Le Stelle doppie e l’eterno ritorno
Nel suo primo romanzo dal titolo Le Stelle doppie, edito da Arkadia nel dicembre 2020, Anna Bertini ha dato vita a una narrazione avvincente mediante la quale, pur mantenendo una certa linearità e in parte una sorta di “sinsemia” visiva e spaziale, è riuscita a rendere omaggio a storie di vita codificate, che potrebbero essere lette e interpretate a vari livelli. In questo racconto le vicende personali sono apparentemente dei semplici intrecci famigliari, dove automaticamente entra in atto una psicologia delle relazioni. Leggendo fra le righe, anche l’astrofisica, con le sue regole, detta dinamiche comportamentali e determina sinergie che sono alla base di vincoli indissolubili. In questo racconto l’autrice, come in quasi tutti i suoi contributi, è riuscita a trasmettere diverse visioni del mondo, costruendo un ponte fra due culture: da una parte, l’Europa della tradizione profonda quasi pedante, dissolta in un provincialismo tutto all’Italiana e dall’altra l’America dei movimenti culturali post-bellici. Si respirano esperienze di vita permeate di inerzia e di incertezza ma proiettate verso il futuro, atmosfere ambientali e sociali talvolta assimilate in maniera artificiale ma sempre interiorizzate fino ad essere riprodotte fedelmente. È possibile, inoltre, per gli amanti della speculazione filosofica, un’ulteriore interpretazione, non necessariamente deterministica, comunque in grado di ricondurre le dinamiche esposte nel racconto e le correlazioni fra i personaggi alla filosofia nietzschiana dell’eterno ritorno e all’Ontologia della realtà. Senza ombra di dubbio, Anna Bertini è riuscita a conciliare percorsi multiformi attraverso le più svariate chiavi di lettura. L’astrofisica ci è venuta in aiuto quasi a volerci ricordare che alcuni legami, pur non avendo apparentemente senso nel quotidiano e nel mondo tangibile, potrebbero avere una ragione d’essere se inseriti in una visione cosmica dell’esistenza, in quanto rispondenti a quelle forze della natura e leggi che sono assolute e alle quali non possiamo sottrarci. Il titolo suggerisce un principio, appunto, di astrofisica, quello delle stelle doppie, elemento questo che descrive e riflette una logica comportamentale sintomatica del fenomeno scientifico, presente in tutto l’arco del racconto. Per essere più specifici, in fisica esistono varie tipologie di stelle doppie. L’esempio classico è di due corpi celesti di una portata considerevole che ruotano l’uno attorno all’altro in una dinamica di dipendenza, ma anche il fenomeno delle stelle doppie che appaiono tali, cioè connesse, soltanto se le si osserva da una determinata prospettiva: la loro attrazione sarebbe, dunque, solo illusoria. Questo rimanda a molti fenomeni psicologici che spingono a voler dare importanza a persone o a eventi ad ogni costo anche se gli stessi non sono necessariamente centrali per il nostro sviluppo: il racconto, ovviamente, ne è la testimonianza. Queste articolazioni, di certo, sono riconducibili alle relazioni umane, come se gli eventi validi su larga scala fossero applicabili a certi meccanismi più semplici della vita quotidiana. Questo libro, onnicomprensivo già a partire dal titolo, non solo racconta una serie di storie interessanti fra loro collegate, bensì parla di Anna Bertini, della sua visione del mondo, della sua natura europea e allo stesso tempo di un’autrice capace di costruire ponti immaginari che a poco a poco si concretizzano, fino a portarci in America, a quella parte di società che ha deciso di definirsi attraverso l’arte e la cultura. L’America di Anna Bertini fa un tuffo nel substrato culturale della Beat Generation, di una filosofia di vita portata all’esasperazione, di un’utopia proposta al mondo in maniera estrema. Molti movimenti statunitensi del dopoguerra non si discostavano, nella sostanza, dalle esperienze culturali europee che li avevano preceduti, soprattutto quelli dei primi del ‘900, ma di originale avevano