Sissi. L’imperatrice che non voleva essere sovrana
Introduzione
La storia è costellata di presenze femminili di rilievo.
Alcune ne hanno semplicemente tracciato i contorni mentre altre sono state capaci di attraversare gli oceani del tempo, imprimendovi la loro essenza così a fondo da diventare icone o incarnazioni di un archetipo.
Tra tutte le figure femminili impresse nella nostra akasha storica, Elisabetta d’Austria mi ha sempre affascinato, sin da quando ero bambina e ne potevo scorgere frammenti di vita romanzata tra le scene dei film romantici e dalle scenografie sfarzose trasmesse alla televisione.
Questo elettrodomestico oggi presente in molte case sembra avere il potere di risvegliare la memoria collettiva, proiettando gli spettri del passato senza lo sforzo immaginativo che potrebbe richiedere per esempio la lettura di un buon libro. Rudolf Steiner ci offre il concetto di akasha come l’etere che unisce tutti gli eventi dello spazio e del tempo, che trovo una chiave di lettura interessante per osservare e cercare di comprendere la vita di Elisabetta. Lei stessa, infatti, si appassionò di esoterismo e sedute spiritiche, raggiungendo il culmine di questo interesse dopo la nascita della terza figlia.
Più volte è stata definita la donna più bella della sua epoca; la sua bellezza e il suo fascino sono oggi così noti che basta vedere un suo ritratto per riconoscerla.
Ovale del viso delicato; pelle candida; occhi penetranti, lunghi capelli castani raccolti in trecce da fare invidia a Rapunzel, dalle quali spuntano luminose stelle di diamanti. Un abito bianco da sogno che sottolinea il suo rinomato vitino di vespa e un’espressione che sembra a tratti ricordare Monna Lisa di Leonardo da Vinci.
Mi appresto a scrivere di lei con grandissima emozione, insieme al profondo timore di non saperle rendere giustizia. È difficile fornire un ritratto completo di una donna dalla personalità così complessa, dotata di mille sfaccettature e altrettanto determinata a mantenere privati i suoi spazi interiori.