“Non è di maggio” su Giuditta legge
Nello Zaino di Antonello: Punto e a capo, ma guardando con fiducia al futuro
Non esiste probabilmente un modo per misurare lo sconforto, che è ben più profondo di quello legato a sole ragioni economiche, vitali però. La misura di un disfacimento, lo smarrimento di cui parlavamo solo pochi giorni fa io e Antonello con Alessandro Gazoia. È una profonda malinconia che invade ogni cosa e rende faticoso anche pensare ogni giorno a proporre nuove letture rimanendo aggrappati a un’idea di ritorno. Le realtà indipendenti come la nostra non potranno fare altro che continuare con l’attività di promozione e divulgazione, nella consapevolezza che si tratta anzitutto di ripercussioni sociali pesanti e gravose, di una trasfigurazione. Sfuma anche la percezione di spazi di respiro come le librerie e del loro significato come presidio culturale, come bene della comunità. Difficile anche per me e Antonello riuscire a rimanere saldi, e a continuare a credere di riuscire a farcela, pur continuando a rappresentare un laboratorio di ricerca narrativa. Persino in settimane come queste abbiamo provato a inventarci comunque nuove idee. Chi vuole davvero preservare piccole ma preziose realtà che negli anni hanno contribuito a dare pregio culturale non solo alla città può farlo anche solo acquistando un libro, per permettere con un gesto minimo di immaginare insieme quel che potrà essere di questo spazio che non è solo fisico, ma che si pone come un luogo di scambio reciproco, un presidio culturale diventato ormai un piccolo bene collettivo che cerchiamo nonostante tutto di preservare.
Sono le parole vibranti della mia socia e compagna di vita e da una vita, Alice, in un post sui social. Un grido disperato e di speranza nell’incertezza di questi giorni.
La situazione emergenziale intorno alla pandemia ha preso, in questi giorni, una piega non positiva, con un ritorno a situazioni limite in Emilia. Quello che accadrà nelle prossime settimane andrà a incidere sul futuro anche delle nostre librerie. Gli effetti della pandemia sull’economia sarà possibile quantificarli solo se ci sarà una ripresa, dopo quello che è stato l’anno peggiore dal Dopoguerra. Le conseguenze negative si è cercato di contenerle facendo resistenza, e per quel che si è potuto abbiamo cercato di respirare e far respirare ottimismo. In questi giorni in cui sembra di precipitare esattamente a un anno fa e tornare punto e a capo a quel clima di incertezza, noi continuiamo a reggere e resistere, sperando sempre in una accelerazione dei vaccini. Proviamo a guardare con fiducia al futuro attraverso i libri. Proviamo ad attendere una intensificazione della campagna vaccinale attraverso delle buone letture. Proviamo a immaginare progetti nuovi attraverso la scoperta di nuovi autori. Proviamo a dare slancio a una possibile ripresa con il nostro ottimismo. Ma abbiamo bisogno di presenze e di lettori. In questo anno abbiamo affrontato un evento negativo esterno di portata enorme sulla nostra attività, reagendo e adottando con determinazione strategie di resistenza e strategie organizzative del tutto nuovo. Sempre cercando di fare una buona promozione dei libri nuovi in uscita ma anche di libri e autori da riscoprire o di autori emergenti. Adesso la risposta è tutta nei lettori. La Sopravvivenza del nostro presidio dipende da loro, dai lettori e da un gesto.
Un libro spinto e tanto atteso da noi è stato Hard Cash Valley di Brian Panowich nella traduzione di Matteo Camporesi per NN Editore. Un autore che era stato nostro ospite nel settembre del 2017 quando il nostro piccolo avamposto culturale era il polo d’attrazione di eventi di caratura internazionale e in cui i due librai si spendevano tanto per creare affollati assembramenti di lettori. Brian Panowich in quella occasione incantò il pubblico italiano dei nostri lettori raccontando la sua vita, spiegando che era stato per anni un musicista itinerante prima di fermarsi in Georgia, dove vive tuttora e lavora come pompiere. Il suo romanzo d’esordio, Bull Mountain, pubblicato da NNE nel 2017, è stato finalista nella categoria Mystery/Thriller del Los Angeles Times Book Prize 2016 accanto ad autori del calibro di Don Winslow. La saga di Bull Mountain era poi proseguita con il secondo episodio, Come i leoni (pubblicato in Italia sempre da NNE nel 2018). In queste settimane arriva il terzo capitolo e noi lo viviamo come il simbolo della ripresa. Le indagini di Dane Kirby e Roselita Velasquez aspettano solo di essere sfogliate dai lettori forti.
