IL BUIO DELLE TRE di Vladimir Di Prima (Arkadia) – recensione
“Il buio delle tre” di Vladimir Di Prima (Arkadia, 2023)
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La ri-nascita di uno scrittore
Che cosa è Moby Dick, non a caso citato nel romanzo? Una metafora nascosta dietro la ricerca spasmodica di questo cetaceo da cacciare e uccidere. L’autore, nel protagonista di Pinuccio, probabilmente ricavato anche da esperienze autobiografiche, trova l’opportunità per raccontare non tanto il male del bravo scrittore rimasto nell’ombra, ma la ricerca in sé della riuscita. La scelta del termine non è a caso, perché RI-USCIRE è utilizzato allo scopo di sottolineare il verbo “uscire”: quando si nasce, si esce dalla propria madre, quando poi si raggiunge lo scopo per il quale si crede di essere nati, si nasce una seconda volta, uscendo dal buio, dal buio dell’utero, dal buio delle tre. L’uomo, infatti, nel momento stesso in cui vede la luce nell’atto del nascere, oltre a essere condannato alla morte ineluttabile, è destinato anche a camminare per una strada predeterminata. Pinuccio con perseveranza insiste a percorrere la propria strada, senza farsi sopraffare dai ripetuti scoraggiamenti della vita, ma anzi, quasi con irrazionale testardaggine, da questi facendosi motivare senza darsi requie. È l’obiettivo di chi respira privo di automatismi, la manifestazione di un carattere tanto forte e determinato da chiamarsi coraggio, l’opposto di viltà, laddove la paura della sconfitta non è sufficiente a bloccare il gesto, l’atto del perseguire il fine.
Da solo questo pregio potrebbe fare di Pinuccio un eroe dei nostri tempi, colui che non rischia la vita, ma certo (e tanto) la disgregazione dell’immagine di sé che con amore si sarebbe costruito, disgregazione che, in contrasto con l’amore, diventerebbe morte dell’anima.
(…) Pinuccio affrontò un lunghissimo viaggio in autobus. Un’altra notte da soldato della speranza in compagnia di operai che risalivano a nord e africani in cerca di terre promesse. Ognuno proiettava il proprio piccolo sogno sul finestrino, ed era chiaro, nitido, netto, finché non gli si abbassavano le palpebre e s’addormentava a bocca aperta; mezz’ora di sonno, forse qualcosa meno, e lì, a ricominciare a sognare a occhi aperti mentre l’Italia passava sopra ponti e gallerie.
Parallelo alla meta ossessiva del protagonista è il blocco emotivo, il complesso, la fobia, paura incontrollabile dell’imperfezione che lo porta a impedirsi di vivere a pieno e serenamente esperienze affettive e amorose. Questo va a braccetto, in qualche modo, con l’intento di successo prefissato, perché il rifiuto del “difetto” nel mondo esterno non è altro che lo specchio del rifiuto per i propri difetti interiori intesi come eventuali mancanze di talenti, quelli che lui deve a tutti i costi dimostrare di avere, mentre viceversa deve dimostrare di NON avere difetti, negandosi di scendere a compromessi anche nei momenti di speranza per un futuro radioso.
Se a una storia valida e interessante nella sua apparente semplicità, si aggiunge lo stile unico e personale dello scrittore meritevole, a tratti poetico, a tratti pieno di guizzi geniali, e ancora lontano dalle solite logiche editoriali, se si aggiunge l’originalità sull’uso delle frasi, grazie al “mestiere di montare e smontare parole“, il romanzo manifesta tutti i pregi per essere inserito nella rosa dei migliori.
Come un filo che entra dalla cruna di un ago per uscire dopo diverse curvature da quella di un altro, così si direbbe del viale che tagliava Taormina dall’arco di porta Catania al corrispondente Messina (…)
Vladimir Di Prima è lo stesso, per esempio, della pubblicazione all’avanguardia “Gli asiatici” (Prova D’Autore), dell’originale romanzo “La Banda Brancati” (A e B Editrice), del geniale poema in narrativa “Le incompiute smorfie” (Meligrana Editore), è scrittore che si fa sentire, non demorde, batte il ferro finché è caldo e si apre senza riserve, in particolare in questo romanzo, dove la sincerità fa dello scrittore un poeta. Infatti solo quando il cuore si manifesta senza veli, aperto come durante un’operazione chirurgica, l’arte si esprime con forza, l’arte che è forse l’unica qualità che erge l’essere umano al di sopra degli animali.
[ IL BUIO DELLE TRE, romanzo di Vladimir Di Prima, Arkadia Editore, collana Senza Rotta, 228 pp, copertina flessibile, si può trovare in tutte le più importanti librerie d’Italia e nei siti internet di vendita libri. ]
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La scheda del libro: “Il buio delle tre” di Vladimir Di Prima (Arkadia, 2023)
In un paesino della Sicilia che subisce passivamente i grandi eventi della Storia, Pinuccio Badalà, figlio di un sindacalista coinvolto nella strage di Bologna e poi morto qualche anno dopo in seguito a un bizzarro incidente, sogna di diventare un grande scrittore. Nei modi di un’appassionata cronaca il romanzo narra tutte le peripezie del protagonista per ricevere udienza dai grandi marchi dell’editoria italiana. Vent’anni e più di illusioni e delusioni, viaggi della speranza, personaggi grotteschi e indimenticabili. Un’amara parodia della decadenza culturale dei nostri tempi nelle ambizioni di un provinciale con il solito dilemma: genio incompreso o espressione infinitesimale della mediocrità?
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Vladimir Di Prima è nato a Catania nel 1977. Dopo la maturità classica si laurea in Legge e successivamente consegue un Master di secondo livello in Criminologia. Da oltre vent’anni fa parte del comitato organizzativo del Premio Brancati. Film-maker indipendente (ha collaborato, fra gli altri, con Lucio Dalla) ha all’attivo diversi riconoscimenti in ambito nazionale e internazionale. È autore de Le incompiute smorfie (2014), Avaria (2020) e de La banda Brancati (2021). Nel 2023 ha realizzato un docufilm con protagonisti Giuseppe Lo Piccolo, Marino Bartoletti e altri importanti attori del palcoscenico nazionale.
Marcella Argento
Il link alla recensione su Letteratitudine: https://bitly.ws/39k76