“L’anno che Bartolo decise di morire” su Rinascitaoggi
“L’anno che Bartolo decise di morire” di Valentina Di Cesare, Arkadia Editore
Con L’anno che Bartolo decise di morire – per i tipi di Arkadia Editore – Valentina Di Cesare ci regala un’opera meravigliosa. Un’opera del dolore, della solitudine, della disattenzione.
«Bartolo mio, la fine è una cosa seria, bisogna aspettarsela, è imparentata con il tempo e con la fortuna, ha le ali lunghe che volano veloci e una sfumatura diversa per ognuno, tant’è che non tutti si finisce allo stesso modo. C’è chi finisce divorando, chi divorato, chi sdraiato al sole, chi al freddo senza un tetto sulla testa, ma il rumore della fine credo sia sempre lo stesso, non è che ha un suono differente, non lo credano i furbi, e io di questo sono sicuro perché la morte è l’unico equilibrio di questa recita. Sarà infingarda quanto vogliamo ma non le resta altro per continuare la sua missione».
L’anno che Bartolo decise di morire accaddero moltissime cose. Cambiarono le stagioni, si modificarono le priorità, passarono le giornate. E la vita, che scorre in maniera caotica e frenetica, non permette agli amici di Lucio e di Bartolo di rendersi conto dell’inesorabile precipitare delle situazioni. Nemmeno la spinosa questione di Lucio sarà uno shock addizionale sufficiente per modificare gli sguardi e i pensieri di tutti. Bartolo – gentile, sensibile, affabile, riflessivo e attento – ha tanti amici. Li cerca, li aiuta, ci pensa, eppure non basta. Non basta essere persone meravigliose, non basta porsi domande sulla propria vita e su quelle degli altri per essere capiti, per essere esentati dal dolore. Bartolo scivola inesorabilmente in se stesso e decide, dunque, di morire. La sua stanchezza, i suoi evitamenti, i suoi turbamenti vengono notati solo in maniera superficiale, attribuiti a cause sbagliate, non attenzionati a dovere. È così che la solitudine diventa la mano armata del dolore e uccide. Consuma prima e uccide poi. Senza alcuna pietà. Una storia massacrante narrata con una scrittura lieve. La storia di una vita che passa tentando di lasciare il segno e che, invece, se ne va in silenzio, senza clamore, senza urla che potessero essere udite da alcuno. La malattia silente, che spesso si nasconde dietro i sorrisi più splendenti e la normalità più banale, mieterà più di una vittima nel mondo di Bartolo ma, nonostante questo, la vita continuerà a camminare, a scorrere. L’umanità continuerà a girare intorno al baricentro sbagliato, a valori irrilevanti, a priorità fittizie inglobate nella mente umana attraverso la tremenda catena di montaggio che è diventata la vita umana. Un racconto di grande umanità che dona spunti di profondissima e sacrosanta riflessione, una parabola del male che ognuno di noi dovrebbe cercare di evitare guardando oltre la punta del proprio naso. Bisogna recuperare i valori reali, i sentimenti puri che vanno via via sparendo. Bisogna farlo in fretta. Bisogna farlo prima che sia troppo tardi.
Assolutamente da leggere.
Flora Fusarelli
Il link all’articolo su Rinascitaoggi: http://bitly.ws/K4fM