Dopo Bull Mountain e Come leoni, Brian Panowich torna con un romanzo costruito come un’incalzante corsa contro il tempo; e ci consegna un nuovo protagonista memorabile, disposto ad affrontare i suoi demoni in nome dell’amore e di una giustizia non dettata dalle leggi, ma da un più potente ideale di umanità e fiducia.
Il passato del detective Dane Kirby è popolato di fantasmi: ha perso moglie e figlia in un incidente che non riesce a perdonarsi, e a distanza di anni fatica a rimettersi in sesto. Quando l’Fbi inizia a indagare sulla morte di Arnie Blackwell, un criminale con il vizio del gioco brutalmente assassinato in Florida, Dane viene chiamato ad affiancare l’agente Roselita Velasquez, che non sembra gradire l’intrusione del nuovo collega. Eppure Dane è l’uomo chiave per il caso: tutti gli indizi portano a un grande combattimento di galli organizzato a Hard Cash Valley, in Georgia del Nord, e solo lui, con l’aiuto degli amici di sempre, sa aggirare le tacite norme che regolano i territori di Bull Mountain. Quando al delitto si aggiunge la scomparsa di William, il fratellino di Arnie, affetto dalla sindrome di Asperger, Dane e Roselita iniziano un’impietosa caccia all’uomo, tra agenti corrotti e killer senza scrupoli.
Questo libro è per chi ha inciso le sue iniziali sul legno di una panchina, per chi ha trovato in un sonetto il coraggio che credeva perduto, per chi ha inventato una stretta di mano speciale per comunicare in silenzio, e per chi ha capito che a volte essere forti non significa saper sostenere un peso, ma decidere di posarlo a terra e rimettersi in viaggio.
Tra gli scrittori da riscoprire un posto a parte merita l’autore di Ironweed e L’ultima scommessa di Billy Phelan, William Kennedy. Nato nel 1928 ad Albany, la città in cui ha ambientato quasi tutte le sue opere, giornalista, storico e romanziere, deve la sua fama alla trilogia composta, oltre che da Ironweed, da Billy Phelan’s Greatest Game e da Legs, dedicati rispettivamente alla corruzione in politica e al gangsterismo.
William Kennedy ha lavorato anche per il cinema, collaborando con Francis Ford Coppola alla sceneggiatura di Cotton Club. Da una sua sceneggiatura del libro Ironweed è tratto l’omonimo film di Héctor Babenco con Meryl Streep e Jack Nicholson del 1987. Ironweed nella traduzione di Luciana Bianciardi in Italia è stato pubblicato da Minimum fax.
Francis Phelan, ex grande promessa del football, è un uomo che ha toccato il fondo e ha guardato in faccia l’abisso quando, nello stupore dell’alcol, si è lasciato cadere dalle braccia il figlio neonato e lo ha visto morire senza far nulla. Fuggito da Albany, vi fa ritorno nel 1938 da vagabondo: scava fosse nel cimitero locale in cambio di pochi dollari, che spenderà stordendosi di liquore insieme a Helen, la barbona che lo accompagna nelle sue peregrinazioni, e vaga per le strade della sua giovinezza, cercando di venire a patti con i fantasmi del suo passato, e con quelli del presente. Romanzo di straziante intensità, che si muove sul confine sottile tra la disperazione e la speranza, l’abominio e riscatto, Ironweed ha una storia che rasenta l’incredibile: respinto da tutti gli editori cui era stato dato in lettura, venne pubblicato da Viking grazie all’intercessione personale di Saul Bellow, ottenendo uno straordinario e inatteso successo culminato con l’assegnazione del premio Pulitzer.
Dall’autore di Ironweed, una bella novità arrivata in questi giorni in Libreria è L’ultima scommessa di Billy Phelan nella traduzione di Nazzareno Mataldi e sempre per Minimum fax.
