“La vita schifa” su Huffington Post
La nuova letteratura palermitana
Cinema, teatro e letteratura, tutti insieme, senza soluzione di continuità, sembrano sobbollire senza tregua
Palermo è una città difficile da comprendere appieno persino per chi la abita. Il suo recente tragico passato e quello più antico, disposto a strati come di roccia sedimentaria, la rendono un luogo affascinante quanto respingente, difficilmente assimilabile a qualsiasi altro luogo della nostra penisola. E tuttavia la scena palermitana – considerata spesso periferica – si muove in questo momento come poche altre. Cinema, teatro e letteratura, tutti insieme, senza soluzione di continuità, qui sembrano sobbollire senza tregua, in attesa di un riconoscimento in grande stile. Emma Dante nella letteratura come nel cinema e nel teatro tra i palermitani è certamente la più conosciuta extra-muros: Le Sorelle Macaluso sono state tra le più grandi cose che il cinema italiano abbia prodotto negli ultimi cinque anni. Via Castellana Bandiera (2013) ha acceso l’attenzione del grande pubblico non solo sulla sua filmografia, ma pure sul su teatro: resta indimenticabile il suo Bestie di scena (2017) mentre è atteso per ottobre il debutto del nuovo Pupo di zucchero. Accanto a lei a Palermo opera Giorgio Vasta straordinario (e difficile) autore in proprio (“Il tempo immateriale” e “Spaesamento”) oltre che sceneggiatore dei film della Dante. E c’è pure il raffinato e prolifico Roberto Alajmo, sebbene un poco più grande dei primi due. E poi c’è Rosario Palazzolo, per i temi trattati il più “proletario”: quello più vicino a una dimensione della lingua viva. Palazzolo è un drammaturgo, anche attore di talento e pure un ottimo regista teatrale, non ha ancora raggiunto i cinquanta ma pubblica da almeno quindici. Il suo ultimo romanzo La vita schifa recentemente proposto al Premio Strega permette difficilmente di distinguere l’attività del drammaturgo da quella dello scrittore: queste categorie a Palazzolo vanno strette. Di certo questa sua ultima fatica non è un poliziesco (Montalbano) o una mitografia (Il Re di Girgenti) alla Camilleri, nemmeno un acquarello alla Simonetta Agnello Hornby. Il protagonista de La vita schifa è un sicario mezzo scemo a cui l’esistenza ha concesso di scegliere tra due sole opzioni: ammazzare o essere ammazzato. Ernesto, figlio di un padre malato di mente è per questo ritenuto lui stesso un rifiuto sin da bambino, è cresciuto circondato da figure femminili per niente rassicuranti: madri e nonne violente, mediterranee e castratrici. È scritto in prima persona La vita schifa. Il protagonista accumula nella sua mente pensieri sghimbesci che l’autore rende in un linguaggio che la accomuna al parlato. Palazzolo fa di tutto per “complessare le parole, ammorbarle, costringere la grammatica italiana, e la sintassi italiana, e insomma tutta la lingua italiana a fare un gioco che non sono abituati a giocare”: così si legge nella sua sorridente postfazione. Ma incongruamente tra un ammazzamento e l’altro spuntano pure riflessioni letterarie: “… ho preso questa abitudine di leggermi i libri genere fantasia, prima di fare, (uccidere ndr) come se mi fanno pensare che non ci devo pensare, che è una cosa normale… ogni tanto mi leggo pure i libri genere impegno, ma poi finisce sempre che a un certo punto… li tiro sul muro, e questo per via che vogliono farti il quadro dell’esistenza con il concetto spiegato, o l’arcobaleno spuntato…”. Il meta linguaggio di Palazzolo può apparire a una prima lettura venato di ironia, ma lo è solo in superfice: in realtà è il tragico la sua vera dimensione. Come è giusto che sia in questa isola che per essere compresa davvero richiede la lettura di Eschilo ed Euripide (di recente perfettamente rappresentati nella recente stagione INDA al teatro Greco di Siracusa di Sciascia e di Consolo: di certo dei Vicerè di De Roberto, forse anche di Terra Matta di Rabito. Molto memo – qui il malinteso è sempre stato grande – del Gatttopardo di Tomasi di Lampedusa, e ancora meno della trasposizione cinematografica che ne ha fatto Visconti. Non saprei dire definitivamente se La vita schifa sia un piccolo capolavoro. Di sicuro il suo autore appartiene a una pattuglia “letteraria” a cui sarà bene guardare con attenzione sempre più da vicino. La Sicilia è, era e potrebbe essere di nuovo fonte di grandi sorprese.
Aldo Premoli
Il link alla recensione su Huffington Post: https://bit.ly/3DBSqDB