CHIANTI – Il Comitato tecnico del Premio Letterario Chianti, esaminati i testi di narrativa editi nel periodo dall’1 gennaio 2022 al 30 giugno 2023, ha compiuto una seconda selezione sui quaranta testi scelti.
Portando a 20 la rosa degli autori e delle loro opere, di seguito proposti in ordine alfabetico.
Da questa lista il Comitato trarrà, dopo ulteriori opportune selezioni e confronti, i tre autori finalisti, i cui nomi saranno comunicati entro il mese di febbraio 2024.
1- Baldelli Simona – Il pozzo delle bambole – Sellerio
2- Bicchi Luigi – Il noce dell’alderga – NIE
3- Borrasso Francesco – Sott’acqua – Giulio Perrone editore
4- Bortolotti Nicoletta – Un giorno e una donna – HarperCollins
5- Camurri Roberto – Qualcosa nella nebbia – NN editore
6- Casadio Paolo – Fiordicotone – Manni
7- Fallai Paolo – Un inverno lungo un anno – Solferino
8- Gori Leonardo – La libraia di Stalino – Tea
9- Lepri Roberta – DNA Chef – Voland
10- Lupo Giuseppe – Tabacco clan – Marsilio
11- Manganelli Lietta – Aspettando che l’inferno cominci a funzionare – La nave di Teseo
12- Nata Sebastiano – Memorie di un infedele – Bompiani
13- Ossorio Antonella – I bambini del maestrale – Neri Pozza
14- Gigi Paoli – La voce del buio – Giunti
15- Pignatelli Anna Luisa – Il campo di Gosto – Fazi
16- Sartori Giacomo – Fisica delle separazioni in otto movimenti – Exorma
17- Scudelletti Massimiliano – La laguna dei sogni sbagliati – Arkadia
18- Soriani Melania – Bly – Mondadori
19- Spampinato Lorena – Piccole cose connesse al peccato – Feltrinelli
20- Tuti Ilaria – Come vento cucito alla terra – Longanesi
Il link alla segnalazione su Il Gazzettino del Chianti: https://bitly.ws/3cyhP
Data
venerdì 16 Febbraio 2024
dalle 18:00 alle 20:00
Descrizione
Giovanni Lucchese presenta Un bambino sbagliato (Arkadia, 2023) in dialogo con la giornalista e scrittrice Anna Vallerugo.
La notte prima di Ferragosto, nella sua casa al mare, un uomo riceve la visita di un misterioso bambino che sembra comparire dal nulla. Svanito il terrore iniziale, scoprirà che altri non è se non il suo io infantile, la versione di sé a cinque anni, ormai dimenticata e sepolta sotto decenni di pensieri e di vita vissuta. Scanzonato, permaloso e con un piglio da guerriero, il bambino prenderà per mano il protagonista accompagnandolo in un mondo fatto di ricordi e di aneddoti. Un mondo popolato da biciclette senza rotelle, Barbie, corse in un bosco che sembra magico e film dell’orrore visti di nascosto dai genitori. Attraverso gli occhi del bambino, l’uomo rivivrà i momenti salienti di un’infanzia a volte difficile, a volte spensierata, vissuta ai margini di una società non ancora pronta a cogliere le sfumature di una personalità fuori dal comune. In una nottata di visioni frenetiche, il nostro protagonista scoprirà che la ricchezza più grande che abbiamo è la diversità, e che nessuno nasce sbagliato, semmai sono gli altri a farcelo sentire.
Il link alla segnalazione su Cheventi: https://bitly.ws/3cshw
I libri d’arte di tutto il mondo raccontano che una tappa della sua sfolgorante carriera si sviluppò in una piccola città della Serenissima Repubblica che ancora oggi viene chiamata “La città del Tiepolo”: Udine. Nessuna biografia ha tuttavia raccontato la sua vita privata e la piega inaspettata che essa prese durante il suo breve soggiorno, Gli affreschi che ha dipinto sono ancora li e chi leggerà questa storia non riuscirà più a guardarli con occhi distratti.
Leggere Alberto Frappa Raunceroy è stata una gran bella scoperta, il suo ultimo libro L’ombra di Tiepolo, edito da Arkadia Editore nella collana Eclypse, mi ha trasportata nella Udine del 1726, nella Repubblica di San Marco, quando “il pittore della luce” è chiamato ad affrescare la cattedrale dal patriarca veneziano Dionisio Dolfin, Tra curiosità e pettegolezzi, Tiepolo viene accolto nella casa della nobildonna Foscarina di Varmo, che vive in forte indigenza con sua figlia Tesorona Sturm, intrappolata in un corpo abnorme e fuori misura, e la nipote Aurora, per sbarcare il lunario, accetta di prendere a pensione il pittore.