Billy Phelan è un uomo dalle mille risorse: giocatore di poker che non lesina trucchi, artista del biliardo e piccolo re delle scommesse sportive. Albany è casa sua: ne percorre e ne domina le strade e i locali, ne conosce a memoria gli intrighi politici. È proprio per questi suoi molteplici talenti che il potentissimo Bindy McCall – boss di una famiglia che governa Albany ricorrendo a ogni mezzo possibile, dalla minaccia alla corruzione – si rivolge a Billy per fare da intermediario con la banda che ha rapito il nipote ed erede al trono, Charlie Boy. Affiancato da Martin Daugherty, un cronista stanco e disilluso, Billy si trova a giocare la sua partita più difficile: riuscire a ottenere il rilascio di Charlie Boy senza rivelare l’identità dei sequestratori, che conosce fin troppo bene. E soprattutto senza rinunciare a quel profondo senso morale dal quale, anche quando è stato costretto a sporcarsi le mani, è sempre riuscito a farsi guidare. Ispirato a un evento realmente accaduto, con la sua prosa serrata e il ritmo cinematografico, L’ultima scommessa di Billy Phelan è forse il romanzo più riuscito di quel «ciclo di Albany» al quale è legata la fama di William Kennedy: un capolavoro del noir dal quale emerge un vivido ritratto dell’America della Grande Depressione fatta di gangster e piccoli eroi locali, epica proletaria e poetico fatalismo, in cui un trafiletto sul quotidiano locale può deviare il corso degli eventi e la scommessa fatta in un locale notturno decretare la vita e la morte.
Una riscoperta tutta italiana è lo scrittore Carlo Cassola di cui Minimum fax ha appena mandato in stampa una riedizione de Il gigante cieco.
Carlo Cassola (1917/1987) è autore di opere fondamentali, da Il taglio del bosco a La ragazza di Bube. Si affaccia alla letteratura all’incirca all’inizio della seconda guerra mondiale, dopo la prosa d’arte, esperienza a lui estranea, accanto all’ermetismo. Dell’ermetismo accoglieva il gusto dell’essenzialità, della poesia come assoluto, anche nella prosa (al di fuori dunque del «resoconto», della psicologia, delle determinazioni ideologiche e culturali sentite come ingombranti rispetto alla pura intelligenza spirituale del vivere), che egli interpretava, nel campo narrativo suo proprio, come attenzione esclusiva all’esistenziale. Negli anni Cinquanta, insieme a Luciano Bianciardi, guidò il bibliobus, una biblioteca itinerante tra la costa e i paesini minerari della Maremma.
Il gigante cieco uscì nel 1976, al tempo dell’incubo atomico e dell’equilibrio del terrore. L’anno dopo, coerentemente alle proprie idee, Cassola fondò la Lega per il disarmo unilaterale. A rileggerlo adesso, questo breve trattato politico, storico e filosofico ci appare ancora esplosivo e spaventosamente attuale: solleva questioni di fondo, che non hanno avuto soluzione, e la posta in gioco è ormai la sopravvivenza della specie.
«Io non so se certe persone influenti si siano accorte che stiamo andando verso l’abisso», scrive qui l’autore. Con il suo stile logico e lineare, ripercorre la storia degli uomini come un cumulo di assurdità e ne denuncia la probabile, e forse imminente, estinzione per una catastrofe ambientale o lo scoppio di una guerra nucleare. La sola alternativa è riprendere la proposta di Platone e di Voltaire e affidare il potere all’intelligenza. Servono un nuovo illuminismo e la creazione di un ordine mondiale, combinare l’esame attento della realtà con la spinta dell’utopia, capire con chiarezza dove e perché le rivoluzioni del passato sono fallite o sono state tradite, e schierarsi apertamente contro il nazionalismo armato e la morale del branco, l’arte decadente, lo storicismo e il riformismo. Quello di Cassola è un discorso accorato sulla necessità e improrogabilità di una rivoluzione culturale. L’arte non è un oggetto di consumo ed esiste per consolarci con la bellezza, ma tocca agli artisti dire come il mondo deve cambiare e avviare la rivoluzione più grande di tutte: la nascita dell’internazionale. Altrimenti il sonno della ragione partorirà i suoi ultimi mostri.
