“Lo specchio armeno” su NiedernGasse
Lo specchio armeno
L’amore come «estrema forma di felicità» e, in quanto tale, leopardianamente irraggiungibile, illusoria gioia fugace, «festa serena» destinata a trasformarsi in dovere (come insegna Gončarov). Il dramma dell’«idea dell’amore» che si proietta con la sua debordante potenza astratta in inesistenti orizzonti esistenziali privi di limiti, vivace riflesso di uno specchio leggendario, di tela armena, che «duplica e fissa i volti di soggetti innamorati», grazie a uno spirito benigno che vi dimora. Ma lo spirito non è nient’altro che la potenzialità dell’immaginazione unita all’imprevedibilità della vita, due enigmi sfuggenti che talora convergono verso l’estremo sconforto di un innamoramento che travalica i limiti spazio-temporali pur rimanendo intangibile. Tuttavia, fossilizzarsi sui propri fantasmi, sulla costanza di una convinzione aleatoria, blocca la vita, isterilisce le possibilità di godere del piacere della condivisione, delimita in un sogno torbido – nel quale il tempo e l’intensità si confondono – l’appagamento di un amore circoscritto ma concreto. Ecco il possibile assunto dello Specchio armeno di Paolo Codazzi, romanzo caleidoscopico in cui s’intrecciano, con la solita eleganza barocca dell’autore, storia e mito; in cui si saldano realtà storiche, coincidenze e memorie oniriche; in cui le omonimie, le simmetrie e le dislocazioni sapientemente avventate diventano i segnali di una ripetizione perversa ma gratificante. «Il tempo cronologico non è nella nostra mente, ma solo nell’orologio che portiamo al polso» afferma un personaggio del Pittore di ex voto, altro romanzo notevole di Codazzi (Pironti, 2017). E il tempo mentale del protagonista dello Specchio Armeno, il pittore-copista Cosimo Armagnati, oscilla tra il passato e il presente, recupera le atrocità di epoche remote – gli abusi della Santa Inquisizione, i supplizi delle donne ritenute streghe – e le fa sue con distacco, perché in tali atrocità rintraccia il dolore della non coincidenza, dell’inutilità dell’«esercitazione del cuore».
Paolo Marati
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