I pensieri e le ansie per il futuro aumentavano di giorno in giorno perché non disponevano più di una rendita. Gli ultimi sette campi a sorgo turco e la vigna di Varmo erano stati venduti a un proprietario locale; i soldi dell’affitto con i sacchi di cereali e la damigiana di vino non sarebbero mai più giunti in casa; era un piccolo contributo che le aveva sempre aiutate.
L’oscurità che avvolge le vite delle tre donne verrà irradiata da luce pura, quella che il carismatico pittore porterà in quella casa ma soprattutto nella giovane Aurora, come scrive l’autore: “sembrava che un pezzo della sua vita fosse stato strappato dal passato e ricomposto sull’affresco.”
Tiepolo che avvince e ammalia, un affabulatore capace di gesti spontanei e generosi, capace di far emergere grazia e bellezza da ciò che per molti è mostruoso, come la ciclopica Tesorona che ai suoi occhi sprigionava bellezza e potenza.
Alberto Frappa Raunceroy tra ombre e luce, immortala, con squisita eleganza, personaggi memorabili che fuoriescono dalle pagine, dando vita a una storia di innegabile bellezza, proprio come lo stile di Giambattista Tiepolo, aprendo una visione a spazi infiniti.
Alberto Frappa Raunceroy. Friulano, laureato in Storia del diritto romano alla Cattolica di Milano, attualmente risiede a Udine. È autore de La condanna dei tre capitoli (Segno, 2007) e de Il serenissimo borghese, ispirato alla tragica caduta di Venezia così come vissuta dalla famiglia dell’ultimo doge, Ludovico Manin. Il romanzo, pubblicato nel 2012 da Segno e ripubblicato nel 2014 da Solfanelli e nel 2017 da Arkadia Editore, è stato inserito nell’antologia del Premio Nazionale “Alberoandronico 2012” di Roma e, nello stesso anno, si è classificato secondo nella sezione Narrativa del Premio Nazionale “Mario Soldati” di Torino. Con Il parruccaio di Maria Antonietta (Arkadia Editore, 2016), secondo classificato al Premio Letterario Nazionale Palmastoria 2018, l’autore porta il lettore in un terreno intriso di contraddizioni e ricerca della bellezza, grazie alla potente figura dell’enigmatico Salamandre. Il libro La lanterna nera (Arkadia Editore, 2020) si è imposto l’anno successivo come il secondo romanzo storico più gradito ai lettori del supplemento letterario “Robinson” de “la Repubblica” che lo definisce “Spunto originale, romanzo allo stesso tempo sensibile e duro”.
Loredana Cilento
Il link alla recensione su Mille Splendidi Libri e non solo: https://bitly.ws/3cmGa
Le vicende di una dinastia familiare caduta in rovina raccontate da un bambino di dieci anni la cui esistenza si divide tra il buio dell’inverno e l’accecante luce estiva del mare di Cala Cipolla. In un continuo alternarsi di epoche e personaggi, passando dalle due rovinose guerre mondiali al periodo del fascismo, dai “favolosi” anni ’60 all’avvento del web, pagina dopo pagina emergono i lati più drammatici o ironici dei protagonisti di un’opera corale che porta il lettore nella Cagliari del primo Novecento e in quella che poi si svilupperà grazie al boom economico e alla modernità. Immerso nella società un po’ sgangherata di un quartiere emarginato e periferico, a tratti violento, a tratti sublime nella sua umanità, il piccolo protagonista che diventerà poi adulto combatte la sua personale e quotidiana battaglia nel continuo scontro-incontro con le generazioni che l’hanno preceduto, mettendo in luce il confronto tra padri e figli, il bullismo, la fame, la povertà, ma anche la capacità di reagire, il desiderio di superare le avversità e le ingiustizie, di creare alla fine un proprio universo in cui finalmente sentirsi liberi.
Introduzione
Nessuno può scegliere la famiglia in cui nascere eppure è già scritto perché si ha il compito di mutare quel destino che appare così avverso. L’intrigata epopea di uomini che tentano di salvarsi da quel mare della vita che rischia di travolgerli tutti. Che cosa fare quando non si sa nuotare perché qualcuno non l’ha insegnato? Ecco che si prova a galleggiare e aleggia una magnetica sospensione tra luci e ombre mentre passano ineluttabili i giorni e un velo di malinconia accompagna con la sua solennità i tiepidi passi.