La signorina Crovato di Luciana Boccardi, un racconto di formazione irripetibile, tratto da una storia vera ed edito da Fazi, è uno di quei libri che sta, in questi giorni, prendendo piede tra le nostre lettrici in libreria. Con uno stile deliziosamente rétro e una lingua ricca di dettagli, Luciana Boccardi racconta le peripezie di una bambina d’altri tempi, che tanto ha da insegnare agli adulti di oggi: la protagonista di questo libro è un esempio di vitalità e di coraggio e un modello di tenacia e determinazione che vale anche per le generazioni attuali.
Ha tre anni e mezzo, Luciana, quando la “disgrazia” colpisce la sua famiglia. È il 1936 e Venezia è ancora una città dove la gente si saluta per strada, una città vivace, piena di botteghe, di piccoli artigiani e professionisti. Il suo adorato papà, clarinettista, ateo e antifascista, non può più provvedere alla famiglia e la mamma è costretta ad arrangiarsi: per lei è l’inizio di una lunga serie di vicissitudini segnate dal continuo assillo della miseria. Luciana le attraversa tutte, con pazienza, senza mai perdere la gioia di vivere e la curiosità che la rendono tanto unica e speciale. Nel frattempo, impara mille mestieri. Affidata a una famiglia di contadini, si ritrova a governare le bestie, dormendo in una cesta per i tacchini; poi s’improvvisa apprendista parrucchiera, garzone di panetteria, “aiutino” per un grossista di spazzole, ricamatrice di borsette a venti lire al pezzo; apprende il francese in casa di una ricca famiglia, aiutando le bambine a fare i compiti e intrattenendole come una vera “damina” di compagnia; fa la commessa sul Gran Viale al Lido e la cantante di balera. Di notte, intanto, si esercita come dattilografa, nella speranza di trovare un posto fisso: e quando, finalmente, il suo sogno si avvera, un mondo nuovo le si apre davanti, meraviglioso e inaspettato.
Con uno stile deliziosamente rétro e una lingua ricca di dettagli, Luciana Boccardi ripercorre le peripezie di una bambina d’altri tempi, esempio di vitalità e di coraggio, determinazione e tenacia, per un racconto esaltante capace di trasmettere allegria e buonumore.
Sospeso tra finzione e realtà, «La signorina Crovato» è la storia di un’infanzia rubata e dell’incredibile capacità di resistenza di uno spirito libero, narrata con un atteggiamento lucido e brillante e un piglio davvero inconfondibile.
Farà molto parlare di sé questo libro da poco uscito per Blu Atlantide, dal titolo Latte arcobaleno di Paul Mendez nella traduzione di Clara Nubile.
Paul Mendez è nato nella Black Country, in Inghilterra, nel 1982 e vive a Londra. Latte arcobaleno, suo primo romanzo, è stato accolto dalla critica e dai lettori come una delle opere di esordio più coraggiose e originali della narrativa inglese contemporanea.
Nell’Inghilterra degli anni Cinquanta, l’ex boxeur giamaicano Norman Alonso cerca, tra mille difficoltà e diffuso razzismo, una nuova vita insieme a sua moglie e ai suoi bambini. Nella stessa regione (la cosiddetta Black Country, nelle Midlands) all’inizio dei Duemila suo nipote, Jesse McCarthy, è alla ricerca del proprio posto nel mondo, e di una vita più vera in cui riconoscersi. Jesse è stato cresciuto senza il padre naturale nella locale comunità dei Testimoni di Geova, un ambiente rigido e chiuso dal quale ancora adolescente viene espulso per aver timidamente manifestato le proprie tendenze omosessuali. Biasimato anche da sua madre e dal nuovo marito di lei, Jesse si trasferisce così a Londra e inizia a frequentare uomini più grandi (soprattutto bianchi) a pagamento. In ognuno di loro, non importa quanto possano essere squallidi e violenti, non importa cosa gli chiedano di fare, Jesse cerca un po’ di amore, qualcuno che lo accetti e gli voglia bene per quello che è. Presto però Jesse si trova a rischiare la propria vita per un incontro sessuale più pericoloso ed estremo del solito, ma nel momento peggiore della sua vita conosce un uomo, uno scrittore, con cui nasce una forte amicizia e una grande attrazione reciproca, anche se questi è tuttora sposato con una donna.
Sempre nella collana Blu di Atlantide Edizione è uscito da pochissimo Unfollow di Lukas Jüliger nella traduzione di Marta Moretti. Con questo appassionante libro, candidato al titolo di miglior graphic novel tedesco dell’anno, Jüliger ha creato un vero e proprio capolavoro.
