“La scrittrice obesa” su Liberi di scrivere
La scrittrice obesa di Marisa Salebelle (Arkadia Editore 2022) a cura di Patrizia Debicke
Da poco approdato in libreria, il nuovo libro di Marisa Salabelle, scrittrice che già abbiamo avuto modo di recensire nei precedenti romanzi da lei pubblicati. E proprio tornando al suo primo romanzo, L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu, e alla sua protagonista donna chiusa, complessata e sgraziata, mi rendo conto quanto quel suo personaggio mi costringa a pensare a Susanna Rosso, la scrittrice obesa, tragico fulcro della nuova trama . Hanno tante cose in comune infatti Susanna e Efisia: la poca avvenenza, agli occhi della società fattore di emarginazione, le rare amicizie dovute al caratteraccio, una abitazione trasandata, oltre ogni possibile limite.
Anche Susanna come Efisia è un personaggio condannato a percorrere un buio tunnel emozionale infinito e del quale non riesce mai a intravedere la fine. Susanna dalla ragazza grassoccia di un tempo, si è trasformata ormai in una donna obesa, solo schiava della solitudine e della tristezza, ma è soprattutto sopraffatta e vittima di un pessimo carattere strettamente collegato e acuito dal suo stato di malessere.
Rimasta orfana in giovanissima età, chiusa in un ambito familiare soffocante, in rapporto conflittuale con la madre che, rimasta vedova, e unico specchio con cui confrontarsi, senza il controllo di freni educativi inibitori, quando le saltano i nervi (cosa che succede spesso) l’ha sempre trattata malissimo (finchè la povera donna è vissuta ).
Lo stesso atteggiamento negativo e scostante che ha riservato ai vicini di casa, ai pochi saltuari conoscenti, e persino alla sua migliore amica, Lorella. Amica che invano ha sempre cercato di distoglierla dalla letargia emozionale al di là delle sue pantagrueliche e croniche fissazioni. Sempre e comunque scontrosa, chiusa, Susanna, infatti, oltre al suo insano rapporto con il cibo, è preda di quello che, con espressione forse desueta, si potrebbe definire il sacro fuoco della scrittura. Coltiva infatti due passioni: leggere ( tutto il suo tempo viene dedicato ai romanzi dei quali si ingegna a scrivere appunti) e a mangiare, a dismisura e, in balia dei suoi deliri creativi che la inducono a mischiare realtà ed invenzione, non vuol ascoltare consigli né reprimende, anzi insiste nell’ampliare le sue fissazioni, in un mostruoso crescendo di dipendenza e di masochismo. La sua doppia bulimia, l’incontrollabile fame di frasi scritte e di cibo spazzatura, unita al suo brutto carattere e al suo crescente egocentrismo, che l’hanno portata a rinchiudersi in se stessa, ai limiti del patologico, finiranno con il condannarla all’isolamento e alla più brutale solitudine. A un livoroso silenzio accresciuto dalla continua rabbia di non riuscire, nonostante i continui e ripetuti sforzi, ad essere apprezzata e accettata come scrittrice dagli editori. Tutta la sua esistenza, imperniata sulla sua smodata passione per la scrittura, si è risolta nello sfornare senza posa, decine su decine di racconti. Ma i suoi tentativi di emergere e ogni suo sforzo per arrivare a pubblicare uno dei suoi romanzi, sono stati regolarmente frustrati. Sì ha preso parte e ha persino vinto, iscrivendosi a piccoli concorsi locali ma nonostante abbia un vero talento, è sottovalutata da chi le vive vicino e sistematicamente disprezzata dalle case editrici, che tormenta riempiendole di proposte e proteste. Unico suo sfogo: scrivere decine di lettere, probabilmente mai aperte o viste a scrittori, attori e cantanti di successo.
Il suo mondo pian piano, con il passare degli anni, si è ristretto al solo rapporto con i personaggi che riesce a inventare sulla carta, si commuove per le loro vicende, li immagina come persone vere. Nella vita reale, dalla scomparsa della madre, vede soltanto di tanto in tanto, l’unica vecchia amica, dai tempi della scuola, Lorella, Suor Maria Consolazione, una religiosa con cui prova a collaborare e una vicina di pianerottolo, la signora Lotti, che vorrebbe aiutarla ma…
Per mantenersi, ha lavorato saltuariamente per una piccola casa editrice della sua cittadina, e in seguito, con l’avvento della rete, si è accollata incarichi da home working: impegnandosi tra letture e valutazioni di manoscritti, traduzioni ed editing. La sua vita sentimentale sembrava avere trovato uno sbocco nella relazione con un poeta ma dopo una brevissima convivenza, anche quel rapporto si è spezzato. E benché le sue amiche tentino di tirarla fuori dal vortice di autodistruzione, Lorella coinvolgendola nella sua vita sentimentale, Suor Maria Consolazione nell’alfabetizzazione delle donne rom del campo vicino alla parrocchia, e persino la vicina provi a offrirle cibo sano e aiuto per ripulire l’appartamento, da lei ridotto a una specie di puzzolente porcilaia, Susanna si chiude come un riccio, considera i loro tentativi un’intromissione e le rifiuta al punto che tutte e tre finiranno con allontanarsi, abbandonandola al suo destino. Il tragico destino che conosciamo dal prologo: il ritrovamento del suo corpo senza vita e peggio in avanzato stato di decomposizione.
Ma la sua morte, la morte della scrittrice obesa, fa notizia. I suoi scritti snobbati dalle case editrici finché Susanna era in vita verranno, in virtù del dramma gonfiato dai media, pian piano uno dopo l’altro “riscoperti”, fino a farla diventare un’autrice ai primi posti nella classifica delle vendite.
Un’amara parabola raccontata con il solito savoir faire e con un certo compiacimento dall’autrice, che di questo mondo ben conosce i meccanismi e i retroscena, anche quelli tanto deleteri del mercato.
Marisa Salabelle tratteggia con amara ironia, una storia di emarginazione e solitudine ma approfitta dell’occasione per rivolgere una disincantata critica rivolta al panorama editoriale attuale: all’incontrollabile proliferare di premi… quanti poi davvero meritati? Alle troppo difficoltà di emergere e farsi accettare in un mondo difficile, poco obiettivo e troppo spesso legato a scelte pilotate . E il mercato italiano poi: strano panorama, un terno al lotto da giocare? Cosa conta davvero per un aspirante scrittore ? Cosa serve?
Una storia dura e cruda, che fa riflettere.
Marisa Salabelle è nata a Cagliari il 22 aprile 1955 e vive a Pistoia dal 1965. È laureata in Storia all’Università di Firenze e ha frequentato il triennio di studi teologici presso il Seminario arcivescovile della stessa città. Dal 1978 al 2016 ha insegnato nella scuola italiana. Nel 2015 ha pubblicato il suo romanzo d’esordio, L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu (Piemme). Nel 2019 ha pubblicato il suo secondo romanzo, L’ultimo dei Santi (Tarka). Entrambi i romanzi sono stati finalisti al Premio letterario La Provincia in Giallo, rispettivamente nel 2016 e nel 2020. Nel settembre 2020 è uscito il romanzo storico-famigliare Gli ingranaggi dei ricordi (Arkadia Editore) e nel 2022 Il ferro da calza (Tarka), un giallo con ambientazione appenninica. Suoi articoli e racconti sono apparsi su riviste online e antologie cartacee.
Patrizia Debicke
Il link alla recensione su Liberi di scrivere: https://bit.ly/3GQXd82