Aneddoti personali
Quando ho letto la sinossi in tempi non sospetti, sono stato preso da un’intensa felicità perché dopo qualche tempo la casa editrice Arkadia sarebbe tornata alle saghe familiari che sono il mio genere preferito in assoluto. Quando me lo sono visto tra gli arrivi da parte dell’ufficio, stampa il mio amico Patrizio, la gioia è stata immensa. Questo sentimento ha toccato metaforicamente il cielo, quando leggendo i ringraziamenti, ho appreso che l’autore in questione è rappresentato dall’agenzia Meucci. A Silvia mi lega un’amicizia e un rapporto sincero e profondo. C’è una particolarità che la riguarda, ogni autore che mi ha proposto negli anni mi è piaciuto moltissimo e sono diventati nel corso del tempo dei cari amici anche loro. Le faccio spesso i complimenti per le scelte umane che compie, prima ancora che delle opere. L’ignaro autore portava quindi un carico non indifferente di attese. Il rapporto con questo libro è stato parecchio complesso. Per me non è stata una lettura semplice, ho riscontrato almeno inizialmente delle difficoltà con lo stile dello scrittore e non parlo dell’utilizzo del sardo perché i termini sono accuratamente spiegati ma dell’ironia che talvolta ho trovato eccessiva. Il problema è mio lo riconosco, non sono abituato a leggere libri ironici e sprezzanti. La scelta della voce narrante è coraggiosa, però in alcuni punti il tono e il linguaggio utilizzato sono troppo elevati. Una volta che ci si abitua allo stile, il romanzo scorre meravigliosamente. Lo centellino da circa due tre settimane principalmente per quello che ho già esposto ma anche per un’altra motivazione. Leggendo dei capitoli specifici si ha il sentore che non c’è finzione né verosimiglianza ma acuta e schietta verità accuratamente nascosta da un cambio di nomi. Mi sono andato a documentare chiedendo all’autore e anche compiendo ricerche, soprattutto nei capitoli storici che ho trovato davvero magistrali. Il mio personaggio preferito è Alessandro perché grazie alle sue continue macchinazioni tengono le redini della storia e nonostante alcune azioni siano deplorevoli in esse, c’è un ‘interessante profondità che un po’ scoprirete leggendo la recensione. Nonostante tutto sono stato contento di leggerlo, ringrazio la casa editrice per avermi inviato la copia e dato la possibilità di conoscere davvero una bella persona che spero di portarmi ancora a lungo nel mio cammino.
Recensione
Ognuno combatte la propria guerra muta soltanto il nemico da fronteggiare è scritto nelle stelle del destino. Quello stesso fato di cui Pico della Mirandola afferma l’uomo sia artefice. Se potessero i personaggi di questo romanzo, inizierebbero a ridere fragorosamente. Sogna ragazzo sogna la spiaggia dell’altrove in cui tutti gli orizzonti appaiono raggiungibili. Il flebile contatto tra il sogno e la realtà non protegge dall’urto ma adesso che la riva è ormai lontana lui ingarbugliato uomo di oggi osserva e pensa con carezzevole malinconia al bambino di ieri e prova a ridargli voce, sperando che sognare e ricordare attuino, l’inabissale rima del tempo. Ed è così che un ‘incessante danza temporale gestita su più piani, riporta vivida la storia degli avi che riprende corpo, tocca a lui plasmarla nella forma del cuore, riecheggia come un eco, il richiamo del sangue che gli scorre nelle vene e così racconta l’intricata epopea di quel salice ben piantato che qualcuno ha chiamato famiglia. Estirpare quella radice d’appartenenza non è possibile perché anche lui è una parte anatomica di quell’arcano ingranaggio. Un bambino alla soglia dell’adolescenza e sito in una prigione – fortezza che è la famiglia soprattutto se ti chiami Contu. Una sensazione asfissiante appartenente non solo a Davide ma anche agli altri membri. Come fosse una vera e proprio gabbia dorata dal suo osservatorio speciale Davide, racconta con lucidità e sfrontatezza la sua storia e quella della Sardegna. Si parla di uomini che come Florio in Auci combatte una morbosa inquietudine che Barbara ha definito opportunamente “ Malarazza”. Ḕ la terminologia corretta per definire tutti quegli imprenditori realmente esistiti o appartenenti alla finzione narrativa vissuti in particolare dalla fine dell’Ottocento e per tutto il cosiddetto secolo breve. Afflitti tutti da un unico morbus che qui è particolarmente