Murgia, Gabos e Nyx, racconti notturni dove la realtà si ridefinisce

da: Tiscali Spettacoli
Tiscali Spettacoli
6.12.2010
Nyx, figlia di Caos e di Caligine, divinità greca che rappresentava l’oscurità che si stende sulla terra, il buio che punteggia le vicende umane. E’ lei che viene esplicitamente richiamata in Nyx – Racconti della notte, raccolta di storie brevi pubblicata da Arkadia. Sei esordienti si alternano, fra le pagine, con nomi conosciuti: Michela Murgia, Anilda Ibrahimi, Sandrone Dazieri, Marcello Fois, Errico Buonanno, Alessandro De Roma, Gianluca Floris, Francesco Abate, Otto Gabos. “La notte è sempre stata protagonista in letteratura” spiega Daniele Pinna, curatore della pubblicazione, “si pensi innanzi tutto al lettore che immagina lo scrittore assorto nella creazione artistica, spesso di notte, una volta davanti ad un foglio bianco, oggi più spesso davanti ad un monitor. Soprattutto, la notte è tema, ispirazione, metafora. Ideale per racconti molto differenti fra loro”. Abbiamo parlato di Nyx con due protagonisti della raccolta, Michela Murgia e Otto Gabos.
Otto, lei partecipa a Nyx con quella che ha definito come un’evocazione.
“Sì, è un breve racconto corredato da una mia illustrazione. Ho attinto ad un ricordo di famiglia, una leggenda legata a mio bisnonno, che in una peregrinazione notturna incontrò la Morte. Tornò a casa con i capelli bianchi per lo spavento, eppure la Grande mietitrice lo risparmiò ancora per molto tempo, dato che visse fino a 100 anni. Ho spostato il luogo dell’incontro, sempre ambientandolo nel tessuto urbano di Cagliari, dalle parti di piazza San Sepolcro. Nel mio racconto la Morte è come una innamorata che insegue e desidera il suo uomo, con tanto di fiori in mano, e da lui viene a lungo respinta”.
La notte cambia il rapporto con gli spazi, la percezione delle cose. E’ una sorte di specchio rovesciato della nostra quotidianità?
“Anche l’illuminazione artificiale dà agli oggetti un altro aspetto, una nuova prospettiva. Di certo la notte ridefinisce la mappa di ciò che conosciamo, basta pensare a quando arriviamo in una città e il sole è già tramontato. Se la rivediamo il mattino dopo ci sembrerà molto differente da come l’avevamo percepita al buio”.
Se si parla di notte spesso di parla di noir, anche nel fumetto. Lei che è anche un apprezzato disegnatore e illustratore, non trova che la graphic novel per certi versi si sia un po’ adagiata sugli stereotipi del “nero” americano?
“Ci sono grandi autori che giocano con quegli stereotipi, e in una certa misura li reinventano. Ma non necessariamente notte è sinonimo di noir. Anzi, direi che non c’è niente di più affascinante della luce che diventa, narrativamente, buio. Il noir può essere paradossalmente molto solare, non esistono regole irrinunciabili”.
Michela, ci sono manierismi legati alla narrativa di ambientazione notturna che ha cercato di evitare nel suo racconto?
“Ho semplicemente cercato di scrivere nel modo più efficace possibile una storia breve a cui tenevo molto, e di cui la notte è soltanto la location. In questo caso l’ultima notte di un kamikaze pakistano prima dell’attacco che uccise Benazir Bhutto, nel Punjab. Con i pensieri dell’attentatore mentre il resto del mondo dorme, le sue valutazioni, le riflessioni prima di un gesto così estremo”.
Che rapporto ha lei con la notte? E’ il regno dell’inconscio?
“Ahimé no, anche perché spesso la notte sto sveglia. Per me è piuttosto un rifugio e anche il momento in cui scrivo molte delle cose che mi riescono meglio. E’ il luogo della verifica, della valutazione delle cose che ci capitano di giorno ma che mettiamo in un ideale cassetto, al riparo dalle incombenze quotidiane che minacciano di stritolarle. Mi viene da pensare alla notte di veglia che gli antichi cavalieri trascorrevano prima della loro investitura. Quando i dettagli superflui vanno paradossalmente a fondo e le cose importanti tornano a galla dentro di noi”.
(Cristiano Sanna)


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