Lukas Jüliger è nato nel 1988 e vive ad Amburgo. È autore di vari graphic novel apprezzati a livello internazionale.
Un ragazzo misterioso e magico, Earhtboi, antico come il mondo stesso, appare ai nostri giorni con un compito preciso: riportare l’umanità sulla giusta strada e recuperare il rapporto con la Natura, ormai sempre più vicina alla catastrofe. In breve Earthboi, oggetto di un vero e proprio culto messianico sulla rete, diventa un leader carismatico famoso in tutto il mondo. Per raggiungere il proprio scopo, il ragazzo sviluppa una app che “installa” una coscienza ecologica avanzata negli utenti che la scaricano, ma forse è già troppo tardi: è possibile infatti salvare sia l’umanità che la Terra o il punto di non ritorno è già stato raggiunto? Affascinante e visionario, dai disegni di perturbante bellezza, Unfollow è un’opera che stupisce e fa riflettere profondamente sull’incertezza e la fragilità di questi tempi.
Nei momenti di sconforto i libri possono tirarci su, soprattutto quei libri che riescono a strapparci un sorriso. I libri di Tibor Fischer fanno al nostro caso. È da pochi giorni uscito il divertentissimo Come governare il mondo nella traduzione di Marco Rossari per Gli Alianti di Marcos y Marcos.
Lo scorso anno ero uscito La Gang del pensiero di Tibor Fischer, un altro esempio perfetto di libro divertente in cui basta aprire una pagina a caso e bum, risate assicurate!
Tibor Fischer è di origini ungheresi e a Budapest torna di frequente, ci ha vissuto anche per due anni, e dalle sue letture di quel periodo ha tratto spunto per scardinare il romanzo tradizionale con La Gang del pensiero. Con il suo primo romanzo, Sotto il culo della rana, ha vinto premi prestigiosi, è stato inserito da Granta tra gli scrittori inglesi più promettenti e ha conquistato il pubblico di tutto il mondo. La Gang del pensiero è frutto di anni di lavoro e di studio, e Fischer da grande scrittore ha distillato profondità e sostanza in un testo scanzonato dall’umorismo prorompente.
In Come governare il mondo per il protagonista, quando persino la kebabbara di fiducia gli nega il kebabbino superpiccante come piace a lui perché non si sforza abbastanza di essere felice, sarebbe ora di risalire la china. Ma a cosa si aggrappa, Baxter Stone, se gli affidano solo documentari impossibili, ha perso tutti i risparmi in un incendio e il suo cameraman è un vegano violento, bandito da tutti i ristoranti del pianeta per rissa o falsificazione di menu? Baxter ha un altro sistema, per governare il mondo. Si tuffa nel disastro e lo naviga; succhia il lato comico e feroce di tutte le cose. Schiva agilmente un’autobomba a Baghdad, se la fila in taxi da un sequestro di jihadisti in Siria; il vero inferno per lui è la festa di un produttore cinematografico a Londra. Baxter è una calamita di calamità, un maestro di fallimenti fragorosi, ma strizza la sua dose di fortuna fino in fondo. È il cinismo che lo aiuta sempre a farla franca, e il suo sogno proibito è una vita tranquilla.
Selezionato anche per il Premio Strega 2021 con una segnalazione di Wanda Marasco è il libro Non è di maggio di Luigi Romolo Carrino, pubblicato da Arkadia nella Collana Sidekar curata da Mariela Peritore Fabbri, Ivana Peritore e Patrizio Zurru. Un romanzo corale, sullo sfondo incantato di Procida, in cui l’autore con una prosa sonora e poetica racconta l’inadeguatezza di un ragazzo nel mondo e la sua incapacità di accettare che le persone sulla Terra “non si vedono davvero”.