la perdizione come motore, alla luce dell’esperienza della Seconda Guerra Mondiale che aveva cambiato l’assetto del mondo e imposto nuovi principi. I movimenti e le manifestazioni delle nuove generazioni esaltarono queste esperienze mettendole al servizio della pace, come base della protesta per il riconoscimento della diversità, dei valori etici e dei diritti umani. In seguito, il Modernismo, ma soprattutto il Postmodernismo, avrebbero risvegliato sentimenti di partecipazione e vicinanza anche fra gli Europei. Anna Bertini, figlia della propria generazione, risente di questa influenza soprattutto del tardo Postmodernismo e della letteratura americana contemporanea, in parte come risultato della sua breve esperienza diretta a New York. L’elemento più sconvolgente è la capacità dell’autrice di riprodurre quel mondo, prevalentemente assimilato a distanza, come se fosse vivo e presente. La cultura newyorkese risulta viva e nitida nel libro, si respira nell’atmosfera, si concretizza nell’arte concepita come visione del mondo, come input dal quale scaturisce un nuovo stile di vita. L’autrice rimane fedele ad elementi concettuali tipici del Vecchio Continente, a tal punto da fornire, quasi involontariamente, esempi concreti interpretativi del complesso pensiero filosofico Nietzschiano. A questo proposito, vorrei rifarmi a Nietzsche e alla sua teoria dell’eterno ritorno, in primis perché il piano della non linearità del tempo si collega facilmente al concetto delle dinamiche familiari sopra descritte e, in secondo luogo, perché pone il divenire al centro della sua filosofia. Ne La Gaia Scienza propone una visione del tempo ciclico, concetto che verrà sviluppato ulteriormente in Così parlò Zarathustra. Nel racconto, si percepisce la teoria dell’eterno ritorno, si sente la fede nel divenire, l’effetto del ritornare di qualsiasi cosa e ci si perde nel vortice che lega passato e futuro: si ha la sensazione che la vita ci dia sempre un’altra chance per chiudere un cerchio, per dare una svolta alla nostra esistenza. L’eterno ritorno è inteso come il ripetersi degli eventi in fasi cicliche della storia, proprio come accade ai protagonisti de Le stelle doppie, i quali trascorrono le vacanze estive sempre nello stesso posto e inconsciamente ripropongono i medesimi schemi comportamentali. L’eterno ritorno nietzschiano va oltre l’interpretazione temporale bensì esplora l’idea che ogni nostra scelta sia una novità assoluta capace di “eternalizzarsi”, intesa come possibilità che ogni nostro attimo possa diventare eterno e quindi capace di perpetuare l’andamento di certe sinergie nel tempo. Con la nostra azione, quindi, creiamo un frammento che stabilirà un determinato elemento di eternità, come descritto nel racconto: in base alla teoria nietzschiana potremo fare il tentativo di andare oltre. Se il passato, però, fosse immutabile, la volontà non potrebbe avere carattere di creatività. Se intendiamo il divenire come un processo in cui il passato è indomabile, immodificabile da parte della volontà, l’individuo si troverebbe di fronte ad esso come al cospetto di un dio intoccabile. Questa teoria non può essere sostenuta perché il passato non è immodificabile e non può sfuggire al potere della volontà: dunque, all’individuo è dato superare certi schemi. Il lettore e i personaggi sembrano bloccati nella visione del Samsara, per cui fino a quando non si impara la lezione il passato ritorna e la realtà ci si ripropone come in un ciclo di vita illusorio che andrebbe oltrepassato, proprio come risulta implicito nel concetto di “Übermensch”. Per cui bisognerebbe andare oltre, oltre se stessi. Il passo dalla non linearità del tempo nietzschiana al più ampio concetto filosofico di Ontologia dell’individuo, inteso come la ricerca dell’essere o del suo fenomeno ultimo, è breve. Creatività e Ontologia sono collegate. La creatività è il modo in cui si concentra il divenire dell’uomo e lo rende capace di creare qualcosa dal nulla, visione