accentuato e focalizzato in una vera e propria maledizione del rancore. Una rabbia inespressa ma covata che come un germe segna diverse generazioni. Agli albori del Novecento il patriarca Leonardo approfittando del ruolo centrale di Cagliari e della Sardegna decide di aprire una banca che diventa il fulcro della società e rappresenta il primo grande mattone del loro impero finanziario. Leonardo rimasto prematuramente vedovo impartisce ai due figli una rigida educazione intrisa di disciplina e compostezza. Il suo singolare modo di dimostrare affetto era incrementare la ricchezza della famiglia. Sia Alessandro sia Ettore fin da giovani sono caricati dal peso di troppe responsabilità e iniziano a sperperare il patrimonio a causa anche d’investimenti infruttuosi e totalmente sbagliati. Tra matrimoni combinati, galera e inaspettate fughe resta tutto sulle spalle di Alessandro che tenta di allontanarsi dalla cerchia paterna, ma ormai il seme è piantato e la malattia è in corso. Conscio di ciò decide di vivere relegato e prigioniero della sua stessa solitudine. Dal suo studio però attua avvincenti intrighi e macchinazioni che segneranno inevitabilmente le generazioni future, come un ammaliante burattinaio. A parte singole eccezioni il ramo maschile della dinastia Contu sono segnate da una profonda inettitudine almeno fino a quando non sono altri a spianare la strada, sono altresì segnati dal marchio brancatiano di dimostrare la loro virilità a tutti i costi. Il ramo femminile si concentra in particolare su Anna, Teodora ed Elena, l’autore ne rileva o il pragmatismo o l’opportunismo. La narrazione è volutamente asettica per sviluppare l’incapacità dei personaggi di curare la sfera emotiva. I rapporti sono sospesi e in pochi casi si può parlare di relazione affettiva. L’autore sceglie coraggiosamente di narrare tutto in prima persona, lo stile è giornalistico e incisivo in più caratterizzato da un ‘ironia preponderante e da una vibrante schiettezza. In questo resoconto di eventi un plauso merita tutti i capitoli storici del romanzo. L’autore descrive infatti come fosse un reportage in modo accurato le condizioni del popolo antecedente, durante e post guerre mondiali, mentre la desolazione regnava sovrana e ogni famiglia cercava invano di contrastare l’odore della morte. Lo scrittore si focalizza in particolare su Silvio e Giuseppe. Un padre e un figlio per cui la guerra è un cataclisma inimmaginabile. Il destino crede che non siano abbastanza temprati dalle avversità e così li mette di fronte a dei bivi drammatici. Un libro a metà tra memoir e romanzo storico. Il lettore leggendo queste pagine può ritrovare in qualche modo quel filone verista, infatti nonostante sia una saga familiare atipica, si può inserire come un moderno ciclo di vinti. Un romanzo che è una lotta estenuante tra dignità e ambizione mentre quegli stessi uomini rincorrono affannosamente la felicità affinché l’ultimo grammo non sia soltanto un miraggio.
Conclusioni
Una lettura godibile che consiglio a chi ama narrazioni affrontate con ironia oppure appassionati di storia sarda.
Francesco De Filippi
Il link alla recensione su La Casa delle storie: https://bitly.ws/3cmIa
Nelle scorse settimane si è rimesso in moto il mondo dell’editoria. Tra i romanzi da recuperare ci sono il ritorno del Premio Pulitzer Michael Cunningham e un inedito di Stefano D’Arrigo rispolverato dagli archivi fiorentini, ma anche storie che si interrogano sul rapporto tra padri e figli, racconti di rinascita al femminile e riflessioni sullo sviluppo della tecnologia
Gennaio ha rimesso in moto il mondo dell’editoria, portando sugli scaffali delle librerie nuove storie da tutto il mondo. Tra i romanzi da recuperare ci sono storie che si interrogano sul rapporto tra padri e figli, ognuna mettendone in luce sfumature diverse: I folgorati di Susanna Bissoli, Messaggio per mio figlio di Alejandro Zambra, Quello che serve di notte di Laurent Petitmangin e Tangerinn di Emanuela Anechoum. Poi ci sono storie di rinascita, come quelle di A casa di Judith Hermann e Cuore nero di Silvia Avallone; c’è un inedito di Stefano D’Arrigo appena uscito dagli archivi e c’è il ritorno del Premio Pulitzer Michael Cunningham. Sono solo alcuni dei romanzi che leggeremo a febbraio (QUI QUELLI CHE VI AVEVAMO CONSIGLIATO A GENNAIO).
