cruda realtà odierna, in cui la protagonista si trova a dover combattere una personale lotta per la sopravvivenza. Geena Castillo è fuggita dagli Stati Uniti per allontanarsi da un padre violento e una madre succube. Arriva a Roma inseguendo il suo sogno d’amore che si trasformerà in incubo e un’autentica prigione: il marito Raffaele infatti si rivelerà peggiore del padre. Nemmeno la presenza del figlio disabile risolve una situazione in cui la brutalità resta il pane quotidiano. L’unica cosa da fare è separarsi. Anzi di più: ucciderlo. Raffaele scompare e la vita di Geena, che in Italia è diventata Gina Drago, sembra prendere una piega diversa. Invece, tutto precipita quando un giorno la polizia bussa alla porta di casa della donna, per condurla con sé: c’è da identificare un cadavere appena ritrovato, che si sospetta essere quello del marito. Saranno la vicinanza di altre due donne, la presenza del piccolo Jonathan, la cui grave disabilità è la cosa più normale nella vita di Geena e un incontro casuale con un uomo affascinante a cambiare la prospettiva e riaccendere la speranza di ritagliarsi un pezzo di felicità nel mondo.“Un romanzo che mi ha aperto il cuore fin dalle prime righe…” ha dichiarato l’editore e “il romanzo nel cassetto” dell’autrice, come ella stessa ha spiegato. “Scritto dopo l’esordio del 2015 (La dittatura dell’inverno, ovvero Nina), di tanto in tanto ci tornavo aggiustando qualcosa, cercando la sua giusta evoluzione. L’ho riposto facendo finta di dimenticarmene, convinta che non fosse il suo tempo, e ho scritto altro. Con Gina, perché ogni mio libro finisce con l’avere il nome di una donna, volevo raccontare la violenza sulle donne – fisica e soprattutto psicologica -, quella che indebolisce e annulla la persona, che confonde amore con dovere, che legittima possesso e servilismo e che per paura porta a giustificare tutto fino ad accettare, per buoni o per destino, certi uomini. Avevo poi il bisogno di mostrare la disabilità come normalità, poiché è diversità solo finché non ci appartiene (il bambino, ormai ragazzo, esiste, ed è stato fonte di ispirazione). Nello sfondo dominano l’amicizia e il coraggio delle donne, che sono capaci di scelte estreme quando arrivano al basta, al limite. Temi importanti più che pesanti, che fanno parte della nostra realtà, che non sono però sinonimi di tristezza, è come si raccontano che fa la differenza. E tutto questo tempo trascorso mi è servito per capire se avevo raccontato nel modo giusto e se la storia fosse pronta per tutti e non fosse più solo la ‘mia’ storia”. Valeria Ancione, del resto, ama raccontare le donne e questo lo avevamo capito già dalle sue opere precedenti, tra cui Volevo essere Maradona (biografia romanzata dell’ex calciatrice Patrizia Panico) pubblicata nel 2019 con Mondadori Ragazzi, aggiudicatasi il terzo posto al Premio Bancarellino e di cui la Lux Vide ha acquistato i diritti per produrre una serie tv. Attraverso le pagine di questo nuovo libro lo fa dando vita a un romanzo sull’amicizia, condito da un piccolo mistero.
VALERIA ANCIONE
Siciliana, è nata nel 1966 a Palermo, ma è cresciuta a Messina e dal 1989 vive a Roma. Giornalista professionista, lavora al “Corriere dello Sport” dal 1991. Ama raccontare le donne. Si è occupata di calcio femminile, sostenendo sulle pagine del suo giornale la battaglia contro pregiudizi, stereotipi e discriminazione di genere. Del calcio in generale l’attrae la potenza di aggregazione e condivisione, meno le partite. Non è tifosa, ma simpatizza. È convinta che lo sport possa salvare la vita. Giocava a basket, nonostante l’altezza, è sempre a dieta, non ha mai tinto i capelli, legge sempre e ascolta audiolibri, ama il mare in modo viscerale e la Sicilia in modo possessivo, si commuove sullo Stretto, è orgogliosa di essere cittadina di Roma, ha tre figli nel secondo tempo dell’adolescenza che, se non si allunga un altro po’, forse sta finendo. Nel 2015 ha esordito in narrativa con La dittatura dell’inverno per Mondadori. Nel 2019 con Mondadori Ragazzi ha pubblicato Volevo essere Maradona (biografia romanzata dell’ex calciatrice Patrizia Panico), aggiudicatasi il terzo posto al Premio Bancarellino e di cui la Lux Vide ha acquistato i diritti per produrre una serie tv. Nel 2022 è uscito per Arkadia Il resto di Sara, del quale esiste anche la versione audiolibro de Il Narratore.
