“Oltre il mandorleto” su L’Unione Sarda
Vincenzo Soddu firma un folgorante ritratto generazionale nella Cagliari anni ’70
Le giovani vite bruciate “Oltre il mandorleto”
I primi anni Settanta, i palazzi in costruzione, i polverosi campi di pallone per dirla con De Gregori. Sul ring di Kinshasa Alì abbatte Foreman a suon di ganci e montanti, i giovani fanno grandi sogni sulle note dei Genesis e dei Pink Floyd ma in troppi annaspano tra le spire della droga, serpente subdolo e letale che casa per casa, vicolo per vicolo, apparecchia il suo banchetto di morte. In quel periodo il cagliaritano Vincenzo Soddu, classe 1962, ambienta il suo “Oltre il mandorleto” (Arkadia, 160 pagine, euro 15), lavoro che segue gli apprezzati “La neve a Gaza” (2015) e “Invisibili” (2018), in cui si narra di quattro studenti «la cui maturazione, seppur per vie diverse, passa per il contatto con il male, incarnato da Mirko, figura negativa di una storia che ascriverei al genere del romanzo di formazione. Un racconto non autobiografico che tuttavia rimanda ai giorni della mia adolescenza, nel ricordo di tanti amici persi anzitempo per colpa dell’eroina».
Quartiere Fonsarda
Siamo a Cagliari, nel quartiere Fonsarda, realtà residenziale e commerciale arroccata tra edifici popolari e cortili attorno alla piazza dedicata a Giovanni XXIII. A destra dei palazzi si estende il Mandorleto, scarno parco dei divertimenti di giovani quali il riflessivo e cauto Sandro Fois, il protagonista del romanzo, e i suoi amici di sempre Stefano, Andrea e Sergio. Non manca il bulletto di turno, quel Mirko Melis che, fiancheggiato dall’altrettanto sbandato Maurizio, molla presto la scuola per imboccare un sentiero senza ritorno: i soldi facili, la violenza e l’indifferenza come cifre di un’esistenza già corrosa prima dei vent’anni.
Figura paterna
Per quei ragazzi la figura carismatica e minacciosa di Mirko rappresenterà la perdita dell’innocenza, obbligandoli a scegliere presto se contrastare il male o cedervi completamente. Una decisione presa il più delle volte in solitudine, nel deserto di una periferia che non lascia scampo ai deboli e che costringe a crescere in fretta. Per Sandro il riferimento, e l’ancora di salvezza, sarà la figura paterna, severa e protettiva nella sua onnipresenza. Altri, invece, non avranno altrettanta fortuna.
Quieta nostalgia
Agilità, linearità del tratto e abilità nel concedere solo il giusto al “come eravamo” sono i punti di forza di un libro che, inevitabilmente, scuote i ricordi e punge il cuore dei cagliaritani over 40 (ma anche 50) e di chiunque abbia vissuto quegli anni poetici e feroci, luminosi e mortiferi. Un pizzico di quieta nostalgia rende ancor più belli gli amarcord di una città che l’autore conosce e rispetta: il Poetto, «distesa bianca di sabbia e di ragazze non ancora bruciate dal sole, bianche anche loro», i vecchi stabilimenti balneari Ichnusa e Ausonia, le Cinquecento e i Maggiolino per le strade non ancora congestionate dal traffico, le feste nelle case al mare, l’austerità delle aule ginnasiali, Lucio Battisti e i primi baci, sudatissimi dopo un lungo assedio. Gli anni sono passati e Soddu, insegnante di Lettere negli istituti superiori e padre di due ragazzi in età scolare, lancia lo sguardo al di là del suo personale mandorleto: «Forse perché delusi dalla società, nei giovani di oggi vedo una maggiore concretezza rispetto a quelli della mia generazione. Se ciò offre riparo da eventuali delusioni, pure taglia fuori tutto quell’universo di sogni, emozioni e viaggi interiori che erano in fondo il patrimonio più ricco degli anni Settanta, un decennio che già appare lontanissmo».
Fabio Marcello