Cuore nero – Silvia Avallone
Nascosto tra le montagne, raggiungibile solo attraverso una ripidissima strada sterrata, c’è il minuscolo borgo di Sassaia, immobile nel tempo e nello spazio con le sue casette arroccate. Lontano da tutto e da tutti. Per questo quando un giorno sbuca Emilia la sorpresa di Bruno, che lì si è rintanato isolandosi dal mondo, è forte. Chi è questa donna dai capelli rossi e dall’accento straniero, magrissima, adulta nel corpo di un’adolescente? Quando si incontrano entrambi vedono negli occhi dell’altro un abisso. Tutti e due sono segnati dal male. Solo che Emilia il male lo ha compiuto di mano propria, Bruno lo ha subito. Lei è stata in carcere a lungo per espiare le sue colpe, lui si è rintanato ai confini dell’universo, lì a Sassaia. Quando iniziano a frequentarsi, Emilia fa di tutto per nascondere a Bruno il suo passato. Ma non esiste amore senza verità. Silvia Avallone torna in libreria per Rizzoli con Cuore nero.
I folgorati – Susanna Bissoli
Vera decide di tornare a casa del padre Zeno quando scopre di essere di nuovo malata. Le è tornato il cancro al seno, lo stesso che ha già ucciso sua madre e altre donne della sua famiglia. Anche Zeno – burbero, testardo e dalla lingua lunga – non sta benissimo: ha una gamba sempre più malandata. Potranno aiutarsi a vicenda, pensano. Lì, in quella casa dove Zeno ha vissuto a lungo da solo, Vera scopre decine di quaderni pieni di parole. È un romanzo, scritto dal padre. Come è possibile? Ha solo la quinta elementare. Lui le affida il compito di trascrivere al computer i manoscritti. D’altronde lei ha sempre voluto essere una scrittrice. Vera e Zeno sono i due protagonisti de I folgorati di Susanna Bissoli, in libreria per Einaudi.
A casa – Judith Hermann
A casa di Judith Hermann – pubblicato da Fazi Editore, con la traduzione di Teresa Ciuffoletti – ruota intorno a una donna di cui non ci verrà mai detto il nome. Di lei però si sa più o meno tutto il resto. Ha da poco lasciato il marito e pensa sempre alla figlia, intenta a girovagare per il mondo. Ha trascorso una vita isolandosi e nascondendosi dagli altri, come ha scelto di fare anche dopo la fine del matrimonio: si è trasferita in una casa al mare, poco lontano dal paesino dove quello sfaccendato di suo fratello ha aperto un pub. Una notte succede qualcosa che rompe la crisalide dove si era rintanata. Apre gli occhi sul paesaggio che adesso è la sua casa. Lo vede con occhi diversi. Stringe amicizia con Mimi, la vicina di casa. C’è spazio addirittura per l’amore nella sua rinascita al contrario.
Il compratore di anime morte – Stefano D’Arrigo
Ci sono storie che restano nascoste per anni prima di vedere la luce. Sono rimaste per la precisione nell’archivio del Gabinetto Vieusseux di Firenze quelle de Il compratore di anime morte di Stefano D’Arrigo (Rizzoli), adattamento de Le anime morte di Nikolaj Gogol’ in cui l’autore siciliano dispiega tutta la vena satirica che lo consacrò nel secolo scorso. Cirillo, rimasto orfano della Madonna, non ha mai smesso di sperare in un’adozione. Nemmeno dopo aver compiuto 30 anni. Per un curioso colpo di scena, in un viaggio che lo porta tra la Sicilia e Napoli dell’800, tenta la scalata della sfera nobiliare borbonica. Si sparge la voce della sua abilità di azzeccare tutti i numeri del lotto. Il principe Don Ettorino di Margellina, che giocando si è bruciato tutto, decide di adottarlo. Cirillo ha un’idea che dovrebbe risanare le finanze disastrate del principe: vendere allo Stato le anime morte della Sicilia, cioè i cittadini scomparsi dopo l’ultimo censimento. Si può guadagnare molto su di loro, facendo leva su una legge mal scritta. Sullo sfondo dell’arrivo di Garibaldi sull’isola, si insinua in un’aristocrazia vuota e stressata da debiti e pettegolezzi. Conoscerà anche l’amore.
Il cliente Busken – Jeroen Browers
Busken è un erudito latinista e un sommo poeta che si esprime attraverso codici segreti. Non solo: è anche un ingegnere robotico e un neurochirurgo. Così la pensa lui. Per gli altri non c’è nulla di vero in tutto ciò: i medici di Villa Madeleine, casa di cura in cui si ritrova intrappolato suo malgrado, lo vedono come uno dei tanti pazienti dementi di cui si occupano. Forse un po’ più mitomane rispetto agli altri. Busken è arrabbiato e non capisce cosa ci fa in mezzo ai rincitrulliti. Decide quindi di chiudersi in un inscalfibile silenzio e di fingersi incapace di intendere e di volere. Attraverso la lente di un problema agli occhi che gli fa vedere il mondo tinto di blu, Il cliente Busken dell’olandese – defunto – Jeroen Browers (Iperborea, con le traduzioni di Claudia Di Palermo e Francesco Panzeri) sfodera un humor nero che non risparmia nessuno, dai medici agli altri pazienti. Intanto con la mente torna indietro a quando la mamma non gli dava l’amore di cui aveva bisogno, andando a segnare il tragitto di un’esistenza futura passata tra libri e deliri. Scappando dal dolore.
