Parole & Voci
Ho amato molto Fabrizio De André e le sue canzoni. Fanno parte integrante della mia vita, si collegano ai miei amori e alle passioni. Vedendo la fiction che si è conclusa ieri sera, con la seconda puntata su Rai Uno, mi sono ricordato di un momento quasi drammatico che determinò quasi una repulsione per Faber.
A quei tempi ero un purista, uno che non permetteva a nessuno di rovinare le canzoni di quello che ritenevo il mio cantautore preferito insieme a Francesco De Gregori e figuriamoci se a rovinarle era proprio colui che doveva difenderle: Fabrizio De André.
Passai giorni, settimane a chiedermi perché aveva accettato di suonare insieme alla PFM, perché aveva mischiato il sacro con il profano, perché aveva macchiato la mia Bocca di Rosa, il mio pescatore, la mia Rimini, la mia Zirichiltaggia. Non lo capivo, non lo volevo capire e non volevo credere – non potevo credere – lo facesse per soldi.
Ero davvero avvilito e riascoltando per l’ennesima volta Amico fragile, quella originale, contenuta in Volume VIII, mi resi conto che c’era qualcosa che non andava rispetto a quella balsfema cantata e suonata con la PFM. Le parole erano le stesse e la musica più o meno era quella, tranne gli arrangiamenti. Ma in quella con la Premiata Forneria Marconi De André ci aggiungeva l’anima, la teatralità delle parole, l’importanza e la gravità degli acuti che in quella originale non c’erano.
Capii solo molto tempo dopo la genialità di quei due album magistralmente suonati e cantati con la PFM: riascoltarne alcuni pezzi ieri sera, dentro i suoi sprazzi di vita, mi hanno chiaramente commosso. Continuiamo ad innamorarci di tutto e a giocare con le lacrime, quelle vere.
Giampaolo Cassitta
Questo articolo è stato pubblicato su sardegnablogger.it il 15 febbraio 2018