Il link alla segnalazione sul Corriere Nazionale: https://bitly.ws/36tDQ
Un romanzo tutto al femminile, più che mai allacciato all’attualità, in cui la protagonista innocente frutto di un malsano e vessatorio asservimento familiare, sarà costretta a dover intraprendere una personale lotta quasi per la sopravvivenza.
Quell’asservimento che tante volte in nome di un amore malato troppo spesso rappresentato dalla possessività , dall’egoismo, dalla necessità di avere ed esercitare un dominio assoluto o peggio su un’innamorata, un’amante, una moglie o una figlia porta alla violenza. Toccando i confini della peggiore crudeltà. Quante volte sentiamo dire o leggiamo di ragazze o donne uccise per un’incontrollabile reazione omicida provocata da un rifiuto, da un no detto da qualcuna che un maschio purchessia credeva solo sua proprietà.
Ma nessuno, uomo o donna che sia, ha mai il diritto di considerare un essere umano come sua proprietà. Perché non esiste passione o sentimento che possa consentirlo. Si tratta solo di SCHIAVISMO e ricordiamo bene tutti che, benché purtroppo certe regole non siano mai state completamente accettate da certuni popoli, l’abolizione dello schiavismo è una grande conquista della civiltà.
Geena Castillo, americana , che oggi vive a Roma con il marito e il loro bambino di cinque anni, Jonathan, affetto da una rara malattia invalidante che gli impedisce e forse gli impedirà per sempre di capire e farsi capire, è fuggita in Italia dagli Stati Uniti per allontanarsi da un padre violento. Si illudeva di aver finalmente trovato il vero amore in Raffaele, convinta che la sua vita avrebbe potuto essere diversa, migliore e più giusta con un marito che proprio per il suo nome da angelo gli avrebbe offerto solo gioia e bellezza. Dopo aver subito le angherie di un padre padrone aveva seguito il fidanzato e poi marito a Roma, senza neppure rendersi conto che stava passando da una prigione all’altra.
E ciò nonostante, adusa a essere condizionata da un io dominatore, ha voluto credere che la sua nuova vita italiana fosse meno penosa di quella sofferta nel suo Paese.
In realtà la loro relazione si rivelerà un autentico inferno. Con lei quotidianamente abusata.
E certamente la nascita di Jonathan rivelatosi presto un bambino ammalato, tarato, affetto da un grave ritardo che ha rappresentato agli occhi del padre solo un fallimento di maschio, ha potuto migliorare una spaventosa situazione in cui la brutalità rappresentava la norma . Unico sollievo per lei l’amorevole conforto offerto dalla costante presenza di una vicina di casa Lola, vedova e che vive con la figlia Corrada sullo stesso pianerottolo, diventata insostituibile appoggio, spalla e forse unico freno inibitore della continue violenze del marito. Violenze alle quali Geena, che ormai ha italianizzato il suo nome in Gina, non ha mai osato ribellarsi. Ancora plagiata infatti da ciò che ha vissuto in casa dei genitori, dove aveva appreso da sua madre a scambiare l’amore con il dovere, accetta tutto supinamente…
Lavorando di sera per un’impresa che fa le pulizie in uno studio di avvocati e commercialisti, e lascia durante quelle ore il suo povero bambino, Jonathan, all’amica Lola.
L’unica cosa buona da fare sarebbe separarsi. Ma Gina non vuole farlo, resiste, continua a resistere nonostante le assenze di Raffaele, le ripetute vessazioni morali, le minacce e le botte.
Fino a quando suo marito, Raffaele si dileguerà misteriosamente dopo una gita, un picnic fatto con Lola e Jonathan. Gina denuncerà la sua scomparsa solo la sera dopo, dichiarando che non era la prima volta che lui lasciava la famiglia. Forse aveva scelto di andarsene.