Day – Michael Cunningham
Bastano tre giorni dentro le vite degli altri per capire che ne sarà di loro. Forse non è sempre davvero così, ma lo è nel caso di Dan e Isabel, i protagonisti di Day di Michael Cunningham, che torna in libreria a nove anni da Un cigno selvatico per La Nave di Teseo, con la traduzione di Carlo Prosperi. Li conosciamo il 5 aprile 2019, nella loro casa tipicamente in mattoni di Brooklyn. Il loro matrimonio un tempo felice si sta sgretolando lentamente. Tutti e due sembrano essere attratti soltanto da Robbie, il ribelle fratello minore di Isabel, in procinto di lasciare il loro attico. Solo la sua presenza, e non quella dei figli, sta facendo da collante a una storia d’amore in appassimento. Un anno dopo, il 5 aprile 2020, il mondo è in lockdown per il coronavirus. Dan e Isabel, entrambi frustrati, sono bloccati insieme. Robbie è invece in Islanda, bloccato anche lui, in una baita di montagna, mentre porta avanti una vita segreta su Instagram. Il 5 aprile 2021 è il punto di arrivo di questo romanzo con struttura a trittico simile a quella de Le Ore, che a Cunningham valse il Pulitzer.
Corpi mobili – Jane Sautière
La Nuova Frontiera riporta in Italia Corpi mobili, l’ultimo scritto di Jane Sautière, dove memoria corale e storia personale si intrecciano nel racconto degli anni dell’autrice a Phnom Penh, dove ha vissuto dal 1967 al 1970. Ombre, forme, oggetti sono i corpi mobili del titolo, simboli di persone e sensazioni che hanno riempito il passato di Sautière e che adesso vivono sulla carta stampata per non essere mai dimenticati. I fratelli morti prima che potesse conoscerli, i genitori, gli amori. La vegetazione e i colori della città, il sapore esotico dei frutti, l’umidità del Vietnam. La traduzione è di Silvia Turato.
Tangerinn – Emanuela Anechoum
C’è dell’umoristico, del tenero e del tragico nell’esordio letterario di Emanuela Anechoum, Tangerinn (edizioni e/o). Mina si è trasferita da un piccolo paese del Sud Italia a Londra, dove è riuscita a ritagliarsi il suo spazio tra i “giusti”. A 30 anni, la madre la avvisa che il padre è morto. Torna a casa per i funerali, ma alla fine rimane più del previsto in quel paesino sul mare dove rimette insieme i pezzi di cosa è rimasto del padre e ne ricostruisce la memoria. Lui era arrivato in Italia dal Marocco, poi aveva aperto un bar sulla spiaggia che nella sua testa sarebbe diventato un posto sicuro per chi, arrivato da lontano come lui, non si sentiva a casa. Mina fa così i conti con le sue molteplici origini e ritrova pian piano i pezzi che compongono quel misterioso uomo che era suo padre.
Erano gli anni – Daniele Congiu
Daniele Congiu torna nella sua Cagliari e affida a un bambino di 10 anni il compito di raccontare le vicende di una famiglia caduta in rovina. Mentre il protagonista di Erano gli anni (Arkadia) cresce, ci si sposta tra epoche storiche: l’inizio del ‘900, il fascismo, i favolosi ’60, la modernità. Tutto da un quartiere periferico del capoluogo sardo, dove attraverso la voce del protagonista si sviluppano riflessioni sull’infinito antagonismo generazionale, la povertà, il bullismo. Con un approccio costruttivo: in lui c’è un senso di giustizia e il desiderio di trovarsi uno spazio in cui essere libero.
Messaggio per mio figlio – Alejandro Zambra
Alejandro Zamba mischia poesia e narrativa per provare a mettere nero su bianco cosa vuol dire padre e al tempo stesso essere figlio. Il narratore di Messaggio per mio figlio (Sellerio, tradotto da Maria Nicola) entra nei meandri di questo complicato rapporto partendo dai primissimi momenti insieme al figlio Silvestre (anzi anche da prima, dall’incontro con quella che sarebbe diventata la madre). Poi si passa alla relazione con suo padre, dimenticato e incompreso tra i litigi e le riconciliazioni che si alternano negli anni, che intanto è diventato nonno.
