“Lo storiografo dei disguidi” su RP libri
Francesco Improta per “Lo storiografo dei disguidi” di Paolo Codazzi
Lo storiografo dei disguidi di Paolo Codazzi (Arkadia Editore, 14 €) è uno di quei libri che non può non catturare l’attenzione e l’interesse di chi si aggira in libreria alla ricerca di novità e di letture accattivanti. Giocano in suo favore la copertina, il titolo e la quarta di copertina che, a ben guardare, è anche l’incipit del libro, che proprio per questi motivi difficilmente passerà inosservato o rimarrà sullo scaffale a riempirsi di polvere. Procediamo con ordine, la copertina bella e suggestiva, opera di Brigitta Schneitter, ci presenta in un’immaginaria camera oscura una serie di fotogrammi appena usciti dalla vaschetta con l’acido, appesi con delle mollette in attesa che, sviluppandosi compiutamente, acquistino lucentezza, non a caso alcuni sono chiari, nitidi altri ancora un po’ sfocati come se stentassero a prendere luce. Questi fotogrammi rappresentano momenti di cronache o di storie quotidiane e si collegano direttamente al titolo, Lo storiografo dei disguidi. Paolo Codazzi, infatti, è portato dalla sua natura e dalla sua formazione a ricostruire, raccogliendo materiali, documenti e notizie, fatti del passato o dell’attualità, anche se il suo approccio storiografico è caratterizzato, come egli stesso sostiene, da una visione strabica della realtà; da qui il termine disguidi dal momento che tutto ciò che è accaduto o che accade tutt’oggi può essere smontato o contraddetto dal reperimento di altro materiale o altre scoperte, il che priverebbe di valore assoluto la storiografia. Vengono in mente precedenti illustri che potrebbero, sia pure parzialmente per le diverse condizioni storiche, confortare la tesi di Codazzi: Giacomo Leopardi e il suo sarcasmo nei confronti delle magnifiche sorti e progressive (La Ginestra v. 51), Luigi Pirandello e la sua convinzione della inverosimiglianza della realtà che sfugge in questo modo a previsioni certe e a conclusioni acclarate (polemica con Benedetto Croce) e infine Eugenio Montale: La storia non è prodotta //da chi lapensa e neppure // da chi l’ignora. La storia // non si fa strada, si ostina, // detesta il poco a poco, non procede // né recede, si sposta di binario // e la sua direzione // non è nell’orario. (da Satura, La Storia vv 10/17). Ci rimane da accennare alla quarta di copertina che, come abbiamo già detto, riporta integralmente l’incipit del libro o meglio del primo dei quindici racconti che ne fanno parte. Va precisato che non solo l’intera raccolta ma ogni singolo racconto è preceduto da eserghi di pensatori, scrittori e intellettuali famosi quando non sono partoriti dalla mente dell’autore. Il primo in particolare, abbastanza esteso, rimanda ad Erasmo da Rotterdam e fa riferimento al mondo come un palcoscenico dove ognuno improvvisa la sua recita che può mutare a seconda del contesto situazionale e dello stato d’animo. Ne consegue che la realtà è in continuo mutamento, soprattutto oggi che i ritmi sono frenetici e gli strumenti tecnologici sempre più sofisticati, e la comunicazione in virtù dei media, dei social e del web ci sommerge di notizie che più che informarci finiscono solo con lo stordirci. Giacomo, il protagonista di questo racconto, è un bibliofilo, meglio ancora un bibliomane che dedica ai suoi libri attenzioni e cure maniacali, accarezzandoli con la stessa delicatezza e sensualità con cui si carezza il corpo di una donna. Fornito di una ricca biblioteca decide di spostarne parte nel suo ufficio per dare aria alla casa troppo stipata di libri e per ricreare un nuovo ordine materiale e mentale. A mio avviso tale spostamento, vera e propria transumanza – e non a caso dal momento che questi libri sembrano respirare -, è dettato dalla volontà, dall’esigenza di tenere i suoi libri sotto controllo, dinanzi agli occhi anche nelle ore lavorative. La conclusione, inaspettata, arriva come una doccia fredda. Il protagonista del II racconto Bertino Panerai, oltre a essere un assiduo marciatore, è un collezionista compulsivo, raccoglie di tutto: cartoline, francobolli, fotografie, figurine e persino quelle carte veline in cui i produttori