Nulla d’importante tranne i sogni
Una casa tutta nuova
Rosamaria Mortillaro, che i familiari e gli amici intimi chiamavano Ro, muoveva i suoi passi leggeri da un ambiente all’altro della casa vicino ad Acireale in cui sperava di potersi trasferire prima che il caldo estivo iniziasse a mordere. Ignazio Larocca, l’architetto che seguiva i lavori di ristrutturazione, suo amico di vecchia data, la rassicurava, ogni volta che si sentivano al telefono: mancava oramai poco; era solo questione di rifiniture o comunque di piccoli interventi; che stesse tranquilla e vivesse con gioia questa fase, così interessante, in cui la casa le stava nascendo sotto gli occhi.
Mentre idraulici, muratori e falegnami si affaccendavano, Ro pensava che in fondo Ignazio aveva ragione. Si godeva il bel pomeriggio d’aprile e il vento tiepido, immaginando le stanze arredate, gli oggetti disposti come piaceva a lei, i quadri sulle pareti. Il giardiniere aveva completato il suo lavoro e proprio dai colori e dai profumi delle piante e dei fiori Ro traeva il piacere più intenso. Sui muri che circondavano il giardino impazzava la bougainvillea; un cespuglio di gelsomino avrebbe profumato le notti estive; tre alberi di limoni avevano una dignitosa collocazione sul retro della casa e una grande quantità di gerani multicolori invadeva ogni altro angolo.
La fisionomia della villa si andava definendo e Ro poteva lavorare di fantasia. Gli spazi interni, per ora vuoti e invasi dalla polvere fine come cipria che accompagna le opere di costruzione, sarebbero stati animati dalle riunioni di famiglia e dalle cene con gli amici. Ma nei suoi sogni indugiava soprattutto sui momenti in cui avrebbe assaporato il silenzio che tanto le mancava nella sua bella residenza cittadina, assediata dallo strombazzare dei clacson, dal rombo dei motocicli, dalle urla sguaiate del maestro di ballo latino che gestiva la scuola situata proprio sotto il suo appartamento. Quel frastuono le era divenuto insopportabile e, potendoselo permettere, aveva deciso di allontanarsi da Catania, che negli anni aveva visto cambiare sempre in peggio.
Scartata l’idea dei paesi pedemontani per l’umidità, bocciati anche i paesini sul mare, in estate troppo affollati dai villeggianti, si era innamorata di una zona poco distante da Acireale. Un’agenzia immobiliare, alla quale aveva dato l’incarico di trovare da quelle parti una casa con giardino, le aveva proposto dopo qualche mese di ricerche una villetta messa in vendita da una vedova in procinto di trasferirsi a Torino, dove viveva il suo unico figlio.
Nella stradina appartata, poco distante dal paese, fra poche altre ville, in mezzo ai giardini, alla zagara, ai fichi d’India, avrebbe potuto scrivere concentrata, senza spiacevoli interferenze sonore: solo fruscio di foglie, canto di uccelli e frinio di grilli e cicale. E ogni mattina, con il sole o le nuvole o la pioggia, avrebbe potuto contemplare, dai balconi del piano superiore, la magnifica vista del verde digradante verso il mare. “L’unica cosa di cui davvero ti sia mai importato: scrivere, scrivere, scrivere. Essere Rosamaria Mortillaro, la famosa scrittrice catanese”. Le risuonò in mente la voce di sua sorella, quella dei momenti peggiori. Perché, di tanto in tanto, lo sforzo di avere relazioni normali con il prossimo diventava insostenibile per Annapaola, detta Nana. E Ro, in quelle fasi ricorrenti, diventava il bersaglio preferito di una rabbia inestinguibile che aveva radici lontane. Non aveva difficoltà ad ammettere che le cose più importanti per lei erano, da sempre, scrivere ed essere seguita da un vasto pubblico. Aveva coltivato i suoi sogni con determinazione e disciplina. Perché Nana la considerasse una colpa era una questione più complessa, sulla quale in quel momento Ro non aveva voglia di soffermarsi.