Quello che serve di notte – Laurent Petitmangin
In Quello che serve di notte di Laurent Petitmangin il rapporto tra padre e figli diventa l’espediente per calarsi in una riflessione più ampia sul ritorno delle formazioni di estrema destra in Europa. Qui siamo nella Francia operaia della Lorena, dove un vedovo socialista convinto fa del suo meglio per crescere i due figli: Gillou è molto simile a lui, Fus sta iniziando a causare un po’ di problemi. È entrato nel Front National. Un gran casino, soprattutto quando finisce in prigione accusato di aver ucciso un ragazzo di idee politiche opposte che prima lo aveva picchiato. In libreria per Mondadori, con la traduzione di Elena Cappellini.
La tua faccia ci appartiene – Kashmir Hill
Dal catalogo di Orville Press arriva un libro che piacerà a chi si appassiona con i dibattiti su intelligenza artificiale e futuro della tecnologia: La tua faccia ci appartiene di Kashmir Hill (tradotto da Vittoria Parodi) ha il gusto del thriller distopico e complottista caro ai fan di Black Mirror e simili. L’autrice scava nella storia dell’oscura startup Clearview AI, e del suo misterioso fondatore Ton-That, in una precisissima ricostruzione – che a leggerla sembrerebbe un romanzo, se non fosse vera – e analisi sul controverso rapporto tra uomo e progresso tecnologico.
Sequestro alla milanese – Piero Colaprico
Tutti conosciamo Tangentopoli. Non tutti sappiamo che a coniare il termine fu Piero Colaprico, giornalista di cronaca nera che su consiglio del collega Oreste Del Buono negli anni ’90 decise di lanciarsi anche nella scrittura di romanzi. Baldini + Castoldi ha deciso di ripubblicare il suo Sequestro alla milanese, che torna proprio nella Milano del 1992, subito prima che il sistema della Prima Repubblica crollasse per Tangentopoli. Qui si parte dal rapimento del figlio dell’assessore Marino Malesci per immergersi nel mondo della malavita del capoluogo lombardo, speculare a quello della politica arrogante e corrotta.
Giacomo Cadeddu
Il link alla segnalazione sul Corriere della Sera: https://bitly.ws/3cekU
Il volume di prose di Granatelli si presenta come a voler essere una raccolta di istantanee scattate nell’attraversamento della propria vita quotidiana fatta proprio di “Nomi, cose, musiche e città” come esplicita il titolo ammiccando al gioco che tutti abbiamo fatto da bambini e forse anche a volerci ricordare proprio il giocare e l’essere sempre e comunque bambini di fronte alla grandezza del mondo. Chi frequenta l’autore anche nei suoi lavori in poesia sa però quanto questa istantaneità vada a toccare il nodo profondo dell’ineluttabilità del tempo che Granatelli sempre indaga come onda di ricordo, prospettiva di un futuro non definibile e stasi nello stare sul momento, nell’essere presente a se stesso. Non si tratta quindi di mere cronache, o meglio solo all’apparenza, bensì di quadri di riflessione, di appunto dai quali partire e tirare somme sul proprio percorso, culturale e umano. Se le canzoni vengono chiamate in causa dal titolo (e la scelta è sempre raffinata e non scontata), tutti i racconti sono attraversati da fini citazioni tra le righe di romanzieri, filosofi e poeti. Occorre saperle vedere oppure sistematicamente cercarle. Lo stile rapido e asciutto, parco, diretto. Ci si trova a immaginare Granatelli come un moderno flaneur capace di cogliere la scintilla della bellezza nei piccoli scambi col tassista o alla fermata della metro anche se la realtà è quanto di più lontano da questo. Per quanto già nella premessa ci venga presentato come una raccolta autobiografica nella realtà dei fatti ciascun racconto potrebbe realmente essere inventato poiché vero. Finzione e realtà potrebbero andare comodamente a braccetto. Per chi si occupa di libri e di scritture questo è un volume che chiede di essere ripreso in mano più volte, non per complessità, ma per rispecchiamento. Per ritrovare quella umanità data dalla nominazione delle cose, quelle cose che definiamo come piccole, comuni, che però ci fanno restare persone malgrado il nostro incessante andare, il dover portare a termine i lavori, l’essere presenti e attenti. Ecco Granatelli si confronta anche nella prosa coi suoi grandi temi: tempo, fragilità e vita. E lo fa in maniera leggiadra come una ballerina danza contemporanea che sale sulle punte e fa sognare.
