“Lo specchio armeno” su il Giornale
Paolo Codazzi, storie e Storia riflesse dentro uno specchio
In un’epoca remota e circonfusa di leggenda, il XIII secolo siciliano, gli specchi erano così rari che a Palermo alcuni uomini di cultura araba con il senso degli affari avevano preso a collocarne agli angoli delle strade
In un’epoca remota e circonfusa di leggenda, il XIII secolo siciliano, gli specchi erano così rari che a Palermo alcuni uomini di cultura araba con il senso degli affari avevano preso a collocarne agli angoli delle strade, in modo che i passanti più vanitosi, dietro un piccolo compenso, potessero controllare l’acconciatura o lo stato dei vestiti. Uno di questi specchi non era di metallo, ma di finissima tela di papiro armeno; si riteneva inoltre che potesse catturare l’immagine riflessa, come una fotografia avanti lettera, a patto che i soggetti che si specchiavano fossero innamorati. È da qui che prende avvio Lo specchio armeno (Arkadia, pagg. 188, euro 16) di Paolo Codazzi, scrittore che per tenuta, statura intellettuale e ambizione linguistica merita di essere annoverato fra i nostri migliori narratori. Al centro del romanzo, che viaggia fra il Medioevo siciliano, il Rinascimento e il presente, è un pittore-copista fiorentino sentimentalmente bloccato, Cosimo Armagnati. A torto lo si definirebbe un falsario, visto che replica quadri con libertà, attingendo all’essenza dell’opera più che alla sua forma esteriore. Quando però un committente gli chiede di duplicare un ritratto femminile custodito in una celebre pinacoteca palermitana, lo stesso che il protagonista aveva visto da bambino su un sussidiario, l’essenza si rivela ingestibile: con il passare degli anni, la donna del dipinto si era trasformata in un archetipo irraggiungibile, condannando Cosimo a un rigido celibato sentimentale. Il «miracolo» di una sua riapparizione al di là dei secoli si verifica nell’aeroporto di Punta Raisi, miracolo moltiplicato in nuove metamorfosi quando il romanzo si sposta in un Quattrocento dominato dalla caccia alle streghe e l’Inquisizione spagnola, istituzione repressiva che per un breve periodo fu imposta anche ai siciliani. La trama, mirabilmente intrecciata, comprende la lettura notarile del lascito testamentario di un ricco magistrato, la scomparsa dalla sua libreria di un volume olandese che anticipa di tre secoli le illuminate proposte di Cesare Beccaria, la vita more uxorio di un alto prelato con una strega… Altrettante linea di fuga per il piacere del lettore; Codazzi scrive (e pensa) talmente bene che può permettersi tutto il «romanzesco» che vuole.
Fabrizio Ottaviani
Il link alla recensione su il Giornale: https://bitly.ws/3dBH3