“Lettere dall’orlo del mondo” su Club Dante
Lettere dall’orlo del mondo
Pagine come frecce
Non impiegherete molto tempo prima di capire che Lettere dall’orlo del mondo, della scrittrice, e oggi anche blogger, Barbara Garlaschelli (con disegni di Mario Bianco), è un libretto pregiato. Chi di voi conosce già la maestria di questa autrice, gioirà di questo dipinto epistolare, di questa ribellione pacifica che, alla fine, si rivela un riflesso dell’anima. Lo ammetto, è una presentazione in pompa magna, che, forse, tradisce l’interpretazione intima, che ciascuno elaborerà avvolto nel chiaroscuro invernale di una stanza. Sta di fatto che a tenere il volume tra le mani, pare ci si scotti. La materia è magmatica. E non lo dico per il fulgore delle parole o l’aporia di certe questioni esistenziali che trovano senso solo nella scrittura. Lo dico, piuttosto, per l’umanità profonda e per la ricerca persistente di una verità, di una ragione che stenta a palesarsi. Le pagine sono lettere, frecce, messaggi in bottiglia. Un reticolo di sentimenti, di ricordi che Miranda e Edoardo, i protagonisti, attraversano nella speranza che l’altro sia pronto a recepirli. Una precisazione: non si parla solo di amore, almeno non nell’accezione che di solito abbracciamo. L’amore c’è in quanto colore, in quanto essenza. Si percepisce subito una frattura, ma non è lampante cosa separa la coppia. Il lettore lo scopre scivolando sulle frasi, sui passaggi armonici, seguendo un filo invisibile, sulle tracce delle ragioni del cuore. Miranda è una fuggiasca, un’anima libera e complessa, che, seppure innamorata, stenta a fermarsi in un posto, a mettere radici. Edoardo la insegue, o meglio, la segue coi pensieri. Veglia su di lei, perso davanti al mare, nel vento. Spera che Miranda si decida a tornare. Lei, da un angolo, lo implora sorridente. Da principio sembra che i due siano lontani fisicamente, smarriti, ciascuno chissà dove. Sembra, perché la loro “separazione” si può d’acchito declinare in mille modi diversi. La loro lontananza potrebbe essere anche apparente, magari legata ad una predisposizione emotiva. I luoghi, le persone che i due descrivono a suon di bigliettini potrebbero essere proiezioni dell’immaginario, di un giardino segreto, sospeso tra il cuore e lo stomaco. La trama si svela piano piano, e ha il suono di un foglio mosso dal vento. Miranda è distante perché scioccata. Il suo amato fratello è deceduto, e così i suoi nervi cedono. Il dolore l’ha anestetizzata, ammantata di memoria ed eco lontane. Questo stato di impenetrabilità si mischia a quanto di universale e impalpabile si agita in lei. Edoardo è il guardiano, il depositario di un vagare lungo una vita. Tende la mano alla compagna, che l’afferra e poi la lascia, quasi fosse un gioco, un rito a cui non può sottrarsi. Nell’attesa, l’uomo vaga, contempla il circostante e lo descrive. Aleggia sui personaggi qualcosa di ignoto al lettore, un arcano matematico irrisolvibile che in qualche misura conosciamo come verità platonica. Tuttavia il distacco, la nostalgia per le cose andate, sono ben poco rispetto al viaggio che Miranda ed Edoardo hanno compiuto insieme. Nel libro non c’è nulla di drammatico, perché niente si disperde, niente rimbalza sul vuoto. Questo testo è la parola. È la poesia di due presenze, o di un modo di percepirle, di interpretarle. La Garlaschelli è come Penelope: cuce e disfa, sente e scrive. Leggendo, sembra che tutto l’indicibile passi dalle sue mani, dalla sua penna, dai disegni che illustrano le parole. Lei vince la fatica, la forza della gravità, si fa trascinare da una corrente tremenda fino a delineare un racconto difficile, sì, ma terribilmente reale.
Marina Bisogno
Il link alla recensione su Club Dante: https://bit.ly/3yRsAJr