E nei giorni e nei mesi successivi, in cui cerca consciamente di cullarsi in quell’impossibile realtà, la sua vita sembra prendere una piega diversa, tranquilla, lei e il bambino soli, quasi sereni ma tutto pare voler finire in un attimo quando un giorno due agenti di polizia bussano alla sua porta. È stato ritrovato un cadavere quasi irriconoscibile in un canale, potrebbe essere quello di suo marito.
Dopo aver fornito gli elementi sufficienti per un’identificazione formale per Geena tuttavia, in attesa che le indagini facciano chiarezza, comincerà un lungo calvario di rimorso e di paura. È convinta infatti di essere in qualche modo responsabile e che la morte di Raffaele non sia dovuta al caso.
Per su fortuna nello studio legale dove fa le pulizie la sera, esercita tra i titolari Mara, che lavora alle pratiche legali fino a tardi, quasi a notte. Gina/Geena, che ha imparato a fidarsi delle donne, sollecita il suo consiglio e il suo aiuto professionale. Fra loro nascerà simpatia, tanto che il loro rapporto da strettamente professionale saprà diventare un’amicizia nella quale presto verrà coinvolta anche la quieta e confortante saggezza di Lola.
Tre donne, ciascuna con dietro le spalle qualcosa di segreto mai confessato, legato a diverse esperienze come madri e come figlie, ma che la condivisione trasformerà in sostegno e forza comune. Una forza che consente di affrontare ogni verità.
Reale e senza false emozione la descrizione del rapporto tra l’amica Lola, donna generosa e senza sentimentalismi, e Gina, madre spossata del piccolo Jonathan, un bambino che morde, si agita e cammina a stento. Un esserino che non la chiamerà mai mamma, condannato a restare un bambino a vita. Ciò nondimeno, anche nei momenti di peggiore disperazione, Gina riuscirà ad affrontare la sua malattia e a lottare per sopravvivere. Sconfinato amore, il suo, ma anche fatica ed esasperazione, pur temperate dall’abnegazione e dall’istinto di protezione. Gina ha imparato a conviverci per andare avanti e restare al suo fianco ma per continuare a farlo sa anche che deve sapere delegare e farsi aiutare.
Lei è una donna che si crede sbagliata, forse perché così l’hanno fatta sentire i suoi genitori e suo marito, magari umiliandola per il suo aspetto di donna piccola. esile , con grandi occhi in un volto smagrito. Insomma si giudica solo bruttina, inconsistente, soffre di mancanza di autostima, di rispetto verso sé stessa. E invece dovrà imparare a riconoscersi, a combattere per se stessa e a concedersi nuove possibilità.
Ha una bella voce, le piacerebbe cantare forse… ma quando, dove e come?
Valeria Ancione, siciliana, è nata nel 1966 a Palermo, ma è cresciuta a Messina e dal 1989 vive a Roma. Giornalista professionista, lavora al “Corriere dello Sport” dal 1991. Ama raccontare le donne. Si è occupata di calcio femminile, sostenendo sulle pagine del suo giornale la battaglia contro pregiudizi, stereotipi e discriminazione di genere. Del calcio in generale l’attrae la potenza di aggregazione e condivisione, meno le partite. Non è tifosa, ma simpatizza. È convinta che lo sport possa salvare la vita. Giocava a basket, nonostante l’altezza, è sempre a dieta, non ha mai tinto i capelli, legge sempre e ascolta audiolibri, ama il mare in modo viscerale e la Sicilia in modo possessivo, si commuove sullo Stretto, è orgogliosa di essere cittadina di Roma, ha tre figli nel secondo tempo dell’adolescenza che, se non si allunga un altro po’, forse sta finendo.
Nel 2015 ha esordito in narrativa con La dittatura dell’inverno per Mondadori. Nel 2019 con Mondadori Ragazzi ha pubblicato Volevo essere Maradona (biografia romanzata dell’ex calciatrice Patrizia Panico), finalista al Premio Bancarellino e di cui la Lux Vide ha acquistato i diritti per produrre una serie tv. Nel 2022 è uscito per Arkadia Il resto di Sara, del quale esiste anche la versione audiolibro de Il Narratore.
Patrizia Debicke
Il link alla recensione su Liberi di scrivere: https://bitly.ws/36tCh