Lo storiografo dei disguidi
I SEGRETI DEI LIBRI
Nessun libro potrà cambiarti la vita, a meno che non ti cada in testa da uno scaffale.
Ne La saggezza del bibliotecario, Michel Melot cita un guru dell’informatica secondo il quale il libro, se fosse venuto dopo l’e-book, sarebbe stato salutato da tutti come un formidabile progresso.
Detergeva la polvere con una lieve carezza del palmo della mano e la copertina, specchio deterso dai vapori di una doccia che di nuovo esibisce il tuo volto, riacquistava lucentezza dei colori, paternità dell’autore e suggestioni del titolo, come mai egli l’aveva indagata da quando, scovato il libro nei confusi scaffali di retroguardia di una libreria o di un isolato antiquario della città, lo aveva acquistato, segregandolo poi, sempre nel pulviscolo vitale ai libri che ora impastavano le sue mani, in una delle colonizzate e caotiche mensole dove l’ordine, ammesso che ve ne fosse, era asservito inversamente all’altezza dei ripiani da terra e dalla difficoltà di ricorrere a un instabile sgabello, talvolta fonte di pericolose cadute, per disporre l’esercito di carta il cui metodo, peraltro, Giacomo modificava quasi mensilmente non riuscendo, comunque, a giovarsi di un qualsiasi schieramento da parata disciplinato nell’arduo tentativo di possedere nella mente tutte le pagine della sua cospicua libreria come una misteriosa necessaria esigenza.
Magari senza neanche averlo letto, senza avergli dato una scorsa, spesso non conoscendo l’autore e il titolo del testo che attiravano la sua ingorda curiosità: solitamente un narratore o saggista di cui aveva letto o ascoltato seducenti commenti e che l’aggravante di non conoscerne l’esistenza e l’opera gli aveva procurato un certo imbarazzo nel rapporto con i suggerenti che, fingendo di ignorare il numero illeggibile di titoli editi ogni anno, si ostinano, comunque, a consigliare letture o proporre autori, magari imboccando anche l’acquisto di un moderno dispositivo per leggere i libri senza averne l’essenziale lusinga tattile. Tuttavia possedendolo, recluso nelle segrete arnie dei suoi scaffali, senza averlo letto, ma talvolta ricordando una frase, un aforisma assunto per contagio dalla voce o dalla pagina che lo aveva indotto a comprarlo, era come se lo avesse letto, lo possedesse nella vischiosa tassonomia colata nella memoria. Era un libro della sua biblioteca e dunque faceva parte a ragione del suo sapere, un testo dal quale si sentiva autorizzato a estrapolare brani, citazioni, pagine intere, che avrebbero rinvigorito il suo prestigio nei confronti delle persone a cui proponeva, verbalmente o per scritto la lettura, reiterando ipocritamente la catena di suggerimenti, citazioni, inviti alla lettura che indirizzati a lui lo irritavano.
Durante il tragitto in autobus dall’abitazione alla nuova stanza affittata per uso di studio immobiliare, rimpiazzando la precedente eccessivamente onerosa e chiassosa, e dove aveva stabilito di trasferire una buona parte dei libri di casa nel tentativo insistito di governare una concreta classificazione dei titoli posseduti, ma anche per attrarre la curiosità dei clienti ai quali un consulente anche colto avrebbe potuto garantirli sulle competenze professionali, oltre a detergere la polvere dalle rigide copertine, e a parte la curiosità dei passeggeri che notavano quell’uomo assorto con alcuni libri appoggiati sulle gambe, Giacomo, munito della matita da annotazioni come un’arma pronta a colpire refusi o inconsistenze ma anche righe o periodi seducenti, scorreva qualche pagina per impegnare proficuamente il tempo del trasferimento nell’ingarbugliato centro della città, retaggio di un passato fiaccamente ostentato dai concittadini, che talvolta richiedeva molti minuti e qualche passeggero, attirato dalla luce emanata dagli occhi dell’uomo in lettura, annotava mentalmente titolo e autore di un testo ripromettendosi di investigare ragguagli su quell’opera nel proposito di irrigare la propria mente dall’inappetenza di letture, per motivi dei quali generalmente non si riesce facilmente a farsene una ragione, magari approfittando del tempo disponibile durante le incipienti vacanze estive.
Sfogliando le pagine, per quanto consentito dalla molesta instabilità dell’autobus nel quale c’è sempre qualcuno in piedi, precariamente appeso ai mancorrenti o agli anelli di cuoio, che si lamenta finendo alla fine per imprecare al governo o ai santi, improvviso e inatteso gli si rivelava l’autore nella sua peculiare complessità o nitidezza e Giacomo ne annotava sulle pagine elementi e informazioni, per quanto frutto di una approssimativa lettura, ma tali da caratterizzare quelle pagine, quel libro, comunque spesso assai diverse dalle motivazioni che lo avevano indotto ad acquistarlo, talvolta da molto tempo indicato dalla data annotata diligentemente sul frontespizio.
Adesso era lui con l’assorta lettura che lo estraniava dalle persone traballanti in piedi, con i suoi silenti commenti, chiose, sottolineature, che scopriva l’autore assai diverso dall’idea che gli era stata involontariamente imposta ma della quale ringraziava i committenti: ora quelle pagine rappresentavano per lui una vitale novità che avrebbero deliziato, nella calma delle pause di lavoro, una lettura sistematica sprofondandolo negli imprevedibili labirinti, per quanto di pagine numerate, che ogni testo ritenuto gradevole nasconde rivelando alla mente del lettore sensazioni e aspetti che l’autore stesso non avrebbe immaginato di suscitare.