“Non è di maggio” su HuffPost
Amore e sofferenza si mescolano a Procida
Procida la magica, che Elsa Morante ha celebrato con l’immortale “L’isola di Arturo”, sarà il luogo della rinascita per Luigi Romolo Carrino. Nominata capitale della cultura europea per il 2022 simboleggia la resistenza dei piccoli centri, delle radici, della cultura che si nega all’omologazione e al populismo. Proprio a Procida Carrino fa vivere “Non è di maggio” (Arkadia Editore, 2021), la sorprendente storia con cui torna in libreria e che non tradisce chi alla qualità della sua scrittura è abituato. Con i precedenti lavori, alcuni dei quali selezionati per il Premio Strega (“Pozzoromolo” e “Esercizi sulla madre”), l’autore partenopeo aveva affrontato il tema della pazzia o raccontato Napoli. Con “Non è di maggio”, ambientato dopo la seconda guerra mondiale, sceglie ancora di dar voce alla sua terra, ad un ipocrita e blasonato continente dal quale Angela scappa rifugiandosi sull’isola di Procida, pettegola e usa al chiacchiericcio. Angela e Salvo sono giovani e innamorati, ma sangue nobile non può mischiarsi con quello di un contadino, così i baroni Anna e Serafino si oppongono a quell’amore separando la madre dal figlio, dopo che il destino nefasto ha stroncato anzitempo Salvo. Rosina, la loro domestica muta, la Janara dalla conoscenza e i poteri temuti e ricercati su tutta l’isola, è d’accordo con loro infatti nell’allontanare il frutto di quel sentimento da Angela subito dopo il parto. Antonio verrà donato, per fugare la vergogna, a una coppia di aristocratici sterili. Eppure la nascita inattesa di due gemelli sconvolge i piani e la strega decide di nascondere al mondo il secondo genito, Salvo. Angela resta paralizzata nel dolore per la perdita del suo amato e non riconosce il figlio, quindi sarà proprio Rosina ad allevarlo con l’amore che non ha modo di donare ai figli e al marito dopo che il mare li ha inghiottiti per sempre. Tutti i suoi poteri però non bastano, c’è bisogno di latte, quello che il corpo spezzato di Angela non elargisce. Rosina allora ricorre all’aiuto della comare Annina che ha da poco partorito Nuccio, un figlio difettoso, che avrebbe dovuto sostituire il bambino precedentemente nato e morto prima ancora che i suoi genitori potessero fissarne i lineamenti. Nuccio è un esperimento fallito che salva però la vita del suo fratello di latte. Così Salvo cresce insieme a Rosina, e rivela ben presto di possedere delle capacità superiori a quelle della stessa Janara, con la quale comunica telepaticamente. Il potere rende soli e sono costretti in un universo a due. Quando Rosina crede che Salvo sia pronto a affrontare il mondo lo porta con sé al mercato, ma l’umanità lo infetta e rischia di morire. Il tempo passa e Angela impara a conoscere il figlio che delle sue attenzioni è famelico. Proprio però quando un apparente equilibrio sembra sopraggiungere due avvenimenti intervengono a turbare la quiete faticosamente raggiunta. La morte del barone, padre di Angela, spinge infatti Anna ad un ricongiungimento con la figlia. Si trasferisce quindi nella residenza di famiglia a Procida dove Salvo la costringe, grazie ai suoi poteri, a non rivelare l’esistenza di suo fratello Antonio: proprio ora che la madre inizia ad amarlo non può dividerla con nessuno! E poi l’adolescenza, inaspettata, convulsa, che scompiglia e riassesta, e lega Salvo a Nuccio in modo unico, relegando la stessa Rosina in secondo piano. Da ora in poi nulla sarà più come prima. Quello di Carrino è un romanzo complesso, sulla reazione al dolore, che può essere più forte dell’amore stesso: “L’amore è così com’è, senza cuore. Si innamora dell’assenza”. Un romanzo sulla privazione, sul tentativo di essere madre anche quando il mare uccide i tuoi figli o quando ti è mancato il coraggio di ribellarti ad un marito despota; un romanzo sull’alterità che viene schernita, temuta, allontanata, dove i cani di Ciccio ricordano il significato della parola lealtà, dove il rapporto tra Rosina e Salvo prima, e Salvo e Nuccio poi, testimoniano l’unione simbiotica di anime affini nella fragilità e nel bisogno oltre che nella percezione del creato. Un morso che lascia brandelli di carne penduli che puzzano di vita. Un libro lavorato, amato, dove il tempo si ferma annullando la differenza tra passato, presente e futuro, inchiodandoti all’ora decifrabile solo emotivamente. Un testo sulla comunicazione delle anime, sulle non parole, che con difficoltà Carrino sembra aver lasciare andare per la visceralità che lo impregna. Sottomessa all’incantesimo dei colori di Procida, la lingua di Carrino è densa di significati, atemporale, italiana e dialettale, oracolante e seduttiva, sintesi tra il silenzio e i segni emanati dal corpo, profezia antica divinata attraverso le leggi fisiche che governano il mondo e prende in prestito un po’ di realismo magico sudamericano e un po’ di magia realistica napoletana, con rimandi, citazioni ed echi de L’isola morantiana in sottofondo. Un’opera dove studio, emozione e tecnica si intrecciano confluendo in un risultato coinvolgente che non deluderà chiunque si addentrerà nella lettura.
Emiliano Reali
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