“Se tutti diventassero re” su Gli Stati Generali
I LIBRI E CHI LI LEGGE
L’ESTENSIONE MAGICA DEL REPERTO ANTICO NEL ROMANZO DI GIUSEPPE FODERARO
La prima cosa che mi viene in mente, dopo aver letto questo bel lavoro, è il prodigio dell’incontro. L’incontro con il partner, il riconoscimento dell’altro verso cui si orienta una scelta di vita, uscendo da uno schema predefinito di relazioni, non cedendo alle regole e affidandosi, come nel caso di Lypsia e Balthus, a un destino da sperimentare, seppure sovrinteso dagli Dei. Una pari di Sparta, la prima, un avveduto e sapiente mercante della Beozia l’altro. Un uomo e una donna dell’antichità che avevano nella mente e nel cuore una sorta di modello etico, fatto di conoscenza, determinazione, apprendimento. Ed è nell’ambito di simili valori morali che la conoscenza tra i due va evolvendosi fino a diventare progetto, sfida, futuro, non prima di essere passata attraverso un confronto, dove la valutazione dell’altro avviene tramite meccanismi che il tempo non può modificare, poiché appartengono all’istinto e alla ragione sin dai primordi dell’umanità. Resta difficile, in quest’ottica, non pensare agli “scansanti” contemporanei, a coloro, cioè, che in quest’epoca così complessa e per certi versi minima si difendono dal rischio di amare, rinunciando alla visione comune e al legame che ne scaturisce, preferendo, invece, la brevità e l’inconsistenza di un rapporto non arricchente e men che meno formativo. D’altronde, pare abbastanza chiaro che costruire il senso del “noi”, oggi, a ogni livello e non solo in coppia, resta un compito abbastanza arduo, considerato il dilagare di un egotismo sfrenato e poco coinvolgente, vero e proprio deterrente per ogni esperienza emotiva e di attrazione. Ecco perché, Se tutti diventassero re, edito da Arkadia, rappresenta, da un punto di vista meramente sentimentale, una chiara traccia che riconduce, con maestria e leggerezza, lo sguardo moderno verso la verità ancestrale delle forme amorose e di fascinazione, intrise evidentemente di positività assoluta, dove la condizione lamentosa e soffocante della relazione non trova ragioni di esistere. Lypsia e Balthus sembrano avere bene in mente che non è possibile cambiare il passato, ma possono fare in modo, attraverso l’esplorazione dell’esperienza, che questo non influenzi il presente e il futuro! E, quando a distanza di migliaia di anni, la loro vita, i loro gusti, la stessa dimora dove si è consumata la loro esistenza diventano un unicum di splendida antichità, a rappresentazione concreta dell’oggetto di studio di un divulgatore scientifico, la testimonianza materiale e immateriale che hanno lasciato sembra avere una sublimazione a cui la loro relazione era destinata come fine ultimo. Così, una villa di Taras, l’attuale Taranto, rende conto del mondo appartenuto ai suoi proprietari: il reperto che diventa motivo letterario e di congiunzione tra il mondo antico e quello moderno, dove Andrea Saverio Ronchi – e chi altri? – uno studioso dal passato misterioso e il futuro tutto da scoprire, si adopera da par suo per interpretare la simbologia di un mosaico rivelatore, sintomatico dell’identità di chi, tanti secoli addietro, lo ha voluto come ornamento distintivo della propria abitazione. L’interpretazione archeologica che diventa indagine letteraria è senz’altro un motivo suggestivo e avvincente, di cui l’autore ha fatto un uso magistrale e ben dosato, dimostrando uno stile proprio e una sua originalità, servendosi di un linguaggio fresco e presente ed evitando, in tal modo, di rincorrere il fantastico e il mistero di canonico richiamo, tipico di diversi maestri del passato, a partire da autori ottocenteschi come Nathaniel Hawthorne e Théophile Gautier, per arrivare al nostro Umberto Eco. È attraverso un processo di interpretazione che Foderaro costruisce il suo romanzo, dove descrive con spiccato senso della realtà un mondo eternamente attuale e possibile. L’autore sa perfettamente che un reperto archeologico è qualcosa di molto diverso da un’opera d’arte: non si presenta nella sua forma perfetta e usurata, non è integro e non è stato fatto per essere ammirato in un tempo che ha da venire, ma vissuto nella funzionalità del suo presente, e, infine, quando viene scoperto diventa una rovina. Passa da qui la decodificazione romanzesca delle identità di Lypsia e Balthus da parte dello specialista Ronchi, a cui lo scrittore ha affidato la visione del futuro, partendo dalla tangibile memoria di persone vissute nell’antichità.
Oscar Nicodemo
Il link alla recensione su Gli Stati Generali: http://bitly.ws/HHwZ