che implica la fine delle strutture immutabili. Ontologia come tutto ciò che è attestato dai sensi o dalla Psiche, come la forza degli eventi che ha spinto i personaggi di Le stelle doppie a compiere certe scelte nella visione di un futuro possibile e allo stesso tempo della realtà vista come la percezione di un passato la cui memoria viene alterata dai nostri condizionamenti. Fuori dal rigoroso pensiero filosofico, Nietzsche parla della morte di Dio come la fine dell’Assoluto ineluttabile, di conseguenza modificabile dalla volontà e dal divenire dell’individuo, così come il concetto di Ontologia della persona risalta la diversità piuttosto che l’identità, ed è in questo modo che la sfera personale risulta come una fusione di singolarità e universalità. Se in Nietzsche il nocciolo della questione fra assoluto e relativo riguarda la temporalità intesa come alternanza tra il passato e il divenire e la forza di volontà del presente, espresso in una visione non lineare del tempo, per l’Ontologia filosofica l’individuo è sempre al centro, seppur su di un piano meno temporale. In altre parole, sono le scelte e le azioni dell’individuo a dare una connotazione di universalità all’esistenza. È facile per il lettore riconoscersi nei personaggi, nelle loro dinamiche comportamentali e psicologiche, poiché tutti lottano per affermare il proprio io rispetto ai condizionamenti della famiglia e della società. La volontà deve continuare ad auspicare un determinato divenire e aiutarci a superare certi schemi: spinta che riescono a compiere quasi tutti i personaggi del romanzo tranne uno, per il quale, parafrasando Nietzsche, Dio ancora non è morto. Il riferimento a Nietzsche e al suo rapporto con il tempo, è quasi automatico, in quanto il romanzo, principalmente analessico, costringe il lettore a riflettere sull’importanza del passato e degli effetti che protrae sul presente. Seguendo un’altra prospettiva, il racconto si potrebbe decodificare partendo dalla psicologia delle relazioni, dinamiche socio-antropologiche di quelle connessioni che determinano scelte ed esistenza. Ad esempio, una famiglia forgia la personalità dell’individuo, in quanto si colloca fra l’intrapsichico e il sociale, prova di questo è data nel racconto. Le teorie psicoanalitiche freudiane e quelle successive denotano una sempre maggiore importanza dei legami familiari nella crescita personale e nelle scelte professionali, legami che influenzano la visione del futuro e permettono l’interazione dell’aspetto interindividuale e sociale. Voler intraprendere un determinato tipo di studi oppure scegliere un determinato compagno di viaggio potrebbe essere l’espressione di un condizionamento familiare e sociale dal quale difficilmente riusciamo a prendere le distanze. A volte, fare scelte diametralmente opposte a quelle propinate dall’ambiente o da esso suggerite in maniera subdola denota sempre una reazione e dunque una relativa conseguenza rispetto ai modelli che ci hanno formato sin dalla nostra nascita, come si evince dalla storia del romanzo. Tutto ciò viene descritto con una certa leggerezza, fra la grandezza e il desiderio di conquista e la banalità di una realtà come quella di un lido estivo, uno spaccato italianissimo ma comunque proiettato verso il mondo, verso gli Stati Uniti. Proprio questo Nuovo Mondo, nonostante diventi realtà per alcuni personaggi, conserva un carattere astratto, un’aura di mistero, il carattere di un sogno, trasmesso al lettore da chi, come Anna, ha cercato di comprenderlo attraverso la letteratura e la Weltanschauung che ne deriva. È ammirevole questa capacità di riprodurre un mondo distante non solo attraverso l’abilità narrativa ma anche tramite una sorta di assorbimento, di vicinanza concettuale e di identificazione, che permette all’autrice di riproporre l’America della cultura elevata e dello spessore, quella più universale e più affine all’Europa.
Samantha D’Angelo
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