Cristina Daglio
Il link alla recensione su Almanacco Punto: https://bitly.ws/3c2AY
La rosa dei 20 autori tra i quali saranno scelti tre finalisti per la 36esima edizione
Il Comitato tecnico del Premio Letterario Chianti, esaminati i testi di narrativa editi nel periodo dall’1 gennaio 2022 al 30 giugno 2023, ha compiuto una seconda selezione sui quaranta testi scelti, portando a 20 la rosa degli autori e delle loro opere, di seguito proposti in ordine alfabetico. Da questa lista il Comitato trarrà, dopo ulteriori opportune selezioni e confronti, i tre autori finalisti, i cui nomi saranno comunicati entro il mese di febbraio 2024.
1- Baldelli Simona – Il pozzo delle bambole – Sellerio
2- Bicchi Luigi – Il noce dell’alderga – NIE
3- Borrasso Francesco – Sott’acqua – Giulio Perrone editore
4- Bortolotti Nicoletta – Un giorno e una donna – HarperCollins
5- Camurri Roberto – Qualcosa nella nebbia – NN editore
6- Casadio Paolo – Fiordicotone – Manni
7- Fallai Paolo – Un inverno lungo un anno – Solferino
8- Gori Leonardo – La libraia di Stalino – Tea
9- Lepri Roberta – DNA Chef – Voland
10-Lupo Giuseppe – Tabacco clan – Marsilio
11-Manganelli Lietta – Aspettando che l’inferno cominci a funzionare – La nave di Teseo
12-Nata Sebastiano – Memorie di un infedele – Bompiani
13-Ossorio Antonella – I bambini del maestrale – Neri Pozza
14-Gigi Paoli – La voce del buio – Giunti
15-Pignatelli Anna Luisa – Il campo di Gosto – Fazi
16-Sartori Giacomo – Fisica delle separazioni in otto movimenti – Exorma
17-Scudeletti Massimiliano – La laguna dei sogni sbagliati – Arkadia
18-Soriani Melania – Bly – Mondadori
19-Spampinato Lorena – Piccole cose connesse al peccato – Feltrinelli
20-Tuti Ilaria – Come vento cucito alla terra – Longanesi
Il Premio letterario Chianti è promosso dai Comuni di Greve in Chianti (Firenze), Unione Comunale Barberino V.E -Tavamelle Vel di Pesa (Firenze), Castellina in Chianti (Siena), Gaiole in Chianti (Siena), Impruneta (Firenze), Radda in Chianti (Siena), San Casciano Val di Pesa (Firenze), Castelnuovo Berardenga (Siena) e dall’Associazione Culturale Stazione di Posta di Firenze con l’ideatore del Premio Paolo Codazzi, con il coinvolgimento delle loro biblioteche. Nell’organizzazione della manifestazione il Rotary San Casciano – Chianti.
Il link alla segnalazione su MET: https://bitly.ws/3ceL9
Nehibernujeme, překládáme a redigujeme, abyste měli co číst. První kniha už brzo!
Co si počít s přejetým jezevcem? Dá se umřít tmou? A kam se poděly všechny světlušky?
Zádrhely jsou tvořeny tematicky a stylisticky různorodými povídkami, ty však dohromady skládají mozaiku úzce i volně propojených příběhů. V jejím centru je parta kamarádů a její půdorys je vesměs vymezen Monferratem, svérázným a lidnatým krajem s dlouhou a bohatou historií, který se spolu se sousedními Langami proslavil dobrým vínem a dobrými spisovateli, jako jsou třeba Cesare Pavese, Beppe Fenoglio, Umberto Eco, Pino Cacucci nebo právě Gian Marco Griffi. Jeho Zádrhely jsou nepatetickým vyznáním lásky Monferratu a Monferraťanům, jejichž smysl pro nadsázku a absurdní humor i dar vyprávět historky by českému čtenáři nemusely být cizí, stejně jako ho může potěšit, že protagonisty jednoho z příběhů jsou fiktivní čeští literáti. Témata povídek jsou často vážná až tragická, mají v nich místo nemoc, katastrofa, válka, smrt, ale jsou zpracována především jako literární topoi, jelikož dalším pojítkem jednotlivých textů je čtenářská a spisovatelská vášeň. Některé povídky mají přímo metaliterární charakter, a přitom z nich sálá život a empirie, nejsou to stylistická cvičení. Ve vypravěčových slovech totiž nacházíme „něco bezútěšně cizího a překvapivě univerzálního […], co dospěje do té zastrčené části mozku, kde sídlí soukolí, které umí uvést do pohybu pouze literatura.
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