di agrumi siciliani erano soliti avvolgere i tarocchi prima di passare ai piccoli adesivi. Questa storia viene raccontata da un amico d’infanzia legatissimo a Bertino con cui viveva in simbiosi, come egli stesso racconta riesumando aneddoti ed episodi del passato. Per la prima volta si accenna a Firenze, una Firenze sonnolenta e ripiegata su sé stessa, dove si svolgono tutti o quasi i racconti, anche se non sempre vengono citati, a differenza di quanto accade qui, piazze, strade e monumenti iconici della città. Il racconto, a mio avviso, è tra i più interessanti della raccolta: mosso, vivace anche per l’inserimento di un terzo personaggio che sembra scombinare le carte in tavola e creare disguidi per citare il titolo del libro, inoltre mi ha riportato alla mente uno dei film più famosi di Federico Fellini, Amarcord, penso alla tabaccaia che ostentava generosamente, come una appetitosa mercanzia, ai suoi giovani clienti un seno più che florido, poco importa che qui a mostrare in maniera sfacciata e seduttiva le sue forme prosperose ai due ragazzi sia la titolare di una cartoleria. Importa, invece ribadire come il filo rosso che unisce diversi racconti di Codazzi sia il collezionismo; riporto a titolo esemplificativo ed estetico, vista la qualità della scrittura, un brano tratto da questo racconto (pag. 33):
Come il mare, quando ritirandosi in risacca abbandona sulla spiaggia delle conchiglie, dei piccoli animali, dei relitti, così le generazioni, quando si estinguono, ci lasciano una miriade di oggetti a testimoniare i presunti progressi della vita pratica: è una forma di storia non inferiore alla Storia, attraverso la conservazione dei manufatti oggi considerati più o meno negletti ma rappresentativi delle epoche, della vita di intere generazioni.
Non mancano riferimenti espliciti a fatti e personaggi storici: la battaglia di Salamina tra Greci e Persiani, il cui esito, favorevole ai Greci, fu determinato dal caso, l’acerrimo avversario dei Medici, Girolamo Savonarola e le sue infervorate rampogne contro la licenziosità dei Fiorentini, Giuseppe Garibaldi, ricordato più che come eroe dei due mondi, come collezionista di donne e progenitore seriale, inseminator; gli extracomunitari naufragati sulle nostre coste, fuggiti dalle guerre o dalla miseria e spesso respinti dal cinismo delle grandi metropoli del nord. I racconti sono differenti per argomento e dimensioni, ma sono uniti e resi omogenei da uno stile personalissimo che, a mio avviso, costituisce il pregio maggiore dell’opera. Uno stile lento, pausato che si contrappone alla fretta e alla concisione della stragrande maggioranza degli scrittori contemporanei; una scrittura, ipotattica a livello sintattico, che ci richiama alla mente la concinnitas ciceroniana, frutto di una studiata e laboriosa disposizione delle parole e dei suoni nell’intento di conseguire eleganza e semplicità allo stesso tempo, una scrittura che modella il pensiero e avvolge con le sue spire il lettore. Prima di concludere vorrei accennare al racconto A passo di vedova un vero e proprio gioiello per le sue straordinarie implicazioni e per la sua felicissima resa stilistica; è la storia di una giovane donna Rachele sopravvissuta a un grave incidente automobilistico in cui avevano perso la vita i suoi genitori e tutti gli altri passeggeri della corriera. Dopo un coma di trenta giorni la donna si sveglia ma ha perso completamente la memoria, ciò che, a ben guardare, si oppone alle forze corrosive del tempo, a quell’oblio che tende a sotterrare le tracce di una storia necessaria alla nostra identità individuale e collettiva. […] allora, come un mendicante di memorie scavava nelle miniere degli altrui ricordi, ne indossava il rimpianto, inseguendo serenità della mente nei momenti felici rievocati dai referenti e acquisendo, pur senza rendersene conto, mute tessere dell’oscuro mosaico della sua anamnesi… A questo punto non mi resta che complimentarmi con Paolo Codazzi e la casa editrice Arkadia, in particolare con i curatori della collana, Senza rotta, che hanno dimostrato ancora una volta buon fiuto e sagacia letteraria.
Francesco Improta
Il link alla recensione su RP libri: https://bit.ly/3cMu7qB