Rifiutato dal bene più grande che l’Universo abbia mai conosciuto, quello della madre, nei suoi primi anni di vita Salvo imparerà a controllare tutti i suoi poteri, dalla telecinesi alla telepatia, dall’abilità di curvare il tempo alla capacità di guardare lo spazio-tempo. Nato davanti al mare di Procida, il bottone più bello del Mediterraneo, eserciterà questi poteri con la mammana-janara Rosina, in una terra fatta di donne del popolo e di nobiltà partenopea che non intende essere messa da parte dal progresso. Salvo tenterà di mutare il mondo e portare un nuovo modo di intendere il significato della vita, convinto com’è di essere nato per questo cambiamento. Lui, il figlio del cielo, il parto di una stella, il bambino indaco, crede di essere arrivato sul Pianeta per insegnare un nuovo alfabeto dell’amore agli uomini. Sarà difficile e, in questo periplo dell’esistenza, capirà di somigliare a Nuccio, un ragazzo autistico con il quale abiterà una sorta di universo parallelo della comunicazione. Tuttavia, se il luogo privilegiato di Salvo è il cielo, quello di Nuccio è il mare ed è lì che lui vorrà tornare.
Paolo Di Paolo ha scelto di presentare Memorie di un dittatore di Paolo Zardi al Premio Strega 2021 con queste parole:
“Zardi addomestica la distopia, traveste da satira un romanzo serissimo e perturbante sull’eterna attesa di un popolo radunato sotto a un balcone”.
Il libro edito da Giulio Perrone Editore, con una bellissima copertina di Maurizio Ceccato, è uno di quelli da leggere assolutamente.
Ha sfondato la porta del potere con la forza e, per più di un decennio, dopo un’ascesa irresistibile e minuziosamente pianificata, ha guidato l’Italia. Ora è esiliato in mezzo all’oceano, su un’isola che è regno e prigione. Ha lo sguardo rivolto al mare, nell’illusione di essere più vicino alla fuga; è invece relegato in un’enorme villa bianca, non sa in quale dei due tropici, in mezzo a una vegetazione esuberante e a tratti sinistra. In giornate che scorrono tutte uguali tra lunghi corridoi, saloni austeri e un’enorme biblioteca, si abbandona al passato e ai suoi fantasmi: l’educazione borghese, i primi scontri politici, la soppressione degli avversari, la manipolazione delle masse e infine l’assurda guerra contro la Repubblica del Congo. Le folle oceaniche sono solo un lontano ricordo e adesso a fargli compagnia ci sono Fernando, un servitore giovanissimo e selvatico, e la visita quotidiana di un medico che sorveglia la sua salute. Dei fasti antichi rimane un appetito ferino e una voracità senza misura che sfoga in accessi aggressivi ora su tartarughe e uccelli tropicali, ora su Fernando. Ma chi sono in realtà quei due uomini che gli parlano poco e lo osservano sempre? Quando la partita con il passato e il futuro sembra finita, ecco la possibilità di rimettersi in gioco. Per lui, contratto nella nevralgia da potere, nessuna isola è troppo lontana per abbandonare davvero il suo ruolo di comando. Paolo Zardi dipinge il ritratto di un uomo inquieto e ne mette a nudo la natura feroce quando il potere, come un lupo affamato, lo sbrana e lo scarnifica.
Dal catalogo della casa editrice Giulio Perrone Editore segnaliamo un libro uscito qualche anno fa e che da poco ha una nuova edizione con cover di Maurizio Ceccato: Agatha Christie e mistero della sua scomparsa di Jared Cade.
E se la più grande scrittrice di gialli di tutti i tempi diventasse protagonista di una sua storia? È il dicembre del 1926. Una donna scompare in circostanze enigmatiche. La polizia trova la sua macchina abbandonata. Tutto fa pensare a un omicidio o, peggio, a un suicidio. Si aprono le indagini; la polizia e la stampa si mobilitano. Tutta l’Inghilterra è in fibrillazione. Quella donna è Agatha Christie. La scrittrice inglese più tradotta al mondo. Cosa è accaduto veramente? Perché si sono perse le tracce di Agatha? C’è davvero di mezzo un assassinio? Una trama complicata mette in gioco un tradimento, una vendetta, un’improvvisa, angosciante amnesia. Jared Cade, in questo libro appassionante come una detectivestory, risolve il mistero grazie a testimonianze di prima mano, documenti e fotografie inedite. Ci svela così aspetti sconosciuti della biografia dell’inventrice di Poirot, indagando nella sua psicologia come mai finora è stato fatto. E ci consegna la verità su un episodio inquietante che lascia, nella vita di Agatha Christie, un segno profondo come una ferita. Jared Cade aveva trentasei anni quando ha scritto l’acclamata biografia Agatha Christie e il mistero della sua scomparsa da cui è stato successivamente tratto un prezioso documentario. Familiari e amici della celebre scrittrice gli hanno concesso di accedere a diari, corrispondenze, documenti privati e album fotografici dandogli così la possibilità di ricostruire fedelmente come sono andate le cose.
