“Nulla d’importante tranne i sogni” su La Civetta
Nulla d’importante tranne i sogni
“Nulla d’importante tranne i sogni” (Arkadia Editore) è l’ultima fatica letteraria di Rosalia Messina, della quale il nostro giornale si è spesso occupato: giudice in pensione di origine palermitana, in “esilio volontario” a Bologna, come ama dire, scrive poesia, narrativa e testi per il teatro; più volte premiata, affianca l’attività di scrittrice a quella di lettrice acuta che poi confluisce in recensioni su vari siti letterari; ultimamente si cimenta anche nelle videointerviste e recensioni di autori. In esergo Rosalia Messina cita Anne Sexton. E davvero forse uova e parole sono impossibili da riparare una volta rotte: un’interruzione della comunicazione, una frattura nei rapporti, un silenzio o una frase in eccesso o in difetto possono davvero mandare in frantumi legami che pensavamo indissolubili, ma che forse erano formali e tenuti insieme solo dall’abitudine, dalla convenzione, da obblighi sociali. Ro conosce il potere delle parole: pensa scrive e vive da scrittrice. E in quanto tale redige lettere, documenti, messaggi. Come per conferire autorità alle parole, anzi il loro potere quasi sciamanico, magico, del far accadere le cose: Ro afferma la propria volontà non solo tramite i suoi romanzi ma anche e soprattutto attraverso le parole, che al contrario di lei hanno una sorta di privilegiata immortalità e possono sopravviverle rendendola libera e realizzando i suoi desideri al di là della malattia e della morte, i limiti estremi alla libera espressione del proprio io, del proprio essere. Come la casa che fa ristrutturare e in cui va abitare, Ro costruisce per se stessa e per chi ama davvero una casa di parole. Non anticipiamo il finale, ma davvero le parole costituiscono le vere protagoniste – forse – di questo romanzo: parole di lettere, di atti giuridici, di diario, didascalie, dialoghi… tutte concorrono a definire il mondo di Ro, plasmato come se fosse la sua opera postuma, da editare prima che sia tardi, e il cui effetto sui “lettori”, sui destinatari, Ro pensa (o forse si illude?) di prevedere. E da scrittrice Ro si attornia di persone come di personaggi dei suoi libri, a partire dalla segretaria Anita Attanasio, che però brilla di una luce propria, ungarettianamente di quiete accesa: complementare a Ro negli impeti e negli atteggiamenti, smussa gli angoli, fa da collante e filtro tra Ro e la sua famiglia e troverà un suo spazio personale nel fondale da Ro pensato per lei. Amici e parenti – alcuni preziosi, altri proverbialmente serpenti – contrappuntano la narrazione, che vive dei conflitti palesi e sotterranei fra i personaggi, descritti con disincanto, senza infiorettamenti, senza concessioni al patetismo o al buonismo, con un realismo asciutto e una lingua aderente alle cose. Amore e interesse, scrittura sogni illusioni, realtà e concretezza, questi i temi del racconto, intrecciati e dipanati da Ro-Rosalia, che pure tenta di orchestrare un (lieto) fine almeno per i personaggi “positivi” del racconto (non esenti da ombra, dubbi, esitazioni) e un destino educativo per gli altri, che comunque sono forse destinati alla cecità, all’incomprensione, all’inconsapevolezza, personaggi-pupi, maschere più che esseri a tutto tondo. La verità profonda di Ro resta intatta e inspiegata, eppure lo sguardo sulle colpe proprie e altrui, severo sempre, lascia forse uno spazio di salvezza, quanto meno di misericordia. Come un tributo doveroso alla Sicilia – così tipico dei narratori isolani, divenuto ormai quasi un topos o peggio un cliché –, Rosalia Messina evoca le delizie culinarie della sua terra d’origine, eppure colori effluvi sapori ricette sono connaturati alla narrazione e non sovrapposizioni folkloristiche per conferire colore regionale al racconto: fratini e stoviglie, consigli culinari, olio e pane, pescatori e banchi di mercato, tavole imbandite, cuccume di caffè, tutto fluisce nel dire, nel vivere, nell’agire dei personaggi. C’è una sorta di implacabilità in una scrittura pure così quieta, senza sussulti e barocchismi stilistici eppure così precisa, efficace, a tratti tagliente. Descrizioni essenziali, dialoghi teatrali (sarebbe interessante una riduzione del romanzo per le scene), sequenze narrative efficaci.
Maria Lucia Riccioli
Il link alla recensione su La Civetta: https://tinyurl.com/5n6rzz8k