“Oltre la porta socchiusa” su Associazione culturale “Gigino Braccili”
Lucia ci parla del suo ultimo libro “Oltre la porta socchiusa”
Quale potrebbe essere la procedura più efficace per parlare di sé stessi e delle proprie produzioni letterarie? Forse la stessa utilizzata per descrivere a qualcuno un figlio? Una sorta di orgoglio malcelato, tutto materno e umanamente comprensibile e per certi versi condivisibile, cercando di mantenere una giusta e doverosa patina di obiettività? È quello che ho pensato quando Umberto Braccili mi ha proposto di parlare nel suo blog dedicato alla memoria di suo padre Gigino di “Oltre la porta socchiusa”, mio quarto romanzo e terzo di una trilogia iniziata nel 2016 intitolata “Prospettive Urbane”. Sesto in ordine di arrivo dopo, come già annunciato, altri romanzi e due sillogi, una di racconti e una di poesie. È con questo stato d’animo ambivalente che mi appresto in questo compito per certi versi difficile. Potrei iniziare dicendovi che per una madre un nuovo figlio riceve la stessa quantità di amore destinata a quelli che lo hanno preceduto per nascita e non sbaglierei affatto. Aggiungerei anche che la stesura di “Oltre” è stata assai ponderata, forse più degli esemplari precedenti. Ha risentito della stasi del periodo pandemico. Un lasso di tempo che mi ha privata di idee, entusiasmo e voglia di fare, scrittoriamente parlando, spingendomi istintivamente su altri versanti creativi: quelli caratterizzati da un’operosità concreta, silenziosa, di tipo manuale permeati di pensiero profondo che non necessita di manifestarsi in superficie ma che pure c’è e ha il suo preciso peso specifico. Già da allora sentivo l’urgenza di portare a termine la trilogia di cui sopra iniziata con “Romanzo Popolare” (2016) di Amarganta, una storia di famiglie amiche, di vicissitudini liete e tragiche narrata in un decennio d’antan compreso tra il 1965 e il 1975 e ambientato nel popoloso quartiere di San Donato a Pescara; continuata in un condominio di semiperiferia di epoca contemporanea, una palazzina liberty fulcro delle storie dei suoi abitanti diversi gli uni dagli altri, punti di forza e punti di debolezza, raccontata in “Come gigli di mare tra la sabbia” (2021), Alcheringa. Era arrivato il tempo di stringere ulteriormente il cerchio: di andare in profondità e parlare del microcosmo di Alice Bellucci, 45 anni, di bell’aspetto e belle speranze, donna alla ricerca di un baricentro esistenziale e affettivo-sentimentale. Delle sue giornate lunghe a dismisura ritmate da una lenta opera di riabilitazione psicofisica. Delle sue speranze, delle sue disillusioni, della sua volontà e caparbia nel volersi riappropriare di un’autonomia personale messa a dura prova da un grave incidente automobilistico. Degli uomini da lei incrociati che difficilmente accettano di svelarsi per ciò che sono e sentono realmente, di affetti familiari certi che restano quando tutto il resto svanisce; di lavoro e precarietà; di un paio di occhiali dalle lenti appena scurite, non più rosa, che permettono alla protagonista di percepire il quotidiano per ciò che è e rappresenta in concreto. Certamente con buona dose di resilienza che non è mai accettazione passiva di tutto ciò che ci accade o che ci potrebbe capitare. Potrei dirvi moltissimo altro ancora. In fondo, lo dicevamo poc’anzi, a una genitrice fiera della propria progenie piace parecchio parlarne a terzi. Vi invito, invece, a leggere questa narrazione reperendola in web su uno dei tanti portali librari o, ancora meglio, a richiederla nella vostra libreria preferita. A entrare nella prospettiva di Alice, sopravvissuta e vincitrice laddove è stata ampiamente anche vinta e sopraffatta dalle circostanze dell’esistenza, ha pianto, si è disperata, ha temuto per sé stessa. Soprattutto di venirmi a sentire nelle presentazioni che farò a breve (la più vicina nel tempo è programmata per sabato 7 settembre a Pescara, ore 17,30 al “Ritrovo del Parrozzo”, ma ce ne saranno tante altre a seguire). Per un autore, al di là delle vendite di un libro (che di sicuro “fanno classifica”) la cosa forse più importante, pregnante, è quella di essere ascoltati. Di contraltare con il pubblico di lettori e potenziali lettori. Di incontrarsi sul filo empatico dell’affabulazione: un processo meraviglioso che è fatto di dare e avere in misura eguale. Uno scambio di energia notevole, anche in caso di opinioni contrastanti. Vi avevo promesso di essere poco celebrativa, spero di essermi decorosamente attenuta ai patti e di avervi incuriositi. Confidando di averli prossimamente con me ringrazio di cuore per la pazienza mostrata tutti coloro che hanno scelto di restare in mia compagnia in questi cinque minuti di lettura silenziosa.
Sinceramente vostra,
Lucia
Il link alla recensione su Associazione Culturale “Gigino Braccili”: https://tinyurl.com/4bbsr6t7