Pubblicato sempre da Giulio Perrone Editore è Rossso Antico di Simone Nebbia. Cantautore, scrittore e critico teatrale, Nebbia nel 2017 ha pubblicato il suo primo album. È animatore del quotidiano online di informazione teatrale www.teatrocritica.net; suoi testi e articoli sono apparsi su quotidiani (la Repubblica), periodici e raccolte saggistiche (minima&moralia, il lavoro culturale). Nel 2013 è coautore del volume Declino del teatro di regia (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa). Ha collaborato con il programma Terza Pagina di Rai Scuola.
È un sabato mattina dell’inverno più freddo degli ultimi cinquant’anni quando il professor Luca Salomè si sveglia a casa da solo: sua moglie è partita per andare a trovare i nipoti in montagna e anche lui sta per iniziare un viaggio. Gli basta indossare il maglione rosso della sua gioventù per ridestare tutto di quegli anni: vecchie amicizie, antiche passioni e la fiamma politica che resiste malgrado la stanchezza. Il tentativo di risalire il flusso del tempo lo porta fuori città, proprio mentre il centro viene occupato da giovani manifestanti universitari, alla ricerca di interlocutori e di risposte. Le due generazioni finiscono per incontrarsi, per davvero e per metafora, sui binari della stazione centrale.
Rosso antico è il tentativo di interrompere il festeggiamento ostinato del Sessantotto. Cinquant’anni dopo, tondi come il numero diventato leggenda, racconto e barzelletta, Luca Salomè ritroverà sé stesso negli occhi, nel cuore, nella passione di un giovane scrittore: per uno che segue la corrente, uno che la risale. Simone Nebbia racconta una storia allegorica esplorando tutte le possibilità del linguaggio, per trovare un livello di realtà dimenticato, una risposta che aiuti ogni professor Salomè a restare saldo di fronte alle contraddizioni della Storia.
Il circo del ring di Katherine Dunn edito da 66thand2end nella traduzione di Leonardo Taiuti è un altro di quei libri super consigliato in questo periodo.
Katherine Dunn (1945-2016), scrittrice, poetessa, giornalista, ha pubblicato tre romanzi, fra cui Geek Love (1989), finalista al National Book Award. Appassionata di boxe, ne ha scritto per anni su diverse testate, come «The Ring», «Sports Illustrated», «New York Times», «Esquire», «Playboy», «Vogue» e «Willamette Week».
Nel 1980 Katherine Dunn assistette a un incontro di boxe in tv. Ne rimase incantata e decise di andare col marito a una kermesse dal vivo, curiosa di indagare da vicino «la natura della violenza». Nel giro di un anno cominciò a frequentare le palestre locali, veri santuari di uno sport intriso di sangue e sudore. Iniziò poi a tenere una rubrica sul «Willamette Week», celebre foglio della controcultura di Portland, che avrebbe ospitato molti dei suoi ritratti – qui raccolti per la prima volta in un unico volume –, in cui Dunn mescola storie di atleti illustri e di personaggi oscuri, pittoreschi: dilettanti, allenatori, cutmen, preti boxeur.E una pagina dopo l’altra traccia i contorni di un ambiente affascinante che si nutre di ambizioni, rivalità e romanticismo, e su cui spiccano le figure leggendarie di Roberto Durán, Sugar Ray Leonard, Marvin Hagler e Mike Tyson, riscattato finalmente dall’infamia del morso all’orecchio di Holyfield. Un ambiente popolato da una schiera di figure controverse, irresistibili, come il tenero psicotico Johnny Tapia, o le protagoniste del discusso pugilato femminile, tra cui l’olandese Lucia Rijker, campionessa anche di kickboxing, o le figlie d’arte Laila Ali e Jacqui Frazier-Lyde. Sulla scia del classico Sulla boxe di Joyce Carol Oates, Il circo del ring segna l’incontro felice tra una premiata autrice di narrativa e «la dolce scienza», considerata da sempre la più letteraria fra tutte le discipline sportive.
Antonello Saiz
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